LE TABELLE DEGLI UFFICI GIUDIZIARI – ultima parte - La funzione organizzativa del Csm, i progetti organizzativi e le proposte di riforma.
di Gianfranco Gilardi
Sommario: 1. La funzione organizzativa del Csm e le Procure della Repubblica. L’evoluzione normativa e le proposte pendenti di riforma dell’ordinamento giudiziario - 2. L’effettività del sistema tabellare. – 3. Le proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario.
1. La funzione organizzativa del Csm e le Procure della Repubblica. L’evoluzione normativa e le proposte pendenti di riforma dell’ordinamento giudiziario
Come si è ricordato, anteriormente alla riforma dell’ordinamento giudiziario il Consiglio superiore della magistratura - alla luce della normativa primaria e secondaria sviluppatasi nel tempo[1] e sfociata, da ultimo, nell’art. 7 ter ord. giud. che peraltro recepiva le indicazioni elaborate dallo stesso Consiglio – era venuto definendo i propri spazi di intervento anche in relazione alle modalità di esercizio del potere del Procuratore della Repubblica nei rapporti con i sostituti e nell’esplicazione più tipicamente organizzative, allo scopo di dare attuazione ai principi costituzionali inerenti alla figura del pubblico ministero e, in particolare, agli artt. 105 e 112 della Cost. Il Csm aveva pertanto precisato nelle proprie circolari che - nel rispetto di un procedimento volto a garantire, come per gli uffici giudicanti, il contraddittorio degli interessati e ad acquisire il parere del Consiglio giudiziario - anche per gli uffici delle Procure dovessero essere formulati i programmi organizzativi, con le indicazioni relative alla loro composizione complessiva, a quella degli eventuali gruppi di lavoro specializzati per la trattazione di materie richiedenti particolari tecniche di indagine e/o la conoscenza di settori specialistici, all’assegnazione dei procedimenti ai gruppi di lavoro ed ai singoli magistrati, alle funzioni delegate ai procuratori aggiunti, ai turni d’udienza. Per quanto concerne l’enunciazione di criteri relativi alla assegnazione degli affari, era stato chiarito da tempo che il potere di direzione e di organizzazione dell’ufficio spettante al Procuratore della Repubblica ai sensi dell’art. 70 ord. giud., e la circostanza che in base a tale norma egli esercitasse personalmente le funzioni attribuite al pubblico ministero dal codice di procedura penale e dalle altre leggi, quando non avesse designato altri magistrati addetti all’ufficio, non escludeva che anche per gli uffici del pubblico ministero fossero da indicare criteri organizzativi idonei ad individuare in modo oggettivo e predeterminato quali affari il Procuratore della Repubblica intendesse riservare a se stesso, e quali invece delegare ai sostituti dell’ufficio, che l’assegnazione di un determinato affare in deroga i criteri organizzativi indicati richiedesse una motivazione espressa e che la revoca della designazione dovesse essere non solo sottoposta all'obbligo di motivazione[2], ma anche giustificata da determinati presupposti, in coerenza con i principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’amministrazione, posti a garanzia dell’autonomia e indipendenza riconosciute dalla Costituzione a tutti gli appartenenti all’ordine giudiziario, nell’interesse primario della collettività.
Nella circolare sulla formazione delle tabelle relativa al biennio 2006/2007, che raccoglieva e sviluppava tali indicazioni, veniva tra l’altro precisato che, pur rientrando l’assegnazione degli affari nella responsabilità del dirigente dell’ufficio, non fossero ammissibili parametri genericamente equitativi o tali da realizzare una discrezionalità incontrollata del dirigente; che i criteri di assegnazione degli affari potessero essere derogati, con provvedimenti adeguatamente motivati, in presenza di esigenze di servizio, ivi comprese quelle di riequilibrio dei carichi di lavoro, ovvero in considerazione della specifica professionalità richiesta dalla trattazione di singoli affari; che fossero adottati gli opportuni accordi tra Procuratore della Repubblica, Presidente della sezione GIP o magistrato incaricato della direzione della medesima e Presidente del Tribunale allo scopo di permettere la tendenziale continuità nella designazione del sostituto, finalità cui era correlata anche la previsione che nel corso delle indagini preliminari la sostituzione del magistrato designato dovesse essere adeguatamente motivata con riferimento ad esigenze oggettive e verificabili, e che ove la sostituzione non fosse stata richiesta o condivisa dal sostituto designato, il provvedimento di sostituzione, corredato delle osservazioni dei magistrati interessati e del parere del Consiglio giudiziario, dovesse essere immediatamente trasmesso al Consiglio superiore della magistratura. Nei par. 63-65 veniva quindi descritto il procedimento - analogo a quello già esaminato per gli uffici giudicanti – concernente il deposito dei criteri organizzativi, le eventuali osservazioni dei magistrati dell’ufficio, il parere del Consiglio giudiziario e la successiva trasmissione al Csm, alla cui approvazione l’efficacia del programma era subordinata.
Tale quadro si è successivamente modificato con la riforma dell’ord. giud. e la soppressione dell’art. 7 - ter, terzo comma ( v. par. 4 LE TABELLE DEGLI UFFICI GIUDIZIARI - prima parte- Il sistema tabellare di Gianfranco Gilardi), mantenuta ferma anche dopo che la legge 269/2006, aveva fatto venir meno alcune delle più vistose accentuazioni in senso gerarchico delle Procure della Repubblica contenute nel testo originario del d. lgs. 106 /2006, i cui profili di illegittimità costituzionale erano stati ribaditi nella risoluzione urgente del 5 luglio 2006 con la quale il Csm aveva evidenziato altresì le ricadute negative della nuova disciplina sull’efficienza degli uffici[3].
La riforma dell’ordinamento giudiziario ha comportato l’estromissione del Csm dal procedimento di definizione dell’assetto organizzativo delle Procure, salva la previsione che i progetti organizzativi, ivi compresi quelli regolanti l’assegnazione dei procedimenti, siano comunicati al Consiglio. Ciò tuttavia non ha precluso gli spazi per un’interpretazione costituzionalmente orientata, come il Csm ha avuto modo di chiarire con la ricordata risoluzione del 12 luglio 2007, i cui principi sono stati poi ripresi nella delibera dell’11 ottobre 2007 ed ai quali la circolare sulla formazione delle tabelle relative al triennio 2009/2011 fece esplicito richiamo all’art. 128 (“per l’organizzazione degli Uffici del Pubblico Ministero occorre fare riferimento alla risoluzione consiliare del 12 luglio 2007 ed alla Circolare per l’organizzazione degli Uffici Giudiziari per il biennio 2006-2007 esclusivamente nelle parti compatibili con il Decreto Legislativo n. 106 del 2006”)[4].
Dopo essersi occupato della materia in altri documenti[5], il CSM è da ultimo intervenuto in argomento con la Circolare approvata il 6 dicembre 2020 mediante la quale, muovendo dai principi costituzionali di cui agli artt. 105, 107, 108 e 112 Cost., dalle delibere del 2007 e del 2009 e dall’analisi delle problematiche emerse nell’applicazione della circolare del 2017, si è proceduto ad una incisiva opera di riscrittura della materia.
Nella consapevolezza che gli aspetti organizzativi costituiscono una componente essenziale ai fini dell’esercizio imparziale ed effettivo dell’azione penale, della celerità dei procedimenti e del diritto di difesa, si è posta particolare attenzione:
- all’interpello come strumento per l’assegnazione dei magistrati ai gruppi di lavoro, per l’assegnazione degli incarichi di coordinamento ai Procuratori aggiunti e per gli incarichi di collaborazione. Al riguardo sono stati contestualmente indicati i criteri di valutazione (anche con riferimento all’assegnazione alla DDA, per la quale viene valorizzata l’esperienza giudiziaria, nonché quella non giudiziaria, ove particolarmente formativa;- al metodo partecipato per l’adozione del progetto organizzativo, valorizzando a tal fine la centralità dell’assemblea dei magistrati come momento preliminare e necessario di condivisione del progetto organizzativo ed il confronto con il dirigente del corrispondente ufficio giudicante;
- alla regolamentazione delle funzioni semidirettive, con la previsione altresì dell’obbligo di svolgimento di una quota di lavoro “giudiziario” in senso stretto per i procuratori aggiunti e del divieto di esonero per i magistrati con funzioni di collaborazione non titolari di funzioni semidirettive;
- alla trasparenza ed imparzialità nell’attività del dirigente;
- alla previsione di espressi criteri per l’assegnazione degli affari, la coassegnazione e l’autoassegnazione, ed alla necessità di specifica motivazione in caso di deroga a criteri automatici di assegnazione;
- alla qualificazione del “visto” come manifestazione delle competenze organizzative del dirigente e quindi come strumento di conoscenza e informazione sulle attività dell’ufficio;
- all’individuazione di criteri predefiniti per l’assegnazione dei magistrati alle DDA e per le coassegnazioni dei procedimenti di competenza della DDA;
- alla definizione del ruolo dei Consigli giudiziari;
- alla regolamentazione dell’organizzazione della DNAA, anche con riferimento alla assegnazione dei magistrati ai gruppi di lavoro, alla assegnazione degli affari ed al ruolo dei Procuratori aggiunti.
È inoltre da segnalare, anche per il rilievo che la questione è tornata ad assumere nell’ambito delle proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario[6], la disposizione di cui all’art. 3, ove è tra l’altro disposto che il “Procuratore della Repubblica, nel rispetto del principio di obbligatorietà dell’azione penale e dei parametri fissati dall’art. 132-bis disp. att. c.p.p. e delle altre disposizioni in materia, può elaborare criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti. Indica i criteri prescelti al fine dell’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, tenendo conto della specifica realtà criminale e territoriale, nonché delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili” e che nell’elaborazione dei criteri di priorità, egli “cura l’interlocuzione con il Presidente del tribunale ai fini della massima condivisione, ed opera sia tenendo conto delle indicazioni condivise nella conferenza distrettuale dei dirigenti degli uffici requirenti e giudicanti, sia osservando i principi enunciati nelle delibere consiliari del 9 luglio 2014 e dell’11 maggio 2016 in tema, rispettivamente, di “criteri di priorità nella trattazione degli affari penali” e di “linee guida in materia di criteri di priorità e gestione dei flussi di affari - rapporti fra uffici requirenti e uffici giudicanti” [7].
2. L’effettività del sistema tabellare
Come osservato, anche dopo la riforma dell’ordinamento giudiziario resta saldo il postulato su cui poggia il sistema tabellare, quello cioè che l’organizzazione del lavoro giudiziario deve ispirarsi all’esigenza, comune a ogni ramo della pubblica amministrazione, di garantire il buon funzionamento e l’imparzialità del servizio e, insieme, di assicurare che lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali avvenga al riparo da ogni condizionamento non solo esterno, ma anche interno alla magistratura.
L’esperienza ormai pluridecennale in materia tabellare, le direttive sempre più precise dettate dal Csm, i controlli esercitati dai consigli giudiziari, la partecipazione al procedimento tabellare realizzata attraverso le osservazioni dei magistrati, un’intensa attività di formazione a livello sia centrale sia decentrato, alcune pronunce della Corte costituzionale hanno contribuito, nel corso del tempo, a radicare la consapevolezza del valore fondante del principio del giudice naturale e, insieme, la consapevolezza circa la validità delle regole tabellari quale strumento di equa e razionale organizzazione del lavoro giudiziario. Di tale crescita costituisce parte importante il diretto coinvolgimento dei dirigenti degli uffici nella stessa formazione delle circolari sulle tabelle, la cui elaborazione viene preceduta ormai da diversi anni da appositi incontri con i dirigenti medesimi al fine di raccoglierne proposte e suggerimenti, nella convinzione che “l’autogoverno implica il contributo responsabile di tutti gli operatori del sistema – giustizia” e che “proprio la condivisione delle scelte organizzative si traduce in garanzia di buon funzionamento ed efficienza degli Uffici giudiziari”[8].
Ma, se ciò è vero, bisogna aggiungere che ai principi enunciati ed alle regole dichiarate non corrisponde ovunque un’immagine simmetrica della realtà. Si deve infatti assistere ancora oggi (benché molto meno che in passato) ad uffici nei quali la vita si svolge al di fuori di occasioni di confronto sullo stato dei servizi, i problemi organizzativi, gli orientamenti giurisprudenziali e le novità normative, e nella mancanza, a volte, anche delle forme più elementari di controllo e di vigilanza. Le prescrizioni relative a parti ordinamentali di fondamentale importanza, come le riunioni interne alle sezioni ex art. 46-quater ord. giud. o i monitoraggi necessari anche per dar corso ad eventuali riequilibri dei ruoli, restano spesso lettera morta.
Vi sono proposte tabellari che evidenziano non soltanto carenze di capacità organizzativa e progettuale, ma persino – e prima ancora – mancanza di conoscenza della realtà di fatto, conoscenza che costituisce il presupposto indispensabile di ogni meditata proposta. Le regole tabellari restano spesso prive di attuazione e le delibere del Consiglio, che dovrebbero servire a farle rispettare, non solo arrivano spesso in ritardo ma, una volta adottate, restano non di rado lettera morta. Piuttosto che di carenza di regole, si deve parlare di una loro diffusa ineffettività, con conseguenze negative per la corretta gestione del sistema di autogoverno ed il funzionamento organizzativo della giurisdizione.
Di ciò è ben consapevole il Csm che più volte ha messo in evidenza la progressiva formazione di uno iato tra realtà effettiva degli uffici (l’organizzazione concreta ed operativa) e realtà “virtuale” sottoposta al controllo tabellare, sottolineando come il dilatarsi dei tempi di esame delle proposte e delle variazioni abbia fatto sì che il controllo del Consiglio finisse con il concentrarsi su un assetto dell’organizzazione spesso non più attuale in quanto superato da una molteplicità di modifiche, provvisorie o anche definitive, nel frattempo intervenute, o come in altri casi la dilatazione dei tempi avesse indotto alcuni dirigenti a non adottare variazioni (salvo procedere in via di fatto suscitando anche contenziosi all’interno degli uffici) nonostante l’insorgere di situazioni che richiedevano tempestivi interventi. I rimedi adottati per superare tali inconvenienti, come ad esempio l’introduzione della procedura semplificata per le proposte costituenti riproduzione di quelle che abbiano già conseguito l’integrale approvazione del CSM, o la previsione di esecutività delle proposte organizzative sulle quali sia intervenuto un parere favorevole unanime del consiglio giudiziario[9] hanno certamente contribuito ad accelerare la definizione di un gran numero di proposte, ma a tale vantaggio si è accompagnato l’effetto negativo di trascurare le verifiche sostanziali in ordine alla concreta gestione degli uffici ed alla qualità delle scelte organizzative[10].
Un sistema tabellare caratterizzato da ampi margini di ineffettività dei controlli rischia conseguenze gravi non solo sul piano della buona organizzazione ma anche, e correlativamente, con riguardo al principio del giudice naturale, la funzionalità del servizio costituendo un elemento intrinseco della naturalità del giudice, da intendere (anche alla luce del canone costituzionale della durata ragionevole del processo) come garanzia dell’insieme delle condizioni preordinate all’attuazione di diritti, nella consapevolezza che ciò che conta per la corretta amministrazione della giustizia non è tanto – come accennato - la selezione dei più «bravi», quanto un sistema idoneo ad assicurare che ogni magistrato, nel contesto di un’organizzazione adeguata, assolva ai propri compiti con capacità e impegno, quale che sia la funzione in concreto esercitata.
Restituire effettività al sistema dei controlli significa recuperare chiarezza in ordine ai fini e, prima ancora, in ordine all’oggetto stesso dei controlli. Il sistema tabellare, infatti, altro non è che uno strumento per rispondere nel modo più razionale ed efficace possibile alla domanda di giustizia presente o prevedibile in ciascuna realtà territoriale; e nel corso degli anni – parallelamente al recupero della centralità della questione organizzativa, cui ha dato impulso anche l’apporto di studiosi di scienze dell’organizzazione[11]- si è venuta sempre più precisando l’idea che le proposte tabellari debbono costituire un vero e proprio progetto organizzativo funzionale a questo obiettivo, che i dirigenti degli uffici giudiziari hanno il dovere di perseguire in modo da coniugare il principio del giudice naturale con la funzionalità del servizio.
Questa concezione è venuta maturando nel contesto di una più generale riflessione circa l’importanza strategica di una svolta sul piano organizzativo, che nella realtà di molti uffici ha visto diffondersi il fermento degli Osservatorii e dei protocolli per le udienze[12]; ha portato al recepimento a livello normativo dell’idea dell’Ufficio per il processo, costituente in gran parte l’esito di questi fermenti e di un dibattito maturato in alcuni ambiti associativi; ha trovato specifiche enunciazioni nell’esperienza del Csm, che a partire dalla circolare relativa all’organizzazione degli uffici giudiziari per il biennio 2002/2003 ha fatto esplicito richiamo, tra l’altro, al principio della ragionevole durata del processo ora anche formalmente enunciato dall’articolo 111 della Costituzione ed ha successivamente introdotto le Commissioni per l’analisi dei flussi e delle pendenze e le ulteriori innovazioni richiamate supra, al par. 2.
Anche nel cantiere delle proposte governative in corso per migliorare il funzionamento della giustizia gli interventi non sono stati limitati alla consueta opera di “novellazione” della disciplina processuale che ha visto un progressivo accumulo di norme e di riti il cui effetto, anziché aiutare a risolvere i problemi, è stato quello di complicarli rendendo sempre più difficoltosa l’attività degli interpreti e degli operatori, ma, a differenza di quanto accaduto in tante altre occasioni, sono stati inseriti in un quadro più articolato e complesso di misure destinate a comporre nel loro insieme il disegno riformatore; e ciò nella consapevolezza della necessità di evitare l’equivoco “per il quale l’obiettivo di una giustizia più effettiva ed efficiente, oltre che più giusta, possa essere raggiunto solo attraverso interventi riformatori sul rito del processo o dei processi”, essendo necessario muoversi seguendo tre direttrici tra loro inscindibili e complementari: il “piano organizzativo”, la “dimensione extraprocessuale” e quella “endoprocessuale”[13].
La “nuova” professionalità verso cui spingono anche le proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario è, come io credo, anche quella legata all’idea del governo autonomo realizzato nei fatti come strumento di responsabilizzazione collettiva capace di dare risposta ai tanti colleghe e colleghi che chiedono di poter svolgere dignitosamente il proprio lavoro, nella certezza di contare su condizioni organizzative adeguate, su uno sviluppo della vita professionale presidiato da regole certe ed effettivamente applicate, su un contesto capace di distinguere i meritevoli dagli incapaci, con organi del governo autonomo dediti, al centro ed in periferia, a svolgere in modo rigoroso ed imparziale i propri compiti, con dirigenti impegnati a difendere l’indipendenza degli uffici da ogni interferenza e nell’assicurare le regole di buona amministrazione, con l’opera di tutti i magistrati nell’essere custodi e garanti di queste regole e dei propri doveri senza chiudere gli occhi sui fenomeni di inefficienza, di malcostume e disimpegno che purtroppo non mancano e che non di rado per colpa di pochi espongono al discredito l’intera magistratura. Di tutto ciò è parte essenziale il sistema tabellare, che sta anche a tutti noi rendere sempre più rispondente alla sua funzione ed ai suoi scopi[14].
3. Le proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario
Com’è noto, nel corso delle presente legislatura il Consiglio dei Ministri - nella precedente composizione governativa – ha approvato in data 7 agosto 2020 il “Disegno di legge recante deleghe al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario e per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati, e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura” (c.d. ddl “ Bonafede”) contenente numerose previsioni, anche in materia tabellare, in particolare per ciò che concerne:
* la reintroduzione [art. 2, secondo comma lettere a) e d)] del procedimento tabellare per quanto concerne i progetti organizzativi degli uffici di Procura, sia pure con gli adattamenti suggeriti dalle peculiarità degli uffici;
* la semplificazione della procedura di approvazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti e dei progetti organizzativi degli uffici requirenti (e delle relative modificazioni), con la previsione che essi debbano intendersi approvati qualora il Consiglio giudiziario abbia espresso parere favorevole all’unanimità ovvero – in caso di parere non unanime del Consiglio giudiziario – qualora il Consiglio Superiore non si esprima <<in senso contrario entro un termine stabilito in base alla data di invio del parere del consiglio giudiziario [art. 2, secondo comma lett. e)”[15] ;
* la previsione inerente alla possibilità che il dirigente dell’ufficio, all’esito del quadriennio, si limiti a confermare, con provvedimento motivato, il progetto organizzativo previgente (ipotesi questa già prevista a norma dell’art. 7 della vigente circolare sull’Organizzazione degli Uffici di Procura), ferma tuttavia - è da ritenere - la necessità che il progetto sia comunque trasmesso all’organo consultivo e, successivamente al CSM;
* la durata del periodo di efficacia delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti e dei progetti organizzativi degli uffici requirenti, stabilita in quattro anni;
* la facoltà per i componenti avvocati e professori universitari del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli Giudiziari di partecipare alle discussioni ed assistere alle deliberazioni relative alle valutazioni di professionalità dei magistrati, peraltro senza diritto di voto, secondo una scelta in base alla quale - come si legge nel parere del CSM - il legislatore delegante <<sembra aver voluto contemperare l’esigenza di consentire ai componenti laici, compresi gli avvocati, che, nella quotidianità del loro lavoro, sono i primi destinatari dell’azione giudiziaria e sono, quindi, in grado di apprezzare la professionalità di un magistrato, di prendere parte alla fase di valutazione, con quella di evitare che nel procedimento siano veicolati elementi ulteriori (e non verificati) rispetto a quelli già acquisiti, comprendenti, peraltro, anche le eventuali segnalazioni effettuate dagli avvocati, per il tramite del Presidente del Consiglio dell’Ordine, ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. b)>> (3, comma 1 del ddl);
* la riduzione a 37 del numero dei magistrati facenti parte della pianta organica dell’Ufficio del Massimario e del ruolo della Corte di cassazione.
Le previsioni contenute nel ddl “Bonafede”[16] sono state modificate dalla Commissione nominata con decreto ministeriale del 26 marzo 2021 per elaborare proposte di interventi relativi alla riforma dell’ordinamento giudiziario, e presieduta dal Prof. Massimo Luciani. In particolare, per quanto concerne l’art. 2, comma 2 del dll d.d.l. AC 2681, dedicato alle tabelle di organizzazione degli uffici, la Commissione ha confermato la scelta del di reintrodurre i progetti organizzativi degli uffici requirenti, ma ha proceduto “ad una riscrittura delle sue disposizioni con l’obiettivo, da un lato, di coordinare i vari documenti di organizzazione degli uffici giudiziari (documenti organizzativi generali, progetti tabellari e progetti organizzativi, programmi di gestione) e, dall’altro, di rendere più omogenee e snelle le relative procedure di approvazione”. In particolare, alle lett. a) e b), la Commissione ha indicato “la necessità di un significativo ripensamento dei contenuti delle proposte tabellari” e con riferimento ai contenuti dei progetti organizzativi degli uffici di procura ha mantenuto “il riferimento ai criteri di priorità, specificando, tuttavia, che essi devono essere stabiliti dalla legge”. Inoltre, è stata prevista “la necessità di definire i criteri e le modalità di revoca dell’assegnazione “in tutti i casi” di dissenso tra magistrato e procuratore” (cfr. la relazione della Commissione).
Il nuovo comma 2 dell’art. 2 è stato quindi formulato prevedendo che, nell’esercizio della delega, il decreto o i decreti legislativi di attuazione siano adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
“a) prevedere che il presidente della corte d’appello trasmetta le proposte tabellari corredate da documenti organizzativi generali, concernenti l’organizzazione delle risorse e la programmazione degli obiettivi di buon funzionamento degli uffici, anche sulla base dell’accertamento dei risultati conseguiti nel quadriennio precedente; stabilire che tali documenti siano elaborati dai dirigenti degli uffici giudicanti, sentito il dirigente dell’ufficio requirente corrispondente e il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati;
“b) prevedere che i suddetti documenti possono essere modificati nel corso del quadriennio anche tenuto conto dei piani di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, e dei programmi di cui all’articolo 37 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; b) individuare, anche riformulando le relative disposizioni degli articoli 7-bis e 7-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, il contenuto minimo delle proposte tabellari di cui alla lettera a);
“c) prevedere che il procuratore generale trasmetta i progetti organizzativi corredati da documenti organizzativi generali concernenti i criteri di organizzazione delle risorse e di programmazione degli obiettivi di buon funzionamento degli uffici; prevedere che tali documenti siano elaborati dai dirigenti degli uffici requirenti sentito il dirigente dell’ufficio giudicante corrispondente e il presidente dell’ordine degli avvocati; prevedere che tali documenti possano essere modificati nel corso del quadriennio anche tenuto conto dei piani di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240;
“d) prevedere che il progetto organizzativo, corredato dal documento organizzativo generale, sia approvato con decreto del Ministro della Giustizia in conformità alla deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, previo parere dei consigli giudiziari;
“e) stabilire che il Consiglio superiore della magistratura definisca i princìpi generali per la redazione del documento organizzativo generale e per la formazione del progetto organizzativo con cui il procuratore della Repubblica determina i criteri di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106;
“f) stabilire che il progetto organizzativo contenga in ogni caso:
“1) la costituzione dei gruppi di lavoro ove la disponibilità di risorse umane lo consente, nel rispetto della disciplina della permanenza temporanea nelle funzioni, e i criteri di designazione dei procuratori aggiunti e di assegnazione dei sostituti procuratori a tali gruppi, che valorizzino il buon funzionamento dell’ufficio e le attitudini dei magistrati;
“2) i criteri di assegnazione e di coassegnazione dei procedimenti e le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione dei procedimenti sono di natura automatica;
“3) le misure organizzative dell’ufficio, che tengano conto degli eventuali criteri di priorità indicati dalla legge per la trattazione dei processi;
“4) i compiti di coordinamento e direzione dei procuratori aggiunti;
“5) i compiti dei vice procuratori onorari e le attività loro delegate;
“6) il procedimento di esercizio delle funzioni di assenso alle misure cautelari;
“7) i criteri e le modalità di revoca dell’assegnazione e la motivazione del provvedimento di revoca in tutti i casi di dissenso fra il magistrato e il procuratore della Repubblica;
“8) per le procure distrettuali, l’indicazione dei criteri per il funzionamento e l’assegnazione dei procedimenti della direzione distrettuale antimafia e delle sezioni antiterrorismo;
“9) l’individuazione del procuratore aggiunto o comunque del magistrato designato come vicario, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, con la specificazione dei criteri che ne hanno determinato la scelta;
“10) i criteri ai quali i procuratori aggiunti e i magistrati dell’ufficio si attengono nell’esercizio delle funzioni vicarie o di 16 magistratura non si esprima in senso contrario entro un termine stabilito in base alla data di invio del parere del consiglio giudiziario, al quale devono essere allegati le osservazioni eventualmente proposte dai magistrati dell’ufficio e l’eventuale parere contrario espresso a sostegno del voto di minoranza. coordinamento o comunque loro delegate dal capo dell’ufficio;
“g) prevedere che i documenti organizzativi generali degli uffici, le tabelle e i progetti organizzativi siano elaborati, con cadenza quadriennale, secondo modelli standard stabiliti con delibera del Consiglio superiore della magistratura e trasmessi in via telematica; prevedere altresì che i pareri dei consigli giudiziari siano redatti secondo modelli standard, contenenti i soli dati concernenti le criticità, stabiliti con delibera del Consiglio superiore della magistratura.» coordinamento o comunque loro delegate dal capo dell’ufficio”
Sotto il profilo organizzativo occorrerà inoltre tener conto anche delle proposte elaborate da un’altra Commissione ministeriale (quella presieduta dal Prof. Francesco Paolo Giuseppe Luiso) con il compito di apportare emendamenti al ddl 1662/S/XVIII (“Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie”) presentato al Senato, sempre nel corso della presente legislatura ed in altra composizione governativa, il 9 gennaio 2020.
Inserendo, infatti, previsioni (art 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies) che non figuravano nel ddl appena citato, ma che attengono ad una scelta ritenuta fondamentale sia nelle dichiarazioni programmatiche della Ministra Cartabia[17], sia nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)[18], viene introdotta una dettagliata normativa in ordine all’”Ufficio per il processo”[19], indicandosi che, nell’esercizio della delega, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina dell’ufficio per il processo istituito presso i tribunali e le corti d’appello vengano adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
* prevedere che l’ufficio per il processo, sotto la direzione e il coordinamento di uno o più magistrati dell’ufficio, sia organizzato individuando i requisiti professionali del personale da assegnare a tale struttura facendo riferimento alle figure già previste dalla legge nonché ad ulteriori professionalità da individuarsi, in relazione alla specializzazione degli uffici, sulla base di progetti tabellari o convenzioni con enti ed istituzioni esterne, demandati ai dirigenti degli uffici giudiziari;
* prevedere che all’ufficio per il processo siano attribuiti, previa formazione degli addetti alla struttura:
- compiti di supporto ai magistrati, comprendenti, tra le altre, le attività preparatorie per l’esercizio della funzione giurisdizionale quali lo studio dei fascicoli, l’approfondimento giurisprudenziale e dottrinale, la selezione dei presupposti di mediabilità della lite, la predisposizione di bozze di provvedimenti, il supporto nella verbalizzazione; la cooperazione per l’attuazione dei progetti organizzativi finalizzati a incrementare la capacità produttiva dell’ufficio, ad abbattere l’arretrato e a prevenirne la formazione;
- compiti di supporto per l’ottimale utilizzo degli strumenti informatici;
- compiti di coordinamento tra l’attività del magistrato e l’attività del cancelliere;
- compiti di catalogazione, archiviazione e messa a disposizione di precedenti giurisprudenziali;
- compiti di analisi e preparazione dei dati sui flussi di lavoro;
e prescrivendosi che:
anche per la Corte di cassazione sia costituita, presso ogni sezione e presso le sezioni unite, la struttura organizzativa denominata “ufficio per il processo”, in relazione alla quale:
* individuare i requisiti professionali (anche diversi e ulteriori rispetto a quelli previsti dall’articolo 16-octies, del decreto-legge n. 179/2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221/2012, in coerenza con la specificità delle funzioni della Corte di legittimità) del personale che dovrà esservi assegnato[20], ed a cui attribuire, sotto la direzione e il coordinamento del Presidente o di uno o più magistrati da lui delegati, compiti:
- di assistenza per l’analisi delle pendenze e dei flussi delle sopravvenienze;
- di supporto ai magistrati, comprendenti, tra l’altro, la compilazione della scheda del ricorso, corredata delle informazioni pertinenti quali la materia, la sintesi dei motivi e l’esistenza di precedenti specifici, lo svolgimento dei compiti necessari per l’organizzazione delle udienze e delle camere di consiglio, anche con l’individuazione di tematiche seriali, lo svolgimento di attività preparatorie relative ai provvedimenti giurisdizionali, quali ricerche di giurisprudenza, di legislazione, di dottrina e di documentazione; contribuire alla complessiva gestione dei ricorsi e relativi provvedimenti giudiziali;
- di supporto per l’ottimale utilizzo degli strumenti informatici;
- di raccolta di materiale e documentazione anche per le attività necessarie per l’inaugurazione dell’anno giudiziario;
che presso la Procura generale della Corte di Cassazione siano istituite una o più strutture organizzative denominate “Ufficio spoglio, analisi e documentazione”, in relazione alle quali:
* individuare i requisiti professionali (anche diversi e ulteriori rispetto a quelli previsti dall’articolo 16-octies, del d.l. n. 179/2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221/2012, in coerenza con la specificità delle attribuzioni della Procura generale in materia di intervento dinanzi alla Corte di Cassazione) del personale che dovrà esservi assegnato[21] ed a cui attribuire, sotto la supervisione e gli indirizzi degli Avvocati generali e dei magistrati dell’ufficio, compiti:
- di assistenza per l’analisi preliminare dei procedimenti che pervengono per l’intervento, per la formulazione delle conclusioni e per il deposito delle memorie dinanzi alle Sezioni unite e alle Sezioni semplici della Corte;
- di supporto ai magistrati comprendenti, tra l’altro, l’attività di ricerca e analisi su precedenti, orientamenti e prassi degli Uffici giudiziari di merito che formano oggetto dei ricorsi e di individuazione delle questioni che possono formare oggetto del procedimento per l’enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge previsto all’articolo 363 del codice di procedura civile;
- di supporto per l’ottimale utilizzo degli strumenti informatici;
- di raccolta di materiale e documentazione per la predisposizione dell’intervento del Procuratore in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
[1] Cfr. per richiami la risoluzione del Csm in data 12 luglio 2007 (“Disposizioni in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero a seguito dell’entrata in vigore del D.L.vo 20 febbraio 2006 n. 106”).
[2] Secondo quanto, peraltro, già prescritto in forza della sentenza della Corte costituzionale n. 143 del 1973.
[3] Sul nuovo assetto delle Procure, durante l’iter e dopo la riforma dell’ordinamento giudizio cfr., tra gli altri, Borraccetti, Il dirigente dell’ufficio di Procura dopo la riforma dell’ordinamento giudiziario, in Questione Giustizia, 2008, 7 ss.; Idem, Note sulla controriforma annunciata del pubblico ministero, in Questione Giustizia, 2003, 680 ss.; Monetti, Spunti sulle valutazioni di professionalità dei capi degli uffici di procura, in Questione Giustizia, 2007, 677 ss.; Messineo, L’organizzazione del Pubblico Ministero, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La riforma dell’ordinamento giudiziario, Roma 8 – 10 ottobre 2007; Nannucci, L’organizzazione degli uffici di Procura, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La riforma dell’ordinamento giudiziario, Roma 8 – 10 ottobre 2007; Menditto, L’organizzazione delle Procure nella stagione della controriforma, in Questione Giustizia, 2006, 890 ss.; Amato, Procuratore e sostituti, scelte di facciata, in Guida al diritto, 2006, n. 43, 37; Albamonte, Uffici inquirenti, ecco da dove si riparte. Il procuratore capo resta padre – padrone. Interventi marginali, risultati deludenti. Al Pm serve più tutela, in Diritto e giustizia, 2006, n. 42, 115; Amato, Così il procuratore della Repubblica diventa manager della sua struttura, in Guida al diritto, 2006, 16, 22; Melillo, L’organizzazione dell’ufficio del Pubblico Ministero, in Il nuovo ordinamento giudiziario, a cura di D. Carcano, 2006, Milano, 217; Mura, L’ufficio del pubblico ministero, in Dir. pen. e proc., 2006, 154; Gianfrotta, L’organizzazione degli uffici del Giudice e del PM e i tempi del processo, anche nelle prospettive di riforma dell’Ordinamento giudiziario, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema: Tempo e processo penale, Roma, 10 – 12 aprile 2006; Monetti, Organizzazione del pubblico ministero e poteri di amministrazione della giurisdizione, (orientamenti del Consiglio d’Europa e situazione italiana), in Questione giustizia, 2001, 195 ss.; Diotallevi, L’organizzazione degli uffici del pubblico ministero (nuovi criteri di interpretazione dell’art. 70 ordinamento giudiziario o coerente rivisitazione della disciplina esistente?), in Questione giustizia, 2000, 721. In argomento cfr. altresì, più recentemente, P. Gaeta, L’organizzazione degli uffici di procura, in Questione Giustizia, 18 dicembre 2019, http://questionegiustizia.it/articolo/l-organizzazione-degli-uffici-di-procura_18-12-2019.php
[4] Cfr., per la disciplina di dettaglio, il testo della circolare.
[5] Si segnalano, tra quelli degli ultimi anni, la risoluzione del 9 luglio 2014 sui “Criteri di priorità nella trattazione degli affari penali”, la delibera su “Linee guida in materia di criteri di priorità e gestione dei flussi di affari - rapporti fra uffici requirenti e uffici giudicanti” (risposta a quesito dell’11 maggio 2016); la circolare in tema di organizzazione degli uffici di Procura del 16 novembre 2017 (con la quale il CSM, nell’ambito delle sue funzioni regolamentari, ha ribadito la necessità che il potere di organizzazione dell’ufficio affidato dalla legge al procuratore della Repubblica venga esercitato secondo forme procedimentali chiare e trasparenti, condensate in particolare negli artt. 8 e 9 della circolare, in direzione di un modello di ufficio caratterizzato da criteri di efficienza, trasparenza ed efficacia, indipendenza dei magistrati del pubblico ministero, valorizzazione della loro professionalità, rispetto delle regole del giusto processo, per garantire al meglio il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale) ed alcuni provvedimenti successivi riguardanti le procure minorili.
[6] Nell’articolo 2, secondo comma del ddl AC 2681 (ddl “Bonafede”) è previsto tra l’altro che il progetto di organizzazione relativo all’ufficio del pubblico ministero contenga anche l’indicazione di criteri di priorità nella trattazione degli affari. La Commissione ministeriale presieduta dal prof. Luciani (infra, par. 13) ha ritenuto di mantener fermo il riferimento ai criteri di priorità, “specificando, tuttavia, ch’essi devono essere stabiliti dalla legge” (così la Relazione) La formula con cui la proposta viene tradotta nell’articolato (i progetti organizzati dovranno tener conto “degli eventuali criteri di priorità indicati dalla legge per la trattazione dei processi” lascia il dubbio se -fermi i criteri di priorità stabiliti dalla legge – sia possibile individuarne ulteriori base all’orientamento consolidato nella normativa regolamentare del CSM: cfr., infra, la nota che segue).
[7] Negli ultimi anni il Consiglio Superiore della Magistratura è intervenuto in più occasioni sul tema dei criteri di priorità degli affari penali, con un insieme di indicazioni ai dirigenti degli uffici utili a razionalizzare la trattazione dei procedimenti e l'impiego delle risorse disponibili. Nella risoluzione del 9 luglio 2014, richiamati i precedenti consiliari, e sottolineata l'urgenza di regolare situazioni che, in quanto caratterizzate “da una oggettiva impossibilità di tempestiva trattazione di tutti i procedimenti penali pendenti, richiedono l'adozione di moduli organizzativi adeguati, al fine di evitare o la mera casualità nella trattazione degli affari (e quindi il rifiuto di ogni razionalizzazione del lavoro) oppure l'adozione di criteri di fatto disomogenei all'interno dello stesso ufficio, non verificabili e perciò più esposti ad abusi e strumentalizzazioni ", individuò una possibile soluzione organizzativa consistente nel collocare “il rischio prescrizione su di un piano paritario (e non più oggettivamente preminente, come nell’ottica abbracciata dalla risoluzione del 13 novembre 2008) rispetto agli altri criteri di individuazione di priorità ulteriori rispetto a quelle legali, costituiti dalla gravità e dalla concreta offensività del reato, dalla soggettività del reo, dal pregiudizio che può derivare dal ritardo per la formazione della prova e per l’accertamento dei fatti, nonché dall’interesse (anche civilistico) della persona offesa”: ferma restando l’esigenza di celere trattazione delle priorità legali, e la necessità di evitare qualsiasi “forma di definitivo “accantonamento” di procedimenti (così abbandonando intere categorie di reati ad un destino certo di estinzione per prescrizione)” .
L’individuazione di tali priorità (ulteriori rispetto a quelle legali), sino ad allora lasciata esclusivamente al prudente apprezzamento del singolo giudicante, avrebbe dovuto essere filtrata con atti di indirizzo rimessi alla responsabilità del capo dell'ufficio e da emanare dunque, in primo luogo. in occasione della formazione delle tabelle di organizzazione dell'ufficio e delle tabelle infradistrettuali, previo coordinamento nell’ambito della conferenza distrettuale di tutti gli uffici giudicanti e requirenti del distretto e con la partecipazione dei presidenti degli ordini forensi territoriali, o di loro delegati. Quanto agli uffici requirenti, in assenza di un sistema di tipizzazione delle priorità legislativamente predeterminato, l’individuazione di linee guida finalizzate a scongiurare l'insorgenza di ingiustificate disparità nel concreto esercizio dell'azione penale avrebbe dovuto “essere rimessa ai singoli dirigenti delle Procure della Repubblica, tenendo conto dei criteri adottati dai corrispondenti uffici giudicanti”.
Sul tema il Consiglio è tornato con la risoluzione del 17 giugno 2015 in materia di “ buone prassi “ e con quella dell’11 maggio 2016 ("Linee guida in materia di criteri di priorità e gestione dei flussi di affari - rapporti fra uffici requirenti e uffici giudicanti") in cui si osserva che le scelte organizzative e di priorità dei dirigenti degli uffici "costituiscono una corretta risposta di I efficienza, razionalità, trasparenza ed efficacia della funzione giudiziaria, pienamente rispettosa dei relativi valori costituzionali ed attuativa del principio di obbligatorietà dell'azione penale alle condizioni date", e viene sottolineata la necessità che i criteri siano adottati in sintonia tra gli uffici requirenti e giudicanti; e tali linee sono state ribadite, con un’articolata serie di indicazioni, nella circolare del 16 novembre 2017 relativa all'organizzazione degli uffici di Procura.
Sui criteri di priorità e, più in generale, di organizzazione del lavoro nelle Procure, cfr., tra gli altri, Nuovo – Pignatone, L’assegnazione dei procedimenti, i criteri di priorità, la specializzazione delle funzioni, la gestione delle misure cautelari, il coordinamento con il Tribunale, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La riconversione da magistrati giudicanti a direttivi requirenti, Roma 17 – 18 marzo 2008; Nannucci, L’organizzazione degli uffici di Procura, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La riforma dell’ordinamento giudiziario, Roma 8 – 10 ottobre 2007; Petrillo, L’organizzazione dell’ufficio. Criteri di distribuzione del lavoro. La misurazione della produttività. La gestione del personale, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema L’organizzazione del lavoro dei magistrati del settore penale, Roma, 21 – 23 novembre 2005; Mannucci Pacini, L’organizzazione della Procura della Repubblica di Torino: criteri di priorità o esercizio discrezionale dell’azione penale?, in Questione giustizia, 2000, 175 ss.; Ichino. Obbligatorietà e discrezionalità dell’azione penale, in Questione giustizia, 1997, 287 ss.
Più recentemente Salvi, Discrezionalità, responsabilità, legittimazione democratica del pubblico ministero, in Questione Giustizia, 7 giugno 2021 https://www.questionegiustizia.it/articolo/discrezionalita-responsabilita-legittimazione-democratica-del-pubblico-ministero; Rossi, Per una cultura della discrezionalità del pubblico ministero, ivi, 3 giugno 2021 https://www.questionegiustizia.it/articolo/per-una-cultura-della-discrezionalita-del-pubblico-ministero: Russo, I criteri di priorità nella trattazione degli affari penali: confini applicativi ed esercizio dei poteri di vigilanza, in Diritto penale contemporaneo; Grasso, Sul rilievo dei criteri di priorità nella trattazione degli affari penali nelle delibere del Csm e nelle pronunce della sezione disciplinare, in Foro it., 2015, III, p.48, a cui si rinvia anche per l’ampia bibliografia.
[8] Così, ad esempio, la premessa alla circolare sulla formazione delle tabelle per il triennio 2009/2011. Vedi, già, la Risoluzione del 20 aprile 2000 sulle “problematiche applicative della circolare sulle tabelle del biennio 2000/2001; risposte ai quesiti posti dagli uffici giudiziari”.
[9] Cfr., attualmente, l’art. 24 della circolare sulla formazione delle tabelle per il triennio 2029 - 2022: supra, par. 5, lett. c).
[10] La disposizione del ddl “Bonafede” (art. 2, secondo comma lett. e) che mira a semplificare la procedura di approvazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti e dei progetti organizzativi degli uffici requirenti, prevedendo che esse debbano intendersi approvate qualora il Consiglio giudiziario abbia espresso parere favorevole all’unanimità, mira indubbiamente a farsi carico dei problemi emersi nell’esperienza concreta in cui l’esame dei progetti organizzativi da parte del CSM avviene spesso a distanza di molto tempo dalla rispettiva formazione. Tale disposizione, tuttavia, finirebbe per incidere anche sulle prerogative dell’organo di governo autonomo, di cui non può escludersi (come viene osservato nel parere del CSM richiamato nello scritto Ancora sulle proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario etc, supra, nota 9) una valutazione discordante dal parere adottato, seppure all’unanimità, dall’organo consultivo territoriale; e ciò significa non soltanto indebolire le funzioni di controllo del CSM, ma determinare un potenziale “vulnus” a quell’esigenza di unitarietà dei principi organizzativi cui è preordinato il potere regolamentare del CSM nella materia in esame. Appare dunque più congrua la soluzione, più sopra richiamata, di collegare al parere unanime del consiglio giudiziario non l’approvazione, ma l’esecutività delle tabelle.
Ad analoghi rilievi si presta la previsione del ddl secondo cui, nel caso in cui le tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti ed i progetti organizzativi degli uffici requirenti abbiano ricevuto un parere favorevole non unanime del Consiglio giudiziario, i relativi provvedimenti dovrebbero considerarsi approvati, qualora il Consiglio Superiore non si esprima <<in senso contrario entro un termine stabilito in base alla data di invio del parere del consiglio giudiziario>>. Proprio in considerazione dei tempi normalmente lunghi che occorrono al Consiglio per procedere all’esame dei provvedimenti tabellari, il meccanismo del silenzio-assenso finirebbe per tradursi, nella maggior parte dei casi, in un’approvazione definitiva senza che, di fatto, il CSM abbia avuto la possibilità di svolgere le proprie funzioni di controllo.
[11] Cfr., ad es, Zan, Fascicoli e tribunali. Il processo civile in una prospettiva organizzativa, Bologna, 2003, Idem, Tecnologia, organizzazione e giustizia. L’evoluzione del processo civile telematico, Bologna, 2004. Cfr, pure, AA.VV., Processo e organizzazione. Le riforme possibili per la giustizia civile, a cura di Gilardi, Milano, 2004; I magistrati e la sfida della professionalità, a cura di Bruti Liberati, in Le proposte della magistratura, Milano, 2003; Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il giusto processo civile, a cura di Civinini – Verardi, in Quaderni di Questione giustizia, Milano, 2001; L’organizzazione della giustizia: servizio o disservizio? a cura di De Ruggiero – Pinto, in Quaderni di Questione Giustizia, Milano, 1994.
[12] Su cui vedi Gilardi, Dialogo processuale e buone relazioni tra giudici e avvocati, in Questione Giustizia, 2007, fasc. 5; Breggia, Prassi e norme tra cultura e diritto, Caponi, L’attività degli Osservatorii sulla giustizia civile nel sistema delle fonti del diritto, Gilardi, Appunti su una storia breve ma intensa, tutti in Questione Giustizia, 2006, 965 ss.; Cataldi, Giustizia civile, proposte di riforme e protocolli per la gestione delle udienze, ivi, 2006, fasc. 3; Breggia, L’autoriforma possibile, in La magistratura, 1/2 del 2005, 56 ss. ove è riportato anche il testo dei protocolli per le udienze elaborati da alcuni Osservatorii. Gli Osservatorii – oltre ai siti specifici di ciascuno – hanno anche un sito comune cui è possibile attingere per l’ampia raccolta di materiale elaborato in un periodo ormai molto ampio di intensa attività, ivi compresa una raccolta comparata dei vari protocolli curata alcuni anni fa dall’avv. Berti Arnoaldi Veli.
L’importanza degli Osservatorii quali tramite di una migliore organizzazione è stata chiaramente riconosciuta dal Csm, il quale al punto 2 a) della premessa della circolare relativa alla formazione delle tabelle per il triennio 2009/2001 ha previsto espressamente che il presidente del tribunale, all’interno del documento organizzativo generale, illustri il contenuto di eventuali incontri, finalizzati alla predisposizione della proposta tabellare, “con esponenti della società civile quali ad esempio rappresentanti delle istituzioni territoriali, delle organizzazioni sindacali, degli osservatori per la giustizia civile e per la giustizia penale”.
[13] Così le dichiarazioni programmatiche con le quali la Ministra Cartabia, all’indomani del suo insediamento, ha sottolineato la priorità dell’”azione riorganizzativa della macchina giudiziaria e amministrativa”.
[14] Come è stato osservato da Minniti, L'organizzazione del lavoro negli uffici giudiziari, in Questione Giustizia, n. 4/2008, per riformare l’0rganizzazione della giustizia non bastano le norme, le competenze, il riferimento ai diritti ed ai doveri, ma occorrono anche “altre parole ed altri concetti e, più precisamente, quelli per il cui tramite vengono evocate le relazioni tra soggetti che muovono verso obiettivi comuni, che fanno riferimento agli strumenti di coordinamento, ai risultati programmati e progressivamente verificati, alle prassi condivise, al presidio del risultato”, alla “responsabilità sociale della funzione giurisdizionale come sistema”.
[15] Per alcune considerazioni critiche sul punto nel parere del CSM. La disposizione del ddl “Bonafede” (art. 2, secondo comma lett. e) che mira a semplificare la procedura di approvazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti e dei progetti organizzativi degli uffici requirenti, prevedendo che esse debbano intendersi approvate qualora il Consiglio giudiziario abbia espresso parere favorevole all’unanimità, mira indubbiamente a farsi carico dei problemi emersi nell’esperienza concreta in cui l’esame dei progetti organizzativi da parte del CSM avviene spesso a distanza di molto tempo dalla rispettiva formazione. Tale disposizione, tuttavia, finirebbe per incidere anche sulle prerogative dell’organo di governo autonomo, di cui non può escludersi (come viene osservato nel parere del CSM richiamato nello scritto Ancora sulle proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario etc, supra, nota 9) una valutazione discordante dal parere adottato, seppure all’unanimità, dall’organo consultivo territoriale; e ciò significa non soltanto indebolire le funzioni di controllo del CSM, ma determinare un potenziale “vulnus” a quell’esigenza di unitarietà dei principi organizzativi cui è preordinato il potere regolamentare del CSM nella materia in esame. Appare dunque più congrua la soluzione, più sopra richiamata, di collegare al parere unanime del consiglio giudiziario non l’approvazione, ma l’esecutività delle tabelle. Ad analoghi rilievi si presta la previsione del ddl secondo cui, nel caso in cui le tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti ed i progetti organizzativi degli uffici requirenti abbiano ricevuto un parere favorevole non unanime del Consiglio giudiziario, i relativi provvedimenti dovrebbero considerarsi approvati, qualora il Consiglio Superiore non si esprima <<in senso contrario entro un termine stabilito in base alla data di invio del parere del consiglio giudiziario>>. Proprio in considerazione dei tempi normalmente lunghi che occorrono al Consiglio per procedere all’esame dei provvedimenti tabellari, il meccanismo del silenzio-assenso finirebbe per tradursi, nella maggior parte dei casi, in un’approvazione definitiva senza che, di fatto, il CSM abbia avuto la possibilità di svolgere le proprie funzioni di controllo.
[16] Su cui cfr. le considerazioni contenute nel parere del CSM richiamato nel mio Ancora sulle proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario etc, citato in nota 9.
[17] Cfr. il mio ADR e proposte di riforma per la giustizia civile, in Questione Giustizia, 9 aprile 2021 https://www.questionegiustizia.it/articolo/adr-e-proposte-di-riforma-per-la-giustizia-civile .
[18] Premesso che i progetti presentati nell'ambito del Recovery Plan <<consentono di declinare sotto diversi aspetti l’azione riorganizzativa della macchina giudiziaria e amministrativa: il rafforzamento della capacità amministrativa del sistema, che valorizzi le risorse umane, integri il personale delle cancellerie, e sopperisca alla carenza di professionalità tecniche, diverse da quelle di natura giuridica, essenziali per attuare e monitorare i risultati dell’innovazione organizzativa; il potenziamento delle infrastrutture digitali con la revisione e diffusione dei sistemi telematici di gestione delle attività processuali e di trasmissione di atti e provvedimenti>>, nel PNRR l’innovazione fondamentale sotto il profilo organizzativo viene individuata nella piena attuazione dell’Ufficio del processo (introdotto nel sistema in via sperimentale con il d.l. n. 90/2014 e convertito, con modificazioni, dalla l. n. 114/2014) ed il cui scopo è quello di <<affiancare al giudice un team di personale qualificato di supporto, per agevolarlo nelle attività preparatorie del giudizio e in tutto ciò che può velocizzare la redazione di provvedimenti>>, offrendo <<un concreto ausilio alla giurisdizione>> capace di determinare <
Nel documento si specifica che le risorse, reclutate a tempo determinato con i fondi del PNRR, saranno impiegate dai Capi degli Uffici giudiziari secondo <<un mirato programma di gestione idoneo a misurare e controllare gli obiettivi di smaltimento individuati>>, che saranno create <<apposite figure professionali con specifiche mansioni e compiti (addetti all’ufficio del processo, operatori data entry etc.>> e che <<nel lungo periodo, al fine di non disperdere lo sforzo e i risultati conseguiti con lo straordinario reclutamento temporaneo di personale>>, verrà verificata la possibilità di rendere operativa in via permanente la struttura organizzativa così costituita al fine di mantenerne inalterata composizione e funzione.
Alle risorse reclutate con contratto a tempo determinato nell’ambito del Recovery saranno poi riconosciuti titoli preferenziali e una riserva di quota nei concorsi che verranno effettuati dal Ministero e da altre pubbliche amministrazioni; ed allo scopo di garantire la speditezza del reclutamento, l’Amministrazione procederà alle assunzioni mediante concorsi pubblici per soli titoli, da svolgere su basi distrettuali.
[19] L’ufficio per il processo (“UPP”) trova attualmente disciplina in una serie frastagliata e disomogenea di testi di legge e di provvedimenti di normativa secondaria, richiamati nella relazione della Commissione ministeriale. Per contributi sul tema, anteriori alle proposte in considerazione, cfr. tra gli altri M. Ciccarelli, I mobili confini di un possibile Ufficio per il processo, in Questione Giustizia, 25 novembre 2020 https://www.questionegiustizia.it/articolo/i-mobili-confini-di-un-possibile-ufficio-per-il-processo; Braccialini, L’Ufficio per il processo tra storia, illusioni, delusioni e prospettive, in Questione Giustizia, 1 giugno 2020 (http://questionegiustizia.it/articolo/l-ufficio-per-ilprocesso-tra-storia-illusioni-delusioni-e-prospettive_01-06-2020.php) nonché il documento in data 2 aprile 2021 di AreaDG “Dieci proposte per la riforma della Giustizia civile” (https://www.areadg.it/articolo/dieci-proposte-per-la-riforma-della-giustizia-civile).
[20] Dovrà esservi destinato personale assunto a tempo determinato, all’esito di adeguata selezione, tra: coloro che abbiano conseguito il titolo di dottore di ricerca in materie giuridiche o economiche; assegnisti di ricerca nelle stesse discipline; coloro che, presso la Corte di cassazione o gli uffici giurisdizionali di merito, abbiano svolto con profitto il tirocinio formativo a norma dell’articolo 73 d.l.n. 69/2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98/2013 o la formazione professionale dei laureati a norma dell’articolo 37, comma 5, del d.l. n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111/2011; avvocati iscritti all’albo da non più di cinque anni, i quali, durante il periodo di impegno presso la Corte di cassazione, vengono sospesi o cancellati dall’albo, con possibilità di reiscrizione al termine del periodo; i laureati da un numero limitato di anni, anche in possesso di titoli specifici post lauream. Della struttura dovranno far parte, altresì, coloro che svolgono, presso la Corte di cassazione, il tirocinio formativo a norma dell’articolo 73 del d.l. n. 69/2013 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98/2013 o la formazione professionale dei laureati a norma dell’articolo 37, comma 5, d.l.n. 98/2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111/2011; personale amministrativo con competenze specifiche, anche informatiche.
[21] Si tratta di personale analogo a quello previsto per la Corte di cassazione (cfr. G.Gilardi, La gestione degli uffici giudiziari a Milano, in Questione Giustizia, 1986, 331 ss.).