La nuova circolare sulla organizzazione degli uffici di procura. Il punto di arrivo di un percorso difficile
di Giuseppe Cascini
Il Consiglio Superiore della Magistratura nella seduta del 3 luglio 2024 ha approvato il nuovo testo della circolare sulla organizzazione degli Uffici di Procura.
Si è trattato di un intervento dovuto in attuazione delle disposizioni introdotte dall’articolo 13 della legge 17 giugno 2022 n.71 e dall’art. 4 del decreto legislativo 28 marzo 2024 n.44.
La riforma, nota a livello giornalistico come “riforma Cartabia” (ma in realtà su questo argomento la prima proposta fu avanzata durante il Ministero Bonafede), si è posta in netta controtendenza rispetto all’impianto della riforma “Castelli” del 2006, la quale aveva fortemente accentuato il carattere unitario e gerarchico delle procure e aveva drasticamente ridotto i poteri di verifica e di controllo da parte degli organi di governo autonomo sulle scelte organizzative del dirigente dell’ufficio.
Con la novella del 2022, infatti, viene reintrodotta la cd. “tabellarizzazione” degli uffici di procura: i provvedimenti organizzativi degli uffici requirenti, al pari di quelli degli uffici giudicanti, rientrano nel circuito di valutazione/approvazione da parte degli organi di governo autonomo.
Di qui la necessità di una nuova circolare, parallela a quella sulle tabelle degli uffici giudicanti.
Si completa, così, con la riforma del 2022 e la approvazione della nuova circolare, un percorso avviato all’indomani della approvazione della riforma Castelli, con le risoluzioni consiliari del 2007 e del 2009, e poi con la circolare del 2017, modificata nel 2020, finalizzato a mantenere le scelte organizzative degli uffici di procura all’interno di un circuito di valutazione da parte degli organi di governo autonomo.
A leggere il dibattito che ha accompagnato la riforma e la approvazione della nuova circolare si ha l’impressione che non vi sia una piena consapevolezza da parte di molti commentatori (e anche di alcuni protagonisti) della importanza della novità (re)introdotta dalla riforma del 2022.
Tanto è vero che il dibattito si è incentrato per lo più su aspetti marginali, o di costume, quali la necessità di raccogliere le opinioni dei magistrati dell’ufficio nella assemblea (istituto che è sempre stato previsto da tutte le circolari organizzative storicamente approvate in materia e che risponde banalmente alle regole minime di buona organizzazione di strutture complesse), riproponendo una contrapposizione tutta “ideologica”, sovente anche a prescindere dal dettato della normativa primaria e secondaria, tra i fautori della piena libertà e autonomia dei sostituti da un lato e i fautori del “potere assoluto” in capo al procuratore dall’altro. Una polarizzazione che dura da decenni (e sulla quale alcuni hanno costruito la loro identità e le loro piccole carriere) e che rende impossibile (o estremamente difficile) ogni approccio di tipo razionale.
Con la delibera del 3 luglio 2024 il Consiglio ha deciso di procedere ad una integrale riscrittura del testo della circolare, che aumenta in dimensioni (da 29 a 65 pagine) e in numero di articoli (da 47 a 86).
Molte disposizioni sono state ricollocate in altri articoli, in alcuni casi senza variazioni, in altri con variazioni formali e stilistiche, in altri ancora con variazioni anche di contenuto sulla cui portata sarà necessario un approfondimento di riflessione.
Questo metodo rende certamente difficile il lavoro dell’interprete e dell’operatore, che è costretto ad esercitarsi in una nuova versione del gioco “trova le differenze”, non sempre utilissimo. Inoltre, le modifiche formali o di stile, anche se migliorative, possono porre problemi sul piano interpretativo, in quanto impongono di interrogarsi sulle ragioni di una modifica e sulla sua portata rispetto alla interpretazione formatasi sul testo previgente.
Sarebbe pertanto auspicabile, per il futuro, provare a garantire una certa stabilità dei testi normativi, lasciando inalterato l’impianto e limitandosi ad introdurre solo le modifiche ritenute necessarie sul piano dei contenuti.
Un esempio può essere utile a capire. Nella circolare previgente, modificata sul punto nel 2020, l’art.7 lettera c) prevedeva espressamente che i criteri di assegnazione degli affari da esplicitare nel progetto organizzativo dovessero individuarsi preferibilmente sulla base di meccanismi automatici. Nella nuova circolare all’articolo 11 comma 3 n.11 si mantiene come contenuto necessario del progetto la individuazione dei criteri di assegnazione degli affari, ma la precedente dizione è sostituita dalla seguente: con espressa specificazione dei procedimenti e delle tipologie di reato per i quali i meccanismi di assegnazione sono di natura automatica. Nella relazione alla nuova circolare nulla si dice riguardo a tale innovazione, per cui l’interprete è costretto ad interrogarsi in merito al significato della nuova previsione e alla eliminazione dell’avverbio preferibilmente. Ad una prima lettura sembrerebbe doversi prendere atto del passaggio da una indicazione di preferenza per il metodo automatico di distribuzione degli affari ad una manifestazione di indifferenza, essendo solo necessario specificare in quali casi si adotti un tale meccanismo.
Va detto, però, che anche nella nuova circolare è previsto l’obbligo del dirigente di assicurare l’equa e funzionale distribuzione del carico di lavoro (articolo 15 comma 2), nonché, tra i principi generali, un dovere di imparzialità e di trasparenza nell’attività dell’ufficio (articolo 1 comma 2).
Appare difficile immaginare la predeterminazione di criteri generali di distribuzione degli affari diversi dal criterio automatico che siano ugualmente idonei a garantire l’equa e funzionale distribuzione del carico di lavoro e ad assicurare un esercizio trasparente dell’azione del dirigente.
Inoltre, va sottolineato che tra le previsioni della circolare è rimasto l’obbligo di adeguata motivazione dei provvedimenti di assegnazione degli affari in deroga ai criteri generali. Disposizione che è chiaramente scritta pensando ad un criteriogenerale di distribuzione automatica degli affari e alla sua deroga in casi particolari, con uno specifico provvedimento adeguatamente motivato.
Probabilmente, quindi, i criteri automatici di distribuzione degli affari, peraltro inseriti negli applicativi informatici cui molte procure fanno ricorso, continueranno ad essere il criterio generale prevalente in tutti gli uffici, così come è stato anche negli anni più bui della riforma Castelli.
Resta un po’ di amaro per la abolizione di quell’avverbio che per molti di noi, che abbiamo vissuto gli anni in cui le procure erano davvero uffici verticali, è stato per molto tempo una vera e propria chimera.
Passando all’esame di alcune delle più significative modifiche introdotte con la nuova circolare, si segnalano quella relative alla figura del sostituto procuratore che viene espressamente disciplinata dall’art. 8, la introduzione di specifici criteri per la assegnazione dei magistrati alle unità organizzative (art.10), una dettagliata disciplina in materia di comunicazioni e informazioni dai sostituti al procuratore; una più analitica disciplina del procedimento di revoca della assegnazione di un procedimento al sostituto.
Nella nuova circolare compare, per la prima volta, una disposizione specifica sul sostituto procuratore. Le disposizioni, introdotte con l’articolo 8, intitolato appunto “Il sostituto procuratore”, non dicono moltissimo, ma servono certamente ad attribuire una collocazione del sostituto all’interno dell’ufficio. Sicuramente significativo è il richiamo alla partecipazione alla organizzazione dell’ufficio secondo canoni di leale collaborazione, in quanto sottolinea il fatto che il contributo alla elaborazione del progetto organizzativo è un onere del sostituto, prima ancora che un suo diritto e ci ricorda che tutti i magistrati, non solo i dirigenti, sono responsabili della organizzazione e del buon funzionamento degli uffici.
La tabellarizzazione del modello organizzativo delle procure si fa sentire molto nelle disposizioni dettate dall’art. 10 della circolare in tema di mobilità interna. La nuova disciplina, infatti, sulla falsariga di quanto previsto dalla circolare sulle tabelle degli uffici giudicanti, impone di indicare nel progetto organizzativo i criteri per la individuazione dei posti vacanti da pubblicare; le modalità di presentazione delle domande; i criteri di assegnazione; i criteri per le assegnazioni di ufficio.
Da segnalare, ancora, le innovazioni introdotte agli articoli 20 e 21 in tema di comunicazioni e oneri informativi. L’articolo 20 prevede la possibilità per il procuratore di indicare atti, diversi da quelli per i quali è previsto il visto preventivo, dei quali il sostituto deve dare comunicazione al procuratore aggiunto o al procuratore, successivamente al loro compimento. Si tratta di disposizione utile ad assicurare una conoscenza sulle iniziative dell’ufficio da parte dei dirigenti, senza appesantire l’attività dei sostituti, mediante l’eccessivo ampliamento delle ipotesi di “visto”. L’articolo 21, invece, recepisce le variegate ipotesi conosciute dalla prassi sotto forma di obblighi di “riferire”, “conferire” etc., prevedendo che il procuratore o il procuratore aggiunto possono individuare, al momento della assegnazione o anche successivamente, i procedimenti per i quali è opportuna una periodica interlocuzione informativa. Pensiamo, ad esempio, ad una indagine per omicidio, per la quale, al di là delle previsioni sul visto o sull’assenso per la adozione di specifici atti, può essere utile e opportuna una interlocuzione tra il sostituto e il procuratore o il procuratore aggiunto.
L’articolo 23 della nuova circolare disciplina in maniera completa l’istituto della revoca della assegnazione, aggiungendo le nuove ipotesi previste dalla legge per i casi di violazione degli obblighi imposti dal cd. “codice rosso”. Per il resto, ma sul punto torneremo tra un attimo nel commento agli emendamenti non votati, le disposizioni in materia sono rimaste sostanzialmente invariate. Da segnalare, infine, l’articolo 26 che, colmando una lacuna della precedente circolare, prevede la sostituzione, con provvedimento motivato del procuratore, del magistrato che versi in una delle situazioni previste dall’art. 36 lett. a), b), d) e) c.p.p., che impongono la astensione.
Da segnalare, infine, la abolizione della disposizione contenuta nella precedente circolare che prevedeva, all’articolo 9, una procedura semplificata per la adozione dei provvedimenti attuativi. Tali provvedimenti, infatti, in quanto meramente esecutivi (non modificativi) dei criteri indicati nel progetto, dovevano essere comunicati direttamente al CSM, senza passare dal Consiglio Giudiziario, se riguardanti le assegnazioni ai gruppi ovvero se incidenti sulla assegnazione dei procedimenti, mentre in tutti gli altri casi la trasmissione al CSM da parte del procuratore o del magistrato interessato era facoltativa.
Nella nuova circolare non vi è più traccia di una tale disposizione. L’inserimento nel comma 3 dell’articolo 12, che disciplina le variazioni del progetto organizzativo, di una disposizione che prevede la immediata esecutività dei provvedimenti di assegnazione dei magistrati alle unità organizzative induce a ritenere che tale tipologia di provvedimenti attuativi sia oggi da considerarsi a tutti gli effetti (salva la previsione della immediata esecutività) come variazioni al progetto organizzativo. Restano dubbi, invece, con riferimento agli altri provvedimenti attuativi, ed in particolare a quelli, particolarmente delicati, in materia di assegnazione degli affari, non espressamente richiamati nelle disposizioni dell’articolo 13.
In assenza di una disposizione espressa sul punto si corrono due rischi opposti: o una deregulation di tutta la materia dei provvedimenti attuativi, ivi compresi quelli in tema di assegnazione degli affari, che non sarebbero più sottoposti nemmeno ad obbligo di comunicazione al CSM ovvero una iperregolazione derivante dalla riconduzione al procedimento tabellare (comunicazione ai magistrati/osservazioni/parere Consiglio Giudiziario/approvazione CSM) di tutti i provvedimenti attuativi del progetto organizzativo adottati dal procuratore (ivi compresi, solo per fare qualche esempio: tutti i turni di udienza e dei servizi; ogni sostituzione di un magistrato designato per una udienza o per un servizio; ogni cambio di qualsiasi turno di servizio, anche se concordato dagli interessati etc.).
Merita, infine, di essere segnalato il contenuto di tre emendamenti presentati in Plenum e dichiarati inammissibili dal Vicepresidente.
Con il primo emendamento si proponeva di inserire nella disposizione relativa al pubblico ministero (articolo 8) la seguente frase: Al singolo sostituto è garantita la sfera di autonomia professionale, di dignità e di responsabilità decisionale per le funzioni esercitate in conseguenza dell'assegnazione del procedimento.
Il secondo emendamento interveniva sull’articolo 20 in tema di “visti”, chiarendo che in caso di perdurante contrasto il procuratore o l’aggiunto appone il visto, dando atto, con separato provvedimento, delle interlocuzioni intervenute.
Il terzo emendamento incideva sull’esito del procedimento di verifica della legittimità del provvedimento di revoca della assegnazione, introducendo l’annullamento del provvedimento di revoca da parte del CSM nei casi di insussistenza dei presupposti, di violazione delle regole procedimentali o di incongruità della motivazione della revoca prevista dai commi 1 e 6.
Gli emendamenti, come si diceva, non sono stati posti in votazione in quanto dichiarati inammissibili.
Dall’ascolto della seduta le ragioni della dichiarazione di inammissibilità risultano essere le seguenti:
Dalla lettura degli emendamenti emerge che questi intendono modificare la disciplina della circolare in maniera sostanziale e in punti qualificati. Essi determinano una fuoriuscita dal perimetro dell’assenso nei termini esposti nella prima parte della missiva a me trasmessa dal Presidente della Repubblica e di cui ho dato lettura alla scorsa seduta di plenum. Infatti, questi emendamenti appaiono non conformi al quadro normativo secondo quanto indicato proprio dal Presidente della Repubblica.
Sembrerebbe di cogliere una ragione di metodo e una ragione di merito.
Nel metodo si è ritenuto che gli emendamenti si ponessero al di fuori del perimetro dell’assenso espresso dal Presidente della Repubblica sull’ordine del giorno.
Nel merito si è ritenuto gli emendamenti fossero non conformi al quadro normativo.
Entrambe le ragioni non appaiono condivisibili.
Sul piano del metodo la fuoriuscita del contenuto degli emendamenti dal perimetro dell’assenso del Presidente della Repubblica doveva essere colmata, come è sempre avvenuto nella prassi, sottoponendo anche gli emendamenti all’assenso del Presidente. In questo modo si sarebbe salvaguardato il potere di controllo preventivo della Presidenza sulla legalità delle deliberazioni del Plenum senza però privare i componenti della assemblea plenaria che non facciano parte della commissione proponente della possibilità di intervenire sul testo sottoposto alla assemblea.
Quanto al merito va premesso che l’articolo 48 del regolamento interno[1] non contempla tra le ipotesi di inammissibilità degli emendamenti la eventuale contrarietà degli stessi a norme primarie. In ogni caso l’affermazione secondo la quale gli emendamenti proposti non sarebbero conformi al quadro normativo non appare condivisibile.
Il primo emendamento richiamava letteralmente il contenuto di una decisione delle Sezioni Unite della Cassazione in merito ai rapporti tra il procuratore e i sostituti, che peraltro risponde ad un principio pacifico sul piano costituzionale e della normazione primaria. Nessuno, infatti, ha mai sostenuto che le disposizioni in materia di unitarietà degli uffici di procura e di uniformità della loro azione dovessero determinare una compressione della autonomia e della dignità professionale dei sostituti, essendosi anzi sempre sostenuto il contrario, e cioè che quelle previsioni erano compatibili con l’autonomia dei sostituti e con la loro dignità professionale.
Il secondo emendamento si limitava a codificare una prassi consolidata nella gran parte degli uffici di procura.
Invero, che l’esito della interlocuzione sul visto informativo debba concludersi, nel caso in cui il sostituto ritenga comunque di adottare il provvedimento, con la apposizione del visto, salvo i casi di revoca della assegnazione o di rinuncia alla assegnazione da parte del sostituto, sembrerebbe dato acquisito nella prassi degli uffici. A ragionare diversamente si finirebbe, infatti, per attribuire al visto informativo una funzione uguale a quella dell’assenso, ma per ipotesi diverse da quelle previste dalla legge. Non c’erano dunque ragioni per non esplicitarlo nella circolare. Anzi si sarebbe trattato di un chiarimento utile.
Per quanto riguarda, infine, la revoca della assegnazione è la disposizione approvata, identica sul punto a quella della circolare previgente, ad apparire in contrasto con la normativa primaria per come è stata modificata con la riforma del 2022, che ha abolito del tutto l’istituto della presa d’atto con rilievi da parte del CSM di provvedimenti organizzativi in contrasto con la normativa primaria e secondaria, sostituendolo con il ben più incisivo istituto della approvazione/non approvazione.
I criteri e le modalità per la revoca delle assegnazioni sono contenuto essenziale del progetto organizzativo (art. 1 comma 6 lett. e) del d.lvo 106/2006 come modificato dall’art.13 della legge n.71 del 2022). La abolizione, con la nuova circolare, come si è detto sopra, di una disciplina semplificata dei provvedimenti attuativi, impone di considerare il provvedimento di revoca come una variazione del progetto organizzativo, andando ad incidere sui criteri di assegnazione degli affari con la sottrazione del procedimento all’originario legittimo assegnatario. Ed è sicuramente un provvedimento che deve essere sottoposto alla verifica del CSM, come espressamente previsto anche dall’art.23 della nuova circolare.
Non sembra, perciò, compatibile con il nuovo sistema di controllo dell’organo di governo autonomo sui provvedimenti organizzativi degli uffici di procura, la previsione, come esito del procedimento di verifica, di una presa d’atto con rilievi nei casi di ritenuta insussistenza dei presupposti, di violazione delle regole procedimentali o di incongruità della motivazione della revoca.
È del tutto evidente che in questi casi (insussistenza dei presupposti, violazione delle regole procedimentali, incongruità della motivazione) il provvedimento deve essere annullato (rectius non approvato), così come accade per tutti gli altri provvedimenti del dirigente che presentino vizi del genere. La presa d’atto con rilievi era l’esito, voluto dalla legge previgente, per il procedimento di verifica su tutti i provvedimenti organizzativi del dirigente. E per questo anche la verifica sulla revoca si concludeva, nel previgente regime, con una presa d’atto. Ma una volta (re)introdotta la disciplina della approvazione/non approvazione di tutti i provvedimenti organizzativi del procuratore, davvero non si capisce come possa conservarsi in vita, al di fuori di qualsiasi previsione di legge, un unico caso, in cui la accertata (da parte del CSM) illegittimità di un provvedimento del procuratore (insussistenza dei presupposti, violazione delle regole procedimentali, incongruità della motivazione) non produce alcuna conseguenza sulla efficacia del provvedimento.
[1] Art. 48 Proponibilità e ammissibilità degli emendamenti, degli ordini del giorno e delle proposte all’esame del Consiglio 1. Sono improponibili emendamenti, ordini del giorno e proposte che sono estranei all’oggetto della discussione o formulati in termini sconvenienti. 2. Sono inammissibili emendamenti, ordini del giorno e proposte in contrasto con deliberazioni già adottate dal Consiglio nel corso della medesima discussione, oppure privi di ogni effettiva portata modificativa rispetto all’oggetto principale cui si riferiscono. 3. Il Presidente della seduta può altresì stabilire che gli emendamenti intesi ad apportare correzioni di mera forma siano discussi e votati, per alzata di mano, in sede di coordinamento finale.
Immagine: U.S. Patent Office, National Portrait Gallery, Smithsonian Institution.