Sommario: 1. La procedura di modifica tabellare. - 2. La posizione tabellare. - 3. I tramutamenti interni. - 4. Il rapporto tra gip/gup e dibattimento negli uffici distrettuali. - 5. I magistrati collaboratori. - 6. Vacanze, assenze, supplenze, applicazioni. – 7. Carico di lavoro dei dirigenti degli uffici giudiziari giudicanti. - 8. La sezione feriale.
3. I tramutamenti interni.
La disciplina dei tramutamenti interni costituisce un fiume carsico che riappare frequentemente in diversi punti della circolare ed è incisa anche da disposizioni secondarie esterne, non sempre ben coordinate con la circolare per la formazione delle tabelle.
Sarebbe auspicabile che detta disciplina fosse reducta ad unum.
La finalità della disciplina che regola i tramutamenti interni, siano essi conseguenti all’assegnazione di nuovi magistrati provenienti da altri uffici o di nuova nomina, piuttosto che a concorso interno, o a scambio di posti, o a unione o separazione di sezioni, o a rientro in ruolo dal CSM o da altre amministrazioni esterne, o ad ultradecennalità o incompatibilità o necessità di potenziare sezioni o settori (e non si è certi di avere esaurito la gamma delle possibilità), è unica, e consiste nell’evitare che le posizioni tabellari possano essere assegnate fuori sacco, secondo un’espressione del passato, o comunque senza consentire la partecipazione al concorso a tutti gli interessati.
A fronte di tanto, in luogo della congerie di norme che regola ciascuno di tali casi di tramutamento o assegnazione, sarebbe maggiormente preferibile una singola disposizione la quale preveda, in linea generale, che ogni assegnazione di un magistrato ad un posto diverso da quello che occupava al momento del provvedimento debba essere preceduta da concorso interno, ad eccezione dei soli casi in cui la legge preveda il rientro in ruolo nella medesima posizione tabellare occupata al momento del collocamento fuori ruolo – sostanzialmente, soltanto i consiglieri superiori.
In questo modo, si supererebbero innumerevoli questioni interpretative determinate dalle diverse discipline recate dalla normativa secondaria in ordine alle diverse ipotesi prima richiamate.
Non si ignora che anche il rientro in ruolo di magistrati diversi dai consiglieri superiori è disciplinato da norma che prevede il rientro nella posizione tabellare occupata al momento del collocamento fuori ruolo, se ancora disponibile.
Tuttavia tale disposizione – che dimostra ulteriormente l’urgenza di specificare il contenuto giuridico del concetto di “posizione tabellare” di cui al precedente §2 – non corrisponde ad un obbligo di legge e determina diverse problematiche interpretative, come ad esempio la necessità di specificare che il periodo trascorso fuori ruolo determini l’interruzione oppure la sospensione del termine decennale e del termine minimo di permanenza nella posizione tabellare occupata prima del collocamento fuori ruolo.
Sarebbe pertanto preferibile che il rientro in ruolo di magistrati diversi dai consiglieri superiori venisse disciplinato in modo uniforme a tutte le altre assegnazioni di posti.
Se così non dovesse ritenersi, occorre coerentemente osservare che il rientro in ruolo dei magistrati diversi dai consiglieri superiori dovrebbe essere oggetto di norma specifica quanto all’efficacia sospensiva o interruttiva della quale si è detto.
In verità, come sostenuto da taluni interpreti, parrebbe corretto sostenere che durante il periodo trascorso fuori ruolo si verifica una forma di decantazione, con termine non nostro, che pare non potersi ritenere meno efficace rispetto alla decantazione verificatasi in ruolo mediante l’assegnazione ad un posto diverso.
Pertanto, dovrebbe ragionevolmente affermarsi, mediante specifica disposizione, che il periodo di collocamento fuori ruolo ha effetto equipollente all’assegnazione a diversa posizione tabellare, ai fini del termine decennale di permanenza in detta posizione nonché al termine minimo di permanenza in altra posizione tabellare prima di potere essere riassegnato alla posizione tabellare precedentemente occupata.
In tale disciplina assume poi diretta rilevanza la disciplina del concorso interno.
In particolare, la circolare 2020 prevede – del tutto condivisibilmente – che i posti di risulta che saranno coperti all’esito del concorso debbano essere indicati in sede d’interpello.
Sempre condivisibilmente, la circolare 2020 non pone limiti al numero di posti di risulta che possano essere indicati nel bando di concorso, sicché può accadere – e di fatto accade soprattutto negli uffici di maggiori dimensioni – che il dirigente indichi come risulta tutti i posti che si libereranno all’esito del concorso.
Questo sistema è senz’altro conforme a quanto poco sopra si osservava in relazione alla necessità di individuare con unica norma la disciplina di assegnazione dei posti previo concorso interno, ma incontra una difficoltà legata al numero di domande.
Se infatti, come è previsto, i magistrati possono presentare soltanto un numero limitato di domande di tramutamento interno, a fronte di un numero indefinito di posti di risulta, accadrà necessariamente che le domande dovranno essere presentate come una sorta di scommessa.
Ed in effetti, il magistrato che abbia interesse a quattro diverse posizioni tabellari, che non siano tutte comprese tra i posti pubblicati per il concorso interno, e che possa presentare solo tre domande, non potrà sapere, fino all’esito del concorso, se e quale delle posizioni tabellari a lei/lui gradite saranno pubblicate nella risulta.
In questo modo, si determinano assegnazioni sgradevolmente casuali, si alimenta sfiducia nel funzionamento del sistema e soprattutto si mortificano senza alcun motivo organizzativo le aspettative dei colleghi.
Occorrerebbe pertanto prevedere che i magistrati interessati a partecipare ad un concorso interno possano presentare domande senza un limite massimo, con l’unico obbligo – già previsto peraltro a pena di inammissibilità – di indicarne l’ordine gerarchico di gradimento.
Sempre con riferimento alla disciplina del concorso interno, occorrerebbe poi fissare espressamente un principio, e cioè che il concorso interno, quando non tutti i posti banditi siano coperti, non può chiudersi per mancanza di aspiranti, dal momento che ai posti non occupati devono essere assegnati d’ufficio magistrati non richiedenti, secondo i criteri fissati dalla circolare.
Accade invece, non di rado, che il concorso interno sia semplicemente abbandonato, limitandosi il dirigente a non coprire i posti banditi e rimasti senza aspiranti. In tal caso, può prevedersi al massimo che il dirigente possa motivare specificamente la revoca della pubblicazione interna di quei posti, mentre appare errata l’idea che quei posti restino semplicemente non assegnati.
Non sfugge, naturalmente, che la ragione di una tale scelta possa risiedere in prevalenti esigenze organizzative. Ma in tal caso il dirigente deve esplicitarle in un provvedimento motivato che possa essere valutato dal circuito del governo autonomo, non limitarsi ad abbandonare il concorso.
Per questo appare senz’altro necessaria una norma specifica in tal senso.
Altra questione che merita specifica trattazione è quella attinente alla disciplina delle attitudini.
La circolare prevede – del tutto condivisibilmente – che le attitudini prevalgano sull’anzianità, entro i noti limiti, in relazione ad una serie di materie specializzate.
A tali materie dovrebbero essere aggiunte tre materie di speciale complessità e rilevanza.
La prima è la materia delle misure di prevenzione. È noto che con decreto legislativo n. 161/2017 il Legislatore ha addirittura riformato la legge di ordinamento giudiziario (art. 7 bis) per assegnare priorità alla materia della prevenzione, in particolare per quanto attiene agli aspetti patrimoniali della stessa. Detta materia, peraltro, impone conoscenze non solo del diritto penale, ma anche del diritto commerciale, delle successioni, delle questioni fondiarie, di elementi notarili, delle procedure fallimentari. Appare pertanto assai sostenibile la necessità di inserire anche tale materia tra quelle per le quali, in sede di concorso interno, le attitudini prevalgono sull’anzianità.
La seconda è la materia della cooperazione internazionale passiva. Si tratta di materia propria delle sole corti d’appello, alle quali è attribuita dalla legge. Ebbene, detta materia si è nel tempo arricchita del mandato di arresto europeo passivo, del riconoscimento passivo di sentenze penali straniere, di misure cautelari straniere, di sanzioni pecuniarie straniere, di confische straniere, che si sono aggiunte alla tradizionale estradizione passiva e che costituiscono un quadro normativo di natura e fonti internazionali di elevatissima complessità e di sempre maggiore rilevanza pubblica (si pensi alla recente vicenda denominata giornalisticamente “Qatargate”), sicché appare senz’altro necessario prevedere, anche in relazione a tale materia, la prevalenza delle attitudini sull’anzianità.
La terza è la materia della riparazione per l’ingiusta detenzione e l’errore giudiziario. La materia, di per sé assai delicata e caratterizzata da valutazioni molto complesse, è divenuta via via di sempre maggiore interesse pubblico anche in considerazione del fatto che il Legislatore ha più volte preso atto della presenza di proposte di legge che vorrebbero collegare direttamente la responsabilità disciplinare del magistrato all’ipotesi in cui sia accolta l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione relativa ad una custodia cautelare disposta dal magistrato medesimo. Peraltro, la circolare 2020 già prevede la prevalenza delle attitudini in relazione a materia analoga, sebbene assai meno delicata e complessa, che è quella della riparazione per l’irragionevole durata del processo, sicché è paradossale l’esclusione della riparazione per ingiusta detenzione ed errore giudiziario. Poiché trattasi, dunque, di materia assai complessa e delicata, nonché di rilevante interesse pubblico, assegnata peraltro dalla legge alle sole corti d’appello, appare senz’altro ragionevole prevedere anche in relazione ad essa la prevalenza delle attitudini rispetto all’anzianità, in sede di assegnazione dei magistrati all’esito di concorso interno.
Ultima notazione relativa alla materia deve essere dedicata all’assegnazione interna provvisoria.
È noto che tale disciplina prevede che il dirigente dell’ufficio in attesa dell’esito del concorso interno possa assegnare provvisoriamente, per non oltre sei mesi, un magistrato ad un posto scoperto.
Accade non di rado che, anche per la durata di alcuni concorsi interni, l’assegnazione provvisoria sia rinnovata oltre il semestre, così tradendo la ratio dell’istituto.
Occorrerebbe, sul punto, prevedere espressamente il divieto di rinnovare l’assegnazione interna dello stesso magistrato a qualunque posto, una volta scaduto il semestre, od il minore periodo, di assegnazione interna. Almeno fino a quando il magistrato sia stato assegnato ad un posto a sèguito di concorso interno.
4. Il rapporto tra gip/gup e dibattimento negli uffici distrettuali.
Occorre considerare che il rapporto tra attività del gip/gup e attività del dibattimento è ormai profondamente inciso dalla nuova disciplina dell'udienza predibattimentale per i processi monocratici a citazione diretta nonché dall’elevatissimo carico di lavoro cautelare gravante sul gip, potenzialmente aggravato da ipotesi di collegialità allo studio del Legislatore.
A fronte di tanto, si osserva spesso il fenomeno per cui il medesimo magistrato, impegnato quale gup a definire impegnativi processi cumulativi con il rito abbreviato, abbia meno tempo da dedicare all'esame di importanti richieste cautelari, essendo prioritaria in linea generale l’esigenza di evitare la scadenza dei termini di fase relativi ai processi da definire in abbreviato.
Potrebbe essere assai utile prevedere espressamente la possibilità di coassegnare i giudici del dibattimento all’ufficio gip/gup, così da determinare l’effetto per cui i giudizi da definirsi con il rito abbreviato vengano definiti da giudici del dibattimento, mediante un turno di abbinamento gup/dibattimento.
Ciò consentirebbe ai magistrati del gip/gup di dedicare maggiori energie all’esame delle richieste cautelari di maggiore rilievo, riducendo i tempi di attesa che negli uffici distrettuali di maggiori dimensioni diventano talvolta assai rilevanti.
Lo stesso sistema di coassegnazione potrebbe consentire, negli uffici di piccole dimensioni, di distribuire il carico delle pre-dibattimentali su tutti i giudici penali dell’ufficio.
5. I magistrati collaboratori.
Soprattutto negli uffici di maggiori dimensioni, i magistrati collaboratori, che a tanto si prestino per effettivo servizio e non per acquisire titoli, costituiscono una ossatura indispensabile sui quali si regge spesso l’attività amministrativa dell’ufficio.
La previsione di durata massima di un anno nell’incarico, prorogabile per un altro anno, di cui all’art. 107 della circolare 10500/2020, appare particolarmente disfunzionale.
Accade infatti ordinariamente che alla fine del periodo i magistrati collaboratori abbiano ormai preso confidenza con le funzioni e le gestiscano al meglio, e proprio in quel momento devono necessariamente scadere.
Può essere invece maggiormente razionale immaginare che alla scadenza del periodo il dirigente dell’ufficio, previo interpello, nomini altri magistrati collaboratori per un periodo di affiancamento, all’esito del quale valutare se procedere all'avvicendamento.
Al contrario, l’attuale previsione priva l’ufficio di magistrati capaci ed esperti e rischia di esporre magistrati che non abbiano interesse a tale ruolo a doverlo svolgere per forza, senza interesse e senza entusiasmo.
Sistema senz’altro disfunzionale per l'ufficio.
Non si ignora il pur fondato tentativo di evitare il proliferare di “medagliette”, ma si ritiene che tale negativa prassi possa essere contrastata, se non privando di rilievo l’incarico in sé ai fini della nomina ad incarichi direttivi, in maniera tale da non sacrificare sull’altare di essa la funzionalità degli uffici.
6. Vacanze, assenze, supplenze, applicazioni.
Non è questa la sede per trattare del complesso rapporto tra la circolare per la formazione delle tabelle degli uffici giudicanti del 2020 e la circolare in materia di applicazioni e supplenze del 2018, arricchita nel 2021 con i magistrati delle piante organiche flessibili distrettuali, conseguiti all’abrogazione dei magistrati distrettuali.
È necessario tuttavia svolgere alcune considerazioni di sistema, dal momento che l’art. 77 della circolare 10500/2020 tocca il punto a proposito delle supplenze per il tribunale del riesame.
Occorre raccordare i presupposti ed i criteri previsti dall’art. 77 con i presupposti ed i criteri per le applicazioni endodistrettuali previsti dalla Circolare 2018 nella materia delle supplenze, applicazioni, coassegnazioni, tabelle infradistrettuali, magisttrati delle piante organiche flessibili distrettuali.
Detti criteri, già di per sé di difficile utilizzo perché posti in ordine non gerarchico e tra di loro spesso contraddittori, rischiano di divenire del tutto ingestibili, all’atto pratico, posti a confronto con le ulteriori indicazioni dell’art. 77.
Occorrerebbe pertanto prevedere che l’intera disciplina delle supplenze e applicazioni venisse rimessa alla sola circolare del 2018, eliminandone ogni aspetto dalla circolare per la formazione delle tabelle degli uffici giudicanti.
A tal proposito, appare utile rammentare che numerosi istituti prevedono discipline diverse a seconda che il posto sia vacante o scoperto per assenza.
Pur comprendendosi la ragione di fondo che determina diversità di disciplina, occorre tuttavia considerare che quando occorre garantire temporaneamente la copertura di un posto, il fatto che esso sia vacante o scoperto per assenza dovrebbe assumere un valore secondario rispetto alla disciplina delle sue modalità di temporanea copertura.
In altri termini, quando un posto non occupato deve essere coperto urgentemente e temporaneamente, sarebbe opportuno fare ricorso ad una unica disciplina (fondata su interpello, consenso, attitudini, rotazione, anzianità nel ruolo), indipendentemente dalla causa per cui quel posto non è occupato.
Ciò renderebbe assai più semplice, per il dirigente, individuare il magistrato da destinare provvisoriamente a quel posto e, per il consiglio giudiziario, verificare la fondatezza della scelta organizzativa e dell’individuazione del magistrato.
È poi necessario che le varie disposizioni coinvolte operino una precisa scelta di campo, se cioè abbia rilievo l’anzianità di ruolo, come previsto in ordine ad alcuni istituti, o l’anzianità di servizio, come previsto in ordine ad altri istituti.
È necessario, ancora, precisare se il collegio possa essere composto anche da due supplenti interni all’ufficio individuati presso altre sezioni, come prevede l’art. 5 della circolare applicazioni e supplenze del 2018, oppure no, come prevede la circolare 10500/2020.
7. Carico di lavoro dei dirigenti degli uffici giudiziari giudicanti.
È noto che l’art. 85 della circolare 10500/2020 prevede che il capo dell’ufficio debba essere assegnatario di un carico di lavoro determinato in base ad una percentuale del lavoro dell’ufficio.
Occorre indicare con maggiore precisione quale sia la base di calcolo della percentuale. La media di tutti i magistrati dell'ufficio? La media di settore? La media delle assegnazioni o delle definizioni? La media dei soli giudici o dei semidirettivi o di entrambi?
Tale specificazione appare indispensabile al fine di evitare disparità di trattamento piuttosto evidenti tra diversi uffici omologhi sul territorio nazionale.
Sempre ove si ritenga necessario, particolarmente negli uffici di maggiori dimensioni ove il lavoro amministrativo del capo è realmente assorbente, che tale carico di lavoro sia effettivamente assegnato – occorrerebbe valutare se la risposta di giustizia così ottenuta sia effettivamente funzionale al migliore interesse dei cittadini i cui processi siano assegnati al capo dell’ufficio nella misura percentuale indicata.
8. La sezione feriale.
Non è infrequente osservare alcune insolite caratteristiche delle sezioni feriali.
Particolarmente complessa è la disposizione, da taluni dirigenti adottata, secondo la quale i magistrati che non siano riusciti, entro il periodo di distacco (già cuscinetto) del mese di luglio, a depositare le motivazioni arretrate, possano restare in servizio durante il periodo feriale senza tuttavia comporre la sezione feriale, partecipando alle udienze, ai turni ed all’assegnazione degli affari di quella sezione.
Si tratta di una opzione interpretativa che, di fatto, rimette al magistrato la possibilità di deliberare di non depositare tempestivamente alcune motivazioni e, grazie a tale sua deliberazione, di precostituirsi un monte ferie da utilizzare in sèguito, restando in servizio durante il periodo feriale solo al fine di scrivere le motivazioni e non contribuendo al lavoro della sezione feriale.
Tale opzione dovrebbe essere espressamente vietata dalla circolare, essendo consentito senz’altro che il magistrato resti in servizio durante il periodo feriale per estendere motivazioni arretrate, ma sempre a condizione che partecipi al lavoro della sezione feriale mediante l’assegnazione degli affari, la partecipazione alle udienze ed ai turni di reperibilità che la tabella feriale appositamente predisposta prevede.
Altro e diverso è invece – e non pare attenere a questione tabellare – il potere del capo dell’ufficio di richiamare in servizio il magistrato in casi eccezionali per depositare motivazioni il cui ritardo determinerebbe effetti di straordinaria gravità per l’interesse pubblico.