In tema di decreto legge 92 del 4 luglio 2024 “Carcere Sicuro” si veda anche Il decreto legge 4 luglio 2024 n. 92 “Carcere sicuro” e le attese del mondo penitenziario di Fabio Gianfilippi, pubblicato il 10 luglio 2024.
D.L. 92/2024 “Carcere Sicuro”, note sparse ad una prima lettura: nulla di straordinario, poco di necessario, scarsamente urgente.
di Ezio Romano
Sommario: 1. Il D.L. 92/2024: da Svuotacarceri a Carcere Sicuro. – 2. Le modifiche di interesse per la popolazione detenuta: liberazione anticipata, colloqui telefonici, albo delle comunità. – 2.1. La nuova (?) liberazione anticipata: nulla di straordinario. – 2.2. La modifica annunciata al numero delle telefonate coi familiari: poco di necessario. – 2.3. L’istituzione dell’Albo delle Comunità: scarsamente urgente. – 2.4. Varie ed eventuali: le misure provvisorie. 3. Conclusioni: l’important n’est pas de bien ou mal parler mais de parler.
1. Il D.L. 92/2024: da Svuotacarceri a Carcere Sicuro.
Approvato dal Consiglio dei Ministri nella tarda sera del 3 luglio 2024 e presentato quale risposta del Governo all'emergenza carceri, che da mesi ormai imperversa nel dibattito pubblico sospinta dall'esorbitante numero di suicidi registrato nella prima metà del 2024 negli istituti di pena del Belpaese, è stato pubblicato in gazzetta Ufficiale il 4.7.2024 il D.L. 92/2024, recante “Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia”.
Il Governo ha tenuto la barra dritta rispetto alle esternazioni pubbliche del Guardasigilli, che a chi lo compulsava sul tema della cosiddetta liberazione anticipata speciale o misure analoghe aveva espressamente indicato di non gradire né avallare misure volte a concedere sconti di pena e deflazionare tout court la popolazione delle carceri, tant'è che il decreto, in origine battezzato informalmente dai giornali “Svuota carceri” è stato più correttamente indicato dal Ministro avere come obiettivo un carcere sicuro e più rispondente a canoni di umanità della pena.
Tuttavia, che l'intervento non abbia granché di umanitario, nonostante i proclami della conferenza stampa di presentazione, e guardi prioritariamente agli aspetti securitari, affrontando poi in modo maldestro alcuni temi di sicuro rilievo, ma con un approccio incapace di dare tempestive risposte ai fenomeni che si intenderebbe arginare, può cogliersi dal tipo di strumenti messi in campo, nonché dall'ordine dell'articolato che interessa il pianeta carcere.
Il capo I del decreto, infatti, si apre con una serie di articoli rivolti anzitutto al personale di polizia penitenziaria e ai dirigenti degli istituti, prevedendo: l'assunzione di circa mille unità di agenti penitenziari mediante programmazione di due concorsi da 500 posti ciascuno per gli anni 2025 e 2026 (art. 1); l'assunzione di venti unità di nuovi dirigenti mediante scorrimento oltre i limiti delle graduatorie già esistenti (art. 2); lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi già espletati per ispettori, al fine di immettere il prima possibile nuovo personale in servizio (art. 3); la possibilità di ridurre i percorsi di formazione iniziale degli agenti di polizia penitenziaria, garantendo un ingresso più rapido in postazioni operative delle nuove leve (art. 4).
Tutti interventi espressamente volti ad aumentare la sicurezza e l'efficienza degli istituti di pena, ma che poco o nulla hanno a che fare con il trattamento penitenziario, con l'umanizzazione della pena e la condizione delle persone detenute se non in via tangente, nella misura in cui gli agenti di polizia penitenziaria rappresentano spesso per il detenuto il primo soggetto cui rivolgere istanze di ascolto e a spesso anche di aiuto.
Ma, anche ammesso che l'aumento degli operatori di polizia allevi il disagio di chi vive negli istituti, gli interventi più strutturali sulle piante organiche sono rinviati agli anni a venire.
2. Le modifiche di interesse per la popolazione detenuta: liberazione anticipata, colloqui telefonici, albo delle comunità.
Occorre aspettare il capo II per poter esaminare le misure dirette alla popolazione detenuta, articolate sui seguenti punti: una integrale riforma della procedura per la liberazione anticipata, alcuni ampliamenti sul numero delle telefonate, l'istituzione di un albo di comunità per le misure alternative.
Altra disposizione rivolta ai detenuti (l'art. 7 D.L. 92/2024), prevede una stretta ulteriore al 41 bis O.P., escludendo le persone sottoposte al regime differenziato dall'accesso ai programmi di giustizia riparativa. Nulla si aggiunge, anzi si sottrae, e dunque non si ritiene ci sia molto da commentare rispetto a questa innovazione.
2.1. La nuova (?) liberazione anticipata: nulla di straordinario.
Anzitutto, l'art. 5 prevede una sostanziale modifica della liberazione anticipata, incidendo però prevalentemente su profili procedurali che interessano le Procure e gli Uffici di Sorveglianza nel riconoscimento del beneficio, piuttosto che su elementi sostanziali dell’istituto.
Sul versante dell'organo che cura l'esecuzione, viene inserito all'art. 656 c.p.p. un nuovo comma 10 bis, a mente del quale, sostanzialmente, la liberazione anticipata deve essere calcolata a monte dalla Procura all'atto dell'emissione dell'ordine di esecuzione della pena, che dovrebbe da oggi indicare non solo il fine pena calcolato sull'ammontare della pena in esecuzione, ma anche rappresentare al detenuto che il fine pena sarà ridotto in ragione di tutti i semestri di liberazione anticipata che la persona maturerà nel corso dell'esecuzione[1].
L'essere già a conoscenza del monte pena effettivo al netto della liberazione anticipata e la rappresentazione che in caso di condotte incongrue si darà esecuzione a quello maggiore originariamente determinato sulla pena irrogata in sentenza, dovrebbe, nella prospettiva del governo, spiegare un effetto di condizionamento sulla persona del detenuto, che viene sin da subito messo al corrente sul quantum di pena che potrà evitare di scontare laddove mantenga una condotta regolare nel corso della detenzione.
Non si tratta, però, di una concessione effettuata ex ante, ma di una mera prospettazione per così dire virtuale, che deve essere poi confermata mediante provvedimenti espressi di concessione o diniego da parte del magistrato di sorveglianza.
Si modifica, poi, l'art. 54 c. 2 O.P., prevedendo che alla Procura debbano essere notificati i soli provvedimenti di revoca o rigetto del beneficio, con esclusione, dunque, di quelli di riconoscimento.
Sul versante della magistratura di sorveglianza è poi modificato integralmente l'art. 69 bis della L. 354/1975, che disciplina la procedura da seguire in materia di liberazione anticipata, stabilendosi un generale principio di attivazione d'ufficio del Magistrato di Sorveglianza laddove le quote di liberazione anticipata per i semestri maturati dal detenuto risultino necessarie per rendere ammissibile una domanda di accesso ai benefici penitenziari o alla definitiva scarcerazione[2].
Il comma primo del novello art. 69 bis O.P., si occupa dell’ipotesi in cui la liberazione anticipata maturata dal detenuto debba essere valutata per l’accesso ad un beneficio penitenziario, prevedendo che il magistrato di sorveglianza accerti ex officio il ricorrere delle condizioni che legittimano il riconoscimento dello sconto di pena nell'ambito delle istanze di benefici avanzate dal detenuto innanzi all'Ufficio di Sorveglianza. Parimenti, a mente del comma 4 secondo periodo (e non si comprende perché tale previsione sia stata collocata al di fuori del comma 1), il presidente del Tribunale di Sorveglianza, laddove la liberazione anticipata acceda a domanda di misure o benefici di competenza dell’organo collegiale, trasmetterà gli atti per la decisione sulla liberazione anticipata al Magistrato di Sorveglianza. La norma, infine, precisa che la domanda di accesso ai benefici può essere presentata a partire da novanta giorni prima dell'effettivo maturare dei semestri il cui riconoscimento renderà ammissibile l'istanza; vengono, dunque, messe al bando, le istanze presentate troppo in anticipo rispetto alla maturazione dei termini per l’accesso al beneficio.
Il comma secondo, invece, guarda all’ipotesi in cui la liberazione anticipata sui semestri residui e non valutati per l’accesso ai benefici debba essere riconosciuta per confermare il fine pena virtuale indicato dalla Procura al netto delle riduzioni e, dunque, il beneficio sia funzionale alla scarcerazione.
Anche in questo caso, l’attivazione della procedura è richiesta ex officio prevedendosi che entro i novanta giorni antecedenti alla scadenza del termine della pena virtuale già al netto di tutte le riduzioni possibili, il Magistrato di Sorveglianza debba procedere alla valutazione di tutti i semestri maturati che non siano stati oggetto di statuizione intermedia, confermando o meno la detrazione per il beneficio e, dunque, il fine pena al netto del beneficio virtualmente indicato dalla Procura.
Sostanzialmente, il comma in esame vuole fa sì che almeno tre mesi prima del fine pena netto, la persona sia messa nelle condizioni di sapere se la data di scarcerazione prevista coinciderà con quella indicata dalla Procura in modo virtuale.
Rispetto a tale procedura, tuttavia, desta qualche perplessità la circostanza che il trimestre finale di pena venga sostanzialmente escluso dal computo per il beneficio, e non si comprende cosa dovrebbe accadere laddove l’ultimo semestre valutabile ai fini della liberazione anticipata si completasse, ad esempio, proprio nel suddetto periodo di novanta giorni.
Il comma terzo, ancora, prevede che ogni istanza di liberazione anticipata avanzata in casi diversi da quelli di cui ai commi precedenti sia inammissibile, a meno che la persona non indichi espressamente un interesse specifico che legittima la richiesta di mero riconoscimento della liberazione anticipata. Sebbene è difficile immaginare quali altri interessi specifici diversi dall'accesso ai benefici o alla scarcerazione possano sorreggere una istanza di liberazione anticipata tout court, una ipotesi che sembrerebbe poter effettivamente rientrare nell'alveo applicativo della norma è quella in cui il riconoscimento del beneficio comporterebbe l'integrale espiazione di un reato ostativo ricompreso in condanna o ne cumulo e, dunque, l'applicazione di un regime più favorevole per le norme del trattamento interno. Altra ipotesi potrebbe riguardare la liberazione anticipata necessaria per l'espiazione delle quote pena richieste per i condannati a reati di cui all'art. 4 bis O.P. ai fini dell'accesso all'art. 21 O.P., istituto che ordinariamente non poggia su una autonoma istanza rivolta direttamente al Magistrato di Sorveglianza, ma che viene proceduralmente proposto dall'Istituto.
A mente del comma quarto, poi, i provvedimenti del Magistrato di Sorveglianza che riconoscono o rigettano la sussistenza del beneficio, sono emessi in camera di consiglio senza partecipazione delle parti e si dice debbano essere comunicati ai soggetti di cui all'art. 127 c.p.p. tra cui il p.m. e l'interessato.
Chiude il comma quinto, a mente del quale avverso il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza che decide sulla liberazione anticipata è ammesso reclamo al Tribunale di Sorveglianza, che decide ai sensi dell'art. 678 c.p.p., con applicazione dell'art. 30 bis c. 6 O.P. Il reclamo può essere proposto dalle parti private, ma anche dal pubblico ministero.
I due commi da ultimo esaminati, così scritti, appaiono non del tutto coerenti con la modifica che lo stesso art. 5 D.L. 92/2024 introduce contestualmente all'art. 54 L. 354/1975, a norma del quale devono essere comunicati alla Procura i soli provvedimenti di rigetto o revoca della liberazione anticipata e non anche quelli di accoglimento (D.L. 92/2024, art. 5 c. 2, già citato supra).
Potrebbe ritenersi che l’art. 54 O.P. faccia riferimento al P.M. competente per l’esecuzione, mentre l’art. 69 bis c. 4, nel rimandare all’art. 127 c.p.p. si riferisca al P.M. della sede del Magistrato di Sorveglianza che ha emesso il provvedimento; ovvero che il comma 4 faccia qui riferimento ai soli soggetti privati in caso di concessione ed a tutti i soggetti di cui al 127 c.p.p. in caso di rigetto e che ai sensi del comma 5 il pubblico ministero possa, dunque, proporre reclamo solo avverso le ordinanze di rigetto.
Ad ogni modo, il dato appare contraddittorio e non limpido e sarebbe, pertanto, auspicabile sul punto un chiarimento o un emendamento in sede di conversione.
Da ultimo, l’art. 5 c. 4 D.L. 92/2024 stabilisce che entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto debbano essere adottate modifiche al regolamento di attuazione della legge sull’ordinamento penitenziario volte a garantire: che le norme di attuazione siano adeguate al comma 3 dell’art. 5 D.L. 92/2024; che fino all’attuazione del fascicolo personale digitale del detenuto vengano trasmesse al Magistrato di Sorveglianza secondo le scadenze fissate al comma 2 tutte le informative utili alla decisione sulla liberazione anticipata; che all’all’atto di ogni domanda di beneficio penitenziario la Direzione dell’Istituto trasmetta al Magistrato di Sorveglianza anche tutte le informazioni necessarie anche per la decisione sulla liberazione anticipata maturata
Esaurito l’esame del testo dell’art. 5 del decreto, siano concesse alcune considerazioni.
Dal tenore della norma, ad una prima lettura potrebbe sorgere il dubbio che sul piano operativo la decisione sulla liberazione anticipata "intermedia" (non rilevante sul fine pena ma funzionale ai benefici) debba essere resa incidentalmente nell'ambito della valutazione di ammissibilità della misura o del beneficio cui accede e non richieda l'iscrizione di autonomo procedimento d'ufficio, da trattarsi separatamente.
La prima ipotesi potrebbe apparire suffragata dalla circostanza che letteralmente comma 1 dell'art. 69 bis O.P. attribuisce al Magistrato di Sorveglianza l'obbligo di accertare la liberazione anticipata in concomitanza con una istanza di beneficio e che sono previste dall’art. 5 c. 4 del D.L. 92/2024 future modifiche del DPR 230/2000 in modo che, a regime, ad ogni istanza di misura alternativa o beneficio penitenziario la direzione dell'istituto trasmetta anche tutte le informazioni utili per il riconoscimento della liberazione anticipata.
Tuttavia, a parere di chi scrive è evidente la seconda opzione, vale a dire quella che richiede l’instaurazione di diverso procedimento ed autonoma statuizione, sia quella più funzionale e coerente con il testo complessivo, laddove si consideri che il comma 4 prevede che il Magistrato di Sorveglianza emetta una ordinanza di concessione o diniego del beneficio, che difficilmente può essere intesa come provvedimento incluso nella decisione sulla domanda principale. Se ciò potrebbe, astrattamente, essere vero per l’accesso alle misure, deve evidenziarsi che tra i benefici penitenziari cui la liberazione anticipata può accedere taluni tipicamente anteriori alle misure sono concessi con decreto (in particolare i permessi premio) e, dunque, non potrebbero contenere al proprio interno anche un’ordinanza di liberazione anticipata.
D'altronde, normativamente il Tribunale di Sorveglianza per le valutazioni sulla liberazione anticipata accessoria ad un beneficio richiesto innanzi al collegio deve trasmettere gli atti al Magistrato, che provvederà con propria ordinanza; sicché sarebbe disarmonico ritenere che laddove l’istanza principale sia avanzata innanzi al Magistrato di Sorveglianza la liberazione anticipata non debba parimenti essere oggetto di un autonomo procedimento e provvedimento.
Ancora, si consideri che una decisione incidentale ed accessoria, in ipotesi, ad ogni domanda di beneficio richiesto all’organo monocratico creerebbe problemi anche in tema di competenza per territorio in caso di trasferimento del detenuto che avanzi diverse istanze presso uffici territorialmente diversi ed esporrebbe al rischio di giudicati disomogenei.
Pertanto, anche sul piano operativo, tenere due procedimenti distinti, seppur collegati, appare l’unica soluzione praticabile.
Tentando di riassumere, lo schema normativo richiederà agli Uffici ed ai Tribunali di Sorveglianza ogniqualvolta venga richiesto un beneficio penitenziario di procedere in questo senso:
- provvedere ad una preliminare valutazione di ammissibilità dell'istanza e della correlata domanda di liberazione anticipata, ritenendole inammissibili laddove non sia rispettato il termine di novanta giorni indicato al comma uno, ovvero laddove la riduzione di pena concedibile non incida sulla ammissibilità del beneficio;
- procedere comunque ad autonome iscrizioni e trattare autonomi procedimenti tra il beneficio cui si correla la liberazione anticipata e quest'ultima, ovvero trasmettere gli atti al Magistrato per la decisione sullo sconto di pena se l’istanza principale pende innanzi al Collegio;
- assumere prima la decisione sulla liberazione anticipata e successivamente quella sul beneficio cui la stessa è strumentale, ovvero attendere l’esito del procedimento monocratico prima di statuire nel merito della misura richiesta per le istanze avanzate innanzi al Tribunale di Sorveglianza;
Chiunque abbia conoscenza della prassi degli Uffici di Sorveglianza si renderà conto che i soli risparmi procedurali rispetto alla situazione esistente paiono essere quelli di rimuovere la necessità di formulare una autonoma istanza per la liberazione anticipata ed eliminare il parere del pubblico ministero.
La liberazione anticipata, così delineata, diviene in generale istituto oggetto di un procedimento non più autonomo, ma caratterizzato da incidentalità e strumentalità rispetto al beneficio cui accede o alla scarcerazione, salva l’ipotesi residuale di cui al comma terzo.
L'effetto della riforma sul lavoro degli uffici giudiziari, invece, sembra essere quello di ridurre in astratto il numero di istanze di liberazione anticipata innanzi agli Uffici di Sorveglianza, eliminando tutte quelle che abbiano ad oggetto la mera richiesta di riconoscimento del beneficio e non siano correlate ad un effettivo interesse.
Infatti, posto che nella nuova procedura la Procura ha già a monte indicato nell'ordine di esecuzione la massima riduzione possibile sulla pena in espiazione, il detenuto non ha più motivo di richiedere ciclicamente il beneficio per veder scalare via via il proprio fine pena.
Resta però la necessità di calcolare le quote di liberazione anticipata intermedie che rendano ammissibili le domande di benefici penitenziari e che, entro un congruo termine, il fine pena virtualmente decurtato dello sconto di pena sia confermato nella sua effettiva entità.
Per quanto ispirato da buone intenzioni - rendere visibile da subito lo sconto di pena e più rapida la procedura - l'intervento appare di limitato impatto e non del tutto funzionale, oltre che fumoso sul piano pratico.
Posto che dovrà procedersi comunque a nuove iscrizioni, l’unica modifica forse capace di incidere sui tempi di definizione del procedimento di liberazione anticipata è quella che rimuove l'acquisizione del parere della Procura, rimettendo la decisione integralmente al Magistrato di sorveglianza, che, una volta entrata regime la riforma anche con le modifiche al Regolamento, dovrebbe già avere presso l'ufficio tutte le informazioni necessarie per emettere il provvedimento.
Al netto di questo elemento positivo, però, altri aspetti appaiono particolarmente problematici.
Si consideri, anzitutto, che non è specificato in che modo si debba tenere conto delle liberazioni anticipate concesse sui semestri intermedi, posto che l'eventuale ordinanza di concessione non dovrebbe essere comunicata alla Procura, che del resto nulla potrebbe modificare rispetto al fine pena virtuale.
Dunque, la tenuta di queste informazioni sembrerebbe dover rimanere in capo agli Uffici di Sorveglianza, già gravati da importanti carenze di personale, esclusi dal P.N.R.R. e dall'ufficio del processo, o al più agli Uffici matricola del carcere.
Inoltre, in assenza di specifica disciplina intertemporale, resta il dubbio di quale sorte debba toccare alle istanze attualmente pendenti o a quelle avanzate in data anteriore alla pubblicazione del decreto e non ancora iscritte.
Poiché la modifica interviene su aspetti processuali, infatti, in base al principio tempus regit actum, le stesse dovrebbero essere sottoposte alla nuova procedura.
Potrebbe ipotizzarsi che sulla base del decreto-legge, le Procure debbano già da oggi procedere a ricalcolare tutti i fine pena virtuali al netto delle riduzioni maturate e maturande delle persone attualmente in esecuzione pena, e che, pertanto, tutte le istanze di liberazione anticipata richieste che non siano accessorie a domande di benefici penitenziari o ad un imminente fine pena debbano intendersi non più valutabili nel merito dal Magistrato di Sorveglianza.
L’opposta soluzione, invece, porterebbe a ritenere le istanze già proposte ammissibili, in quanto rispondenti ai criteri di ammissibilità vigenti al momento di proposizione della domanda, quale che sia l’interesse sotteso, ed applicare però sin da subito la nuova procedura priva di parere del pubblico ministero.
Entrambe le strade sembrano operativamente percorribili, anche se la prima (giova evidenziarlo) sarebbe quella più coerente con la necessità di immediata applicazione della nuova riforma, il più possibile integralmente ed a regime.
L’intervento in materia di liberazione anticipata, in conclusione, non realizza quella rivoluzione da molti attesa; invece, consegna agli operatori una procedura apparentemente snellita di alcuni passaggi, ma dai risvolti pratici non chiarissimi e che rischiano di aver l'effetto opposto nell'immediato di paralizzare e mettere in stallo le cancellerie degli Uffici di Sorveglianza e delle Procure rispetto al riconoscimento del beneficio.
A fronte del minimo impatto sulla vita dei detenuti e delle incertezze connesse, questo passaggio del decreto corre il serio rischio di gettare dall'oggi al domani gli Uffici di Sorveglianza e le Procure in un sistema abbastanza farraginoso, in cui la semplificazione procedurale data dalla iscrizione d'ufficio dell'istanza, dal mancato passaggio dalla Procura per il parere e (forse) dalla eliminazione della comunicazione alla Procura delle decisioni favorevoli, appare ben poca cosa.
2.2. La modifica annunciata al numero delle telefonate coi familiari: poco di necessario.
Muovendo nell’esame delle ulteriori norme dedicate al trattamento penitenziario, l'art. 6 D.L. 92/2024 prevede un aumento del numero dei colloqui telefonici con i familiari spettanti ai detenuti, che passano da quattro a sei, parificando dunque il numero di colloqui telefonici a quelli in presenza.
La modifica, qui, è solo annunciata perché operativamente rinviata ad un regolamento adottando ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che dovrà modificare in senso conforme l’art. 39 D.P.R. 230/2000, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.
Ancora, il decreto prevede l’inserimento di un riferimento all’art. 39 D.P.R. 230/2000 nell’art. 61 del regolamento di attuazione, al fine di inserire le telefonate coi familiari quali elementi del trattamento.
Nelle more, il decreto attribuisce alle direzioni degli istituti la possibilità di autorizzare ulteriori colloqui telefonici aggiuntivi con i familiari nel senso di quanto indicato dalla riforma[3].
Sulla carta, la novella potrebbe sembrare sancire una modifica sostanziale ed incisiva; tuttavia, non ci si può esimere dall’evidenziare che l’art. 39 c. 3 D.P.R: 230/2000 già prevede che l’autorizzazione a intrattenere corrispondenza telefonica possa essere concessa dal Direttore anche in deroga al numero di uno a settimana “in considerazione di motivi di urgenza o di particolare rilevanza, se la stessa si svolga con prole di età inferiore a dieci anni, nonché in caso di trasferimento del detenuto.”
Le Direzioni degli istituti, dunque, hanno già normativamente facoltà di autorizzare un numero di colloqui maggiore rispetto ai limiti previsti ed è prassi piuttosto diffusa consentire colloqui telefonici aggiuntivi, soprattutto ai detenuti che abbiano figli minori o situazioni familiari complicate, incidenti sulla condizione psicologica della persona, valorizzando la clausola aperta dei motivi di particolare rilevanza.
L'effetto pratico, dunque, appare meno significativo di quanto potrebbe intendersi, sebbene non possa non guardarsi con favore al fatto che venga qui normativamente sancito per tutti un prossimo aumento dei colloqui telefonici, al momento oggetto di concessione extra ordinem molto diffusa ma non generalizza, ed una maggiore attenzione ai rapporti con i familiari nell’ambito del trattamento penitenziario.
2.3. L’istituzione dell’Albo delle Comunità: scarsamente urgente.
L'ultima norma che si occupa indirettamente di detenuti è l'art. 8 D.L. 92/2024, presentato come strumento concretamente volto a favorire l'esecuzione di misure alternative alla detenzione in contesti comunitari per tossicodipendenti e persone senza fissa dimora[4].
Ciò avverrebbe, in ipotesi, mediante la creazione presso il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità di un elenco di comunità accreditate, articolato in sezioni regionali, da istituirsi mediante il ricorso ad un avviso pubblico finalizzato ad acquisire le manifestazioni d’interesse degli enti gestori di strutture aventi carattere residenziale ubicate sul territorio nazionale.
Tali strutture dovrebbero fornire disponibilità all'accoglienza in regime di misure alternative a persone tossicodipendenti ed a quelle prive di fissa dimora o risorse domiciliari esterne, assicurando congrui standard tecnici di sicurezza e l’attivazione di percorsi di reinserimento.
Nella prospettiva governativa, tali strutture diverrebbero luoghi ove la Magistratura di Sorveglianza potrebbe concedere non solo l'affidamento terapeutico di cui all'art. 94 D.P.R. 309/1990, ma anche le altre misure alternative alla detenzione quali detenzione domiciliare, affidamento ordinario ed esecuzione della pena presso il domicilio.
Nel caso in cui la persona non abbia disponibilità per sostenere le spese di mantenimento e di accesso alle strutture così individuate, è previsto un impegno di spesa per 7 milioni di euro annui a partire dal 2024 al fine di pagare i relativi costi, finanziato tramite Cassa Ammende.
L’attenzione verso forme di esecuzione penale esterna in contesto comunitario per soggetti fragili è, certamente, un dato positivo; ma l’intervento promosso, nella sostanza, non sembra spostare molto rispetto all'esistente, posto che già al momento sono numerose le persone in esecuzione pena presso strutture di accoglienza site sul territorio.
Strutture che la magistratura di sorveglianza già conosce ed utilizza da decenni quale terminale esterno per le misure alternative dei soggetti più fragili; strutture che (sia consentito dirlo) la stessa magistratura di sorveglianza conosce bene anche quanto ai profili di affidabilità e capacità recettiva;
strutture, da ultimo, che denunciano allo stato condizioni di saturazione in molte regioni.
L'eventuale accreditamento delle comunità di accoglienza esistenti, senza prevedere la creazione di nuove strutture ed investimenti per l'esecuzione penale esterna, potrebbe non incidere quanto previsto sul sistema.
D’altro canto, non può sottacersi che, a fronte delle risorse di bilancio impiegate, la novella finisce col rimettere a enti privati e associazioni la gestione di parte della popolazione detenuta nelle carceri, offrendo in contropartita la prospettiva di un (in ipotesi anche cospicuo) ritorno economico dato dal pagamento delle rette e delle spese di mantenimento da parte dello Stato per i soggetti non abbienti (cioè, la maggioranza dei detenuti).
Anche in questo caso, sia consentito osservare che si tratta di un intervento forse utile, certamente non così necessario, concretamente poco tempestivo, richiedendo ulteriori e rilevanti passaggi attuativi anche in punto di procedure di gara, sì da renderne l'operatività una questione rinviata.
2.4. Varie ed eventuali: le misure provvisorie.
L'esecutivo ha poi nelle proprie comunicazioni annunciato di aver reso più agevole l'accesso alle misure alternative alla detenzione, attribuendo al Magistrato di Sorveglianza la possibilità di concedere le stesse in via provvisoria senza bisogno del passaggio innanzi all'organo collegiale.
La novella, tuttavia, non interessa la popolazione detenuta, essendo il Governo intervenuto, con l’art. 10 D.L. 92/2024 solo sull'art. 678 c 1 ter c.p.p., norma che trova applicazione esclusivamente per la decisione sulle istanze di cui all'articolo 656, comma 5 c.p.p. con pena inferiore ai diciotto mesi[5].
La procedura, sino a ieri, prevedeva l’emissione di una ordinanza cautelare inaudita altera parte da parte del Magistrato di Sorveglianza, comunicata alle parti e passibile di opposizione, che sarebbe divenuta esecutiva ed efficace esclusivamente con la definitiva ratifica da parte del Collegio, in caso di mancata opposizione.
Le modifiche apportate, all’oggi eliminano il passaggio dinnanzi al Tribunale di Sorveglianza in caso di mancata opposizione, rendendo l’ordinanza definitiva una volta decorso il termine per l’instaurazione del contraddittorio.
Tuttavia, come anticipato, questa decisione monocratica senza passaggio dal Tribunale di Sorveglianza si applicherà solo ai cosiddetti "liberi in sospensione" che debbano espiare una pena inferiore ai diciotto mesi e, dunque, non inciderà in alcun modo sull’accesso alle misure alternative da parte della popolazione detenuta.
L’utilità dell’intervento in esame rispetto al mondo carcerario, dunque, è pressoché nulla.
3. Conclusioni: l’important n’est pas de bien ou mal parler mais de parler.
In conclusione, l'impianto complessivo del decreto appare meno incisivo di quanto annunciato ed abbastanza deludente, soprattutto se si considera che a fronte del clima di tensione che monta negli istituti di pena e della condizione non ottimale del trattamento penitenziario delle carceri italiane, era lecito attendersi soluzioni più coraggiose e, soprattutto, immediatamente applicabili.
Si sarebbe potuto prevedere, ad esempio, un meccanismo più automatico di riconoscimento della liberazione anticipata, che prevedesse una attribuzione ex ante del beneficio e lasciasse alla Magistratura di Sorveglianza il compito di provvedere solo alla revoca per condotte incongrue nel corso della detenzione, senza necessità di accertamenti intermedi; intervenire sull’immissione in ruolo di un maggior numero di operatori del trattamento penitenziario e sulle relative piante organiche, sfruttando le graduatorie esistenti, piuttosto che solo sul personale di polizia; investire nell’ampliamento dei reparti dedicati ai detenuti semiliberi e all’art. 21 O.P. esterno o su reparti a custodia attenuata, favorendo così una maggiore circolarità del rapporto tra carcere e mondo esterno, nonché percorsi di reinserimento più graduali per un maggior numero di detenuti; cercare di tenere maggiormente in considerazione i criteri di vicinanza al nucleo familiare nell’allocazione dei detenuti e, magari, avviare interventi volti a recepire a livello normativo le già applicabili statuizioni della Sentenza 10/2024 della Corte Costituzionale sull’affettività in carcere.
Invece, le modifiche in tema di liberazione anticipata rischiano di creare nell’immediato una stasi delle relative istanze; l’albo delle comunità creerà una danarosa gestione privata dell’esecuzione penale esterna ed è comunque di là da venire; l’effettivo aumento dei colloqui coi familiari rimane una promessa sospesa in una disciplina interinale di sei mesi, come molti altri interventi che sono qui annunciati ma la cui realizzazione si colloca ben oltre l’orizzonte temporale di vigenza del decreto legge.
Verrebbe da chiedersi, a questo punto, se la decretazione di urgenza sia qui utilizzata più per dare l’impressione che qualcosa si stia facendo, piuttosto che per fornire risposte concrete e necessarie ai problemi strutturali del sistema penitenziario.
[1] Art. 5 D.L. 92/2024 c. 1: “All’articolo 656 del codice di procedura penale, dopo il comma 10 è aggiunto il seguente: «10 -bis. Fermo il disposto del comma 4 -bis, nell’ordine di esecuzione la pena da espiare è indicata computando le detrazioni previste dall’articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354, in modo tale che siano specificamente indicate le detrazioni e sia evidenziata anche la pena da espiare senza le detrazioni. Nell’ordine di esecuzione è dato avviso al destinatario che le detrazioni di cui all’articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354 non saranno riconosciute qualora durante il periodo di esecuzione della pena il condannato non abbia partecipato all’opera di rieducazione.».”
[2] Art. 5 D.L. 92/2024 c. 3: “L’articolo 69 -bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, è sostituito dal seguente «Art. 69 -bis (Procedimento in materia di liberazione anticipata). —
1. In occasione di ogni istanza di accesso alle misure alternative alla detenzione o ad altri benefici analoghi, rispetto ai quali nel computo della misura della pena espiata è rilevante la liberazione anticipata ai sensi dell’articolo 54, comma 4, il magistrato di sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata in relazione ad ogni semestre precedente. L’istanza di cui al periodo precedente può essere presentata a decorrere dal termine di novanta giorni antecedente al maturare dei presupposti per l’accesso alle misure alternative alla detenzione o agli altri benefici analoghi, come individuato computando le detrazioni previste dall’articolo 54.
2. Nel termine di novanta giorni antecedente al maturare del termine di conclusione della pena da espiare, come individuato computando le detrazioni previste dall’articolo 54, il magistrato di sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata in relazione ai semestri che non sono già stati oggetto di valutazione ai sensi del comma 1 e del comma 3.
3. Il condannato può formulare istanza di liberazione anticipata quando vi abbia uno specifico interesse, diverso da quelli di cui ai commi 1 e 2, che deve essere indicato, a pena di inammissibilità, nell’istanza medesima.
4. Il provvedimento che concede o nega il riconoscimento del beneficio è adottato dal magistrato di sorveglianza con ordinanza, in camera di consiglio senza la presenza delle parti, ed è comunicato o notificato senza ritardo ai soggetti indicati nell’articolo 127 del codice di procedura penale. Quando la competenza a decidere sull’istanza prevista dal comma 1 appartiene al tribunale di sorveglianza il presidente del tribunale trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata.
5. Avverso l’ordinanza di cui al comma 4 il difensore, l’interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre reclamo al tribunale di sorveglianza competente per territorio. Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi dell’articolo 678 del codice di procedura penale. Si applicano le disposizioni del quinto e del sesto comma dell’articolo 30 -bis.»”
[3] Art. 6. D.L. 92/2024: “Interventi in materia di corrispondenza telefonica dei soggetti sottoposti al trattamento penitenziario” –
1. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono apportate al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, le modifiche necessarie a garantire la prosecuzione dei rapporti personali e familiari dei detenuti, anche mediante i seguenti interventi:
a) all’articolo 39, incremento del numero dei colloqui telefonici settimanali e mensili equiparando la relativa disciplina a quella di cui all’articolo 37;
b) all’articolo 61, comma 2, lettera a), secondo periodo, inserimento del riferimento all’articolo 39.
2. Fino all’adozione del decreto di cui al comma 1, i colloqui previsti dall’articolo 18, comma 6, della legge 26 giugno 1975, n. 354, possono essere autorizzati oltre i limiti di cui all’articolo 39, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.”.
[4] Art. 8. D.L. 92/2024: “Disposizioni in materia di strutture residenziali per l’accoglienza e il reinserimento sociale dei detenuti”
1. Allo scopo di semplificare la procedura di accesso alle misure penali di comunità e agevolare un più efficace reinserimento delle persone detenute adulte è istituito presso il Ministero della giustizia un elenco delle strutture residenziali idonee all’accoglienza e al reinserimento sociale. L’elenco è articolato in sezioni regionali ed è tenuto dal Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità che ne cura la tenuta e l’aggiornamento ed esercita la vigilanza sullo stesso.
2. Con decreto del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono definite la disciplina relativa alla formazione e all’aggiornamento dell’elenco di cui al comma 1, le modalità di esercizio dell’attività di vigilanza sullo stesso e le caratteristiche e i requisiti di qualità dei servizi necessari per l’iscrizione nell’elenco. Con il decreto di cui al primo periodo sono, altresì, stabilite le modalità di recupero delle spese per la permanenza nelle strutture di cui al comma 1, nonché i presupposti soggettivi e di reddito per l’accesso alle suddette strutture dei detenuti, che non sono in possesso di un domicilio idoneo e sono in condizioni socio-economiche non sufficienti per provvedere al proprio sostentamento, al fine di garantire il rispetto del limite di spesa di cui al comma 6.
3. Ai fini dell’iscrizione nell’elenco di cui al comma 1, le strutture residenziali garantiscono, oltre ad una idonea accoglienza residenziale, lo svolgimento di servizi di assistenza, di riqualificazione professionale e reinserimento socio-lavorativo dei soggetti residenti, compresi quelli con problematiche derivanti da dipendenza o disagio psichico, che non richiedono il trattamento in apposite strutture riabilitative.
4. Le strutture iscritte nell’elenco, in presenza di specifica disponibilità ad accogliere anche soggetti in regime di detenzione domiciliare, sono considerate luogo di privata dimora, ai fini di cui all’articolo 284 del codice di procedura penale.
5. L’elenco dovrà essere istituito mediante il ricorso ad un avviso pubblico finalizzato ad acquisire le manifestazioni d’interesse degli enti gestori di strutture aventi carattere residenziale ubicate sul territorio nazionale e rispondenti ai requisiti di carattere tecnico individuati con il decreto di cui al comma 2.
6. Per gli interventi di cui al comma 2 in favore dei detenuti che non sono in possesso di un domicilio idoneo e sono in condizioni socio-economiche non sufficienti per provvedere al proprio sostentamento è autorizzata la spesa di 7 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024. Ai relativi oneri si provvede a valere sugli stanziamenti dei capitoli del bilancio della Cassa delle ammende di cui all’articolo 4 della legge 9 maggio 1932 n. 547.
[5] Art. 10 D.L. 92/2024, c. 2. “All’articolo 678, comma 1 -ter, del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, le parole «in via provvisoria» sono soppresse;
b) al secondo periodo, la parola «provvisoria» è soppressa;
c) il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Il tribunale di sorveglianza, quando è proposta opposizione, procede, a norma del comma 1, alla conferma o alla revoca dell’ordinanza.»;
d) il quarto periodo è sostituito dal seguente: «Allo stesso modo il tribunale di sorveglianza procede quando l’ordinanza non è stata emessa.».”.
Immagine: Prigione, attribuita a Vincenzo dal Re, tra il 1737 e il 1762, inchiostro su carta, Chicago Art Institute, The Leonora Hall Gurley Memorial Collection.