Pubblichiamo il testo della relazione della Commissione mista istituita presso il CSM per lo studio dei problemi della magistratura di sorveglianza e dell’esecuzione penale. La relazione è stata incentrata sullo stato di attuazione della riforma relativa alle residenze per le misure di sicurezza, meglio note come REMS. Ne emerge un quadro preoccupante, noto solo agli operatori di settore e spesso, anche tra questi, solo per contenuti generici. La realtà è quella di una carenza di strutture e di personale, di incertezza sul fabbisogno effettivo, di difficile comunicazione – non per disponibilità, ma per visioni culturali – tra amministrazione della giustizia e settore sanitario, cui la gestione delle REMS è affidata. Di fondo, rimane un problema sociale, che riguarda non solo il mondo carcerario, ma tutta la collettività, se si pensa al numero elevatissimo di detenuti affetti da vizi mentali e alle persone che neppure pena da scontare per accertata incapacità totale di intendere e di volere. Con questa relazione il Consiglio superiore della magistratura prova anche a mandare un segnale di ascolto verso universi culturali che devono cominciare parlarsi.
Il testo della risoluzione:
R.E.M.S.
DOCUMENTO FINALE
1. PREMESSA
Il Consiglio Superiore della Magistratura, con la risoluzione del 26 luglio 2023, ha ricostituito - in ideale continuità con le precedenti positive esperienze consiliari - la Commissione Mista per lo studio dei problemi della Magistratura di Sorveglianza e dell’Esecuzione Penale.
Ne sono Componenti:
Cons. Andrea MIRENDA, Componente del Consiglio Superiore della Magistratura, Presidente;
Cons. Tullio MORELLO, Componente del Consiglio Superiore della Magistratura;
Cons. Eligio PAOLINI, Componente del Consiglio Superiore della Magistratura;
Dott. Filippo SCAPELLATO, Magistrato di Sorveglianza presso Uff. Sorv. Ancona;
Dott.ssa Marta D’ERAMO, Magistrato di Sorveglianza presso Uff. Sorv. Pescara;
Dott. Marco PUGLIA, Magistrato di Sorveglianza presso Uff. Sorv. Santa Maria Capua Vetere;
Dott.ssa Maria Raffella FALCONE, Magistrato di Sorevglianza presso Uff. Sorv. Viterbo
Dott.ssa Adriana BLASCO, Sost. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Milano;
Dott. Stefano TOCCI, Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione;
Dott. Edmondo DE GREGORIO, Magistrato addetto al Gabinetto del Ministro della Giustizia;
Dott.ssa Oriana TANTIMONACO, Magistrato addetto al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
La Commissione Mista opera nell'ambito delle competenze della IX commissione in materia di “atti, pareri, iniziative in relazione a problematiche inerenti la materia dell’esecuzione penale e della Magistratura di Sorveglianza, con esclusione dei profili organizzativi di competenza della Settima Commissione” ed ha, fra le sue attribuzioni, la ricerca di soluzioni alle problematiche connesse alla funzionalità degli uffici, alla esecuzione della pena ed alla tutela dei diritti dei detenuti e degli internati, valorizzando una visione globale dei problemi della pena e favorendo modelli di cooperazione istituzionale.
Lo scopo perseguito è quello di favorire la ripartenza di una riflessione comune sui problemi della sorveglianza e dell’esecuzione penale in generale, al fine di individuare concrete linee di intervento - sia ordinamentali che organizzative - capaci di affrontare quelle che, purtroppo, appaiono ormai le croniche criticità del nostro sistema penitenziario, legate principalmente, ma non solo: al sovraffollamento carcerario ed alle difficili condizioni intramurarie che ne conseguono sul piano trattamentale; al precario equilibrio tra afflittività della pena, disagio psichico e misure di sicurezza, in particolare per la precarietà dell’assistenza sanitaria intramurale, di competenza regionale; all’inadeguatezza complessiva, tanto ordinamentale che amministrativa, del modello organizzativo finalizzato alla esecuzione delle misure di sicurezza detentive e non.
Criticità, queste, cui si accompagnano non infrequenti lesioni dei diritti fondamentali delle persone sottoposte alla esecuzione della pena e/o delle misure di sicurezza.
La formazione composita della Commissione appare, ancora una volta, la formula meglio in grado di analizzare una realtà complessa e composita come quella dell’esecuzione penale, al fine di individuarne le carenze normative e le disfunzioni operative. Già in passato, difatti, la sinergia delle diverse competenze si è rivelata proficua e l’esperienza è stata più volte reiterata, sin dal quadriennio 1990/1994, ancora nella consiliatura 1998/2002 e, da ultimo, quella appena trascorsa.
I quaderni n. 160 del 2013 e n. 163 del 2015 danno conto delle due direttrici fondamentali seguite “in allora” dalla Commissione Mista, l’una volta a fornire al Consiglio ed agli altri interlocutori istituzionali coinvolti proposte di interventi normativi e organizzativi di pronta applicabilità per contenere il numero di detenuti negli istituti di pena; l’altra, volta alla migliore valorizzazione della professionalità della magistratura di sorveglianza ed alla ricognizione delle piante organiche di quegli uffici, onde verificarne la congruità rispetto al delicato compito assegnato.
2. LE TEMATICHE AFFRONTATE
La direttrice attuale, che peraltro riprende spunti già osservati e studiati in occasione delle precedenti Commissioni, è emersa in esito a numerose sedute che hanno permesso, dapprima, di trattare in termini generali i temi dell’Ufficio del Processo (da assicurare, per ovvi motivi, anche alla Magistratura di Sorveglianza); della implementazione, anche a livello grafico, dei sistemi SIEP e SIUS, magari avvalendosi degli UPP; del potenziamento dell’Uepe per le correlate attività di osservazione; dell’essenziale istituzione dei nuclei di polizia penitenziaria presso gli uffici di sorveglianza; del sovraffollamento carcerario; dell’idoneo trattamento dei detenuti psichiatrici (ipotizzando anche per essi l’affidamento terapeutico ?!); dell’assistenza ai tossicodipendenti in carcere e di come agevolarne l’accesso alle misure alternative; delle Rems e correlate liste di attesa e dei percorsi psichiatrici alternativi sul territorio (specie dopo la sentenza della Corte Costituzionale n.22 del 2022 e dopo la pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo v. Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 24 gennaio 2022- Ricorso n. 11791/20- Causa SY c. Italia)), delle ricadute pratiche degli ultimi interventi normativi (D.L. “Carcere Sicuro”) principalmente in materia di liberazione anticipata.
3. IL PROBELMA R.E.M.S.
Dopo questo approccio di ordine generale, l’attenzione della Commissione si è, quindi, concentrata proprio sul tema “R.E.M.S.”, nello sforzo di illuminarlo in tutta la sua attualità e gravità, onde giungere a contributi organizzativi e ordinamentali utili.
Si è preso atto, per le vie brevi, della tendenziale contrarietà del Ministero della Salute alla creazione di nuove REMS, giusta il principio “più contenitori ci sono, più vengono riempiti”; è stata posta, poi, in luce la questione di come dette strutture - a fronte di un titolo esecutivo – possano declinare l’internamento del soggetto sottoposto a misura di sicurezza detentiva, diversamente da quanto accade per il carcere in ipotesi di sovraffollamento e di quanto accadeva prima per gli OPG., senza con ciò ledere l’effettività della giurisdizione.
Si è puntualmente rilevato, da un lato, come la stima numerica del reale fabbisogno sia del tutto fuorviante e, dall’altro, come sia d’ostacolo ad un’“accoglienza indiscriminata” il profilo spiccatamente curativo e non anche contenitivo svolto delle Residenze in questione. Ha registrato, così, pieno consenso la necessità di un’adeguata e strutturale modifica normativa che, nel tener conto dei rilievi sollevati, si muova su due direttrici: la prima, di una generale e ragionata revisione del numero e dei posti all’interno delle REMS (inspiegabilmente assenti in Calabria e Umbria); la seconda, forse più pregnante, dell’aumento - a medio-lungo termine - dei centri di igiene mentale e delle strutture di accoglienza sul territorio.
Si è toccato anche il tema dell’adeguamento tecnico-scientifico delle perizie psichiatriche, per evitare, ad esempio, che in REMS finiscano soggetti affetti da psicopatie irrecuperabili (e perciò non curabili) ovvero, all’opposto, soggetti che ben potrebbero essere destinatari di un misura non detentiva da svolgersi sul territorio; ed ancora, si è parlato di concorsi ad hoc per i medici destinati alle REMS, al fine di superare le diserzioni attuali; del monitoraggio continuo delle strutture di internamento, anche al fine di verificare quante siano effettivamente le licenze di esperimento finale da esse proposte; di internamenti risalenti addirittura al 2019 e non ancora eseguiti; di “fermo biologico” della misura dell’internamento fino a quando non vi sia capienza in una struttura e della possibilità di sostituirla con la libertà vigilata in strutture territoriali acconce; della possibilità di rivalutazione “motu proprio” dell’internamento da parte del Magistrato di Sorveglianza, in ragione del tempo trascorso; del rischio di un possibile atteggiamento conservativo dei sanitari che, per comodità di gestione, potrebbero indugiare nel trattenere nelle strutture soggetti concretamente non più pericolosi; della necessità di monitorare continuamente i soggetti in lista di attesa, magari per il tramite dei servizi territoriali, così da avere dati utili, in tempo reale, ai fini della loro rivalutazione; infine, della necessità di un approccio “bifasico” alla valutazione dell’internamento provvisorio, pur con i limiti imposti dal segreto istruttorio.
Si è appreso, altresì, in parziale controtendenza con quanto anzidetto, che al Tavolo Tecnico istituito presso il Ministero della Salute è emersa una certa disponibilità ad aumentare del 20% la capienza delle REMS, pur evidenziandosi l’eccessivo uso della misura in questione (apprezzato intorno al 30%); l’eccedenza andrebbe, invece, risolta per il tramite dei Servizi Territoriali. Si sono poi ipotizzate, sempre in quella sede: la costituzione di tre strutture di Alta Sicurezza distribuite tra nord, centro e sud, destinate ciascuna ad accogliere 20 soggetti circa, per così dire, “inemendabili”, in cui prevalga l’aspetto “custodiale” su quello curativo, da affidarsi alla Polizia Penitenziaria, anche al fine di assicurare una migliore funzionalità e regolarità delle REMS ordinarie; la possibilità di predisporre “linee-guida” in tema di internamento a fini deflattivi e di istituire un albo speciale di professionisti che possano interfacciarsi anche con i Servizi Territoriali; la necessità di creare una cabina di regia c/o il DAP, che si interfacci continuamente con i P.U.R. (Punti Unici Regionali) incaricati di segnalare le strutture per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive.
Infine, si è registrato apprezzamento per talune conclusioni contenute nel rapporto AGENAS 2021 (documento 4.6.2021), in particolare: la necessità di un aumento complessivo e strutturale dell’offerta psichiatrica per i soggetti sottoposti a misure di sicurezza detentive e non, con generale rafforzamento dell’offerta complessiva destinata ai pazienti autori di reato ed affetti da vizio totale o parziale di mente, onde ricondurre l’internamento ad extrema ratio, cui va garantita l’effettività; l’esigenza di un coordinamento strutturato tra periti e consulenti tecnici dell’autorità giudiziaria, da un lato, ed i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) territorialmente competenti, dall’altro; la previsione di una rivalutazione periodica della pericolosità sociale dei soggetti in lista di attesa per l’ingresso in una REMS, tendenzialmente a sei mesi dall’adozione della misura qualora non si stata ancora attuata; l’organizzazione di momenti di formazione comune tra magistrati, sanitari specializzati nel trattamento di pazienti psichiatrici autori di reato ed esperti in psichiatria forense; la complessiva revisione dell’impianto normativo vigente laddove non adeguato all’avvenuto superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari.
Ferma, dunque, la necessità di implementare i posti disponibili presso le R.E.M.S. (700 circa sarebbero i soggetti in lista di attesa, di cui 45 detenuti “sine titulo”) ed, ancor prima, di individuare un meccanismo che consenta una precisa stima numerica del reale fabbisogno di posti (1.200-1.400 sarebbe il fabbisogno stimato, secondo un dato oramai tendenzialmente stabile), occorre guardare anche ai possibili percorsi di assistenza psichiatrica alternativi sul territorio, anche alla luce della novella legislativa introdotta dal D.L. “Carcere Sicuro”, conv. L. n. 112/2024; difatti, dopo l’art. 658 c.p.p., è stato inserito l’art. 658bis c.p.p. secondo cui, nell’ipotesi in cui debba essere applicata la misura di sicurezza dell’internamento in Rems (art. 215 2° c. nn. 2 e 3), il P.M. presso il Giudice indicato all’art. 665 c.p.p. chiede senza ritardo (e comunque entro 5 giorni) al magistrato di sorveglianza competente la fissazione dell’udienza per procedere agli accertamenti di cui all’art. 679 c.p.p., norma a sua volta novellata mediante l’inserimento del c. 1 bis, secondo cui fino alla decisione del m.d.s. permane la misura di sicurezza provvisoria applicata ex art. 312 c.p.p. e il tempo corrispondente è computato a tutti gli effetti e, nelle more della decisione, la misura di sicurezza provvisoria può essere disposta con ordinanza dal m.d.s. competente.
Dunque, si tratta di un congegno che grava procure e magistratura di sorveglianza di una serie di adempimenti urgenti che, tuttavia, si scontrano ad una prova dei fatti, non solo con il problema REMS, ma anche con la rete territoriale in genere, essendo prevista in astratto la possibilità che già in quella fase (ossia prima dell’accertamento della pericolosità sociale ex art. 679 c.p.p.) il magistrato di sorveglianza disponga una misura gradata, quale ad es. la libertà vigilata all’interno di apposita struttura individua dai servizi territoriali.
E qui entra in gioco il ruolo dei DSM e del sistema complessivo della sanità pubblica, anche alla luce delle modifiche legislative succedutesi nel tempo, che, come evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Costituzionale, sentenza n. 22 del 2022), hanno lasciato numerosi punti irrisolti; difatti, la legge n. 81/2014 presenta una notevole fragilità, sia di impianto normativo, poggiando unicamente sul D.L 211 del 2011, sia di incompletezza riguardo al ruolo mancante della Giustizia nella organizzazione delle REMS, così come sottolineato dalla stessa della Corte costituzionale (set. citata) che, ponendo al centro della riflessione «l’esigenza, ai sensi dell’art. 110 Cost., di assicurare una esplicita base normativa allo stabile coinvolgimento del Ministero della giustizia nell’attività di coordinamento e monitoraggio del funzionamento delle REMS esistenti e degli altri strumenti di tutela della salute mentale attivabili nel quadro della diversa misura di sicurezza della libertà vigilata, nonché nella programmazione del relativo fabbisogno finanziario, anche in vista dell’eventuale potenziamento quantitativo delle strutture esistenti o degli strumenti alternativi», introduce scenari nuovi, in quanto demanda al legislatore il compito di assicurare «la realizzazione e il buon funzionamento, sull’intero territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni, nel quadro di un complessivo e altrettanto urgente potenziamento delle strutture sul territorio in grado di garantire interventi alternativi adeguati rispetto alle necessità di cura e a quelle, altrettanto imprescindibili, di tutela della collettività (e dunque dei diritti fondamentali delle potenziali vittime dei fatti di reato che potrebbero essere commessi dai destinatari delle misure)».
In questa prospettiva, dunque, il sistema dovrebbe trovare il suo punto di equilibrio nell’attribuzione al Ministero della Giustizia, per il tramite del DAP, di un “ruolo di chiusura”, non solo del sistema amministrativo di assegnazione degli interessati alle REMS, ma anche del meccanismo di individuazione di percorsi alternativi per i pazienti autori di reato; sappiano, invece, che ad anni di distanza dal passaggio della sanità penitenziaria alle ASL (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2008) e dalla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Legge 30 maggio 2014, n.81), a tutt’oggi il nostro paese vive una situazione di estrema difficoltà per la salute mentale, sia dei soggetti detenuti (rei folli), che di quelli non imputabili (folli rei).
I dati forniti dal Collegio Nazionale dei DSM nel documento programmatico sulla giustizia presentato il mese scorso, attestano che circa il 10-15% della popolazione detenuta in Italia risulta affetta da disturbo mentale grave, ossia 6.000-9.000 detenuti circa, su una popolazione complessiva di oltre 60.000. Sappiamo che con la riforma della Sanità Penitenziaria (DPCM 1° aprile 2008) e quella successiva per il superamento degli OPG (Legge 30 maggio 2014 n.81), per le due categorie rappresentate dai "folli rei" e dai "rei folli" sono stati definiti percorsi trattamentali e giuridici profondamente differenziati; difatti, a differenza di questi ultimi, che entrano nel circuito penitenziario, per cui la garanzia della cura viene assicurata all’interno dei circuiti detentivi o ricorrendo a misure alternative (la giurisprudenza costituzionale, con sentenza n. 99 del 2019, ha aperto alla possibilità di accedere a misure alternative per garantire anche ai soggetti con disturbo mentale eventuali trattamenti esterni, così come previsto per i soggetti con gravi patologie fisiche), i "folli rei" sono di fatto affidati alla sanità territoriale, spesso a detrimento delle funzioni di cura di pazienti psichiatrici non autori di reato, ed anche con evidenti problematiche sotto il profilo prettamente custodiale, che viene di fatto demandato Servizio Sanitario Nazionale. A tal riguardo, la Conferenza Unificata del 26 febbraio 2015, ha definito le linee attuative del D.M. 1° ottobre 2012 per il definitivo superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, specificando (art. 6) che i servizi di sicurezza e vigilanza perimetrale delle strutture sanitarie sono attivati sulla base di specifici accordi con le Prefetture, anche sulla scorta delle informazioni contenute nel fascicolo dell'internato; sul piano della sicurezza interna, invece, le strutture sono chiamate a dotarsi di sistemi congrui, ma coerenti alla dimensione sanitaria della residenza, e le relative scelte organizzative sono demandate al Responsabile sanitario.
Quanto ai "rei folli”, invece, la riforma del 2014 ha previsto che essi, in quanto “imputabili”, espiino la pena in carcere in sezioni specialistiche dedicate ai disturbi mentali (c.d. ATSM) individuate dalla Conferenza Unificata del 22 gennaio 2015 (Accordo ai sensi dell'art.9, comma 2 lett. C del D.L. 28/8/1997, n. 281 sul documento "Linee guida in materia di modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti; implementazione delle reti sanitarie regionali e nazionali"). Ad oggi, nonostante la presenza di un numero sempre maggiore di persone affette da disturbo mentale (molte anche in comorbilità con disturbo da uso di sostanze), le sezioni “dedicate” non riescono assolutamente a rispondere in maniera adeguata alle esigenze di cura di questa popolazione, atteso che sono presenti in 33 istituti penitenziari (per un totale di 320 posti circa), che corrispondono orientativamente allo 0,5% della popolazione detenuta, a fronte di una presenza di persone con disturbo mentale grave in carcere stimata nel 10-15%; ne consegue che, se pur destinati all’ATSM, i detenuti “psichiatrici” finiscono per essere spesso allocati nelle sezioni comuni degli istituti ove sono presenti tali reparti, in totale promiscuità con la restante popolazione.
Inoltre, per le misure di sicurezza non detentive, che ben potrebbero -anzi, dovrebbero- essere valorizzate quale percorso alternativo al ricovero in REMS (istituto di cui spesso è stato denunciato l’utilizzo improprio, per il frequente “abuso” del ricorso alla non imputabilità anche per categorie diagnostiche che non la determinano, quali i disturbi della personalità), il trattamento viene realizzato unicamente in circuiti ordinari della salute mentale (ambulatoriali, semi-residenziali, residenziali), con una sovrapposizione dei piani del controllo e della cura non sempre adeguatamente gestibile ed elementi “costrittivi” che spesso inibiscono la libera scelta del paziente e la capacità di cura della equipe terapeutica.
SINTESI DELLE AUDIZIONI
La Commissione -come detto- ha provato a cercare un punto di equilibrio e di incontro tra le diverse esigenze rappresentate dai vari protagonisti dell’esperienza in esame, optando per il metodo della collaborazione che - a legislazione invariata - impegni gli stessi ad attuare strategie comuni e prassi utili a risolvere o, quantomeno, attenuare le criticità emerse.
Di qui la scelta di dare corso ad audizioni - tenutesi presso il Consiglio Superiore della Magistratura il 7 maggio e il 18 giugno 2024 - dei rappresentanti del DAP per il Ministero della Giustizia e del Ministero della Salute.
4.1. Dipartimento Amministrazione Penitenziaria
La seduta del 7.5.2024 è stata interamente dedicata all’audizione del dott. Giovanni Russo, Capo del DAP, onde ricevere ragguagli sulle elaborazioni sul tema REMS, alla luce delle interlocuzioni in corso tra Ministero, Sanità e DAP stesso. E’ emersa, anzitutto, la difficoltà del DAP ad ottenere dati aggiornati sulla capienza concreta delle strutture (attualmente 30), ai fini delle relative allocazioni. In breve, si è appreso che le Regioni non comunicano al DAP/MINISTERO “la totale o parziale occupazione dei posti letto”, non solo perché dato “riservato” al settore sanitario, ma anche perché non decisivo ai fini dell’utilizzabilità dell’eventuale posto libero, in quanto per ogni posto-letto occorre assicurare la corretta proporzione con il personale sanitario in forze (infermieri specializzati/ psichiatri/tecnici della riabilitazione etc.).
Tale dato introduce nella riflessione consiliare un elemento di indubbio rilievo, forse sin qui non adeguatamente considerato, ossia la “relativa” importanza del mero aumento dei posti, ove non accompagnato dagli indispensabili corollari logistici.
Il Dott. Russo, nel descrivere gli attuali moduli REMS (diffusi, ossia composti da piccole strutture con 2-4 posti letto; standard, con un massimo di 20 posti letto; polimodulari, ad es. Castiglione delle Stiviere, con pluralità di moduli da 20 posti letto ciascuno) ha ribadito, anche alla luce dell’avanzatissima esperienza trattamentale giordana, l’esigenza che, tanto il soggetto incapace di intendere/volere, quanto il detenuto psichiatrico siano “curati”, anziché “puniti”. Si è soffermato, poi, sulla tendenziale volontà del Ministero della Sanità di non farsi più carico di circa 180 soggetti psichiatrici sottoposti a misura di sicurezza detentiva, asseritamente incurabili, optando per il loro reinserimento nel circuito penitenziario.
Il Capo del DAP ha riferito dell’esistenza di un ufficio, in seno al DAP, a cui sono preposti 1 dirigente e 10 addetti, chiamato ogni giorno a compulsare le 30 REMS che insistono su tutto il territorio nazionale per verificare la disponibilità di posti per i c.d detenuti “sine titulo” (36 alla data del 7 maggio u.s.) che, avendo espiato la pena e dovendo essere sottoposti ad una misura di sicurezza, sono trattenuti in carcere; ai 36 “sine titulo”, si aggiungono poi i 677 c.d “liberi in attesa di internamento” (ma già destinatari di misura di sicurezza detentiva), dato questo che si pone in netto contrasto con i moniti della Corte Costituzionale, trattandosi di soggetti altamente pericolosi. Si apprende, altresì, che le liste d’attesa sono gestite dal sistema sanitario, solo da poco in coordinamento con il DAP.
Il Capo del DAP ha riferito altresì che, nonostante l’intervento della Corte Costituzionale risalente al 2022, non si sono registrati miglioramenti nel flusso di informazioni tra DAP e Sanità regionale; il DAP ha provato anche a ricorrere ai buoni uffici di AGENAS, affinché, come trustee, facesse da tramite con le strutture sanitare regionali, senza però ottenere risposta (il Dott. Russo ha parlato, eloquentemente, di “inespugnabilità del sistema sanitario”).
In assenza di poteri direttivi statali in materia (il Ministero della Giustizia può svolgere solo moral suasion), si stanno quindi elaborando - in seno alla Conferenza Stato-Regioni - alcune linee guida volte ad inquadrare l’autonomia regionale in questo ambito. Quanto all’istituzione di una cabina nazionale di esperti che valutino il reale bisogno dell’internamento in REMS ed al c.d doppio binario (integrazione dell’offerta curativa destinata al reo folle mediante il coordinamento con i servizi territoriali), il dott. Russo ha mostrato un certo scetticismo: a fronte di un fabbisogno di circa 1.400 posti letto, egli ritiene che, anche ad ammettere - per questa via - una scrematura del 25 % del fabbisogno complessivo, la scopertura resterebbe comunque enorme. Vede, dunque, con maggior favore la possibilità - in sede esecutiva - di un organismo centrale (validato dal Ministero, dalla Società Italiana di Psichiatria, etc.), che possa dare solidità e fondamento alla scelta, da parte del Magistrato di Sorveglianza, circa la misura da adottare e la struttura di accoglienza più idonea.
Accanto a ciò, viene vista con favore l’idea di realizzare un saldo collegamento tra le misure applicate e le varie realtà territoriali, nella prospettiva di un’inclusività (familiare e affettiva) dei soggetti ad esse sottoposti; egli ha anche apprezzato la possibilità che sia affidata al giudice della cognizione, dopo il giudicato, la diretta rivalutazione motu proprio del soggetto posto in misura, demandandone l’esame medico-legale ad un corpo centrale di esperti, anche ai fini della segmentazione delle REMS in varie tipologie, secondo quanto predicato dalla Corte Costituzionale. In questa fase egli auspica che vi sia il parere obbligatorio del PG/PM “…perchè è importante sentire anche la valutazione di chi ha sostenuto l’accusa, di chi può avere altri elementi di conoscenza collegati a fatti investigativi, etc.”.
Nel corso dell’audizione si è dato conto dell’esistenza di best practices, finalizzate ad attenuare la pericolosità dei c.d. liberi in attesa, ad es. attraverso il ricorso temporaneo alla libertà vigilata con prescrizioni “ben costruite”. Il dott. RUSSO, a questo riguardo ha ricordato la positiva esperienza veneta della detenzione domiciliare/libertà vigilata presso una casa di cura specializzata, quale rimedio alla mancanza di posti in REMS, secondo un modello che meriterebbe di essere validato a livello nazionale, mediante la creazione di strutture analoghe capaci di accogliere circa 10 persone per Regione, al costo di euro 100-150 pro die.
E’, altresì, emersa l’idea di una norma che imponga di procedere al riesame del “libero in attesa” decorso un certo tempo dalla definitività della misura applicatagli, come pure l’istituzione di un albo specializzato di psichiatri cui affidare, secondo le parole del Dott. Russo, una “super-consulenza”, volta a verificare l’effettiva necessità dell’internamento ovvero, la praticabilità di una diversa misura sanitaria idonea a garantire comunque la sicurezza; il tutto nella prospettiva di favorire forme di accoglienze diversificate.
Questi ha proposto che il riesame della pericolosità sociale avvenga dopo un anno dalla data di emissione del provvedimento, anche per le ipotesi di REMS già in esecuzione, mediante ricorso alla predetta super-commissione, onde evitare il rischio di una rilettura della misura in termini di ”ciclica amnistia di fatto” da parte della Sanità regionale; ha poi sollecitato l’intervento proattivo del CSM - mediante audizione del Ministero della Sanità - affinché si prenda definitivamente atto dell'attuale frammentazione del quadro normativo sotteso alla “gestione” delle misure di sicurezza (gestione sin qui concepita come una sorta di potere diffuso e concorrente su base nazionale e locale) e di come la stessa paralizzi -o comunque renda estremamente difficoltosa- la concreta attuazione delle misure stesse.
Nella prospettiva del DAP, tanto consentirebbe alla Corte Costituzionale, chiamata a breve a rivalutare la materia, di spingere il legislatore verso scelte più nette e maggiormente centralizzate; se l’attività consultiva del Consiglio Superiore della Magistratura riuscisse a fare da propulsore -riferisce il Dott. Russo- troverebbe solida sponda nel Ministero della giustizia.
4.2. Ministero della Salute e Ministero della Giustizia
Il 18 giugno 2024 ha fatto seguito l’audizione dei rappresentanti del Ministero della salute, nelle persone del dott. Marco Mattei, Capo di Gabinetto di quel Dicastero, del Prof. Siracusano e del Dott. Nicolo, rispettivamente Presidente e del Vicepresidente del Tavolo Tecnico sulla salute Mentale ivi costituito, e del Vicecapo di Gabinetto, cons. Ferrari.
L’audizione ed il confronto hanno confermato le note problematiche che affliggono le REMS: anzitutto l’inadeguatezza del numero dei posti-letto rispetto al fabbisogno realistico, individuato in 1.200 posti [1], aggravata peraltro da quello che viene descritto come un eccessivo ricorso alla misura detentiva; poi: lunghe liste d’attesa; criticità e ineffettività curativa dell’internamento nei casi di schietto disturbo della personalità; carenza di personale e generale diserzione dai relativi reclutamenti [2]; gravi criticità nelle garanzie di sicurezza per il personale (medico e non) ivi operante, posto che la pericolosità non viene meno per effetto del semplice ingresso del paziente in struttura. Detta analisi fattuale è stata ampiamente condivisa dagli esperti auditi, i quali ne hanno riconosciuta la centralità, rispetto ad ogni progetto di riforma.
Nel corso dell’incontro, è emersa una visione del fenomeno -per come elaborata del Ministero della Salute- tale per cui, ribadita l’extrema ratio del ricorso alla REMS, essa deve collocarsi in un più ampio, articolato e capiente sistema di servizi, che possa farsi carico del reo “folle”.
IL Dott. Giuseppe Nicolò ha prospettato l’istituzione di tre centri, inevitabilmente sottratti al principio di territorialità (nord, centro, sud), ciascuno con 80 posti, di cui almeno 4-5 per le donne[3], denominati UVAP, la cui sicurezza interna andrà affidata alla polizia penitenziaria[4], e destinati ad operare - su invio del magistrato [5]- come una sorta di “cabina di regia” ai fini della valutazione assistenziale e prognostica del soggetto, in relazione alla misura adottanda ( “Significa che il magistrato ha a disposizione, in breve tempo, un’unità in cui mandare il soggetto che viene ritenuto affetto da un qualche disturbo. In questa unità ci deve essere per forza la polizia penitenziaria perché deve essere ad alta sicurezza. Questa unità può dare solo suggerimenti al magistrato e al perito, quindi, non si sostituisce al perito, perché se curiamo una persona non possiamo fare i periti della stessa…”; si tratterebbe di “…un sistema che comunica bene con magistrato e perito. L'unità di valutazione di assessment e di prognosi, riferisce nel più breve tempo possibile al magistrato…” sulla necessità o meno della REMS).
Il Dott. Nicolò ha, quindi, introdotto il delicato tema dei c.d. antisociali soggetti afflitti da disturbi di personalità che non necessitano di presa in carico dai parte dei servizi sanitari, quanto piuttosto di contenimento; a tal proposito ha ricordato come “per gli antisociali tutta la letteratura dice che spendere soldi sanitari sono soldi buttati perché, fondamentalmente, hanno bisogno più di contenimento che di cura. Quindi, noi abbiamo immaginato dei luoghi, ove questi fossero ritenuti non imputabili o semi-infermi, che siano all'interno di strutture forti, probabilmente delle carceri, che abbiamo chiamato “strutture giudiziarie per l'esecuzione delle misure di sicurezza”. C'è una proposta che abbiamo rispolverato, fatta da Carlo Nordio, quando non era ancora ministro, che prevedeva per l'art.89 c.p. non il riconoscimento della semi-infermità ma l'attenuazione della pena. Comunque, il soggetto andava in carcere. Non è una cosa che abbiamo preso in considerazione perché lavorare sul codice è lavoro vostro, noi lavoriamo sugli aspetti sanitari, però noi pensiamo che queste persone, come succede in tutto il mondo, se vanno in una struttura del carcere, che può essere una sorta di comunità terapeutica ultra-protetta, in cui noi garantiamo come Dipartimento di salute mentale quel po' di assistenza sanitaria che necessita, risolviamo veramente grossi problemi e l'altra cosa che succede è che diminuiranno moltissimo le richieste di questi soggetti di infermità e di seminfermità perché sanno che andranno comunque in carcere.”
Dato il lamentato “abuso” del ricorso alla misura do sicurezza detentiva, si è poi affrontato il tema della formazione specifica dei periti medico-legali. Il Prof. Siracusano, Coordinatore del Tavolo tecnico sulla salute mentale, ha precisato, al riguardo, come “…una delle idee che noi abbiamo proposto è che seguissero tutti delle linee guida, così da rispondere alla stessa maniera; …omissis - abbiamo proposto proprio l'altro giorno al Capo di Gabinetto e anche al Ministro il fatto di cercare di costituire un corso fatto da Giustizia e Salute proprio su questo aspetto della perizia. Un corso ufficiale, che va studiato, perché il problema è proprio culturale”.
E’ stato quindi trattato anche il tema della c.d. filiera virtuosa, volta ad individuare con “appropriatezza” il trattamento da riservare al reo “folle”, sia esso detenuto o meno; è parere condiviso che di detta filiera, di cui le UVAP dovrebbero costituire un’articolazione centrale, debba far parte anche il giudice della cognizione, non potendo detta complessa tematica essere riservata alla sola magistratura di sorveglianza. Si è, quindi, ipotizzata la possibilità di elaborare “linee guida”, accanto alla nomina di consulenti appropriati già nella fase della cognizione, anche mediante la creazione di “… una banca dati incrociata con i dati … dei detenuti, dei detenuti malati di mente e dei vari gradi, insomma una banca dati che contenga tutte le informazioni, accessibile a tutti i protagonisti del sistema” (così la dott.ssa Ferrari, Vice Capo di Gabinetto Ministero della Salute)
Sempre in questa prospettiva, per così dire, “virtuosa”, si è posto l’accento sui DSM (Dipartimenti di Salute Mentale) ed è stata segnalata la necessità di studiare modalità per renderli più omogenei, mediante la elaborazione di linee guida che - con riferimento, in senso lato, al reo folle – suggeriscano indicazioni trattamentali omogenee ed efficaci, possibilmente non condizionate dalla situazione organizzativa locale. A tal riguardo, il dott. Nicolò’, Direttore di DSM – ha precisato che” …per l’applicazione della 22/2022 ci vuole qualcos’altro. Se il giudice (n.d.r. Costituzionale) ha detto che la REMS è una struttura che deve avere una conduzione prevalente giudiziaria…, omissis, tecnicamente noi dovremmo avere un organismo che coordini il sistema e che superi l'attuale frammentazione; questo, però, se non ho la filiera, veramente non ce la faccio. Vi garantisco che al mio cellulare, nel primo anno di REMS, tutte le notti c'era un giudice che mi minacciava di arrestarmi perché avevano l'abitudine di fermare la persona e portarla in OPG e io dicevo: “Guardi che non funziona così, non abbiamo il posto”, perché non potevamo fare soprannumero. Questa era la situazione. Adesso la collaborazione è a 360 gradi, però ci sono anche alcuni dipartimenti che non hanno più personale e hanno difficoltà poi a collocare le persone”
LE PROPOSTE
In estrema sintesi, anche alla luce di quanto emerso dal confronto “indiretto” tra Ministero della Giustizia e Ministero della Salute in esito alle disposte audizioni, le esigenze prioritarie che sembrano profilarsi attengono essenzialmente a:
- implementazione dei posti disponibili presso le strutture destinate a R.E.M.S. di circa 700 unità, corrispondenti al fabbisogno stimato per ridurre le liste di attesa, salvaguardando tendenzialmente il principio di territorialità della misura
- costituzione di un osservatorio per il monitoraggio dei dati ed istituzione di un albo specializzato di periti del Giudice (consulenti del P.M.) appositamente formati per valutare la capacità di intendere e di volere e la pericolosità sociale del soggetto
- individuazione di meccanismi operativi che consentano un efficace scambio interistituzionale tra servizi sanitari e magistratura, in modo da consentire all’A.G. di intervenire celermente per rivalutare i profili di rilievo, eventualmente modificando la misura di sicurezza applicata, qualora l’osservazione clinica svolta dagli operatori sanitari dia conto di discrasie e divergenze rispetto alle valutazioni già effettuate, sia con riferimento alla capacità di intendere e di volere, che in relazione alla pericolosità sociale
- potenziamento delle sezioni ATSM all'interno degli istituti penitenziari e realizzazione di apposite sezioni specialistiche psichiatriche per soggetti tossicodipendenti con comorbiltà
- individuazione di un “doppio” circuito che distingua tra pazienti stabilizzati che possano seguire un percorso di riabilitazione psichiatrica finalizzato ad un prossimo reinserimento sociale e soggetti con un profilo di pericolosità bisognoso di contenimento, da gestire in strutture di alta sicurezza (le ipotizzate tre REMS Nord – Centro – Sud) ove accordare prevalenza al profilo custodiale
- ricognizione delle strutture psichiatriche presenti sul territorio con setting assistenziali differenziati per pazienti ordinari e pazienti “autori di reato”
- Sollecito intervento del Legislatore alò fine di riconoscere al Ministero della giustizia
la gestione delle R.E.M.S., in leale cooperazione con le restanti figure istituzionali
via via coinvolte secondo le indicazione della Corte Costituzionale sentenza n. 22/2022
[1] Così Giuseppe Nicolo: “Storicamente in Italia abbiamo avuto un'oscillazione tra 1.260 e 1.360 posti come indice di prevalenza negli OPG. Abbiamo avuto 600 posti letto in OPG prima dell'abolizione dei manicomi. Dopo l'abolizione dei manicomi, per ovvie ragioni, perché i manicomi, ovviamente, contenevano molto di più di quanto può contenere un territorio, fondamentalmente il numero di posti letto è stato stabilmente in Italia sui 1.200 posti letto. Quindi, l'esigenza è un indicatore di prevalenza e si è mantenuto costante. Secondo me, non si può comprimere con una legge, cioè non si può dire che ne dobbiamo avere di meno. Questa è più o meno l'esigenza rappresentata.”
[2] “nell'ultimo concorso su 120 persone, a 80 persone è stata proposta o la REMS o niente e 80 persone hanno rifiutato “: così, ancora, il Dott. Giuseppe Nicolo, in audizione.
[3] Così ancora il dott. Nicolò: “L’UVAP non ce la facciamo a farla territoriale. Il Friuli non ha le REMS, l’Umbria non ha le REMS, la Sicilia ne ha una sola con 250 persone in lista d’attesa e sarei curioso di sapere chi sono perché sono un po’ tante. La Calabria ha una sola REMS. La Regione Liguria, per esempio, ospita quelli che non trovano posto in altre regioni”.
[4] Riferisce il dott. Nicolò: “Il maggior costo delle REMS in Italia, in questo momento, non è il personale, è la vigilanza. Io spendo più di vigilanza che di personale. Spendo un milione e mezzo di vigilanza e 900 mila euro di personale. Ho copiato dal sistema più avanzato che c'è al mondo, che è quello dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Madison in Canada, e registriamo tutti i giorni gli atti violenti di ogni persona in modo che al magistrato quando ce lo chiede, non diamo una valutazione medico-legale, diamo il numero di atti violenti. Noi abbiamo avuto in nove anni, quattordici atti che hanno costituito pericolo di vita per gli operatori. Sono tanti. Io penso che non sia accettabile per un professionista andare a lavorare a rischio. Non si verifica sempre, ma quando si verifica le assicuro che ci sono persone che smettono di venire a lavorare da noi.”
[5] G. NICOLO’ “Nella fase di cognizione il magistrato deve capire se il soggetto è capace o incapace, quindi può mandarlo in UVAP, predisporre la perizia anche successivamente all'invio in UVAP o poco prima, lo deciderà il magistrato nella sua assoluta autonomia. L'UVAP dice al magistrato: “Questo è un paziente che…”. Ad esempio, noi stiamo seguendo un ragazzo di 18 anni, che sta veramente benissimo, che ha decapitato la madre; è stato un anno in carcere perché non c'era posto in REMS. Pericolosissimo, gravemente schizofrenico, ma è un ragazzo malato, non è un delinquente, è un poveretto che era convinto che la madre fosse il demonio e l'ha decapitata. Una cosa drammatica, terrificante, però quel ragazzo ha necessità delle nostre cure. Non chiedo né polizia penitenziaria né altro, chiedo soltanto di poterlo curare e lo curiamo bene in REMS perché, se curato non è un soggetto pericoloso. Valuto questo soggetto nell'UVAP e capisco che è un paziente psichiatrico grave: va direttamente in REMS. Quindi contatto la REMS di riferimento territoriale, però avendo introdotto 240 posti, avendo aumentato l'appropriatezza, noi ci aspettiamo che i numeri inizino a diventare gestibili perché il problema vero è aumentare l'appropriatezza.”