Le preannunciate riforme ordinamentali e la riforma Cartabia sono l’occasione per fare il punto sull'attività e sul ruolo, anche costituzionale del Pubblico ministero. Ci sono funzioni del Pubblico ministero poco conosciute delle quali è essenziale tener conto per comprendere appieno il ruolo che l’ordinamento repubblicano gli riconosce quale "organo pubblico che agisce a tutela di interessi collettivi".
Il discorso del Procuratore generale della Corte di Cassazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario è il miglior modo per dare l'avvio al nostro approfondimento.
Il Procuratore generale ci ha offerto indicazioni essenziali per comprendere le funzioni del pubblico ministero di legittimità.
Il suo monito è che "oggi è più che mai forte il bisogno di nomofilachia, finalità a cui coopera il pubblico ministero di legittimità" poi, sul ruolo in generale del pubblico ministero, ci ricorda che "Il pubblico ministero costituisce un «organo di giustizia» che nella dialettica del processo riveste il ruolo formale di parte, ma con il compito di cooperare con il giudice in vista dell’attuazione del diritto, a garanzia dei valori di legalità".
Alla luce delle richiamate osservazioni è quanto mai evidente che il pubblico ministero può adeguatamente cooperare con la funzione nomofilattica e per l'attuazione del diritto a garanzia della legalità solo se gli sono garantite, al pari del giudice, autonomia e indipendenza.
Inaugurazione dell’Anno giudiziario 2023: l’intervento del Procuratore generale Luigi Salvato
Signor Presidente, anche a nome dei colleghi della Procura generale mi consenta di esprimerLe la più viva gratitudine per la sensibilità e l’attenzione che Ella riserva ai temi della giustizia.
Rivolgo il mio saluto ai rappresentanti delle Istituzioni, agli ospiti, ai magistrati, al personale. Un saluto particolare va all’Avvocatura, nell’esercizio della funzione difensiva chiamata a contribuire dialetticamente con la Magistratura al conseguimento della verità processuale, istituzione essenziale dell’ordinamento politico e sociale, non solo del nostro Paese: il pensiero va all’avvocata Nasrin Sotoudeh, che ha dedicato la vita, con sacrificio personale, alla difesa dei diritti umani.
Dopo la gravissima crisi provocata dalla pandemia, il 2022 ha segnato l’avvio della ripresa, anche per la giustizia. Di ciò, dell’attività svolta e delle riforme in atto dà contezza la relazione scritta, muovendo dalla premessa che le molteplici funzioni assegnate alla Procura generale sono ispirate all’obiettivo di assicurare la corretta e uniforme applicazione della legge, garanzia del principio di uguaglianza. Nel breve tempo a disposizione mi soffermo su alcuni temi di carattere generale, esaminati da tale prospettiva.
Con riguardo alla giustizia civile, va ricordato che noti fattori tendono a spingerla verso l’area della mediazione e della regolazione del conflitto sociale, colorano di nuovi contenuti l’antica questione del rapporto tra il giudice e la legge e rafforzano l’esigenza di prevedibilità e tempestività delle decisioni.
La magistratura, nell’osservanza dell’alto insegnamento del Presidente della Repubblica, è chiamata a «elaborare soluzioni nuove e concrete, che devono trovare comunque, necessariamente, nel tessuto normativo il loro fondamento e, al tempo stesso, il loro limite», evitando decisioni arbitrarie o imprevedibili. Oggi è dunque più che mai forte il bisogno di nomofilachia, finalità a cui coopera il pubblico ministero di legittimità.
Le riforme rafforzano tale finalità, grazie alla razionalizzazione e differenziazione dei riti e al rinvio pregiudiziale, che esaltano il compito del pubblico ministero in funzione nomofilattica, e a interventi di carattere strutturale. Tra questi: l’istituzione dell’Ufficio per il Processo, anche presso la Procura generale, la cui operatività richiede però una rapida assunzione del personale allo stesso destinato; il processo civile telematico, che esige di coglierne le grandi opportunità, ma, in disparte i rischi della futuribile giustizia predittiva, di garantire il rispetto dei diritti fondamentali e i principi del processo equo. La “macchina giudiziaria” produce un servizio istituzionale: il fattore tempo è essenziale, ma l’efficienza va misurata con riguardo all’osservanza dei principi fondamentali che governano la giurisdizione. Pressante resta l’esigenza di attuare, già a normazione invariata, la doppia dirigenza, per permettere ai capi degli uffici di concentrarsi sull’attività giudiziaria.
Volgendo l’attenzione al diritto penale, va ribadito che è questo il luogo eccezionale della violazione di un precetto tipico, dovendo la relativa sanzione essere riservata ai casi di grave lesione di interessi costituzionalmente rilevanti. Compito della giustizia penale è giudicare fatti, non processare la storia, né influire sull’assetto politico, finalità mai perseguite, al di là di fisiologiche ricadute dell’esercizio dell’azione penale non imputabili alla magistratura, ovvero di errori insiti nella fisiologia del processo, emendabili al suo interno. La magistratura requirente è consapevole, in primo luogo, che nello Stato costituzionale e di diritto le regole dell’etica rilevano sul piano giuridico soltanto se tradotte in espressi precetti di legge. In secondo luogo, che il pubblico ministero costituisce un «organo di giustizia» che nella dialettica del processo riveste il ruolo formale di parte, ma con il compito di cooperare con il giudice in vista dell’attuazione del diritto, a garanzia dei valori di legalità. Tanto dà ragione della sua collocazione ordinamentale, perché deve alimentarsi della cultura della giurisdizione, che vuol dire altresì saper misurare l’esito dell’azione penale, come rimarcato dalla recente riforma. Anche per il grande impegno di tutte le Forze dell’ordine, alle quali va il nostro ringraziamento, sono stati conseguiti risultati di rilievo, tra l’altro, nel contrasto: alla violenza di genere, ma restano preoccupanti i dati statistici e dobbiamo comprendere che l’uguaglianza di genere è questione di rilevanza strategica per la realizzazione dello Stato di diritto e che occorrono azioni positive non limitate alla repressione dei fenomeni marcatamente devianti; alla criminalità organizzata, da ultimo con l’arresto del latitante Matteo Messina Denaro, grazie all’opera instancabile della Procura di Palermo e delle Forze dell’ordine e tuttavia le ‘mafie’ non sono sparite e sono sempre pericolose. La rigorosa tutela dei diritti fondamentali non esclude poi l’esigenza di interrogarsi sul contenuto dei doveri verso la società e sulle condotte esigibili, in quanto espressive della consapevolezza degli stessi.
Anche nella materia penale emerge la peculiarità ordinamentale della Procura generale: è posta al vertice (requirente) del sistema processuale, ma non in senso gerarchico; non svolge funzioni di avvio e di impulso del processo; non è mera sostenitrice della pubblica accusa e contribuisce all’uniforme e corretta interpretazione della legge; è “motore di cambiamento”, portatrice delle istanze e delle difficoltà del “merito”, ma è altresì “custode del cambiamento”, costituendo la prevedibilità garanzia fondamentale per le persone.
Tali caratteri connotano le funzioni riconducibili a detto ambito: la risoluzione dei contrasti tra pubblici ministeri, volta a custodire e applicare gli orientamenti della Corte di cassazione; l’attività ex art. 6 del d.lgs. n. 106 del 2006, che realizza la nomofilachia delle prassi, presidio del principio di uguaglianza e prevedibilità dell’azione penale. Rinviando alla relazione per l’attività svolta, anche in ordine alle questioni poste dalle riforme, è opportuno far cenno degli orientamenti concernenti la comunicazione relativa ai procedimenti penali, oggetto del d.lgs. n. 188 del 2021. Tema controverso, che implica un complesso bilanciamento del diritto all’informazione, cardine di democrazia nell’ordinamento generale e del diritto fondamentale alla presunzione di non colpevolezza, il quale richiede che tutti, non solo i magistrati, siano consapevoli della necessità di distinguere verità storica, giornalistica e giudiziaria e di ricordare che quest’ultima è solo quella raggiunta nell’osservanza del giusto processo di legge. Pretendere di sostituirla con le prime due significa, come è stato scritto, distruggere la base delle nostre libertà e quella «secolare conquista della civiltà giuridica secondo cui solamente all’esito di un giusto processo» si può essere definiti colpevoli.
Di rilievo è stata l’attività in ambito internazionale e sovranazionale, specie con riguardo all’Unione europea, “Comunità di diritto”, in cui è centrale il rispetto della Rule of Law, rafforzata dall’istituzione della Procura europea, in relazione alla quale la Procura generale svolge importanti compiti. Per rilevanza e risultati, va ricordata la Conferenza dei Procuratori generali del Consiglio d’Europa, tenutasi a Palermo il 5 e il 6 maggio 2022, voluta e organizzata dal Procuratore generale dr. Giovanni Salvi, con la collaborazione di numerose Istituzioni.
La Procura generale considera, infine, fondamentali le attribuzioni in materia disciplinare. La responsabilità disciplinare costituisce l’interfaccia dell’indipendenza e dell’autonomia, costituzionalmente stabilite, ma che non pongono la magistratura «al di là dello Stato, quasi legibus soluta» ed è responsabilità verso l’ordinamento generale, minando i comportamenti devianti la fiducia dei cittadini, precondizione essenziale della funzione giudiziaria. I dati statistici dimostrano che la giustizia disciplinare, caratterizzata da una duplice iniziativa, garanzia del raccordo tra potere giudiziario e sovranità popolare, è rigorosa, specie se si considerano le conseguenze delle sanzioni più lievi, non riduttivamente apprezzabili, come talora accade. La materia sconta tuttavia equivoci, alimentati anche da un’erronea confusione tra responsabilità disciplinare, civile e violazione delle regole della professionalità. La responsabilità disciplinare è volta, infatti, a sanzionare la violazione dei doveri funzionali del magistrato e a irrogare una sanzione che incide esclusivamente sul rapporto di impiego. Non è, non può essere, strumento di garanzia della esattezza delle decisioni dei diritti lesi da provvedimenti e condotte non corretti, adeguatamente presidiati da rimedi giuridici diversi, neppure influenzati o condizionati da quello disciplinare.
Per detta ragione, e in virtù dei principi di tipicità degli illeciti e di legalità, compito della giurisdizione disciplinare è solo quello di perseguire le condotte contemplate dalla legge come tali.
È dunque necessario che la violazione dei doveri non costituenti illecito disciplinare, ma rilevante in altri ambiti (nelle valutazioni di professionalità, ai fini della progressione nelle funzioni), venga adeguatamente sanzionata dagli organi del circuito di governo autonomo. Nondimeno, anche dopo le recenti riforme rimangono profili di criticità. Il catalogo degli illeciti disciplinari e i principi di tipicità e legalità rendono concreto il rischio di impunità di condotte non riconducibili ad alcuna fattispecie, ma lesive del bene giuridico tutelato dalla responsabilità disciplinare. La relazione si sofferma su detti profili, restando riservata alla discrezionalità del Legislatore la scelta del se e come porvi rimedio, nel rispetto dei principi costituzionali.
Concludo questo intervento con la speranza, alimentata dall’ottimismo della ragione, che il Paese conservi la fiducia nella giustizia e che questa recuperi l’efficienza sulla quale i cittadini possono e devono fare affidamento, grazie all’impegno di tanti servitori dello Stato, i quali quotidianamente operano con discrezione, la cui attività non può essere appannata dai comportamenti devianti di alcuni, che vanno perseguiti e sanzionati. L’incremento di fiducia e l’efficienza esigono tuttavia un’azione riformatrice attenta alla tutela di tutti gli interessi in gioco, chiara e ordinata, imprescindibile per la razionalità dell’ordinamento, condizione dell’efficace funzionamento della giustizia.