Catanzaro. Tribunale di un’altra Italia di Riccardo Ionta
Quest’articolo è una fotografia in una libera cornice.
Ed è scritto per Catanzaro e per i magistrati del Tribunale di Catanzaro.
Colleghi, amici e bravissimi magistrati di un’altra Italia.
Sommario: 1. Catanzaro. Città vertiginosa - 2. Catanzaro “non è bella” - 3. Il Tribunale - 4. Un Tribunale distrettuale in strutturale difficoltà - 5. Litigiosità, criminalità, bisogno di giustizia - 6. Il Tribunale distrettuale più giovane d’Italia - 7. Un Tribunale dalla pianta organica non distrettuale- 8. Un Tribunale debole - 9. Un Tribunale in fuga - 10. Un Tribunale senza aspiranti - 11. Un Tribunale in movimentazione. – 12. Tribunale di un’altra Italia
1. Catanzaro. Città vertiginosa
Catanzaro. Città vertiginosa. Ha scritto François Lenormant.
L’archeologo – studioso delle antichità nell’Italia meridionale – è stato uno dei pochi viaggiatori del passato, giunti in città, a lasciare un significativo segno del passaggio.
Città particolare, Catanzaro. Come particolare è il rapporto con quei viaggiatori che con spirito diverso, in qualche modo, l’hanno affrontata.
C’è stato il viaggiatore tradizionale che davvero si è fermato a Eboli. Goethe, Dickens, Montesquieu, per citarne solo alcuni, per cui il Grand Tour vedeva nelle terre campane il limite del Mezzogiorno, anche come punto d’imbarco per la Sicilia, senza alcuna considerazione dell’altrove meridionale.
C’è stato il viaggiatore eccentrico, pur arrivato nelle Calabrie, ma non così eccentrico da raggiungere Catanzaro. Escher, Dumas padre, ad esempio.
C’è stato il viaggiatore realista – Douglas, Piovene, Swinburne, Strutt, Saint-Non, ad esempio – che, ancor più eccentrico, a Catanzaro è arrivato, portando con sé il proprio realismo e non sempre troppe lusinghe.
E c’è stato il viaggiatore immaginario che Catanzaro, e la Calabria, ha solo immaginato. È Stendhal che ha pur scritto di un viaggio mai compiuto e citato Catanzaro – il cui nome pare lo affascinasse – in un episodio della Certosa di Parma (cap. XXVI).
E poi c’è il magistrato, contemporaneo viaggiatore nella giurisdizione.
Immaginario nell’immaginare Catanzaro dopo averla scelta, per caso o necessità, nella grande sala di un hotel di Roma. Tradizionale nell’immaginarla come una sventura. Realista nel giudicarla, senza indulgenza, una volta arrivato e tutte le volte in cui deve tornarci. Eccentrico, alla fine, nel giudicarla con affetto quando va via.
2. Catanzaro “non è bella”
“Non è bella” ha scritto, di Catanzaro, Dominique Vivant Denon, aggiungendo che “non ha niente che possa destare curiosità”. Lo scrittore e diplomatico francese – era il 1778 – ha lasciato la traccia di un leggero pregiudizio estetico che, seppur in senso diverso, accompagna ancor oggi la fama della città.
Dall’alto dei suoi colli, con l’aria sempre battuta da un vento incessante e la bella vista sullo Jonio e sulla Sila, Catanzaro è davvero una vertigine. Di cemento, disordine architettonico e urbanistico. È un labirinto di strade colme di auto, di molti avvocati e pochi giovani. Da una parte la marina, dall’altra la città storica, nel mezzo – non i Giardini delle Esperidi, immaginati da Gissing – i quartieri dell’abbandono e un’isola costituita dalla Regione e dal Polo Universitario. E poi, ancora, altre propaggini e isole edilizie. È una città divisa, scomposta e ricomposta come in un singolare décollage, che ha cancellato le tracce migliori del suo passato completando l’opera iniziata dai terremoti e cesellata dalla guerra.
“Sono stato più volte a Catanzaro e ho avuto sempre la stessa sensazione. Catanzaro, come tutte le città burocratiche, è una città un po’ triste e deprimente. Infatti, malgrado si trovi in un posto molto bello e piacevole, la carenza di uno sviluppo urbanistico organico, per la mancanza di un piano regolatore, le conferisce un aspetto un po’ caotico e confusionario, ma sempre grigio ed amorfo, cosa che del resto avviene in moltissime altre città italiane”. Ha detto Pasolini.
“Et voilà Catanzaro!, c’est extraordinaire!” ha detto invece Marc Augé, il celebre antropologo dei “non luoghi”, in visita in città.
Perché Catanzaro non è così male come la prima impressione afferma e l’ultimo pensiero suggerisce. Ha il bizzarro fascino di quell’altra bellezza.
Un ponte audace e maestoso nella sua unica arcata, un tunnel che rompe la rupe e subito dopo una gigante rotatoria a forma di occhio che sovrasta una vallata. Sono le immagini che accompagnano l’ingresso in una città intrisa di altri ponti, altri palazzi, altri tunnel, altre rampe. Catanzaro ha il senso delle impalcature, si sale sempre e verso qualcosa che non è evidente ma che è evidentemente incompiuto. Frequentate chiese barocche, palazzi decadenti e i pochi resti delle antiche porte, viuzze e piazzette strette e nascoste, il Convitto Galluppi, la cucina di Salvatore, l’Arcivescovado, Bellavista, Case Arse e il complesso di San Giovanni, sono l’anima storica di una città che ha un corpo d’arte contemporanea la cui fisionomia unisce Mimmo Rotella, Altrove Festival, “U Ciaciu”, il lungomare mosaicato di Mendini, i piatti di Abbruzzino, il Politeama di Portoghesi, l’arte pubblica di decine di muri dipinti da grandi artisti, l’Aria dei vetri di Borondo, il Marca e le sculture del Parco della Biodiversità.
E poi c’è quel che resta del paesaggio. "…La città è sita sovra un monte in mezzo della Calabria: dietro le spalle le van sorgendo altri monti sino alla gran giogaia della Sila, che di verno si vede coperta di neve, e su la neve sorgono nereggianti i pini: dinanzi le sta un vastissimo terreno ondulato di colline che sono sparse di giardini, di orti, di case, di vigne, di oliveti, d’aranceti, e di pascoli dove biancheggiano armenti: e tutto quel terreno si curva in arco sul mare Ionio che tra i capi Rizzuto e Badolato forma il golfo di Squillace. Il mare è distante da la città sei miglia, ma ti pare di averlo sotto la mano, e ne odi il fragore...". Ha scritto Settembrini.
3. Il Tribunale
Arrampicato su uno dei tanti costoni della città, il Tribunale lo scorgi immediatamente, appena giunto sull’occhiuta rotatoria. Il color ocra pallido dell’alto edificio originario è accompagnato dal grigio e dal vetro dell’edificio nuovo, sorta di architettonico container, che ormai da molti anni sta per aprire, senza aprire mai.
Rampe stradali e la linea di una ferrovia cingono l’edificio fino quasi a toccarlo mentre due logore bandiere campeggiano nel piazzale d’ingresso – anticipato dall’azzurro stinto dei piloni dell’ennesima sopraelevata – dove una grigia intitolazione prova a ricordare Francesco Ferlaino.
Il frequentato interno non è dei peggiori, anche se gli spazi non abbondano, così come i servizi. Per quasi un anno senza un servizio bar, per oltre un anno senza riscaldamento né aria condizionata. Mancano aule adeguate e attrezzate per la trattazione dei numerosi maxiprocessi e dei processi che richiedono la video conferenza (ve ne sono sole due, una delle quali posizionata in luogo diverso dalla sede del Tribunale) e mancano gli spazi per la conservazione della documentazione. Non ci sono stanze per tutti i magistrati, la maggior parte sono condivise, anche nell’innovativa formula “per giorni alterni” o nella tradizionale, ma rivisitata, formula dell’open space. Poco più in là del Tribunale c’è la Corte d’Appello, che ospita anche i locali della Procura.
Antica realtà giurisdizionale, già nel Seicento luogo della Regia Udienza, Catanzaro è stata la sede d’importanti processi – Piazza Fontana, “il processo dei 117” – di fragorosi scandali – come la “guerra tra le Procure” o l’affare degli esami per avvocato – di una classe forense storica e signorile, di moltissimi magistrati, alcuni dei quali sufficientemente noti anche al grande pubblico.
4. Un Tribunale distrettuale in strutturale difficoltà
Alla domanda su quale sia il capoluogo della Calabria non sempre si risponde, almeno immediatamente, “Catanzaro”.
Altrettanto spesso qualcuno dimentica che Catanzaro è sede distrettuale.
Distretto, estesissimo, che include sette circondari per quattro province (Vibo Valentia, Paola, Cosenza, Crotone, Castrovillari, Lamezia Terme), oltre trecentotrenta Comuni e un bacino d’utenza di oltre un milione e centomila soggetti (superiore a quello di Distretti come Bari, Catania, Reggio Calabria, Salerno e Messina)[1]. Realtà difficili per contenzioso e situazione socio-economica e con scoperture importanti che vanificano l’esistenza di qualsiasi rimedio endodistrettuale.
Il Tribunale è strutturato in tre sezioni penali (Dibattimento, Riesame, GIP, GUP) e in due sezioni civili (una delle quali inclusiva del settore lavoro e previdenza).
Catanzaro è, ad oggi, il Tribunale distrettuale con la maggiore scopertura di organico.
Il dato formale, in disparte il posto vacante da Presidente, conta una scopertura del 24% per la presenza giuridica di 32 giudici sui 42 previsti dalla pianta organica (che prevede anche 5 semidirettivi e due giudici del lavoro). Il dato, estratto da Cosmag, include la fittizia presenza di un collega trasferito d’ufficio (e contestualmente sospeso) dal CSM, proprio a Catanzaro, dove mai ha messo piede e che, dopo aver subito una condanna per corruzione, ragionevolmente non farà più parte, e nemmeno fittiziamente, della pianta organica catanzarese.
La scopertura, quindi, senza contare i magistrati in congedo per maternità o assenti per altri motivi, è del 26% (contando i 31 magistrati in servizio).
La difficoltà del Tribunale di Catanzaro è strutturale, non contingente, e si ripete nel tempo. Difficoltà, non confinata al solo dato della pianta organica, riflessa nell’affanno della giurisdizione e della popolazione, basata su più fattori che – sebbene comuni a molte realtà giudiziarie – interpretati nel contesto socio-economico di riferimento rilevano una consistenza che non è solo numerica.
5. Litigiosità, criminalità, bisogno di giustizia
Il tasso di litigiosità del territorio è elevato e colloca Catanzaro tra i Tribunali più gravati d’Italia.
Per quanto riguarda la giustizia civile, i più recenti dati tratti dal sistema DWGC (datawarehouse della giustizia civile) del Ministero dello Giustizia, relativi al 2018, indicano oltre 21mila sopravvenienze, oltre 24mila pendenze finali e un clearance rate in tendenza negativa. Catanzaro, deve esser inoltre rilevato, assorbe il numeroso contenzioso connesso alla presenza del governo dell'ente regionale e delle numerose aziende regionali. L’indice di litigiosità elaborato dal Sole24 ore (e fondato sul rapporto tra cause iscritte e abitanti) colloca la zona catanzarese, negativamente, al quarto posto in Italia. Medesima posizione negativa occupa per quanto riguarda la durata media dei procedimenti civili. La percentuale delle cause pendenti ultratriennali sul totale delle pendenze vede la provincia catanzarese, sempre negativamente, al sesto posto.
Il Tribunale di Catanzaro esercita la giurisdizione, naturalmente anche con competenza distrettuale, su un territorio caratterizzato dalla forte presenza della criminalità organizzata.
Per quanto riguarda la giustizia penale quindi – la cui particolarità sul territorio calabrese è tanto nota quanto ovvia – è sufficiente evidenziare un solo e significativo dato, tratto dalla Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie (2016), in cui si sottolinea la presenza in Calabria di circa 160 organizzazioni mafiose per quasi 4.400 affiliati di cui oltre la metà (circa 2.300) concentrati nel distretto di Catanzaro. E il Distretto catanzarese è il più grande per bacino di utenza (e affiliazione criminale) dopo quello di Napoli e Palermo.
I numeri della giustizia catanzarese sono solo in parte un peso da smaltire. Sono la manifestazione di un disagio sociale da comprendere e di un intenso bisogno di giustizia e legalità, per moltissimi versi inespresso[2], da soddisfare, per questo, nel migliore dei modi possibili. “Sono pochi i paesi d’Italia che abbiano conosciuto meglio della Calabria l’ingiustizia, il sopruso, la violenza: eppure, forse per ciò, questa regione tiene al sommo del suo carattere il senso del diritto e del torto”, ha scritto Alvaro.
6. Il Tribunale distrettuale più giovane d’Italia
Catanzaro è in proporzione all’organico – e considerando come parametro la valutazione di professionalità – il Tribunale distrettuale più giovane d’Italia.
Il Tribunale, come detto, conta una pianta organica di 42 giudici (più 2 giudici del lavoro). Al settembre 2019 conta 31 magistrati (oltre i due giudici del lavoro) di cui: quindici sono in attesa della I valutazione di professionalità; dieci hanno la I valutazione di professionalità; tre hanno la II valutazione di professionalità; uno la III e due la IV valutazione. Circa l’80% dei magistrati hanno la I valutazione o ne sono in attesa (a Reggio Calabria il dato si “ferma”, per così dire, a circa il 70%). Cinque giudici con la I valutazione di professionalità hanno ottenuto il trasferimento in altri uffici nel corso del 2019.
I giudici in attesa della I valutazione costituiscono l’intera Sezione Riesame e – salvo un giudice di I valutazione – l’intera Sezione Dibattimento. La Sezione GIP-GUP conta magistrati in attesa della I valutazione e con la I e II valutazione. I giudici di prima nomina provengono da diverse regioni: Lazio, Puglia, Lombardia, Emilia-Romagna, Campania, Piemonte.
La “giovinezza” che connota il Tribunale di Catanzaro è la sua debolezza e la sua forza. È debolezza perché è causa di un incessante e instabile andirivieni mai oggetto di programmazione né generale, né specifica. È forza perché nel Tribunale, fino all’orario di chiusura e anche fuori dalle sue mura, c’è l’intensità e la freschezza di un gruppo di colleghi che danno il meglio per la loro giurisdizione.
7. Un Tribunale dalla pianta organica non distrettuale
Catanzaro continua ad avere una pianta organica inadeguata.
Il recente allargamento di dieci unità, andato a colmare un’inadeguatezza da anni nota e manifesta, è stato totalmente vanificato, e in brevissimo tempo, dall’accentramento in sede distrettuale delle misure di prevenzione (per cui non vi è un numero di magistrati adeguato per comporre un collegio specializzato, nonostante nel corso del periodo 2017-2018 vi sia stato un incremento del 84% delle richieste di misure di prevenzione e del 168% dei controlli giudiziari) e di quello della protezione internazionale (per cui ad oggi non c’è stata neppure la rinnovazione dell’interpello per il posto extradistrettuale). Accentramento che si è aggiunto alle competenze distrettuali del tribunale delle imprese, all’aumento del carico di lavoro della Corte d’Assise (inclusiva dei distretti anche di Lamezia, Crotone, Vibo Valentia) e che è stato accompagnato al contestuale rafforzamento dell’Ufficio di Procura. Un allargamento numerico della pianta organica reso comunque inefficace dagli incessanti trasferimenti in uscita e dalla scarsa attrattività dell’ufficio per i trasferimenti in entrata.
8. Un Tribunale debole
Catanzaro è un Tribunale che poggia su un’amministrazione fragile di personale e risorse e che si rapporta sia con un’Avvocatura numerosa e con scarso reddito, sia con una Procura della Repubblica strutturata e attiva.
Per quanto riguarda il contrappeso costituito dall’Avvocatura, un dato appare significativo. La Calabria[3] conta 6,8 avvocati ogni mille abitanti[4] (5,9 ne conta la Campania, 4 è la media nazionale), il numero più alto tra le regioni italiane. Avvocati il cui reddito medio è inferiore del 56% alla media nazionale, ovvero il dato più basso tra le regioni italiane. Un altro dato, tratto dal sistema statico ministeriale, aiuta a cogliere ancora meglio la situazione. Gli onorari ai difensori nel Distretto di Catanzaro, a carico dell’erario e per il 2018, hanno superato i 20milioni di euro collocando lo stesso per spesa al sesto posto in Italia dopo Milano, Roma, Catania, Torino, Palermo.
La Procura della Repubblica di Catanzaro – dopo l’arrivo dell’attuale Procuratore, vero e proprio attrattore giurisdizionale di personale e mezzi – conta 22 sostituti procuratori sui 24 previsti dalla pianta organica (oltre tre aggiunti), di cui quasi la metà destinati alla Direzione Distrettuale Antimafia. Una scopertura, ad oggi relativa, a fronte di un passato recente che ha visto l’ufficio in grande sofferenza. Una Procura giovane – il cui settore ordinario è strutturato essenzialmente sui magistrati di prima nomina – che ultimamente ha visto plurimi trasferimenti in entrata dopo che, per tanti anni, al pari del Tribunale, i bandi sono andati deserti. La Procura di Catanzaro può dirsi debole se raffrontata con altre Procure Distrettuali, anche della medesima Regione, ma costituisce una struttura comunque solida rispetto al Tribunale.
L’organico amministrativo del Tribunale di Catanzaro – la cui professionalità sfata il pregiudizio, ricorrente e negativo, del pubblico impiegato meridionale – sconta, al pari dell’organico giudiziario, gravi carenze connesse all’atavico sottodimensionamento della giurisdizione catanzarese. Gli ultimi dati a disposizione, estratti dal programma di gestione e sempre mobili, indicano una carenza del personale di cancelleria superiore al 50%, oltre alla carenza del 17% per la figura di funzionario giudiziario.
9. Un Tribunale in fuga
Dal Tribunale di Catanzaro in molti vanno via, costantemente.
I magistrati di prima nomina, che non appartengono al territorio catanzarese, vanno via perché, stanchi di un pendolarismo scomodo e a lungo raggio, si riavvicinano ai propri affetti lontani da tempo. Vanno via perché stufi, dopo aver vissuto il disagio, di un Tribunale che dal disagio non riesce a liberarsi. Vanno via perché avere una parte di vita, in un altro e lontano luogo, significa destinare un terzo dello stipendio per questo. Vanno via perché l’incentivo “a restare” esistente – ovvero il punteggio per la sede a copertura necessaria, non previsto nemmeno per tutti – è una misura fallimentare, in alcun modo compensativa. E per comprendere meglio l’incentivo “alla fuga” basta la semplice notazione che i magistrati che lasciano Catanzaro raramente ottengono, in sede di trasferimento, la sede realmente ambita[5] e si accontentano, comunque, della sede a questa più vicina.
I magistrati che appartengono al territorio, al di fuori di scelte legate ad aspirazioni professionali, vanno via per le condizioni lavorative disagevoli e perché la continua fuoriuscita di magistrati conduce a costanti vuoti d’organico, e quindi a costanti spostamenti interni che tentano di rattoppare una coperta che non solo è troppo corta ma anche troppo bucata. Vanno via in Tribunali limitrofi o della stessa città, in sedi disagiate della Calabria, in Corte d’Appello (per cui basta davvero poca anzianità).
Alcuni dati aiutano meglio ad inquadrare la situazione. Nel solo corso del 2019 hanno ottenuto il trasferimento da Catanzaro 7 giudici, di cui 5 con la I valutazione di professionalità; dal 2015 al 2019 sono stati assegnati al Tribunale 28 giudici di prima nomina (con la considerazione che la pianta organica, in precedenza, contava trentadue giudici) e nello stesso periodo almeno dieci giudici del Tribunale sono passati in Corte d’Appello o in uffici limitrofi.
10. Un Tribunale senza aspiranti
Al Tribunale di Catanzaro nessuno vuole andare.
E nessuno vuole andare perché se il giudice non appartiene al territorio non ha motivo di andare in una realtà lavorativa disagiata. Perché se appartiene al territorio, Catanzaro l’ha ottenuta, subito, in sede di prima scelta. E perché vi è un lungo elenco di ragioni che richiederebbero un altro tipo di scritto.
Un dato aiuta a capire. Dal 2010 al 2019, con i bandi di tramutamento ordinario, sono stati pubblicati oltre 35 posti ordinari per il Tribunale di Catanzaro e, sempre nel corso di tale periodo, i tramutamenti in entrata sono stati solo 3 (uno nel 2011, uno del 2013, uno nel 2017 che ha interessato un giudice del lavoro, sempre del Tribunale di Catanzaro, che è passato all’ordinario).
Le applicazioni extradistrettuali difficilmente sono coperte, perché a causa della situazione effettivamente disagiata del Tribunale, della posizione geografica della città e della situazione logistica che non consente un pendolarismo agevole, i vantaggi economici dell’applicazione sono neutralizzati dai costi e dal peso tangibile del lavoro (in particolare se l’applicazione ha ad oggetto posti come quelli dell’Ufficio GIP-GUP o del Riesame in cui, a differenza di altri settori, l’attività anche solo per sei mesi è davvero effettiva e consistente).
11. Un Tribunale in movimentazione
Catanzaro conosce una continua, e necessitata, rotazione sui ruoli che determina rallentamento e confusione nella gestione dei procedimenti, sia frustrazione per la professionalità dei magistrati.
Il movimento segue sempre la medesima intonazione ed ha cadenza quasi annuale.
La Sezione GIP-GUP (composta astrattamente da undici magistrati) manifesta le scoperture più frequenti e importanti dovute ai trasferimenti dei colleghi verso altri tribunali o verso la Corte d’Appello (ad esempio, solo nel corso del 2019, si sono trasferiti ad altra sede quattro magistrati assegnati alla Sezione). L’immediata necessità della copertura – anche per mantenere il necessario rapporto di proporzionalità con la Procura – porta ai primi tramutamenti interni che, volente o nolente, in base alla normativa vigente, coinvolgono i magistrati del Dibattimento e del Riesame. Sezioni che, a loro volta in difficoltà (a causa dei tramutamenti al GIP-GUP, ad esempio, il Dibattimento è stato costretto a mutare nell’ultimo biennio plurime volte i due collegi esistenti e quello d’assise), vedono l’assegnazione dei magistrati del settore civile, che quindi rimane inevitabilmente scoperto, salvo la fortunata coincidenza dell’ingresso di magistrati di prima nomina.
12. Tribunale di un’altra Italia
“Qui nacque il nome Italia”. È scritto su un cartellone di benvenuto, sufficientemente consumato da passare inosservato, all’ingresso della città. Un’interpretazione leggendaria, in tante versioni narrata, ne vuole l’origine in un vocabolo con il quale i greci designavano la popolazione stanziata nei pressi dell’odierno abitato.
Una volta vista e confrontata la realtà giurisdizionale catanzarese, dell’Italia, al Tribunale di Catanzaro, sembra rimasto a mala pena il nome. Senza troppe parole, basterebbe ricordarne la collocazione geografica. Perché Catanzaro non è un tribunale del sud Italia, ma un tribunale che sta nel meridione del sud Italia, in Calabria.
I problemi del meridione si riflettono sulla giurisdizione, certo. La giurisdizione è, in modo biunivoco, parte del problema del meridione. Debole e claudicante, è sia componente del problema, sia ostacolo alla soluzione delle altre sue parti. E tanto perché, in modo forse più intenso che da altre parti, c’è bisogno di vedere, di sentire, la legalità e la giustizia, oltre i proclami e soliti stilemi. Una giustizia che è pure civile, e non solo penale, anche se si parla di Calabria e anche se si parla di ‘ndrangheta. Perché la disperazione più grave che possa impadronirsi di una società – ha scritto Alvaro, che a Catanzaro ha vissuto e studiato – è il dubbio che vivere rettamente sia inutile.
Soluzioni immediate alle problematiche che affliggono il Tribunale di Catanzaro non sono facili da immaginare. Tre desideri si possono però pur sempre esprimere.
Il primo è un desiderio di continuità.
La soluzione ai mali del Tribunale di Catanzaro è da sempre l’iniezione, massiva e consistente, di magistrati di prima nomina. Palliativo con effetti limitati che manifesta la sua fragilità non appena i magistrati maturano la legittimazione al trasferimento[6]. Il turn over è tale se vi è effettivo avvicendamento e quindi contestualità tra entrate e uscite. E nel caso del Tribunale di Catanzaro, dove tra uscite ed entrate vi è asimmetria numerica e temporale, non è possibile parlare di turn over. Il desiderio è quello che a Catanzaro si possa parlare effettivamente di turn over. E questo appare possibile solo creando dei nuovi incentivi “a restare” effettivamente compensativi ovvero applicazioni dotate di flessibilità temporale, determinate per il caso specifico, al fine di consentire il passaggio di consegne tra magistrati di prima nomina che vanno via e magistrati di prima nomina che arrivano.
Il secondo è un desiderio di trasparenza e diversificazione delle tutele.
Il Tribunale di Catanzaro, al pari delle altre sedi problematiche, richiede una tutela diversificata. I tribunali non in difficoltà sono tutti uguali, i tribunali in difficoltà sono tutti diversi, sono più fragili e richiedono una specifica attenzione e programmazione – a livello centrale e locale – che non può limitarsi al manifesto dei programmi di gestione. Il desiderio è la creazione di una banca data accessibile a tutti in cui vi sia una scheda per ogni ufficio, aggiornata con costanza, contenente i dati volti a chiarirne la situazione (scopertura, flussi di procedimenti, flussi di personale, statistiche, tabelle provvedimenti adottati, misure attuate dal Consiglio, programma di gestione, documento organizzativo generale, ecc.). Il desiderio è che il Csm esprima, motivatamente, le sue decisioni su tali basi – non su logiche di forza dei differenti uffici, come spesso accade – e che decida le azioni di ridistribuzione e collocazione delle forze anche sulla effettiva considerazione della serie storica dei flussi dei magistrati in entrata e uscita. Il desiderio è la previsione di canali procedimentali accelerati e privilegiati, di una valutazione dei dirigenti, in sede di conferimento e riconferma, che focalizzi l’attenzione sulle problematiche endemiche del singolo Tribunale e sulla loro gestione.
L’ultimo è un desiderio lessicale.
Il Tribunale di Catanzaro, assieme ai suoi sfortunati pari, è spesso definito di “frontiera”, per edulcorare con termine vagamente eroico, vagamente western, vagamente epico quello che è un reale problema di norme, organizzazione e risorse e non un immaginifico problema di confine fra realtà. Il desiderio è quello che non si parli più di Tribunale di frontiera, badando al concreto delle cose.
[1] Secondo i (non recenti) dati presenti su Cosmag. È interessante notare come, dai dati ministeriali relativi al 2018, il Distretto di Catanzaro risulti essere il sesto per peso delle spese di giustizia a carico dell’erario dopo Catania, Napoli, Palermo, Milano, Roma e Torino.
[2] Un dato è significativo e riguarda il lavoro sommerso, ovvero i diritti sommersi. La Calabria, secondo gli ultimi dati Istat elaborati dalla Ciga Mestre, presenta uno dei rapporti più alti in Italia tra popolazione residente e lavoratori in “nero” (146 mila per nemmeno 2 milioni di abitanti) e la più alta un’incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil regionale (9,9%, quasi doppio rispetto al dato medio nazionale).
[3] Secondo i dati del Rapporto Censis 2018 “Percorsi e scenari dell’Avvocatura italiana”.
[4] L’Ordine degli Avvocati di Catanzaro conta 1735 avvocati e l’ultimo bacino d’utenza stimato conta circa 260mila soggetti. Si consideri inoltre che il limitrofo Ordine di Lamezia Terme conta 783 avvocati.
[5] Anche perché di base collocati nella parte bassa della graduatoria concorsuale e quindi sopravanzati, anche in sede di trasferimento, dai propri colleghi di concorso.
[6] Quattro dei cinque giudici (salvo l’unico giudice, che è calabrese) che hanno assunto le funzioni nel 2015 hanno ottenuto il trasferimento appena legittimati, lasciando un vuoto d’organico che, sommato agli altri trasferimenti subiti dal Tribunale nel corso del 2019, sarà probabilmente colmato solo nell’autunno 2020 con l’arrivo dei magistrati di prima nomina del d.m. 12 febbraio 2019 (che sceglieranno la sede di destinazione nella primavera 2020). Nell’autunno 2020 otterranno la legittimazione dodici magistrati del d.m. 18 gennaio 2016 il cui (ipotetico e per molti concreto) trasferimento verrà colmato solo dai m.o.t. dell’ultimo concorso che ancora debbono iniziare il tirocinio.