Le Università italiane oggi sono chiamate a svolgere il compito difficile ma quantomai urgente di modernizzare i propri corsi di laurea per stare al passo con i tempi. Tale necessità muove dal confronto con il mondo del lavoro, che richiede neolaureati con abilità e competenze tecniche, ma anche con l’Europa che da anni propugna un adeguamento degli standard formativi.
Per soddisfare le suscitate richieste, occorre modificare sostanzialmente l’offerta formativa, accogliere una maggiore internazionalizzazione degli studi, l’apprendimento digitale e nuove forme di didattica. E se vi è un percorso di laurea che più di tutti risente dell’opportunità di un ripensamento, questo è certamente quello in Giurisprudenza.
Gli ultimi quindici anni di storia del mondo del lavoro e, più genericamente, di quello economico e sociale hanno vissuto – in un lasso di tempo brevissimo – trasformazioni epocali che necessitano di un costante e continuo aggiornamento. L’attuale percorso di studi della LMG/01 è, sotto molteplici punti di vista, inadeguato nel preparare gli studenti ad affrontare le sfide dell’universo lavorativo post – laurea. Non è pensabile che un giovane dottore in Giurisprudenza, indipendentemente dalla carriera che voglia intraprendere, non abbia mai visto un’aula di tribunale o una cancelleria, o che non abbia mai redatto un atto giudiziario. È altrettanto impensabile che un dottore in Giurisprudenza, oggi più che mai “nativo digitale”, non conosca materie sempre più diffuse quali il legal english, GDPR, blockchain e smart contracts.
La facoltà di Giurisprudenza presentandosi “scollata” dalla realtà subisce nettamente il contraccolpo delle altre facoltà pronte a recepire le sfide del mercato.
Non è una novità, anzi è un dato noto, come il percorso di laurea in Giurisprudenza mostri un appeal certamente inferiore rispetto a qualche decennio fa. Oggi i giovani percepiscono più gli svantaggi che le soddisfazioni nell’intraprendere una carriera da giurista: gli alti costi della libera professione, la concorrenza spietata, etc. Al contrario, vi sono facoltà che registrano un’impennata di matricole, soprattutto se sono a numero programmato: ingegneria, medicina, le quali sono in grado di offrire la possibilità di ottenere un lavoro sicuro, tutelato, remunerativo e soprattutto all’avanguardia.
Il pericolo è quello che sempre più giovani con maggiori capacità e più forte determinazione si orientino verso strade che queste facoltà sono in grado di offrire anziché quelle connesse all’aerea economico – giuridica. Le conseguenze non sono lontane da immaginare: minori iscrizioni comportano minori entrate economiche per le casse dell’Università, ma spostandosi dal perimetro accademico e rivolgendo lo sguardo alla professione, si riverberano in un calo di iscritti all’albo degli Avvocati, minando all’effettività della tutela previdenziale, alla tutela giurisdizionale del cittadino e alla tutela dei valori della professione forense.
L’Associazione Italiana Giovani Avvocati – AIGA – che tra i suoi obiettivi si propone proprio quello di “agevolare l’accesso alla professione forense” si è posta la domanda di come poter riportare i diplomati a scegliere il percorso di laurea in Giurisprudenza ed arginare i rischi di una c.d. “fuga di cervelli”.
La risposta non può che passare attraverso una profonda riorganizzazione dell’intero percorso accademico. Occorre infatti riavvicinare il mondo universitario a quello professionale, aiutando gli studenti a capire che cosa succederà una volta ottenuto il diploma di laurea, quali sono le c.d. soft skills che uno studente deve avere acquisito per poter essere competitivo e al tempo stesso attraente nel mercato del lavoro, quali sono i ruoli che potrà andare a rivestire.
Infatti, la capacità di scegliere il giusto percorso da intraprendere spesso non matura neppure dopo il completamento degli studi. Per questo appare necessario che l’Accademia offra allo studente gli elementi pratici e concreti di quanti più possibili sbocchi professionali. Bene da questo punto di vista il rinnovo della Convenzione quadro tra il Consiglio Nazionale Forense e la Conferenza Nazionale dei Direttori di Giurisprudenza e Scienze Giuridiche avente ad oggetto lo svolgimento anticipato di un semestre di tirocinio per l’accesso alla professione forense. In tal modo è consentito allo studente in regola con lo svolgimento degli esami di profitto dei primi quattro anni del corso di laurea purché abbia ottenuto crediti nei settori scientifico-disciplinari più importanti (diritto privato, diritto processuale civile, diritto penale, diritto processuale penale, diritto amministrativo, diritto costituzionale, diritto dell’Unione Europea) di chiedere di essere ammesso all’anticipazione di un semestre di tirocinio in costanza degli studi universitari e prima del conseguimento del diploma di laurea. La previsione di poter anticipare la pratica forense garantisce il raggiungimento di una duplice finalità: quella di accelerare l’entrata nel mercato del mercato del lavoro da parte dello studente e quella di permettere allo stesso di avere un reale contatto con l’attività professionale già durante il percorso di studi.
Questi tirocini hanno finora dato feedback positivi, mostrando come l’approccio pratico sia la carta vincente. Per questo motivo, AIGA ha elaborato una proposta di riforma del percorso universitario che ha come scopo quello di costruire un percorso di studi “orientato” che, attraverso un approccio pratico multiprofessionale, sia in grado di fornire a ciascun studente gli elementi conoscitivi necessari a scegliere l’ambito lavorativo più adatto alle proprie inclinazioni ed agli effettivi sbocchi del mercato.
In particolare, si potrebbero introdurre per ogni anno a partire dal secondo dei tirocini curriculari obbligatori presso studi legali, uffici giudiziari, studi notarili, enti pubblici, aziende, tribunali. La conoscenza di questi diversi settori consentirebbe allo studente di affinare le proprie competenze interdisciplinari, riuscendo poi nella carriera futura ad immedesimarsi anche nelle altre figure professionali.
Non solo, si potrebbe prevedere una redistribuzione dei crediti formativi attraverso l’inserimento di materie altamente professionalizzanti e specifiche (come il diritto tributario, il diritto commerciale internazionale, l’informatica giuridica): tale redistribuzione non può e non deve servire esclusivamente ad aggiungere nuovi testi da imparare a memoria. Si ritiene necessaria un’applicazione pratica, con l’ausilio anche di casistica già esistente, attraverso ad esempio dei simposi (anche multidisciplinari ed obbligatori), per far sì che venga già assimilata una forma mentis tecnico – giuridica dagli studenti ed una capacità critica rivolta a ciò che accade quotidianamente nel mondo del diritto.
È da tenere conto inoltre che le gravi carenze del percorso universitario, troppo ancorato a studi teorici, sono emerse con forza all’esito della correzione degli scritti al concorso in magistratura. In tale circostanza si è elevato il coro dei critici evidenziando che all’esito del percorso di laurea in giurisprudenza gravi sono le difficoltà che la maggior parte dei candidati affronta per le prove scritte. Eppure la giurisdizione si caratterizza e si esercita attraverso provvedimenti scritti, ordinanze, sentenze, decreti. Non distante da ciò sono i risultati riscontrati in sede di abilitazione alla professione forense, ove all’epoca della vigenza delle tre prove scritte emergevano gravi carenze nella scrittura e nell’articolazione logica di un discorso giuridico o di una strategia processuale e che oggi nella vigenza del c.d. “doppio orale” fanno trasparire la mancanza di correttezza della forma espositiva, anche sotto il profilo grammaticale e sintattico e di padronanza nell’uso del linguaggio giuridico. Diventa fondamentale perciò abbinare, sin dal primo anno, la frequenza obbligatoria di corsi di scrittura giuridica, così da consentire allo studente di acquisire la chiarezza, logicità, completezza e sinteticità richieste in sede di accesso alle varie professioni successive al percorso di laurea.
Ma la novità più rilevante sarebbe quella di programmare un percorso biennale obbligatorio di “orientamento professionale” con insegnamenti dedicati e specifici: avvocatura, avvocatura d’impresa, magistratura, notariato. L’indirizzo avvocatura ad esempio potrebbe concentrare insegnamenti di tipo pratico relativi alla redazione di atti giudiziari, l’approfondimento delle materie procedurali, la conoscenza del legal english, lezioni di deontologia. Questo percorso dovrebbe affiancarsi a quello tradizionale per materie generalmente presente nell’attuale piano di studi, non diventarne alternativo, così da aumentare la competitività e le abilità dello studente.
L’idea del percorso c.d. orientato rappresenta un’applicazione concreta di ciò che viene indicato negli “Standards and Guidelines for Quality Assurance in the European Higher Education Area (ESG)[1]” del 2015, per cui “Le Istituzioni garantiscono che i corsi di studio siano erogati in modo da incoraggiare gli studenti ad assumere un ruolo attivo nello sviluppo del processo di apprendimento e che la verifica del profitto degli studenti rifletta tale approccio”. In particolare poi le Linee Guida chiariscono che “un approccio all’apprendimento e all’insegnamento incentrato sullo studente contribuisce in maniera sostanziale a stimolare la motivazione, l’auto-riflessione ed il coinvolgimento degli studenti nel processo di apprendimento”, per cui prima di tutto “rispetta la diversità degli studenti e delle loro esigenze, consentendo percorsi flessibili di apprendimento”.
Infine, risulta necessaria la creazione di un canale di collegamento fisso tra gli ordini territoriali e le Università, garantendo la possibilità agli ordini professionali di concordare i piani didattici, anticipando di fatto le materie affrontate durante le Scuole Forensi già a livello universitario. Il beneficio sarebbe duplice: da un lato il neolaureato acquisirebbe già una base di competenze tecnico – pratiche da poter spendere fin dall’inizio e dall’altro, attraverso la costituzione di convezioni con gli studi legali territoriali, quest’ultimi sarebbero in grado di attingere da un bacino circoscritto di neolaureati con un percorso specifico rivolto alla pratica forense.
Questa è l’idea di riforma del percorso di laurea in Giurisprudenza secondo AIGA che nasce dall’ascolto delle esigenze degli studenti con l’obiettivo di porre al centro della formazione il criterio del merito. Un piccolo grande passo da abbinare alla riforma delle Scuole Forensi e dell’esame di abilitazione, per giungere ad una riforma dell’intero accesso alla professione forense.
[1] Gli ESG sono un insieme di standard e di linee guida per l’assicurazione interna ed esterna della qualità nell’istruzione superiore. Gli ESG si applicano a tutta l’istruzione superiore offerta nell’EHEA (Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore), indipendentemente dalle modalità di studio o dal luogo di erogazione. In questo documento, il termine “corso di studio” si riferisce all’istruzione superiore in senso lato, inclusa quella che non prevede il conseguimento di un titolo formale.