Notificazione per pubblici proclami e integrità del contraddittorio nel processo amministrativo (commento a Cons. di Stato, Sez. VII, 12 febbraio 2024, n. 1414)
Sommario: 1. Premessa. – 2. Una breve ricostruzione della vicenda processuale. – 3. La notificazione per pubblici proclami nel processo amministrativo. – 4. L’orientamento “restrittivo” del T.A.R. Lazio sull’applicazione dell’istituto. – 5. La soluzione “garantista” adottata dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento. – 6. Alcune interessanti precisazioni sull’ordine di esame delle questioni in rito e sulla priorità della tutela del contraddittorio. – 7. Alcune brevi considerazioni conclusive sui dicta della sentenza.
1. Premessa
La sentenza in commento offre delle interessanti precisazioni sul perimetro applicativo dell’istituto della notifica per pubblici proclami nel processo amministrativo con riferimento alla tutela del contraddittorio processuale[1].
Il Consiglio di Stato, in antitesi ad un orientamento maggiormente restrittivo del TAR Lazio, ritiene che l’applicazione di tale forma di notificazione possa essere richiesta anche in assenza della previa instaurazione del contraddittorio nei confronti di almeno un controinteressato, sempre che la relativa istanza venga richiesta tempestivamente (entro il termine decadenziale per la proposizione del ricorso) e che vi sia una situazione di particolare difficoltà nel procedere alla notificazione nelle forme ordinarie (a causa del numero delle persone da chiamare in giudizio).
La sentenza, inoltre, si sofferma sull’ordine di esame delle questioni in rito a seguito di rinvio ex art. 105, comma 1 c.p.a. in presenza di contraddittorio non integro[2]. Più precisamente, viene evidenziato come la decisione del giudice di primo grado di pronunciare l’irricevibilità del ricorso a contraddittorio non integro, cambiando il precedente ordine di esame delle questioni in rito, possa comportare la necessità di un ulteriore rinvio al giudice di primo grado nel caso in cui detta decisione venga riformata in appello, con evidente detrimento della ragionevole durata del processo[3].
2. Una breve ricostruzione della vicenda processuale.
La vicenda processuale da cui origina il caso di specie si è sviluppata attraverso due pronunciamenti del TAR Lazio a cui si sono susseguite altrettante sentenze del Consiglio di Stato, l’ultima delle quali è la pronuncia in commento[4].
Con il ricorso introduttivo proposto dinanzi al TAR del Lazio, il ricorrente impugnava una graduatoria regionale per il reclutamento a tempo indeterminato di personale docente nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, lamentando il mancato riconoscimento del punteggio per il servizio prestato nella scuola con contratto a tempo indeterminato. Il Collegio investito della questione, però, non entrando nel merito della controversia, dichiarava il ricorso inammissibile per la mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati, senza aggiungere null’altro nella motivazione della sua decisione[5].
Detta sentenza veniva appellata da parte ricorrente che sosteneva di aver tempestivamente proposto l’istanza di autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, ai sensi dell’art. 41, comma 4 c.p.a., istanza sulla quale il TAR adito non si era pronunciato né in sede collegiale, né in sede monocratica. Veniva, cioè, evidenziato come l’omessa notifica non fosse imputabile al ricorrente, ma al giudice che non si era pronunciato sull’autorizzazione alla notifica per pubblici proclami. In accoglimento di tale motivo di gravame il Consiglio di Stato annullava la decisione di primo grado con rinvio al medesimo giudice ex art. 105, comma 1 c.p.a.[6].
Il TAR Lazio – reinvestito della questione con ricorso notificato anche nelle forme ordinarie a due controinteressati – non si uniformava alla sentenza del Consiglio di Stato e, dopo aver meglio argomentato le motivazioni che lo avevano portato a determinarsi per l’inammissibilità del primo ricorso a causa dell’omessa notifica ad almeno uno dei controinteressati, riteneva di non dover comunque procedere all’estensione del contraddittorio in considerazione della manifesta irricevibilità del ricorso originario, eccepita dall’amministrazione resistente nell’ambito del primo giudizio (ma non presa in esame nella prima sentenza)[7].
Questa seconda sentenza (di irricevibilità) del TAR Lazio veniva impugnata nuovamente in Consiglio di Stato dove il Collegio adito, trattenendo la decisione nel merito, ha definito la vicenda conteziosa con la sentenza in commento[8]. Con detta pronuncia il giudice d’appello, superate le eccezioni di inammissibilità (per omessa notifica ad almeno uno dei controinteressati) e di irricevibilità (per tardività nella notifica del primo ricorso), ha accolto l’appello dichiarando fondato il ricorso di primo grado, con il conseguente annullamento dei provvedimenti originariamente impugnati dal ricorrente.
3. La notificazione per pubblici proclami nel processo amministrativo.
Per comprendere adeguatamente il portato di questa decisione appare utile effettuare una breve analisi dell’istituto della notifica per pubblici proclami nell’ambito del processo amministrativo[9].
Detta modalità di notificazione è prevista in due distinte disposizioni del codice del processo amministrativo: nell’art. 41 c.p.a., relativo alla “Notificazione del ricorso e suoi destinatari”, il cui comma 4, prevede che “Quando la notificazione del ricorso nei modi ordinari sia particolarmente difficile per il numero delle persone da chiamare in giudizio il presidente del tribunale o della sezione cui è assegnato il ricorso può disporre, su richiesta di parte, che la notificazione sia effettuata per pubblici proclami prescrivendone le modalità”; e nell’art. 49 c.p.a., relativo alla “Integrazione del contraddittorio”, il cui comma 3 prevede che “Il giudice, nell’ordinare l’integrazione del contraddittorio, fissa il relativo termine, indicando le parti cui il ricorso deve essere notificato. Può autorizzare, se ne ricorrono i presupposti, la notificazione per pubblici proclami prescrivendone le modalità”. La notifica per pubblici proclami, quindi, è prevista: sia anteriormente all’instaurazione del giudizio, quando può essere chiesta dal ricorrente ed autorizzata dal Presidente con riferimento alla notifica del ricorso introduttivo; sia posteriormente all’instaurazione del giudizio, quando può essere disposta d’ufficio dal giudice successivamente alla notifica del ricorso nelle forme ordinarie ad alcuno dei controinteressati, ma sia necessario darne notizia anche ad altri soggetti[10].
Con l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, pertanto, le concrete modalità effettuazione della notifica per pubblici proclami sono state rimesse integralmente al giudice che le dispone liberamente a seconda del caso concreto[11]. Consolidata giurisprudenza, però, ha precisato come, in mancanza di specifiche indicazioni da parte del giudice, debba ritenersi senz’altro applicabile, in forza c.d. “rinvio esterno” di cui all’art. 39, comma 2 c.p.a.[12], la disciplina contenuta nel codice di procedura civile, secondo la quale la notificazione per pubblici proclami si perfeziona mediante il deposito di copia dell’atto nella casa comunale del luogo in cui ha sede l’ufficio giudiziario davanti al quale si promuove o si svolge il processo e con l’inserimento di un estratto di esso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica[13].Quindi, in assenza di diverse prescrizioni da parte del giudice che la dispone, la notifica per pubblici proclami può ritenersi perfezionata soltanto mediante il rispetto del suddetto iter procedimentale e con la prova del deposito della documentazione ad essa relativa nella Segreteria del giudice che ha ordinato l’incombente, con la conseguenza che l’omissione di tale ultimo adempimento comporta l’improcedibilità del ricorso[14].
La notificazione del ricorso per pubblici proclami, per sua natura eccezionale in relazione alle minori garanzie che presenta rispetto alla notificazione in forma ordinaria, deve essere eseguita in modo da rendere più probabile e meno disagevole la conoscenza effettiva da parte dei destinatari; quindi, in linea generale (ossia salva l’ipotesi di difficoltà di identificazione dei controinteressati), il relativo annuncio deve contenere l’indicazione dei nominativi dei controinteressati, oltre che degli estremi del ricorso, del nome del ricorrente e dell’amministrazione intimata, dei provvedimenti impugnati e di un sunto dei motivi di gravame in carenza dei quali la notifica è inesistente[15].
4. L’orientamento “restrittivo” del T.A.R. Lazio sull’applicazione dell’istituto.
Ciò premesso sulla disciplina normativa e sull’applicazione giurisprudenziale relative all’esercizio di detta modalità di notificazione, occorre evidenziare come una parte della giurisprudenza ne confini l’operatività solo previo esperimento della notifica nelle forme ordinarie ad almeno uno dei controinteressati.
Secondo tale orientamento viene dichiarato inammissibile il ricorso che non sia stato notificato ad alcun controinteressato non essendo sufficiente, in mancanza di detta notifica, la mera istanza di autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, la quale sarebbe idonea solo a consentire l’integrazione del contraddittorio, ma non l’instaurazione del giudizio[16].
A tale impostazione ermeneutica sono ispirate anche le due sentenze del TAR Lazio intervenute nel caso di specie[17]. Mentre con la prima pronuncia la Sezione Terza Bis del TAR Lazio si è limitata a sancire l’inammissibilità del gravame per “omessa notifica ai controinteressati”, nella seconda sentenza il Collegio adito ha spiegato più diffusamente le ragioni di detta inammissibilità. A tal riguardo viene evidenziato come, nell’istanza presentata per l’autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, non vi fosse traccia delle difficoltà incontrate dalla parte ricorrente nel reperire l’indirizzo di almeno uno dei controinteressati per ottemperare alla disposizione di cui all’art. 41, comma 2 c.p.a. Inoltre, viene rimarcato come non siano state depositate prove circa l’avvenuta richiesta di tali recapiti all’amministrazione, non potendosi così ritenere assolto l’obbligo di diligenza che grava sulla parte ricorrente nell’instaurazione del contraddittorio minimo previsto dalla legge. In altri termini, secondo il Collegio, la circostanza dell’elevato numero dei controinteressati avrebbe potuto rilevare in sede di integrazione del contraddittorio, legittimando l’autorizzazione alla notificazione per pubblici proclami ai sensi dell’art. 49, comma 3 c.p.a., ma non anche ai fini della verifica circa l’instaurazione del contraddittorio minimo prevista, a pena di inammissibilità, dall’art. 41, comma 2 c.p.a., costituendo quest’ultima un vero e proprio onere processuale incombente sulla parte ricorrente rispetto al quale, in caso di errori, omissioni o carenze imputabili alla parte, al giudice non è consentito supplire in via officiosa[18].
Il TAR Lazio, in sostanza, non esclude sic et simpliciter la notifica per pubblici proclami ex art. 41, comma 4 c.p.a. antecedentemente all’instaurazione del giudizio, ma la assoggetta a stringenti requisiti nel caso in cui vi siano dei soggetti controinteressati individuati nell’atto, limiti consistenti nel dovere di fornire la prova che l’instaurazione del giudizio nelle forme ordinarie (con la notifica ad almeno un controinteressato) non sarebbe stata altrimenti possibile o sarebbe stata quantomeno difficoltosa (dovendo la parte dare una prova della difficoltà incontrata). Secondo tale impostazione, pertanto, in presenza di più controinteressati individuati nell’atto impugnato, il disposto dell’art. 41, comma 2 c.p.a. escluderebbe la possibilità di utilizzare la notifica per pubblici proclami ex art. 41, comma 4 c.p.a. per l’instaurazione della lite[19], residuando solamente quella esperibile ex art. 49, comma 3 c.p.a., previa notifica ordinaria del ricorso in via ordinaria ad almeno uno dei controinteressati[20].
Tale opzione interpretativa appare francamente non condivisibile, come autorevolmente chiarito dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento.
5. La soluzione “garantista” adottata dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento.
La Settima Sezione del Consiglio di Stato, con le due sentenze che sono intervenute nel caso di specie, ha censurato con fermezza questo filone ermeneutico[21].
Già con la sentenza n. 3657/2022 il giudice d’appello aveva prescritto con chiarezza che l’omessa notifica del ricorso ai controinteressati (su cui si fondava la dichiarazione di inammissibilità della sentenza gravata) non poteva essere imputata ad un errore della parte ricorrente (poi appellante), ma era attribuibile al giudice adito che non si era pronunciato sull’istanza di autorizzazione alla notifica per pubblici proclami contenuta nel ricorso. Il ricorrente, infatti, aveva inteso assolvere al suo onere di instaurazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 41, comma 4 c.p.a. in ragione della presenza, affermata nell’istanza, dell’“immenso numero dei destinatari”, necessitando l’autorizzazione del giudice per effettuare la notifica per pubblici proclami, autorizzazione che, però, non è stata mai comunicata.
Con la sentenza in commento, poi, la Settima Sezione del Consiglio di Stato, richiamando il proprio consolidato orientamento sul punto, ha confermato come la corretta interpretazione da dare all’art. 41, comma 4 c.p.a. sia quella secondo la quale l’istituto della notifica per pubblici proclami debba trovare applicazione in tutti i casi nei quali “la notificazione del ricorso nei modi ordinari sia particolarmente difficile per il numero delle persone da chiamare in giudizio” e come questa notifica, contrariamente a quanto ritenuto da un diverso orientamento, non sia affatto prevista per le sole ipotesi di integrazione del contraddittorio, né che la stessa esiga la rigorosa prova delle “difficoltà incontrate dalla parte ricorrente nel reperire l’indirizzo di almeno uno dei controinteressati per ottemperare alla disposizione di cui all’art. 41, co. 2, c.p.a.” come, invece, parrebbe imporre la sentenza impugnata.
Tale impostazione pare assolutamente condivisibile da chi scrive, in quanto maggiormente coerente con il dettato normativo vigente e più affine alla ratio semplificatoria propria dell’istituto[22]. Infatti, l’art. 41 c.p.a. (dedicato alla notifica del ricorso) prevede (al più volte citato comma 4) la notifica per pubblici proclami come modalità alternativa a quella tradizionale. Confinare tale modalità alternativa di notificazione solo ad un momento successivo all’instaurazione della lite (in presenza di più controinteressati individuati nell’atto) non pare una soluzione compatibile con la disposizione dell’art. 41 c.p.a. che non pone alcun limite a tale forma di notifica se non quelli previsti dal comma 4, ossia, la preventiva tempestiva richiesta al Presidente e l’esistenza di un numero di persone che renda difficile la notificazione nei modi ordinari. La norma, infatti, consente al ricorrente di instaurare tempestivamente il ricorso nei confronti di tutti i destinatari, ma qualora tale facoltà gli venga preclusa a causa del silenzio serbato sulla richiesta di autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, non si potrà considerare ad esso addebitabile l’omessa regolare instaurazione del contraddittorio.
Ovviamente, resta fermo in capo al Presidente il potere di verifica sulla sussistenza dei presupposti per la concessione dell’autorizzazione alla notifica per pubblici proclami. In ragione di un tanto è importante che detta domanda di autorizzazione sia effettuata in maniera tempestiva (come è avvenuto nel caso di specie), in modo da non incorrere in decadenze che possano determinare la gravissima conseguenza dell’inammissibilità dell’azione proposta[23].
6. Alcune interessanti precisazioni sull’ordine di esame delle questioni in rito e sulla priorità della tutela del contraddittorio.
La portata della pronuncia in oggetto non si limita esclusivamente a definire il perimetro applicativo della notifica per pubblici proclami, ma offre anche degli interessanti spunti di riflessione sull’importanza della corretta instaurazione del contraddittorio[24] e sull’ordine di esame delle altre questioni in rito in presenza di un rinvio al giudice di primo grado[25].
L’occasione per tale riflessione è stata offerta, al Consiglio di Stato, dalla pervicacia della Sezione Terza Bis del T.A.R. Lazio che, ricevuta nuovamente la controversia per effetto del rinvio ex art. 105 c.p.a., invece di uniformarsi al giudicato, ha deciso di non disporre l’estensione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti controinteressati, in considerazione dell’asserita manifesta irricevibilità dell’atto introduttivo del primo giudizio[26]. Va detto, però, che nella prima sentenza del TAR Lazio[27] il Collegio aveva definito la controversia pronunciando l’inammissibilità del ricorso per omessa corretta instaurazione del contraddittorio invece che pronunciarsi sull’irricevibilità dello stesso.
Come evidenza correttamente il giudice d’appello investito (per la seconda volta) della questione, a fronte del chiaro vincolo processuale stabilito dall’art. 105 c.p.a.[28], il TAR adito avrebbe dovuto consentire la realizzazione del pieno contraddittorio con i controinteressati mediante lo strumento della notificazione per pubblici proclami prima di assumere qualsiasi ulteriore decisione di rito o di merito. Il giudice di primo grado, invece, ha deciso di anteporre la questione dell’irricevibilità del ricorso a quella della corretta instaurazione del contraddittorio, sovvertendo l’ordine di esame delle questioni (in rito) che aveva posto alla base della sua prima decisione.
La scelta di definire il giudizio con una pronuncia di irricevibilità senza prima consentire l’integrazione del contraddittorio mediante la notificazione per pubblici proclami viene fortemente criticata dal Consiglio di Stato sotto plurimi aspetti.
Innanzitutto, viene stigmatizzato il dissenso interpretativo in ordine all’applicazione dell’istituto della notifica per pubblici proclami che è stato (ri)manifestato dal giudice di primo grado successivamente al pronunciamento sul punto del giudice d’appello, evidenziando come “la fisiologica dialettica tra i collegi giudicanti, che possono esprimere soluzioni interpretative disomogenee, deve contemperarsi con il vincolo endoprocessuale derivante dall’applicazione dell’art. 105 del c.p.a. Una volta cristallizzata la decisione del giudice di appello, esigenze ovvie di certezza impediscono che lo stesso tema possa essere rimesso in discussione, ancorché in termini dubitativi o ipotetici”[29].
Secondariamente, il giudice d’appello ritiene che la soluzione interpretativa sposata dal giudice di prime cure, secondo la quale l’integrazione del contraddittorio potrebbe essere evitata in caso di manifesta irricevibilità del ricorso originario ai sensi dell’art. 49 c.p.a., non sia comunque meritevole di accoglimento. Così ragionando, infatti, non si tiene conto del rapporto tra la citata previsione dell’art. 49 c.p.a. e i vincoli derivanti dall’annullamento con rinvio, come stabilito dall’art. 105 c.p.a. Inoltre, viene evidenziato pure come nella presente vicenda processuale detta opzione non sembra comportare alcun effettivo vantaggio in termini di “economia processuale” anche alla luce della semplificazione correlata alla notificazione per pubblici proclami che avrebbe comportato, al più, una breve e ragionevole dilazione della fissazione dell’udienza di discussione.
In terzo luogo, il Collegio evidenzia come, nel corso dell’originario giudizio davanti al TAR, l’amministrazione aveva eccepito (tra l’altro, in modo errato[30]) la tardività del ricorso, ma il Collegio aveva rilevato d’ufficio l’asserita inammissibilità dello stesso per omessa notifica ai controinteressati. In altre parole, il giudice di prime cure aveva ritenuto di assegnare alla verifica dell’integrità del contraddittorio carattere prioritario rispetto alla valutazione sulla ricevibilità del ricorso (in relazione all’eccezione sollevata dall’amministrazione), secondo il normale ordine logico delle questioni, presumibilmente non reputando il ricorso “manifestamente irricevibile”[31]. Nel giudizio di rinvio, invece, il TAR, anche prescindendo dal mancato rispetto del vincolo di cui all’art. 105 c.p.a., ha deciso di invertire l’esame delle questioni, valutando prima il tema della ricevibilità rispetto a quello della ritualità e della completezza del contraddittorio[32].
Infine, sempre secondo il Collegio, da tale inversione discenderebbe anche un inconveniente di ordine “pratico”. Infatti, nel caso di una nuova sentenza di appello che statuisca la tempestività del gravame (come quella in commento), si dovrebbe effettuare un nuovo rinvio (il terzo) al giudice di primo grado per consentire alle parti controinteressate di esercitare i propri diritti di difesa in relazione alle questioni di rito e di merito della controversia, con palese compressione dell’irrinunciabile valore costituzionale della ragionevole durata del processo[33].
7. Alcune brevi considerazioni conclusive sui dicta della sentenza.
Il primo aspetto di interesse della sentenza in commento è costituito dalla chiara definizione dell’ambito applicativo della notifica per pubblici proclami nel processo amministrativo, istituto che non può essere confinato a mero strumento di integrazione del contraddittorio in presenza di un ingente numero di controinteressati individuati nell’atto. Sul punto bisogna rilevare come l’art. 41, comma 2 c.p.a. non preveda che la notifica ad almeno uno dei controinteressati debba essere effettuata in una specifica forma e, pertanto, a parere di chi scrive, perché si ritenga correttamente integrato il contraddittorio, tale notifica può benissimo essere effettuata anche per pubblici proclami, previo ottenimento della richiesta autorizzazione. La notifica per pubblici proclami, quindi, deve considerarsi a tutti gli effetti alternativa alla notifica nelle forme ordinarie e non necessariamente successiva alla stessa, costituendo, in presenza di un’obiettiva difficoltà nella notifica ordinaria, uno strumento idoneo ex se ad instaurare correttamente il giudizio e non un mero strumento di integrazione del contraddittorio[34].
Il secondo aspetto di interesse della pronuncia riguarda, invece, la “dialettica” tra i giudici amministrativi in caso di accoglimento dell’appello e di rinvio al giudice di primo grado ex art. 105, comma 1 c.p.a. Nel caso di specie, in sede di rinvio, è stato prescritto un vicolo conformativo al giudice di primo grado in merito alla necessaria integrazione del contraddittorio. Secondo la pronuncia in commento, tale vincolo conformativo deve estendersi anche al rispetto dell’ordine di analisi delle questioni in rito. Pertanto, all’esito del rinvio, il giudice di primo grado che abbia già deciso (in prima istanza) la controversia basandosi su una questione di rito, non potrà (in seconda istanza) invertire l’ordine di esame delle questioni dedotte in giudizio, ponendo a fondamento della decisione una diversa pronuncia in rito[35]. Infatti, a seguito di rinvio ex art. 105, comma 1 c.p.a. con un espresso vincolo conformativo in merito all’integrazione del contraddittorio, il giudice di primo grado avrebbe dovuto preliminarmente dare esecuzione a tale incombenza e, solo a contraddittorio integro, avrebbe dovuto affrontare le altre questioni di rito e di merito dedotte in giudizio. Altrimenti, si corre il rischio che il giudice d’appello, riformando la nuova sentenza, si trovi a dover disporre un ulteriore rinvio, situazione che si è verificata nel caso di specie[36].
Questa inversione nell’ordine di analisi delle questioni in rito non può essere condivisa neanche alla luce del disposto dell’art. 49, comma 2 c.p.a., che esclude l’integrazione del contraddittorio in caso di manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso. A parte il fatto che, in tale circostanza, la tardività posta alla base della seconda sentenza del TAR non era così manifesta (come emerso, poi, nel relativo giudizio di appello), tale meccanismo non sembra comunque poter operare in presenza di un rinvio al primo giudice con un ben individuato effetto conformativo in merito alla prescritta integrazione del contraddittorio[37]. L’integrità del contraddittorio, pertanto, assume in questo contesto una rilevanza “rafforzata” nell’ambito della dinamica processuale, non solo in quanto fondamentale all’attuazione del diritto di diritto di difesa delle parti in giudizio, ma anche come strumento per il perseguimento di un altro ineludibile principio, ossia quello della ragionevole durata del processo.
[1] Sulla disciplina generale della notificazione nel processo civile si segnalano: M.S. GIANNINI, Certezza pubblica, in Enc. dir., VI, Milano, 1960, p. 773 ss.; C. PUNZI, Notificazione (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978, 642 ss.; G. BALENA, Notificazione e comunicazione, in Dig. civ., XII, Torino, 1995, 259 ss.; S. LA CHINA, Notificazione (diritto processuale civile), Postilla, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2006. Sul tema della notifica del ricorso nel processo amministrativo si segnala F. DE LEONARDIS, Notificazione del ricorso (giur. amm.), in Dig. Disc. Pubbl., IV Agg., 2010, p. 296 ss.
[2] Sull’istituto della rimessione al primo giudice nel processo amministrativo si rinvia a: S. CASSARINO, Il rinvio al giudice di primo grado nella sentenza amministrativa di appello, in Dir. proc. amm., 1995, p. 10 ss.; S. MENCHINI, La rimessione della causa al primo giudice nell’appello amministrativo, in Dir. proc. amm., 1996, p. 336 ss.; S. PERONGINI, L’annullamento della sentenza appellata con rinvio al primo giudice, secondo il codice del processo amministrativo, in Riv. trim. dir. proc. amm., 2010, p. 1109 ss. Per un commento all’art. 105 c.p.a. si segnala: R. DE NICTOLIS – M. NUNZIATA, Commento all’art. 105 c.p.a., in G. MORBIDELLI (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, p. 965 ss.
[3] Sulla ragionevole durata del processo, tra i tanti contributi, si segnalano: F. AULETTA, La ragionevole durata del processo amministrativo, inDir. proc. amm., 2007, p. 959 ss.; M. ALLENA, Art. 6 CEDU. Procedimento e processo amministrativo, Napoli, 2012; M.A. SANDULLI, Il tempo del processo come bene della vita, in Federalismi.it, n. 18/2014.
[4] Cons. di Stato, Sez. VII, 12 febbraio 2024, n. 1414, in www.giustizia-amministrativa.it.
[5] T.A.R. Lazio (Roma), Sez. Terza Bis, 21 ottobre 2020, n. 10724, in www.giustizia-amministrativa.it.
[6] Cons. di Stato, Sez. VII, 10 maggio 2022, n. 3657, in www.giustizia-amministrativa.it.
[7] T.A.R. Lazio (Roma), Sez. Terza Bis, 24 marzo 2023, n. 5194, in www.giustizia-amministrativa.it.
[8] Cons. di Stato, n. 1414/2014, cit.
[9] Sul tema della notifica per pubblici proclami nel processo amministrativo si rinvia ai contributi di: G. FARRELLI, La nuova frontiera del processo amministrativo telematico: la notifica per pubblici proclami, in www.giustamm.it, 2014; N. PAOLANTONIO, Autorizzazione alla notifica per pubblici proclami e tutela del contraddittorio, in Dir. proc. amm., 1991, p. 103 ss., a cui si rimanda anche per un’interessante e completa analisi storico-evolutiva dell’istituto (pur se anteriore all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo).
[10] In altre parole, questa forma eccezionale di notifica può essere utilizzata in due momenti diversi e con presupposti applicativi differenti: in base all’art. 41, comma 4 c.p.a., può essere richiesta dalla parte e concessa dal Presidente per la notifica del ricorso introduttivo al fine dell’instaurazione della lite; in base all’art. 49, comma 3 c.p.a., può essere concessa d’ufficio dal giudice per ordinare l’integrazione del contraddittorio tramite l’invio del ricorso, già notificato nelle forme ordinarie ad almeno un soggetto controinteressato, anche a tutti gli altri soggetti controinteressati.
[11] La notificazione per pubblici proclami era già prevista nel r.d. n. 642/1907 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), all’art. 14, secondo il quale: “Quando la notificazione del ricorso nei modi ordinari sia sommamente difficile per il numero delle persone da chiamarsi in giudizio, il presidente della sezione adita può disporre che sia fatta per pubblici proclami, autorizzando il ricorrente a far inserire nel foglio degli annunzi della Provincia ove ha sede l’autorità che emise il provvedimento e nella Gazzetta ufficiale del Regno, un sunto del ricorso e le sue conclusioni, con le cautele consigliate dalle circostanze, e designando, se sia possibile, alcuni fra gli interessati ai quali la notificazione debba farsi nei modi ordinari”. Questa disposizione è stata abrogata dall’art. 4 dell’all.4 al d.lgs. n. 104/2010.
[12] Sull’operatività e sui limiti del rinvio alle norme processualcivilistiche previsto dall’art. 39 c.p.a. si rinvia a: W. GIULIETTI, Commento all’art. 39 c.p.a., in G. MORBIDELLI (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, cit., p. 553 ss.
[13] In tal senso vedasi, tra le tante: Cons. di Stato, Sez. VI, 31 agosto 2016, n. 3764, in www.giustizia-amministrativa.it.
[14] In tal senso vedasi: Cons. Stato, Sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3759, in www.giustizia-amministrativa.it.
[15] Così prevede T.A.R. Calabria (Catanzaro), Sez. II, 31 maggio 2018, n. 1159, in www.giustizia-amministrativa.it. In senso analogo si vedano anche: Cons. di Stato, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5089 e Cons. di Stato, Sez. VI, 23 gennaio 2013, n. 384, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it.
[16] T.A.R. Lazio, (Roma), Sez. I, 17 aprile 2020, n. 4013, in www.giustizia-amministrativa.it.
[17] T.A.R. Lazio, n. 10724/2020, cit. e T.A.R. Lazio, n. 5194/2023, cit.
[18] Sull’impossibilità di tale soccorso, la sentenza T.A.R. Lazio, n. 5194/2023, cit., richiama la sentenza T.A.R. Lazio (Roma), Sez. Prima Quater, 15 giugno 2017, n. 7048, in www.giustizia-amministrativa.it.
[19] O meglio, la notifica ex art. 41, comma 4 c.p.a., in assenza di una previa notificazione nelle forme ordinarie, sarebbe astrattamente possibile (rectius idonea ad evitare l’inammissibilità) solo nei casi ove la parte ricorrente sia in grado di fornire una concreta prova dell’impossibilità (o della concreta difficoltà) di provvedere a detta preventiva notifica ordinaria ad almeno un controinteressato.
[20] Bisogna, però, dare atto che la giurisprudenza del TAR Lazio sul punto non è stata univoca negli ultimi anni. Una maggiore apertura all’applicazione dell’art. 41, comma 4 c.p.a., per esempio, è riscontrabile nella pronuncia T.A.R. Lazio (Roma), Sez. Prima Bis, 30 agosto 2018, n. 9089, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo la quale, per evitare l’inammissibilità del ricorso, parte ricorrente avrebbe dovuto “partecipare il ricorso, ad almeno uno di essi, ovvero, in subordine, chiedere, nel termine decadenziale, l’autorizzazione alla notifica del gravame per pubblici proclami”.
[21] Il riferimento è alle pronunce: Cons. di Stato, n. 3657/2022, cit. e Cons. di Stato, n. 1414/2024, cit.
[22] La ratio di tale norma, infatti, è quella di tutelare il diritto di difesa del ricorrente (facilitando la sua attività notificatoria) e non, sicuramente, quella di gravarlo di una doppia attività di notificazione, prima quella ordinaria ad almeno un controinteressato e, poi, quella per pubblici proclami a seguito dell’instaurazione del contraddittorio.
[23] Sul punto si segnala: Cons. Stato, Sez. IV, ord., 18 ottobre 2019, n. 5263, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo la quale: “osservato che il ricorso per motivi aggiunti svolto in prime cure, nel corpo del quale è stata formulata istanza di autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, risulta essere stato spedito per la notifica l’ultimo giorno utile; [e] rilevato che la parte ricorrente ha l’onere di sollecitare l’autorizzazione alla notifica per pubblici proclami in tempo utile per poter procedere all’incombente entro il termine decadenziale per la proposizione dell’impugnazione, come stabilito dall’art. 29 c.p.a. […] non ricorrono le condizioni per la concessione della rimessione in termini, giacché […] gli impedimenti di fatto relativi all’esatta individuazione dei contro-interessati, in disparte l’effettiva gravità, potevano essere superati con una più sollecita proposizione dell’azione giurisdizionale”.
[24] Sul principio del contraddittorio nel processo amministrativo si segnalano: L. MIGLIORINI, Il contraddittorio nel processo amministrativo, Napoli, 1996; E. FOLLIERI, Il contraddittorio in condizioni di parità nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2006, p. 499 ss.
[25] Sul rapporto tra il rinvio al primo giudice e l’integrità del contraddittorio si segnala: C.E. GALLO, Omessa integrazione del contraddittorio e rinvio al giudice di primo grado nel giudizio amministrativo, in Dir. proc. amm., 1996, p. 336 ss.
[26] Sul punto la sentenza T.A.R. Lazio, n. 5194/2023, cit., ha così argomentato: “In disparte la questione di inammissibilità di cui sopra [quella relativa all’inammissibilità ex art. 41, comma 1 c.p.a. per omessa notifica ad almeno un controinteressato nelle forme ordinarie], nell’odierno giudizio in riassunzione il Collegio ritiene di non dover comunque procedere con l’estensione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti controinteressati ex art. 49, co. 2 c.p.a., in considerazione della manifesta irricevibilità dell’atto introduttivo del giudizio, così come eccepita dall’Amministrazione resistente con memoria depositata il 31 luglio 2020 nell’ambito del giudizio originario iscritto al r.g. n. 05139/2020, alla quale parte ricorrente non ha replicato in nessuno dei suoi scritti difensivi successivamente presentati”.
[27] T.A.R. Lazio, n. 4013/2020, cit.
[28] Infatti, la sentenza Cons. di Stato, n. 3657/2022, cit., ha annullato con rinvio al giudice di prime cure ex art. 105, comma 1 c.p.a. la prima pronuncia di primo grado (T.A.R. Lazio, n. 10724/2020, cit.), sostenendo che la mancata formazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti controinteressati fosse imputabile non già alla parte ricorrente quanto, piuttosto, alla circostanza che il TAR non avesse considerato la tempestiva istanza di autorizzazione alla notificazione per pubblici proclami ritualmente proposta nel ricorso.
[29] Cons. di Stato, n. 1414/2024, cit.
[30] Non si ritiene, in tal sede, di entrare nel merito della vicenda controversa. Ci si limita ad evidenziare come, con la sentenza in commento, il giudice abbia conclusivamente accolto l’appello e, in riforma della sentenza appellata, abbia dichiarato ricevibile e fondato il ricorso di primo grado, con consequenziale annullamento dei provvedimenti impugnati.
[31] Sul punto la sentenza Cons. di Stato, n. 1414/2024, cit., precisa che: “in ogni caso, il carattere “manifesto” della asserita irricevibilità non sembra affatto emergere dagli atti, esigendo, semmai, un accurato esame dei dati fattuali e della normativa di proroga dei termini, applicabile nella presente vicenda. Non solo: la decisione del TAR è, anche sotto questo profilo, errata, per le ragioni indicate in prosieguo”.
[32] Secondo Cons. di Stato n. 1414/2024, cit.: “Questo modo di operare, secondo il collegio d’appello, ha accresciuto le incertezze sul corretto modo di sviluppo del giudizio, complicandone, irragionevolmente, l’esito fisiologico”.
[33] Nel caso di specie, il Collegio, proprio per evitare un ulteriore rinvio al giudice di primo grado, ha deciso di trattenere in decisione la controversia evidenziando come “la circostanza che il TAR, per ben due volte consecutive, abbia erroneamente impedito la rituale formazione del contraddittorio processuale, induce il Collegio a ritenere che il giudizio debba essere trattenuto, per la trattazione del merito, in questo grado. Va ricordato, infatti, che, nella presente fase di appello, il contraddittorio è stato realizzato nei confronti di tutti i controinteressati, mediante la notificazione per pubblici proclami. Pertanto, il diritto di difesa di tali parti risulta comunque garantito, ancorché, non riferito all’effettiva pienezza del diritto al doppio grado di giudizio” (Cons. di Stato n. 1414/2024, cit.).
[34] In altre parole, la notifica per pubblici proclami ex art. 41, comma 4 c.p.a. deve essere intesa come un vero e proprio strumento di instaurazione del contraddittorio minimo previsto dall’art. 41, comma 2 c.p.a. e non va confusa con la notifica per pubblici proclami ex art. 49, comma 3 c.p.a., che è successiva alla notifica nelle forme ordinarie ad almeno uno dei controinteressati e che costituisce uno strumento di integrazione del contraddittorio.
[35] Si rammenta riassuntivamente che il TAR Lazio, in prima battuta, aveva statuito l’inammissibilità del gravame per omessa notifica ad almeno uno dei controinteressati e, in seconda battuta, aveva rilevato la manifesta irricevibilità del gravame.
[36] A tal proposito va precisato che, nella sentenza in commento, il giudice ha deciso di trattenere la causa e di deciderla nel merito, pur dando atto che, in questa situazione, sarebbe stato corretto un terzo rinvio al giudice di prime cure. La scelta di non effettuare tale rinvio – quantomeno “forzata” a parere di chi scrive – è stata giustificata con la scelta di adottare “una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 105 del c.p.a., delimitando ragionevolmente le ipotesi concrete di annullamento con rinvio al T.A.R.”, anche avuto riguardo al “valore costituzionale irrinunciabile della ragionevole durata del processo tanto più rilevante quando la dilatazione dei tempi del processo deriva da reiterati errori ed omissioni di valutazione e decisione compiuti dal giudice”.
[37] Ciò non toglie che il giudice di primo grado, integrato il contraddittorio come prescritto dal giudice d’appello, poi, avrebbe ben potuto porre alla base della sua seconda decisione la questione della tardività del primo ricorso.