Non punibile il vilipendio dell’ordine giudiziario. Vox populi?
di Rosario Russo
Il 14 febbraio 2016, nel corso di un’affollata riunione di partito (mandata in onda dal TG1), l’Onorevole Sempronio proclamò: «Qualcuno usa gli stronzi che mal amministrano la giustizia. Difenderò qualunque leghista che venga indagato da quella schifezza che è la magistratura italiana che è un cancro da estirpare».
Pochi giorni fa, il Giudice torinese ha dichiarato non punibile tale condotta di Sempronio, imputato del reato di cui all’art. 290 c.p. (delitto sanzionato con pena esclusivamente pecuniaria), ai sensi dell’art. 131 bis c.p. Questa esimente dalla sanzione penale consiste in una fattispecie composita. Non solo è richiesto che, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa sia tenue, ma occorre che sia anche particolarmente tenue, cioè di scarsissima intensità. Il che comporta che l’esimente non possa applicarsi, e debba emettersi condanna, se l’offesa (nella specie il vilipendio dell’ordine giudiziario) non sia particolarmente tenue ovvero sia addirittura non tenue, rivelandosi invece grave.
Nonostante l’inerzia dovuta al pensionamento, mi è venuto il ghiribizzo di chiedermi quale espressione oltraggiosa, oggettivamente più grave di quella profferita da Sempronio, avrebbe potuto integrare il reato di vilipendio in danno dell’Ordine giudiziario, senza esentare da pena il colpevole.
Pur non essendo un esperto in contumelie, ho scartato subito quelle offese assai comuni che, riguardando l’onestà e la moralità dei parenti o del coniuge della persona, suonerebbero soltanto ridicole (e quindi oggettivamente inidonee all’offesa) se profferite nei confronti di un ‘Ordine’, per giunta giudiziario.
Ho quindi intrapreso una lotta filologica con il lessico della nostra lingua per rinvenire predicati o aggettivi più affilati e insolenti di quelli adottati da Sempronio e, in questa direzione, ho dovuto constatare intanto che:
-‘stronzo’ [«massa fecale solida di forma cilindrica»: Vocabolario Treccani]: ha un’ampia rete di significati allusivi e spregiativi, tra cui vigliacco, canaglia, carogna, infame, disonesto, malfido, sleale; i linguisti registrano anche un uso scherzoso del termine tra vecchi amici, ma con tutta la buona volontà non è consentito individuare trasporti amicali nell’espressione di Sempronio;
-‘schifezza’: in perfetta sintonia con il precedente lemma, indica la sensazione assai spiacevole e addirittura disgustosa, nauseante e ripugnate di chiunque abbia a che fare con l’Ordine giudiziario, siccome precedentemente non a caso qualificato;
-‘cancro’: qui non è un segno zodiacale, ma una neoplasia o un tumore maligno; in senso figurato rappresenta il male assoluto, che comporta l’annientamento se non venga precocemente e vittoriosamente ‘estirpato’.
Confesso che la mia sfida linguistica non ha avuto successo, perché non sono riuscito ad individuare offese più gravi di quelle adoperate da Sempronio, perciò tali da sottrarsi in teoria alla menzionata causa di non punibilità.
Ho dovuto concludere che, se passi in giudicato la decisione torinese (di cui leggeremo con attenzione la motivazione), il reato di vilipendio dell’ordine giudiziario sarebbe sempre non punibile o – detto in altri termini – che la magistratura sarebbe impunemente esposta a qualunque forma di vilipendio. E, poiché l’Ordine giudiziario non ha soggettività giuridica esterna, l’autore del vilipendio sarebbe praticamente esente anche da responsabilità civile (art. 651 bis c.p.p.).
Mi sono anche chiesto quanto abbia inciso sulla decisione torinese la situazione di degrado in cui da un paio d’anni versa – soprattutto a seguito dello scandalo delle «toghe sporche» - l’istituzione giudiziaria.
La risposta non era e non è rassicurante (cfr. R. RUSSO, Giustizia è sfatta. Appunti per un accorato necrologio, 8 gennaio 2020, in Judicium.it).
Mi terrorizza infine un ultimo drammatico dubbio: e se il Giudice torinese avesse inteso, se pure inconsciamente, interpretare la vox populi?
Una ragione in più per leggere la motivazione della decisione, meditare e soprattutto rimediare, se ...siamo ancora in tempo.