La decorrenza del termine di impugnazione degli atti di gara.
La vexata quaestio alla luce della nuova disciplina del codice dei contratti (commento a Cons. di Stato, Sez. V, 18 ottobre 2024, n. 8352)
Sommario: 1. Premessa. – 2. Una breve ricostruzione della vicenda procedimentale e processuale del caso di specie. – 3. Il quadro normativo previgente e il dibattito giurisprudenziale sulla decorrenza del termine di impugnazione. – 4. L’impostazione dell’Adunanza plenaria n. 12/2020 sulla necessaria conoscenza della motivazione. – 5. Le modifiche normative apportate dal “nuovo” codice dei contratti pubblici sulla decorrenza del termine. – 6. La nuova disciplina dell’accesso agli atti di gara nel d.lgs. n. 36/2023. – 7. Le richieste di oscuramento dei segreti tecnico-commerciali e il nuovo giudizio “super accelerato”. – 8. La rilevanza della sentenza in commento nell’applicazione del mutato contesto normativo. – 9. Alcune brevi considerazioni conclusive.
1. Premessa
La sentenza in commento costituisce uno degli ultimi approdi giurisprudenziali sulla dibattuta problematica del dies a quoper l’impugnativa degli atti di gara[1].
La tenuta dell’impostazione delineata dall’Adunanza plenaria n. 12/2020[2] e confermata da diverse sentenze successive[3], infatti, va verificata alla luce delle sopravvenienze normativa connesse all’introduzione del “nuovo” codice dei contratti pubblici, che ha profondamente innovato anche la disciplina dell’accesso agli atti di gara[4]. Le prime applicazioni giurisprudenziali della nuova normativa sembravano aver compresso l’accessibilità alla tutela giurisdizionale entro termini temporali più stringenti[5]. La pronuncia del Consiglio di Stato oggetto del presente contributo, invece, riconnette il termine per impugnare l’aggiudicazione in maniera più salda al momento in cui il soggetto è in grado di conoscere le valutazioni che stanno alla base dell’aggiudicazione[6].
Anticipando parziariamente le conclusioni che ci riserva di argomentare più diffusamente nel prosieguo, nell’evidenza del fatto che tale mutato contesto normativo non sia stato in grado di porre fine ai dubbi interpretativi relativi ad un’individuazione certa del momento in cui decorre il termine decadenziale per l’impugnativa dell’esito di una gara, sembra però che la soluzione adottata dal Consiglio di Stato sia idonea a garantire un’adeguata accessibilità ed effettività della tutela in un settore particolarmente sensibile come quello degli appalti pubblici.
2. Una breve ricostruzione della vicenda procedimentale e processuale del caso di specie
La vicenda procedimentale da cui origina la presente controversia riguarda una gara avente ad oggetto la conclusione di un accordo quadro per l’affidamento dei lavori concernenti la realizzazione di camerette e la sostituzione di condotte nel territorio della Regione Basilicata, prevedente il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Nella presente vicenda gli snodi temporali rilevanti ai fini del computo dei termini per l’impugnazione sono i seguenti: il 17 novembre è stata pubblicata l’aggiudicazione sulla piattaforma telematica di negoziazione; in data 24 novembre (sette giorni dopo) un operatore economico, non risultante aggiudicatario, formulava istanza di accesso agli atti; in data 6 dicembre la stazione appaltante (entro i quindici giorni dall’istanza d’accesso) aveva comunicato alla richiedente di aver notificato l’istanza ostensiva ai controinteressati, allo scopo di consentire loro di manifestare un’eventuale opposizione; in data 21 dicembre la stazione appaltante riscontrava detta istanza con l’ostensione della documentazione richiesta (ventisette giorni dopo la richiesta); l’operatore economico, ricevuta ed esaminata la documentazione richiesta, decideva di presentare ricorso al T.A.R. Basilicata, notificando lo stesso in data 22 gennaio 2024 (il cinquantanovesimo giorno dalla pubblicazione dell’aggiudicazione, ma entro il trentesimo giorno dall’ostensione documentale, calcolando la scadenza di sabato postergata al lunedì).
L’adito tribunale ha dichiarato l’irricevibilità dell’impugnativa sostenendo che la notificazione del ricorso era ben successiva ai trenta giorni di rito decorrenti dalla data della comunicazione dell’esito della gara[7]. Nell’impostazione del giudice di primo grado, la tardività del ricorso emergerebbe anche nel caso in cui si volesse “neutralizzare” il tempo impiegato dalla stazione appaltante a rendere disponibili gli ulteriori documenti richiesti con istanza di accesso. Infatti, se è pur vero che la proposizione di istanza ostensiva possa comportare la “dilazione temporale” di tale termine quando, come in questo caso, i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario, è altrettanto indubitabile che l’ampio lasso temporale (di sette giorni) impiegato dalla parte ricorrente per proporre la domanda medesima non può che essere computato nei trenta giorni di rito, anche in ossequio al principio di “autoresponsabilità” che impone ai concorrenti di adempiere a precisi obblighi di correttezza nel rapporto con l’ente aggiudicatore[8].
La sentenza in commento ha ad oggetto l’appello avverso detta pronuncia di irricevibilità. Parte appellante denuncia l’errore commesso dal T.A.R. Basilicata nel dichiarare irricevibile il ricorso, in quanto proposto oltre il termine di trenta giorni dalla data della pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione. Il giudice di prime cure, infatti, non avrebbe tenuto conto del mancato rispetto, da parte della stazione appaltante, del termine di quindici giorni (previsto dall’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, applicabile ratione temporis) per l’ostensione degli atti di gara oggetto della richiesta di accesso formulata, invece, dall’odierna appellante, entro i quindici giorni dalla pubblicazione del suddetto provvedimento di aggiudicazione. Nell’impostazione dell’appellante il giudice di prime cure avrebbe dovuto fare applicazione del principio in base al quale, qualora la stazione appaltante abbia ritardato a rendere conoscibili gli atti richiesti, il termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso rimane del tutto integro e inizia a decorrere dalla data di effettiva ostensione degli stessi, operando, in questo caso, non già il meccanismo della “dilazione temporale”, bensì quello della “concessione di un nuovo termine” di trenta giorni, da calcolarsi (per intero) a decorrere dal momento dell’effettiva messa a disposizione della documentazione.
3. Il quadro normativo previgente e il dibattito giurisprudenziale sulla decorrenza del termine di impugnazione
Prima di analizzare il portato della decisione in commento, pare opportuno fornire le essenziali coordinate legislative e giurisprudenziali relative alla problematica individuazione del dies a quo per l’impugnativa degli esiti delle procedure di gara. Il quadro normativo di riferimento va individuato sia nelle diposizioni del codice del processo amministrativo sui termini per l’impugnazione dettate in materia di appalti, che in quelle del codice dei contratti pubblici, ove sono previsti particolari termini per l’ostensione dei documenti e per la pubblicazione di alcune informazioni di gara[9].
Se anteriormente all’adozione del codice del processo amministrativo la giurisprudenza faceva decorrere il termine per l’impugnazione fin dal momento in cui l’interessato veniva a conoscenza dell’aggiudicazione pur non conoscendone le motivazioni[10], con l’art. 120 c.p.a., prevedente un rito speciale per le controversie relative alle procedure di affidamento dei contratti pubblici[11], viene stabilito un termine breve di trenta giorni per l’impugnazione degli atti di gara, decorrenti dalla ricezione della comunicazione prevista dall’art. 79 dell’allora vigente d.lgs. n. 163/2006[12].
Il fatto che, nella prassi, le pubbliche amministrazioni spesso si limitassero a comunicare l’aggiudicazione senza le motivazioni a corredo della stessa ha ingenerato le prime problematiche interpretative sulla corretta interpretazione del relativo dies a quo. In questi casi ci si domandava se il termine dovesse decorrere dalla comunicazione dell’aggiudicazione o dall’ostensione delle motivazioni. Sul punto la giurisprudenza prevalente consentiva un incremento del termine di impugnazione dei provvedimenti di aggiudicazione con l’aggiunta dei giorni necessari per ottenere l’accesso agli atti (nel limite massimo dieci giorni) ai sensi dell’art. 79, comma 5-quater, d.lgs. n. 163/2006[13].
Le incertezze interpretative sul punto non vengono risolte dall’entrata in vigore del codice del 2016 (d.lgs. n. 50/2016) che, invece di chiarire la situazione, ha introdotto ulteriori dubbi ermeneutici. Infatti, da una parte l’art. 79, d.lgs. n. 163/2006 veniva sostituito (solo in parte) dall’art. 76, d.lgs. n. 50/2016 e, dall’altra, l’art. 120 c.p.a. non veniva modificato in tal senso, continuando a richiamare il vecchio (e abrogato) art. 79, d.lgs. n. 163/2006.
Con riferimento a tale mutato quadro normativo la giurisprudenza prevalente ha operato un’interpretazione di tipo “adeguatrice”, consentendo un “rinvio mobile” (peraltro, in senso atecnico, trattandosi di norma con contenuti in parte diversi) per effetto del quale il termine per l’impugnazione andava aumentato dei giorni necessari per ottenere l’accesso agli atti, con un tetto massimo di quindici giorni (tetto incrementato dalla formulazione dell’art. 76, d.lgs. n. 50/2016)[14].
Questo orientamento è stato sostanzialmente avallato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia che ha affermato la compatibilità con il diritto europeo della disciplina processuale nazionale che imponeva la immediata impugnazione, entro un termine decadenziale, delle ammissioni ed esclusioni dalle procedure di gara (ex art. 120, comma 2-bis, c.p.a., ora abrogato) a condizione che tali provvedimenti fossero conosciuti o conoscibili dagli interessati, in modo che gli stessi potessero apprezzarne gli eventuali profili di illegittimità[15]. Come ricorda attenta dottrina, infatti, nella materia dei contratti pubblici, la tematica del dies a quo per l’impugnazione è stata affrontata nella direttiva 2007/66, secondo la quale il termine per ricorrere dovrà essere computato dalla notifica del provvedimento e delle ragioni che ne sono alla base ai soggetti interessati, in modo che questi ne possano percepire l’ingiustizia e la lesività[16].
La persistenza di questo contrasto giurisprudenziale ha portato la Sezione V del Consiglio di Stato a deferire la questione all’Adunanza plenaria[17].
4. L’impostazione dell’Adunanza plenaria n. 12/2020 sulla necessaria conoscenza della motivazione
Sul delineato contrasto giurisprudenziale, nel previgente impianto normativo del 2016, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha stabilito importanti principi in materia, tutt’ora seguiti dalla più recente giurisprudenza[18]. La Plenaria, compiendo preliminarmente un’ampia opera di ricostruzione sistematica sul tema e segnalando al Governo la necessità di un sollecito intervento legislativo, ha sostanzialmente affermato la necessità di conoscere le motivazioni del provvedimento ai fini del decorso del termine di impugnazione, andando a sposare quell’orientamento maggiormente garantista e aderente alla normativa (e alla giurisprudenza) eurounitaria.
Volendo riassumere il contenuto della sentenza per punti, si può dire che: a) in primis, il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione deve decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara; b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76, d.lgs. n. 50/2016, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale; c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la “dilazione temporale” quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario; d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29, d.lgs. n. 50/2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione; e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione le forme di comunicazione e di pubblicità dell’atto di aggiudicazione individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati[19].
Dall’enucleazione dei succitati principi di diritto si evince come la decorrenza del termine dipende dalle seguenti circostanze: in primis, dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, ai sensi dell’art. 29, comma 1 (ultima parte), d.lgs. n. 50/2016; in secondo luogo, dall’acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all’art. 76, d.lgs. n. 50/2016, ma solo a condizione che “consentano di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati o per accertarne altri”, così da permettere la presentazione non solo dei motivi aggiunti, ma anche del ricorso principale; infine, dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate dagli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara “purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati”.
Nel solco dei principi tracciati dall’Adunanza plenaria, la giurisprudenza successiva ha approfondito le diverse ipotesi di decorrenza del termine qualora la “piena” conoscenza dei motivi alla base dell’aggiudicazione consegua all’istanza di accesso dell’operatore economico, in difetto di una compiuta allegazione da parte della stazione appaltante di tutte le informazioni a ciò necessarie[20].
La dilazione temporale opera solo se l’istanza di accesso è tempestiva, ossia se la stessa è formulata entro quindici giorni dalla comunicazione o dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione. In tal caso il ricorso deve essere proposto entro il termine massimo di quarantacinque giorni dalla comunicazione o dalla pubblicazione dell’aggiudicazione[21].
Se, invece, la richiesta di accesso è tardiva, ossia successiva al quindicesimo giorno dalla pubblicazione o dalla comunicazione dell’aggiudicazione, non opera a favore del ricorrente la succitata “dilazione temporale”, in ragione del canone di “autoresponsabilità” dell’operatore economico e della correlata necessità di evitare che il termine di impugnazione possa rimanere aperto o modulato ad libitum[22].
Nel caso in cui, infine, sia la stazione appaltante a non dare puntuale riscontro alla tempestiva istanza di accesso, ovvero la evada successivamente al termine di quindici giorni dalla ricezione, il termine per impugnare (trattandosi di vizi conoscibili solo in esito all’accesso) non inizia a decorrere se non dal momento dell’ostensione della documentazione richiesta. In tal caso, più che di vera e propria “dilazione temporale” si ha un’autonoma e nuova decorrenza del termine a partire dal momento nel quale viene esibita la documentazione[23].
5. Le modifiche normative apportate dal “nuovo” codice dei contratti pubblici sulla decorrenza del termine
Con l’introduzione del vigente codice de contratti il quadro normativo relativo all’individuazione del termine di decorrenza per l’impugnativa degli atti di gara ha subito una significativa rimodulazione. Gli artt. 53 e 76 del d.lgs. n. 50/2016, infatti, lasciano il posto agli artt. 35, 36 e 90 del d.lgs. n. 36/2023, senza però che vi sia una significativa continuità tra gli stessi.
Si è visto come il previgente art. 76, d.lgs. n. 50/2016 prevedeva la possibilità per l’operatore economico che fosse stato escluso o che non fosse risultato aggiudicatario di chiedere la documentazione dalla quale evincere la scelta (a lui sfavorevole) della stazione appaltante, la quale doveva provvedere alla relativa ostensione entro il termine di quindici giorni. Tale facoltà di era il pilastro sulla quale si fondava la “dilazione temporale” del termine di impugnazione, possibilità confermata dalla decisione della Plenaria n. 12/2020. La mancata riproposizione di detta norma nel codice dei contratti vigente, pertanto, ha posto (e pone) dei seri interrogativi sulla possibile tenuta del sistema di differimento del dies a quo per l’impugnazione.
Inoltre, come ci ricorda la sentenza in commento, l’art. 209, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 36/2023 ha anche riscritto parte dell’art. 120 c.p.a., che disciplina i giudizi aventi a oggetto le controversie relative alle procedure di affidamento dei contratti pubblici. In particolare, il comma 2 dell’art. 120 c.p.a. attualmente prevede che “Il termine decorre, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 90 del codice dei contratti pubblici […] oppure dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione ai sensi dell’articolo 36, commi 1 e 2, del medesimo codice dei contratti pubblici”[24]. La disposizione fa espresso riferimento alla “messa a disposizione” degli atti, istituto introdotto dal d.lgs. n. 36/2023 nell’ambito della digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti, che ha imposto un cambio di paradigma anche relativamente all’accessibilità alle informazioni e agli atti di gara, accessibilità che ora deve necessariamente muoversi sul binario digitale e non più su quello analogico[25]. Infatti, con il nuovo codice dei contratti è stata completamente riscritta la disciplina procedimentale e processuale dell’accesso agli atti di gara, contenuta rispettivamente agli artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 36/2023[26].
6. La nuova disciplina dell’accesso agli atti di gara nel d.lgs. n. 36/2023
L’art. 35 contiene la disciplina sostanziale dell’accesso, che viene modulata sulla falsariga di quelle contenute nei codici dei contratti previgenti, ossia prevedendo la regola generale dell’accessibilità, contemperata da alcune ipotesi di differimento e di esclusione[27]. Il comma 1 dell’art. 35, per allineare l’istituto alla digitalizzazione delle procedure e all’utilizzo delle piattaforme di e-procurement, prevede che le stazioni appaltanti debbano assicurare l’accesso agli atti di gara in modalità digitale, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inserite nelle piattaforme. Nel medesimo primo comma viene anche precisato che la richiesta di accesso può avvenire sia a titolo di accesso civico (semplice o generalizzato), sia a titolo di accesso documentale, andando a recepire in via legislativa l’analizzata soluzione giurisprudenziale dell’Adunanza plenaria n. 10/2020 che aveva ammesso l’istituto dell’accesso civico generalizzato nell’ambito dei contratti pubblici, anche con riguardo alla fase esecutiva[28].
La disciplina dei casi di differimento, prevista all’art. 35, comma 4, ha subito alcune modifiche rispetto alla corrispettiva norma del Codice del 2016 laddove si è provveduto ad indicare con maggior dettaglio le tempistiche entro le quali si può ottenere la documentazione di gara[29].
Per quanto riguarda il regime delle esclusioni, previste all’art. 35, comma 4, si deve registrare una bipartizione inedita tra i casi in cui la stazione appaltante “può escludere” o “esclude” (rectius deve escludere) l’accesso. Nei casi di c.d. esclusione assoluta rientrano le richieste di accesso relative: 1) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del Codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici; 2) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto; 3) alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale[30]. I casi di c.d. esclusione relativa, invece, sono costituiti dalle richieste di accesso relative alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta (o a giustificazione della medesima) che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali[31].
Tale bipartizione, però, va relativizzata alla luce del dettato dell’art. 35, comma 5 che, pur limitatamente ai casi di segreto tecnico-commerciale e alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche, consente l’accesso al ricorrente qualora esso sia “indispensabile” ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici. Questa norma ha recepito un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in presenza di parti delle offerte che possono costituire un segreto tecnico o commerciale, la stazione appaltante deve preliminarmente considerare, nel bilanciamento tra esigenze di difesa e tutela della riservatezza, se sussista il requisito della “stretta indispensabilità” della documentazione richiesta ai fini della difesa in giudizio del soggetto interessato all’accesso[32].
Il susseguente art. 36, invece, contiene la disciplina procedimentale e processuale dell’accesso, prevedendo una sorta di “accessibilità automatica” degli atti di gara e delle offerte in favore dei primi cinque soggetti partecipanti. Più precisamente, la norma prescrive che chi abbia partecipato alla gara e non sia stato escluso, contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’art. 90[33], abbia il diritto di accedere in via diretta (ossia tramite piattaforma) all’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, oltre che ai verbali di gara e agli atti, ai dati e alle informazioni presupposti all’aggiudicazione. Il comma 2, poi, prevede un regime differenziato per gli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria, ai quali viene riconosciuto un diritto di accesso (automatico) più ampio, poiché ad essi sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, non solo gli atti di cui al comma 1, ma anche le offerte dagli stessi presentate.
Quindi, gli atti delle operazioni di gara e l’offerta dell’aggiudicatario sono messe a disposizione di tutti i partecipanti non esclusi; gli operatori economici che si sono classificati nelle prime cinque posizioni, inoltre, hanno la possibilità di accedere (reciprocamente) alle offerte da loro presentate e, cioè, di quelle del secondo, del terzo, del quarto e del quinto partecipante (dato che l’offerta del primo è conoscibile da tutti)[34]. In altre parole, per i primi cinque partecipanti è possibile accedere subito alle offerte degli altri (quattro) tramite l’accesso diretto in piattaforma, mentre per gli altri concorrenti non esclusi (dalla sesta posizione in poi) l’accesso alle offerte altrui è subordinato alla presentazione di un’istanza di accesso che dovrà essere riscontrata dalla stazione appaltante.
7. Le richieste di oscuramento dei segreti tecnico-commerciali e il nuovo giudizio “super accelerato”
Per una compiuta analisi della disciplina procedimentale e processuale del nuovo accesso agli atti di gara, però, non si può prescindere dall’analisi del meccanismo delineato per richiedere ed ottenere gli oscuramenti alla propria offerta e dei rispettivi rimedi giuridici per opporsi alle decisioni della stazione appaltante su dette richieste di oscuramento[35].
A tal proposito l’art. 36, comma 3, d.lgs. n. 36/2023 prescrive che, con la comunicazione dell’aggiudicazione, la stazione appaltante debba indicare anche le decisioni assunte sulle (eventuali) motivate e comprovate richieste dei partecipanti di oscurare le parti delle proprie offerte ritenute come non ostensibili, poiché contenenti segreti tecnici o commerciali[36]. Il successivo comma 4, poi, delinea un particolare rito attraverso il quale poter contestare le decisioni della stazione appaltante sulle richieste di oscuramento. I soggetti che vantano un interesse favorevole (il concorrente che ha formulato l’offerta) o contrario (il concorrente che ha interesse ad accedere all’offerta) all’oscuramento di parti dell’offerta, hanno l’onere di impugnare le decisioni della stazione appaltante sul punto (cioè, la decisione di secretarle o meno) con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale dell’aggiudicazione, secondo un rito speciale che segue le forme dell’art. 116 c.p.a.[37].
In sostanza, quando vi sia una richiesta di oscuramento da parte di un operatore economico, si possono verificare due differenti casi: qualora la stazione appaltante decida di concedere l’oscuramento richiesto, l’offerta sarà messa a disposizione in “modalità oscurata” e i soggetti concorrenti che ne avranno l’interesse potranno agire per ottenere il suo completo disvelamento; nel caso in cui, invece, la stazione appaltante ritenga insussistenti le ragioni di segretezza indicate dall’offerente, essa non potrà mettere immediatamente a disposizione l’offerta completamente “in chiaro”, ma dovrà attendere il decorso del termine di impugnazione di dieci giorni previsto dall’art. 36, comma 4, d.lgs. n. 36/2023[38].
Infine, di estremo rilievo per il tema oggetto del presente contributo è il disposto dell’art. 36, comma 9, secondo il quale “Il termine di impugnazione dell’aggiudicazione e dell’ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella aggiudicataria decorre comunque dalla comunicazione di cui all’articolo 90”. Questa norma, in caso di impugnative sulle decisioni degli oscuramenti, sembra restringere gli spazi per un eventuale differimento del termine di impugnazione ad un momento successivo a quello della comunicazione dell’aggiudicazione, in sostanziale contrasto con la soluzione maggiormente garantista confermata dall’Adunanza plenaria n. 12/2020, la cui tenuta va verificata anche alla luce della nuova disciplina relativa alle richieste di oscuramento[39].
8. La rilevanza della sentenza in commento nell’applicazione del mutato contesto normativo
In questa cornice regolatoria si inserisce la sentenza in commento che costituisce una delle prime applicazioni giurisprudenziali del mutato contesto normativo. La pronuncia, preliminarmente, effettua una (sintetica) ricostruzione delle modifiche legislative susseguenti all’entrata in vigore del d.lgs. n. 36/2023 e degli approdi giurisprudenziali formatisi nella vigenza del d.lgs. n. 50/2016 a seguito della plenaria n. 12/2020[40].
La sentenza, poi, indica che l’appalto in questione ricade tra quelli soggetti alla disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici, posto che il bando di gara è stato pubblicato successivamente al primo luglio 2023[41].
Il Collegio adito, ciò premesso, ha affermato che: a) in base alla vigente disciplina processuale, il dies a quo del termine decadenziale stabilito per l’impugnazione degli atti di gara coincide con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono; b) nel caso di specie, non risulta che la stazione appaltante abbia messo a disposizione dell’odierna appellante tutti gli atti del procedimento di gara, se non a seguito della richiesta di accesso da quest’ultima avanzata; c) il termine per impugnare non poteva iniziare a decorrere se non dall’ostensione della documentazione oggetto dell’istanza di accesso (avvenuta in data 21 dicembre 2023) dovendosi ritenere tempestivo il ricorso di primo grado (notificato in data 22 gennaio 2024), tenuto conto che il giorno di scadenza (20 gennaio 2024) cadeva di sabato.
Nel caso di specie, infatti, il ricorrente ha potuto visionare le motivazioni relative all’aggiudicazione solo dopo aver effettuato la richiesta di accesso[42]. Pertanto, se la stazione appaltante garantisce (attraverso sistemi automatici o meno) l’immediata conoscenza degli atti di gara e dei rispettivi esiti, ciò non può tornare a danno dell’operatore economico, il quale non può essere costretto a fare ricorso “al buio” non conoscendo le motivazioni della decisione della stazione appaltante per cause a lui non imputabili[43].
Il Collegio, infine, ha pure rilevato come l’amministrazione non possa dire di aver riscontrato tempestivamente alla domanda d’accesso per il sol fatto di aver inviato tempestivamente (entro i 15 giorni prescritti) ai controinteressati l’avviso della presentazione della richiesta ostensiva, ai sensi dell’art. 3, d.P.R. n. 184/2006, allo scopo di consentire loro di manifestare eventuale opposizione alla consegna. Secondo il Collegio, infatti, tale norma appare non applicabile all’accesso in materia di contratti pubblici, poiché nell’ambito dello stesso le eventuali opposizioni dei controinteressati vanno esercitate nei casi e nei limiti temporali previsti per manifestare l’esigenza di tutelare i segreti tecnici e commerciali.
Tale pronuncia, pertanto, si pone in continuità con l’orientamento giurisprudenziale formatosi nella vigenza del d.lgs. n. 50/2016, la cui tenuta è stata messa a rischio dalla riforma del 2023. Infatti, il mutato contesto normativo, potrebbe lasciare intendere che vi sia un onere di impugnativa immediata dell’aggiudicazione, senza che possa operare la dilazione temporale nel caso in cui non vi sia la totale ostensione (o la messa a disposizione) degli atti di gara. Tale obbligo di immediata impugnazione è stato affermato da una recente sentenza del T.A.R. Lazio, secondo la quale la normativa vigente è ostativa allo spostamento in avanti del dies a quo nel caso in cui difettino le motivazioni dell’aggiudicazione[44].
La pronuncia in commento, invece, si pone in contrasto con questo precedente giurisprudenziale, valorizzando il criterio sostanziale della “piena conoscenza” come discrimen per la decorrenza del termine, criterio in base al quale dovrebbe interpretarsi anche la nuova normativa.
9. Alcune brevi considerazioni conclusive
Abbiamo visto come il d.lgs. n. 36/2023 sia intervenuto normativamente sul rapporto tra accesso e decorrenza del termine, la cui disciplina positiva ora va ricercata nel combinato disposto dell’art. 120 c.p.a. con gli artt. 90 e 36, d.lgs. n. 36/2023[45].
La pronuncia in commento ha confermato la tenuta dell’architettura concettuale imbastita dall’Adunanza plenaria n. 12/2020 anche alla luce delle intervenute modifiche normative ricordandoci, tra l’altro, come la normativa introdotta dal nuovo codice dei contratti pubblici avrebbe dovuto avere come obiettivo proprio quello di evitare i c.d. ricorsi “al buio”, in ossequio all’orientamento espresso dal legislatore e dal giudice eurounitario. Quindi, in presenza della mancata doverosa ostensione da parte della stazione appaltante delle motivazioni relative all’aggiudicazione, sarebbe iniquo e contrario alla ratio stessa della nuova disciplina onerare l’operatore economico ad un’immediata impugnativa.
Sempre sul tema della decorrenza del termine per l’impugnazione bisogna tener presente che l’introduzione del nuovo rito per le richieste di oscuramento è idoneo ad ingenerare alcune problematiche applicative[46]. Il problema è se il termine per l’ostensione di cui all’art. 36, comma 5 (dieci giorni) ovvero per la proposizione del ricorso per l’accesso ai sensi dell’art. 36, comma 4 (dieci giorni), abbia o meno effetti sospensivi sul termine di proposizione del ricorso, che sembrerebbe decorrere comunque dalla sola comunicazione di aggiudicazione, come previsto dall’art. 36, comma 9[47]. Sul punto, alla luce del combinato disposto delle analizzate disposizioni, è da ritenersi che la conoscenza successiva dei documenti secretati, eventualmente ottenuta all’esito del giudizio sull’accesso, possa determinare tutt’al più la valida proposizione di motivi aggiunti, ma non un differimento del termine per l’impugnazione[48].
Il nuovo codice dei contratti, quindi, nonostante i buoni intendimenti e gli utili strumenti approntati per efficientare l’accessibilità agli atti di gara, non è stato (ancora) in grado di porre completamente fine alle problematiche interpretative relative alla decorrenza del termine di impugnazione.
Proprio la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 12/2020, nelle sue premesse (al par. 21), evidenziava l’opportunità di «una modifica legislativa ispirata alla necessità che vi fosse un “sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile”, disciplinato dalla legge con disposizioni di immediata lettura da parte degli operatori cui si rivolgono le direttive dell’Unione Europea»[49].
La persistenza di applicazioni giurisprudenziali difformi sul dies a quo dell’impugnazione dell’aggiudicazione[50], unitamente alle possibili accennate problematiche ermeneutiche derivanti dal nuovo rito sugli oscuramenti, dimostrano che detto auspicio è rimasto attualmente ancora inattuato.
[1] Senza alcuna pretesa di esaustività, sul tema si segnalano i seguenti approfondimenti della dottrina: M.A. Sandulli, L’Adunanza Plenaria n. 12/2020 esclude i “ricorsi al buio” in materia di contratti pubblici, mentre il legislatore amplia le zone grigie della tutela, in questa Rivista, 15 luglio 2020; E. Lubrano, La decorrenza del termine nel processo-appalti (dalla conoscenza della motivazione e degli atti endoprocedimentali) dopo l’Adunanza Plenaria n. 12/2020: un principio da estendere a tutti i settori del processo amministrativo, in Federalismi.it, 2020; S. Tranquilli, L’individuazione del dies a quo per impugnare le ammissioni e le esclusioni dalle gare, in Federalismi.it, 2018.
[2] Il tema della decorrenza del termine di impugnazione degli atti di gara è stato di recente approfondito dalla sentenza Cons. Stato, Ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12, in www.giustizia-amministrativa.it.
[3] Più di recente, l’impianto dell’Adunanza plenaria è stato confermato dalla recente sentenza Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882, in www.giustizia-amministrativa.it.
[4] Il d.lgs. n. 36/2023 prevede la nuova disciplina in materia di accesso agli atti di gara agli artt. 35 e 36. Su detta disciplina si segnalano: V. Caputi Jambrenghi, Lineamenti sul vecchio e nuovo esercizio del diritto di accesso nei contratti pubblici, in Giustamm.it, 2022; A. Corrado, Il regime della trasparenza e dell’accesso digitale ai documenti nei contratti pubblici: vantaggi e criticità alla vigilia dell’applicazione delle nuove norme del Codice, in Federalismi.it, 2023; P. Provenzano, L’accesso agli atti senza istanza. Riflessioni a prima lettura sulla nuova disciplina (sostanziale e processuale) in materia di accesso agli atti di gara, in Riv. it. dir. pubbl. comp., 2023, p. 491 ss. Sul tema sia consentito anche il rinvio a R. Fusco, La nuova disciplina dell’accesso agli atti di gara nell’ambito della digitalizzazione dei contratti pubblici, in CERIDAP, 2024.
[5] Esemplificativa al riguardo è la sentenza T.A.R. Lazio, Roma, Sez. IV, 1° luglio 2024, n. 13225, in www.giustizia-amminstrativa.it. Per un commento a tale pronuncia si segnala G. Biasutti, Accesso agli atti nelle gare d’appalto tra “vecchio Codice” e d.lgs. 36/2023: più in salita la strada che porta avanti al T.A.R.?, in questa Rivista, 23.10.2024.
[6] Il riferimento è alla sentenza in commento, Cons. di Stato, Sez. V, 18 ottobre 2024, n. 8352, in www.giustizia-amministrativa.it.
[7] T.A.R. Basilicata (Potenza), Sez. I, 23 aprile 2024, n. 217, in www.giustizia-amministrativa.it. Più precisamente, secondo questa pronuncia: «a) il contestato provvedimento di aggiudicazione è stato pubblicato nel profilo della CUC in data 17 novembre 2023; b) la richiesta di accesso è stata formulata dalla ricorrente al Comune di Tito in data 24 novembre 2023; c) il 6 dicembre 2024 è stata avviata dall’Acquedotto lucano s.p.a. la notificazione ai controinteressati ai sensi dell’art. 3 del d.p.r. 12 aprile 2006, n. 184; d) l’accesso è stato assentito il 21 dicembre 2023; e) il ricorso è stato notificato il 22 gennaio 2024; f) sono complessivamente trascorsi tra la pubblicazione del provvedimento e la notificazione del ricorso sessantasei giorni [par. 5.1.]. Consegue a quanto innanzi la piana tardività del ricorso, la cui notificazione, è in primo luogo ben successiva ai trenta giorni di rito decorrenti dalla data della comunicazione dell’esito di gara [par. 5.2]».
[8] Sempre secondo la pronuncia di primo grado: «Opinare diversamente, infatti, significherebbe consentire al ricorrente di ampliare surrettiziamente il termine decadenziale (posto a presidio delle esigenze di stabilità, certezza e celerità dell’agere amministrativo, di speciale rilevanza nel settore dei pubblici affidamenti) mediante la protrazione della presentazione di un’istanza di accesso documentale. Ebbene, anche in tale caso, sommando i predetti nove (rectius sette) giorni a quelli successivi alla ricezione degli atti richiesti (trenta), il ripetuto termine decadenziale risulta ampiamente elasso. In particolare, ove l’operatore economico non procede all’immediata presentazione dell’istanza di accesso, il relativo ritardo determina una progressiva erosione dei giorni a disposizione per proporre ricorso, atteso che l’inerzia dell’impresa istante non può costituire un mezzo a disposizione dell’impresa per dilatare ad libitum i termini di legge» [par. 5.2.1].
[9] Le disposizioni di riferimento attualmente vigenti sono contenute all’art. 120 c.p.a. e agli artt. 35 e 36, d.lgs. n. 36/2023. La dimensione del presente contributo non ci consente di indagare funditus tutte le problematiche e gli orientamenti giurisprudenziali emersi già nella vigenza del primo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006) per le quali si rinvia al contributo di E. Lubrano, La decorrenza del termine nel processo-appalti (dalla conoscenza della motivazione e degli atti endoprocedimentali) dopo l’Adunanza Plenaria n. 12/2020: un principio da estendere a tutti i settori del processo amministrativo, cit., p. 112 ss.
[10] In tal senso si segnala, ex multis, Cons. St., Sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3298, in www.giustizia-amministrativa.it.
[11] Per un’analisi generale del rito in materia di contratti pubblici, tra i tanti contributi si citano: M. Lipari, Commento all’art. 120, in G. Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, p. 1158 ss.; N. Paolantonio, Il rito accelerato, in F.G. Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, p. 2023, p. 561 ss.
[12] L’art. 76, d.lgs. n. 163/2006 prevedeva i contenuti specifici che doveva avere l’aggiudicazione e che dovevano essere chiarificatori riguardo alle ragioni in base alle quali la gara era stata aggiudicata al soggetto aggiudicatario. Inoltre, il comma 5-quater di detta disposizione prevedeva una sorta di accesso “informale”, da espletare nel termine di dieci giorni, per il caso in cui la pubblica amministrazione non fornisse spontaneamente tali informazioni.
[13] In questi termini vedasi E. Lubrano, La decorrenza del termine nel processo-appalti, cit., p. 114-115, a cui si rinvia per i riferimenti giurisprudenziali dei vari orientamenti.
[14] In questi termini vedasi sempre E. Lubrano, La decorrenza del termine nel processo-appalti, cit., p. 118-121, a cui si rinvia nuovamente per i riferimenti giurisprudenziali dei due opposti orientamenti.
[15] Corte giust. U.E., Sez. IV, ordinanza 14 febbraio 2019, C- 54/18, in www.curia.europa.eu. Detta sentenza, pertanto, pur riguardando un termine molto breve di impugnazione delle esclusioni, ora esplicitamente abrogato, statuiva il principio secondo il quale, ai fini della decorrenza di detto termine, fosse necessaria anche la conoscenza delle relative motivazioni. In senso conforme si vedano anche le precedenti: Corte giust. U.E., Sez. V, 8 maggio 2014, C-161/2013: Corte giust U.E., Sez. III, 28 gennaio 2010, C-406/08; Corte giust. U.E., Sez. V, 8 maggio 2014, in C-161/13, in www.curia.europa.eu.
[16] In tal senso vedasi M.A. Sandulli, L’Adunanza Plenaria n. 12/2020 esclude i “ricorsi al buio” in materia di contratti pubblici, mentre il legislatore amplia le zone grigie della tutela, cit., par. 2, ove si richiamano a tal proposito i considerando 6 e 7 e gli artt. 1, 2-bis, 2-quater e 2-septies delle Direttive 89/665/CEE e 1992/13/CEE e s.m.i.
[17] Ordinanza Cons. Stato, Sez. V, 2 aprile n. 2020, n. 2215, in www.giustizia-amministrativa.it. In tale ordinanza la Sezione V del Consiglio di Stato ha espresso la propria preferenza per l’impostazione maggiormente “garantista”, che individuava la decorrenza del termine dalla conoscenza delle motivazioni del provvedimento.
[18] Cons. Stato, Ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12, in www.giustizia-amministrativa.it. Per un commento a tale pronuncia si segnalano: M.A. Sandulli, L’Adunanza Plenaria n. 12/2020 esclude i “ricorsi al buio” in materia di contratti pubblici, mentre il legislatore amplia le zone grigie della tutela, cit.; M. Santini, L’Adunanza plenaria sulla decorrenza del termine per l’impugnazione degli atti di gara, in Urb. app., 2020, p. 509 ss.; F. Gaspari, Decorrenza del termine per ricorrere, piena conoscenza dell’atto lesivo e giusto processo amministrativo, in Dir. e proc. amm., 2020, p. 389 ss.; L. Bertonazzi, La decorrenza del termine per ricorrere contro l’aggiudicazione, in Dir. proc. amm., 2022, p. 545 ss.
[19] Questi principi di diritto vengono elencati al par. 32 della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 12/2020.
[20] Le varie possibilità sono elencate dalla recente sentenza T.A.R. Roma, (Lazio), Sez. I, 11 aprile 2024, n. 7013, in www.giustizia-amministrativa.it.
[21] Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882, in www.giustizia-amministrativa.it.
[22] Cons. Stato, Sez. V, 15 marzo 2023, n. 2728, in www.giustizia-amministrativa.it.
[23] Cons. Stato, Sez. V, 26 gennaio 2024, n. 854, in www.giustizia-amministrativa.it.
[24] Viene così superata la carenza di collegamento tra le norme processuali (codice del processo) e le norme sostanziali (codice dei contratti) che si era venuta a creare nella vigenza del d.lgs. n. 50/2016 e che era stata colmata dalla giurisprudenza con il “rinvio mobile” di cui si è detto antecedentemente.
[25] Sul tema della digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti si segnalano: D.U. Galetta, Digitalizzazione, Intelligenza artificiale e Pubbliche Amministrazioni: il nuovo Codice dei contratti pubblici e le sfide che ci attendono, in Federalismi.it 2023; G.M. Racca, La “fiducia digitale” nei contratti pubblici tra piattaforme e data analysis, in Istit. del fed., 2023, p. 357 ss.; G. Carullo, Piattaforme digitali e interconnessione informativa nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, in Federalismi.it, 2023; G. Fonderico, La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti, in Il foro italiano – Gli speciali, n. 1, 2023, p. 28 ss.; F. Tallaro, La digitalizzazione del ciclo dei contratti pubblici, in www.giustizia-amministrativa.it, 2023; G.M. Palamoni, Il paradigma digitale dell’evidenza pubblica, in CERIDAP, 2024.
[26] Per un’analisi sulla disciplina dell’accesso agli atti di gara nel d.lgs. n. 36/2023 si segnala il contributo di P. Provenzano, L’accesso agli atti senza istanza. Riflessioni a prima lettura sulla nuova disciplina (sostanziale e processuale) in materia di accesso agli atti di gara, in Riv. it. dir. pubbl. comp., 2023, p. 491 ss. Sul tema sia anche consentito il rinvio a R. Fusco, La nuova disciplina dell’accesso agli atti di gara nell’ambito della digitalizzazione dei contratti pubblici, in CERIDAP, n. 4/2024.
[27] Il riferimento è ai previgenti art. 13, d.lgs. n. 163/2006 e art. 53, d.lgs. n. 50/2016. Tra i contributi relativi all’accesso nelle procedure di gara ante d.lgs. n. 36/2023 si segnalano: F.A. Caputo, Il diritto di accesso nelle procedure di evidenza pubblica, in Giustamm.it, 2007; V. Gastaldo, Il diritto di accesso nel settore degli appalti pubblici e gli obblighi di trasparenza delle stazioni appaltanti, in Urb. e app., 2014, p. 1005 ss.; A. Corrado, Il regime della trasparenza e dell’accesso digitale ai documenti nei contratti pubblici: vantaggi e criticità alla vigilia dell’applicazione delle nuove norme del Codice, in Federalismi.it, 2023. Per un’evoluzione delle tappe normative dell’accesso agli atti di gara dei contratti pubblici (ad esclusione del d.lgs. n. 36/2023) si rinvia a M. Pani – C. Sanna, Evoluzione del diritto di accesso in materia di procedure di gara, in Lexitalia.it, 2022.
[28] Per un commento a tale pronuncia si rinvia a: A. Corrado, L’accesso civico generalizzato, diritto fondamentale del cittadino, trova applicazione anche per i contratti pubblici: l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato pone fine ai dubbi interpretativi, in Federalismi.it, 2020; M. Ippolito, La “cultura” della trasparenza nell’accesso agli atti della fase esecutiva di un procedimento ad evidenza pubblica, in Giustamm.it, 2020; V. Mirra, Diritto di accesso e attività contrattuale della pubblica amministrazione: la plenaria risolve ogni dubbio?, in Urb. e app., 2020, p. 680 ss.; F. Manganaro, La funzione nomofilattica dell’Adunanza plenaria in materia di accesso agli atti amministrativi, in Federalismi.it, 2021.
[29] Le ipotesi di differimento sono previste dall’art. 35, comma 2, d.lgs. n. 36/2023, mentre prima erano previste dall’art. 52, comma 2, d.lgs. n. 50/2016. Il Codice del 2023 ha previsto, in aggiunta alle ipotesi previste dal Codice del 2016, l’espresso riferimento anche alle domande di partecipazione e agli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione, ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, ai verbali relativi alla valutazione delle offerte e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti e, infine, ai verbali riferiti alla fase di verifica dell’anomalia dell’offerta. Per l’accesso a tutti questi atti, dati, informazioni e documenti, l’ostensione dovrà avvenire solo successivamente all’aggiudicazione.
[30] Ai sensi dell’art. 35, comma 4, lett. b), d.lgs. n. 36/2023.
[31] Ai sensi dell’art. 35, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 36/2023.
[32] Sul bilanciamento tra la tutela del segreto tecnico-commerciale e sulle esigenze di difesa in giudizio nell’ambito della gara si rinvia ai seguenti contributi che, pur se relativi al previgente Codice del 2016, risultano tutt’ora di attualità alla luce del riconoscimento legislativo del requisito dell’indispensabilità: A. Avino, L’accesso ai documenti di gara tra esigenze di riservatezza e necessità difensive, in Urb. e app., 2018, p. 692 ss.; V. Mirra, Accesso agli atti di gara e segretezza industriale: una conciliazione impossibile?, cit., p. 171 ss.; G. Serra, Il bilanciamento tra il diritto d’accesso ai documenti nelle procedure di gara e i segreti tecnici e commerciali: natura dell’attività amministrativa e tecniche di tutela, in Pers. e amm., 2022, p. 558 ss.
[33] L’art. 90, d.lgs. n. 36/2023 prevede che “Nel rispetto delle modalità previste dal codice, le stazioni appaltanti comunicano entro cinque giorni dall’adozione: a) la motivata decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione, corredata di relativi motivi, a tutti i candidati o offerenti; b) l’aggiudicazione all'aggiudicatario; c) l’aggiudicazione, e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o parti dell’accordo quadro, a tutti i candidati e concorrenti che hanno presentato un'offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta non siano state definitivamente escluse, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state già respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva; d) l’esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi, ivi compresi i motivi di esclusione o della decisione di non equivalenza o conformità dell’offerta; e) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l'aggiudicatario, ai soggetti di cui alla lettera c)”.
[34] In sostanza, per i primi cinque partecipanti è possibile accedere subito alle offerte degli altri (quattro) tramite l’accesso diretto in piattaforma, mentre per gli altri concorrenti non esclusi (dalla sesta posizione in poi), l’accesso alle offerte altrui è subordinato alla presentazione di un’istanza di accesso, a cui dovrà seguire un contraddittorio procedimentale e una risposta della stazione appaltante (o, ancora, un silenzio significativo).
[35] La tematica degli oscuramenti non viene in rilievo nella sentenza in commento, ma chi scrive ritiene comunque di doverne seppur sinteticamente) darne conto, perché si tratta di una disciplina procedimentale di sicura rilevanza nella discussione sulla decorrenza del termine per impugnare l’aggiudicazione.
[36] L’art. 36, comma 3 fa riferimento all’art. 35, comma 4, lett. a) secondo il quale «possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell'ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali». Sul bilanciamento tra la tutela del segreto tecnico-commerciale e sulle esigenze di difesa in giudizio si segnalano i seguenti contributi che, pur relativi al periodo di vigenza del d.lgs. n. 50/2016, risultano tutt’ora di attualità: A. Avino, L’accesso ai documenti di gara tra esigenze di riservatezza e necessità difensive, in Urb. e app., 2018, p. 692 ss.; G. Serra, Il bilanciamento tra il diritto d’accesso ai documenti nelle procedure di gara e i segreti tecnici e commerciali: natura dell’attività amministrativa e tecniche di tutela, in Pers. e amm., 2022, p. 558 ss.
[37] L’art. 36 prevede la disciplina specifica di questo rito speciale che, pur svolgendosi nelle forme del rito ex art. 116 c.p.a., ha delle regole peculiari, ossia: il ricorso deve essere notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale dell’aggiudicazione; le parti intimate possono costituirsi entro dieci giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del ricorso; l’udienza deve tenersi nella prima camera di consiglio successiva al decimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e, altresì, al quinto giorno dal deposito del ricorso; le parti possono depositare memorie e documenti fino a un giorno libero prima della camera di consiglio; il ricorso viene deciso nella stessa udienza con sentenza in forma semplificata da pubblicarsi entro cinque giorni dall’udienza di discussione; la sentenza può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie; le succitate regole si applicano anche nei giudizi di impugnazione. Per un primo commento a tale rito speciale si segnala il contributo di P. Rubechini, Accesso e processo nella tutela del segreto d’impresa: prime riflessioni sul rito a specialità accelerata introdotto dal nuovo Codice appalti, in Giustamm.it, 2023.
[38] La ratio della norma è di evitare che la decisione di non oscurare le offerte non diventi irrimediabilmente lesiva per l’operatore economico. Infatti, se le decisioni venissero trasmesse fin da subito non oscurate, sarebbe pressoché inutile un oscuramento “postumo” disposto dal giudice. Infatti, così facendo, l’offerente che ha chiesto e non ha ottenuto l’oscuramento dalla stazione appaltante, perderebbe la possibilità di avere un rimedio effettivo se l’immediata ostensione delle parti di cui si è richiesto l’oscuramento diventassero conoscibili prima che il soggetto interessato se ne potesse dolere in sede giurisdizionale.
[39] Va precisato che detta problematica interpretativa non riguarda il caso deciso dalla sentenza in commento.
[40] La sentenza in commento afferma che la giurisprudenza formatasi nella vigenza del codice del 2016, ha consolidato i seguenti principi di diritto: a) quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario, la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta una dilazione temporale del termine per ricorrere pari a quindici giorni (ex art. 76, comma 2, d.lgs. n. 50/2016); b) il presupposto per l’applicazione della dilazione temporale è, a sua volta (oltreché la natura del vizio da far valere, il quale non deve essere evincibile se non all’esito dell'acquisizione documentale) la tempestività dell’istanza d’accesso che, a tal fine, deve essere avanzata entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione; c) laddove la stazione appaltante non dia immediata conoscenza degli atti di gara richiesti attraverso una tempestiva risposta alla domanda di accesso (domanda da riscontrare entro il termine di quindici giorni) si farà applicazione dell’ordinario termine d’impugnazione di trenta giorni, decorrente dalla effettiva ostensione dei documenti richiesti. Tra le pronunce sul tema, oltre alla Plenaria n. 12/2020, la sentenza in commento cita i seguenti riferimenti giurisprudenziali: Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882; Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2024, n. 1263; Cons. Stato, Sez. V, 20 marzo 2023, n. 2796; Cons. Stato, Sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.
[41] L’assoggettamento alla disciplina del codice vigente si deve al combinato disposto dell’art. 226, comma 2 e dell’art. 229, comma 2 del d.lgs. n. 36/2023. A tal proposito, ad abundantiam, è stato precisato che il ricorso sarebbe stato tempestivo anche nell’ambito del precedente contesto normativo (ossia nella vigenza del d.lgs. n. 50/2016) poiché l’operatore economico aveva presentato la richiesta di accesso agli atti entro i quindici giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione, mentre i documenti sono stati consegnati oltre il termine assegnato all’amministrazione per rispondere.
[42] Sul punto, però, si rileva come non risulti, dalla lettura della sentenza, che vi sia stata alcuna messa a disposizione in piattaforma della documentazione di gara, della quale appellante avrebbe dovuto beneficiare in quanto classificatasi quinta in graduatoria.
[43] Il passaggio chiave della pronuncia in commento è quello dove viene precisato come «Tale normativa [art. 120 c.p.a. da un lato e artt. 90 e 36, d. lgs. n. 36/2023 dall’altro], che persegue l’obiettivo di evitare i c.d. ricorsi “al buio”, si pone in linea con l’orientamento espresso dal giudice euro unitario secondo cui “la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell'Unione dagli stessi lamentata” (cfr. Corte di giustizia UE, Sez. IV, ord. 14 febbraio 2019, in C- 54/18; Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 2022, n. 10696). Nel caso di specie, non risulta che la stazione appaltante abbia messo a disposizione dell’odierna appellante tutti gli atti del procedimento di gara, se non a seguito della richiesta di accesso da quest’ultima avanzata. Ne consegue che, come correttamente dedotto nell’appello, il termine per impugnare non poteva iniziare a decorrere se non dall’ostensione della documentazione oggetto dell’istanza di accesso, avvenuta in data 21 dicembre 2023».
[44] A tal proposito si segnala T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV, 1° luglio 2024, n. 13225, con commento di G. Biasutti, Accesso agli atti nelle gare d’appalto tra “vecchio Codice” e d.lgs. 36/2023: più in salita la strada che porta avanti al T.A.R.?, cit. Secondo tale pronuncia: «Proprio in tema di accesso agli atti, il nuovo codice ha introdotto una disposizione inedita, l’art. 35, che al comma 1 prevede che “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano in modalità digitale l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme, ai sensi degli articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e degli articoli 5 e 5-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”. Di conseguenza, nella specie non è applicabile l’art. 76, comma 2 del (previgente) d.lgs. 50/2016 (“su richiesta scritta dell’offerente e del candidato interessato, l’amministrazione aggiudicatrice comunica immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta”), disposizione abrogata dal nuovo codice dei contratti pubblici: il che rende, parimenti, inapplicabile il peculiare termine di proroga del termine impugnatorio elaborato dalla giurisprudenza, nei termini sopra indicati. Nella specie, l’istanza di accesso ai documenti è stata presentata dalla ricorrente in data 30.4.2024 (cioè il giorno successivo alla pubblicazione della graduatoria sulla piattaforma di gara) e la stazione appaltante ha riscontrato tale istanza in data 20.5.2024, cioè, comunque, abbondantemente entro la scadenza (29.5.2024) del termine impugnatorio di 30 giorni dalla comunicazione ai sensi dell’art. 90 del d.lgs. 36/2023 (e non ai sensi dell’art.76 del d.lgs. 50/2016) sulla propria piattaforma telematica. Ma il ricorso è stato, però, notificato in data 14.6.2024: si tratterebbe di un ricorso tempestivo sotto il vigore del previgente codice dei contratti, ma sotto il vigore del vigente d.lgs. 36/2023 è da ritenere tardivo».
[45] A tali modifiche legislative va anche collegata l’eliminazione della possibilità di richiedere le motivazioni dell’aggiudicazione entro il breve termine di quindici giorni previsto dall’abrogato art. 76, d.lgs. n. 50/2016, che non è stata riprodotta nel nuovo codice in ragione della digitalizzazione delle procedure di gara e della messa a disposizione automatica degli atti di gara.
[46] Dette possibili problematiche non emergono nella controversia oggetto della pronuncia in commento, ma pare comunque opportuno darne brevemente conto.
[47] In questi termini, A. Corrado, Il regime della trasparenza e dell’accesso digitale ai documenti nei contratti pubblici: vantaggi e criticità alla vigilia dell’applicazione delle nuove norme del Codice, cit., p. 107.
[48] In tal senso M. Lipari, La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo e il precontenzioso ANAC nel nuovo codice dei contratti pubblici n. 36/2023. Certezze acquisite e problemi aperti, in IUS, 2023.
[49] A tal proposito è interessante segnalare la proposta di modifica legislativa suggerita (ma non recepita dal legislatore) nelle more dell’approvazione definitiva del Codice dei contratti del 2023, da M.A. Sandulli, Procedure di affidamento e tutele giurisdizionali: il contenzioso sui contratti pubblici nel nuovo Codice, in Federalismi.it, 2023, p. xxviii, secondo la quale «Dal momento che la certezza del termine di impugnazione costituisce una garanzia di effettività della tutela assolutamente irrinunciabile, anche le riportate disposizioni processuali dovrebbero peraltro essere opportunamente integrate al fine di rendere assolutamente e definitivamente chiaro che (i) la dilazione non può essere un’opzione, ma vale solo per i vizi non ancora conoscibili; (ii) si tratta di una dilazione e non di una anticipazione: quest’ultimo chiarimento è essenziale per non dare spazio a strumentali eccezioni delle amministrazioni resistenti e/o dei controinteressati sulla necessità di anticipare l’impugnazione di verbali e atti endoprocedimentali casualmente conosciuti prima della comunicazione di quello effettivamente lesivo o, all’opposto, a un atteggiamento di estrema prudenza dei ricorrenti (c.d. “contenzioso cautelativo”) con sostanziale fallimento delle nuove regole dirette a evitare un inutile spreco della risorsa giustizia. In quest’ottica, come ho già avuto occasione di suggerire, il nuovo secondo periodo del co. 2 dell’art. 120 potrebbe a questi fini essere allora più opportunamente così riformulato come segue: “Il termine decorre, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione dell’atto impugnato ai sensi dell’articolo 90 del codice dei contratti pubblici oppure, se si impugnano atti diversi e non direttamente comunicati oppure si denunciano vizi conoscibili dagli atti messi a disposizione ai sensi dell’articolo 36, commi 1 e 2, del codice dei contratti pubblici, dai successivi momenti in cui tali atti sono stati effettivamente messi a disposizione”. Analogamente, il co. 9 dell’art. 36 potrebbe essere opportunamente integrato con la precisazione “o dai successivi momenti in cui la stazione appaltante o l’ente concedente abbia messo a disposizione gli atti impugnati e quelli da cui sono evincibili i vizi dedotti”».
[50] Il riferimento è al T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV, 1° luglio 2024, n. 13225, cit.