Le Sezioni Unite tornano sul riparto di giurisdizione in materia di edilizia residenziale pubblica (nota a margine della Cass. civ., Sez. Un., 26 dicembre 2024, n. 34502)
di Carolina Cappabianca
Sommario: 1. Introduzione; 2. L’inquadramento della vicenda; 2.1. La ricostruzione del Tribunale di Locri n. 703/2019; 2.2. Le motivazioni del T.A.R. Reggio Calabria, ord. n. 284/2024; 3. Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo secondo le Sezioni Unite della Corte di cassazione; 4. Rilievi conclusivi.
1. Introduzione
Con la sentenza in commento, le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi sulla giurisdizione nell’ipotesi di controversia sulla legittimità dei provvedimenti di rilascio e di sgombero dell’alloggio occupato sine titulo, in materia di edilizia residenziale pubblica[i] (d’ora in avanti anche solo e.r.p.).
Va rilevato, sin da subito, che - a fronte di un oramai consolidato criterio generale di riparto fra giurisdizioni[ii] - in materia di e.r.p. appare tutt’oggi complicata l’individuazione della giurisdizione[iii], considerando la natura complessa del rapporto fra gli assegnatari degli alloggi e l’amministrazione titolare del bene[iv], che si articola in due distinte fasi: l’una tipicamente pubblicistica, volta all’individuazione mediante pubblico concorso del soggetto legittimato, che si conclude con il provvedimento di assegnazione dell’alloggio; l’altra di tipo privatistico, che ha origine a seguito della stipulazione del contratto di locazione con l’assegnatario e attiene alla gestione del rapporto instaurato fra quest’ultimo e l’amministrazione[v].
La Corte di cassazione, in più occasioni[vi], così come anche nella pronuncia in commento, ha affermato che «nella materia degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo ed ordinario trova il suo criterio distintivo nell’essere la controversia relativa alla fase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione dell’alloggio, che segna il momento a partire dal quale l’operare della pubblica amministrazione non è più riconducibile all’esercizio di pubblici poteri, ma ricade invece nell’ambito di un rapporto paritetico»[vii].
Tuttavia, la difficoltà nell’individuare con esattezza la fase, pubblicistica o privatistica, alla quale si riferisce la questione controversa continua a porre problemi di certezza in merito alla giurisdizione.
Infatti, nella stessa vicenda esaminata dalle Sezioni Unite, il Tribunale di Locri, inizialmente adito, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo che la questione dedotta in giudizio riguardasse la fase antecedente al provvedimento di assegnazione dell’alloggio, quindi quella tipicamente pubblicistica in cui la posizione del richiedente assume natura di interesse legittimo.
Senonchè, riassunta la questione dinanzi al T.A.R. Reggio Calabria, quest’ultimo ha a sua volta declinato la sua giurisdizione, ritenendo invece che la posizione soggettiva tutelata dal ricorrente fosse di diritto soggettivo e pertanto spettasse al giudice ordinario[viii]. Nella fattispecie, infatti, i provvedimenti contestati dal ricorrente riguardavano la diffida al rilascio dell’alloggio occupato e un’ordinanza esecutiva di sgombero che, secondo il giudice amministrativo, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario.
Le Sezioni Unite, adite a seguito dell’ordinanza del T.A.R. Reggio Calabria, nella sentenza in commento, si sono pronunciate a favore della giurisdizione del giudice ordinario con una motivazione che, pur condivisibile in punto di giurisdizione, non pare dipanare del tutto le incertezze, già evocate, esistenti in materia.
2. L’inquadramento della vicenda
Prima di analizzare la pronuncia in commento è opportuno procedere ad una breve ricostruzione della vicenda ad essa sottostante.
Quest’ultima trae origine dal ricorso proposto dinanzi al Tribunale di Locri dagli occupanti di un alloggio popolare avverso: a) il provvedimento con il quale l’ATERP della Provincia di Reggio Calabria, proprietaria dell’immobile, li diffidava al rilascio dello stesso, in quanto da loro occupato illegittimamente; b) l’ordinanza del Sindaco del Comune di Locri che intimava ai ricorrenti l’immediato sgombero dell’immobile.
In particolare, gli occupanti contestavano l’ordine di immediato rilascio dell’alloggio, evidenziando la sussistenza di tutti i presupposti per la regolarizzazione del rapporto ai sensi dell’art. 1, co. 1, l. r. 30 marzo 1995, n. 8, nonché la legittimità dell’ordinanza sindacale di sgombero sotto più profili.
In buona sostanza, i ricorrenti adivano l’autorità giudiziaria affinchè venisse accertato il loro diritto soggettivo al godimento dell’alloggio popolare, in quanto subentranti nel rapporto locativo alla legittima assegnataria.
Questi, infatti, avevano occupato l’alloggio, dopo che gli era stato ceduto gratuitamente dalla assegnataria, provvedendo oltretutto anche al pagamento delle utenze e della tassa sui rifiuti. Inoltre, sostenevano di aver anche presentato una richiesta di regolarizzazione del rapporto di locazione all’ATERP della Provincia di Reggio Calabria che, dopo una iniziale richiesta di integrazione documentale, li aveva diffidati al rilascio dell’immobile occupato, così inducendoli ad agire per l’accertamento del proprio diritto soggettivo al mantenimento della situazione di vantaggio acquisita.
2.1. La ricostruzione del Tribunale di Locri n. 703/2019
Il Tribunale di Locri, ritenendo prevalente il profilo relativo alla pendenza di una domanda di regolarizzazione della occupazione senza titolo dell’alloggio di e.r.p, ha inquadrato la controversia nell’ambito della fase tipicamente pubblicista del rapporto, spettante, come si è visto, alla giurisdizione del giudice amministrativo.
In particolare, muovendosi nel solco del petitum formale, individuato in base all’oggetto del dispositivo che i ricorrenti invocavano, il Tribunale ha ricondotto erroneamente il caso di specie in una controversia afferente ad un’istanza di assegnazione in sanatoria dell’alloggio, sebbene mediante regolarizzazione e ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo.
2.2. Le motivazioni del T.A.R. Reggio Calabria, ord. n. 284/2024
Dal canto suo, il T.A.R. Reggio Calabria, dinanzi al quale è stata riassunta la controversia, ritenendo che la stessa andasse inquadrata nell’ambito di un rapporto di tipo paritetico e che, pertanto, spettasse al giudice ordinario, ha sollevato conflitto negativo di giurisdizione ai sensi dell’art. 11, co.3, c.p.a.
Ad avviso del Collegio, infatti, la situazione giuridica soggettiva fatta valere dai ricorrenti era di diritto soggettivo «essendo contestato il diritto di agire esecutivamente» dell’amministrazione «e configurandosi l’ordine di rilascio come un atto imposto dalla legge e non come esercizio di un potere discrezionale dell’amministrazione»[ix].
Inoltre, ad ulteriore sostegno delle sue conclusioni, ritenendo che i ricorrenti avessero opposto alla pretesa di rilascio dell’amministrazione un diritto a subentrare nel rapporto - già costituito con l’originaria assegnataria dell’alloggio - il Collegio evoca un’altra pronuncia delle Sezioni Unite[x], secondo cui l’accertamento dei requisiti richiesti per l’esercizio del diritto al subentro negli alloggi di e.r.p. spetterebbe al giudice ordinario.
Tuttavia, quanto a quest’ultimo profilo, la pronuncia del T.A.R. non appare pienamente condivisibile, in quanto la fattispecie oggetto della sentenza delle Sezioni Unite richiamata riguardava effettivamente un’opposizione al provvedimento di rilascio della P.A., fondata sull’asserita esistenza di un diritto al subentro nell’alloggio di e.r.p.; mentre - nel caso di specie - la situazione soggettiva opposta dai ricorrenti riguardava il presunto diritto alla regolarizzazione in sanatoria del rapporto di cui all’art. 1, co. 1, della l.r. 30 marzo 1995, n. 8[xi].
La differenza fra i due istituti, quello di assegnazione mediante regolarizzazione del rapporto e quello del diritto al subentro, non è irrilevante.
Infatti, il diritto a subentrare nell’assegnazione è previsto e disciplinato, nella fattispecie, dall’art. 32 l.r. 25 novembre 1996, n. 32[xii], ed è riconosciuto, in caso di morte dell’assegnatario o dell’aspirante assegnatario, soltanto ad alcune categorie di soggetti - fra i quali, peraltro, non rientrano i ricorrenti - a seguito di voltura del contratto di locazione e dell’esito positivo della verifica, da parte dell’ente gestore, dell’assenza di condizioni ostative alla permanenza nell’alloggio degli aspiranti subentranti nel rapporto locativo.
Si tratta, invero, di componenti del nucleo familiare dell’assegnatario o di persone che, pur essendo prive di vincoli di parentela o affinità con quest’ultimo, vi abbiano convissuto stabilmente e per le quali, comunque, ai fini del riconoscimento del diritto al subentro, deve essere stato riconosciuto il c.d. ampliamento stabile del nucleo familiare[xiii].
Diverse, invece, sembrerebbero essere le finalità, i presupposti e la procedura previste per la regolarizzazione dell’assegnazione di cui all’art. 1, co. 1, della l.r. 30 marzo 1995, n. 8, richiamato espressamente dai ricorrenti per paralizzare la pretesa di rilascio dell’alloggio dell’amministrazione.
Questa, infatti, è una misura straordinaria - come desumibile anche dalla circostanza che la sua operatività è espressamente limitata a tutti coloro che presentino l’istanza entro una specifica data - che consente di regolarizzare l’occupazione abusiva all’esito di una valutazione amministrativa in ordine al possesso di tutti i requisiti richiesti per l’assegnazione e che può trovare applicazione anche nelle ipotesi, come quella in esame, in cui gli alloggi sono stati assegnati a terzi e poi ceduti da questi agli occupati senta titolo[xiv].
Alla luce di tali considerazioni, si ritiene che, nel caso di specie, avendo i ricorrenti richiamato la normativa per la regolarizzazione delle occupazioni sine titulo, il Collegio sia incorso in errore qualificando la posizione soggettiva vantata dai ricorrenti come diritto al subentro, laddove, invece, come si è detto, i ricorrenti avevano contestato i provvedimenti impugnati sul presupposto della pendenza di una domanda di regolarizzazione del rapporto in sanatoria.
Di conseguenza, pur condividendosi la pronuncia sotto il profilo della giurisdizione, ci si discosta dalle conclusioni del T.A.R. con riferimento all’assimilazione apparentemente svolta dallo stesso fra le ipotesi di diritto al subentro in senso stretto e quelle di assegnazione dell’alloggio mediante regolarizzazione del rapporto di fatto, sorto a seguito dell’illegittima occupazione del bene.
Infatti, diversamente da quanto sostenuto dal Collegio, si ritiene che, in assenza di un provvedimento di rilascio, quale quello impugnato nel caso di specie, ove oggetto della controversia fosse stata l’accertamento dei requisiti per assegnazione dell’alloggio mediante regolarizzazione, la giurisdizione avrebbe dovuto essere del giudice amministrativo.
3. Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo secondo le Sezioni Unite della Corte di cassazione
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, al fine di dipanare i dubbi sorti, richiamano il generale criterio di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, fondato non sul parametro del petitumformale individuato in base all’oggetto del dispositivo che si invoca, bensì su quello del petitum sostanziale, da individuarsi con riguardo alla causa petendi e al rapporto dedotto in giudizio[xv].
Alla luce di tale premessa, le Sezioni Unite asseriscono che nella vicenda in esame «è evidente che la situazione giuridica dei ricorrenti (…) è di diritto soggettivo, perché la pretesa di conservare la disponibilità dell’immobile si oppone ad un provvedimento dell’amministrazione comunale, di rilascio dell’immobile ad uso abitativo occupato senza titolo, che non è esito della valutazione dell’interesse pubblico nell’esercizio del potere discrezionale, ma è atto imposto dalla legge come forma esecutiva per il recupero dell’immobile alla mano pubblica».
In particolare, in continuità con il suo precedente indirizzo, la Corte sottolinea che: a) in termini generali, il criterio di riparto di giurisdizione in materia di edilizia residenziale pubblica è dato dall’essere la controversia relativa alla fase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione dell’alloggio, atteso che a seguito di tale atto il rapporto instaurato fra le parti è di tipo paritetico; b) in ogni caso, ove si riscontrino difficoltà nel comprendere la natura del rapporto instaurato, il criterio guida è quello tradizionale del petitumsostanziale, che va identificato soprattutto sulla base dei soli fatti dedotti a fondamento della pretesa fatta valere con l’atto introduttivo della lite.
Pertanto, in tale ottica, ad assumere rilevanza in punto di giurisdizione è la natura sostanziale della situazione giuridica fatta valere che, tornando al caso di specie, non cambia in ragione del motivo che gli occupanti possono avere addotto per opporsi al rilascio dell’alloggio. Si è, infatti, dinanzi ad un’azione esecutiva avverso la quale i ricorrenti avrebbero potuto dedurre efficacemente il solo diritto a permanere nell’immobile in virtù di pregresso titolo legittimante.
In definitiva, secondo la Corte di cassazione, qualora la controversia verta sulla legittimità dei provvedimenti di rilascio e di sgombero dell’alloggio occupato sine titulo, va affermata la giurisdizione del giudice ordinario, atteso che la situazione giuridica azionata è il diritto soggettivo di resistere all’attività esecutiva che si ritiene, per qualsiasi motivo, illegittimamente posta in essere dall’amministrazione; un diritto, dunque, non diverso da quello da cui è connotata la situazione di chiunque proponga opposizione ad un titolo esecutivo.
4. Rilievi conclusivi.
Sono possibili alcune brevi osservazioni in chiave conclusiva.
Si è già anticipato, invero, delle perplessità sorte dalla lettura dell’ordinanza del T.A.R. adito nella parte in cui, sembrerebbe valorizzare, ai fini del riparto di giurisdizione, anche l’asserita esistenza da parte dei ricorrenti di un diritto al subentro in senso stretto nell’alloggio.
Orbene, al riguardo, ulteriori riflessioni possono svolgersi in relazione alla posizione assunta dalla Corte di cassazione che - contrariamente a quanto sostenuto dal T.A.R. - ritiene condivisibilmente che i ricorrenti abbiano opposto al provvedimento di rilascio dell’alloggio la titolarità delle condizioni per ottenere l’assegnazione in sanatoria dello stesso.
Dalle affermazioni della Corte, però, sembrerebbe potersi desumere anche che, per essa, non vi è un’effettiva differenza, in punto di giurisdizione, fra la situazione giuridica azionata da chi aspira all’assegnazione mediante regolarizzazione del rapporto e chi, invece, assume di essere titolare di un diritto al subentro in senso stretto.
In particolare, secondo la Corte «l’istanza di regolarizzazione del rapporto locativo non radica diversamente la giurisdizione nella controversia, giacché, ancora una volta, si è al di fuori dell’ambito della discrezionalità dell’amministrazione». Ciò in quanto «la dedotta regolarizzazione discenderebbe direttamente dalla previsione legislativa di fonte regionale in presenza di precise condizioni».
È pur vero che tale differenza, nel caso di specie, è irrilevante ai fini del riparto di giurisdizione poiché, come si è visto, si è in presenza di un giudizio di opposizione ad atti esecutivi, ove ad assumere rilevanza, in un’ottica difensiva, è il solo eventuale possesso di un titolo che legittimi l’occupazione e quindi di un diritto soggettivo al godimento del bene, oggetto di cognizione del giudice ordinario.
Ciononostante, volendo ampliare la riflessione al di fuori della fattispecie concreta, non pare pienamente convincente la tesi sostenuta dalla Corte di cassazione, quanto all’assimilazione fra i due istituti sotto il profilo della giurisdizione.
In particolare, ad avviso di chi scrive, le controversie relative all’assegnazione degli alloggi mediante regolarizzazione andrebbero devolute al giudice amministrativo. Ciò sarebbe desumibile sia dall’oramai consolidato criterio di riparto di giurisdizione retto dalla distinzione fra fase pubblicistica e fase privatistica del rapporto, sia da una lettura sistematica, in funzione applicativa della disciplina dell’istituto, coerente anche con i principi a cui è informata la materia dell’e.r.p.
A ben vedere, l’assegnazione mediante regolarizzazione presuppone l’instaurazione di un nuovo rapporto con l’amministrazione e andrebbe inquadrata nella fase antecedente all’adozione del provvedimento di assegnazione. L’assenza, in tali casi, di un tradizionale procedimento amministrativo volto alla formazione di una graduatoria tra più aspiranti all’assegnazione, non dovrebbe escludere automaticamente in capo al privato una posizione di interesse legittimo pretensivo all’ottenimento dell’alloggio.
Dalla lettura della norma[xvi] che regola l’attribuzione del bene mediante regolarizzazione del rapporto, infatti, sembrerebbe potersi desumere una sorta di parallelismo fra assegnazione in sanatoria e assegnazione ordinaria, che trova giustificazione – ad avviso di chi scrive - nel fatto che la materia dell’e.r.p. è informata al principio concorsuale che prevede, in via assolutamente prioritaria, l’esperimento di una procedura comparativa. Orbene, eventuali deroghe a siffatta procedura sono ammesse ma in casi eccezionali, che impongono comunque all’amministrazione una valutazione e ponderazione degli interessi coinvolti.
Si tratta, infatti, di conferire un’utilità a soggetti, detentori illegittimi del bene, in pregiudizio ad altri che, invece, hanno partecipato alla formazione della graduatoria e che magari sono anche più svantaggiati degli occupanti sine titulo dell’alloggio.
Peralto, la maggiore coerenza sistematica di tale ricostruzione troverebbe conferma anche nell’orientamento giurisprudenziale[xvii], che rimette al giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto la legittimità di un’eventuale reiezione dell’istanza di assegnazione di un alloggio, a titolo di regolarizzazione, da parte degli occupanti. Secondo tale indirizzo, infatti, si tratta di questioni attinenti alla fase iniziale del procedimento riconducibile all’esercizio di poteri pubblici.
Diversamente, la discussione sorta in ordine alla legittimità di un diniego di un’istanza di subentro viene ricondotta alla giurisdizione del giudice ordinario. In tale ipotesi, infatti, la domanda dell’occupante non inciderebbe sul procedimento pubblicistico di assegnazione, perché il privato richiederebbe solo di subentrare in un rapporto già costituito, in base alla disciplina di settore, per cui non vi sarebbe alcuna discrezionalità valutativa della pubblica amministrazione[xviii].
Pertanto, a questo punto della riflessione, tornando al caso di specie, nasce spontaneo il dubbio se non sarebbe stato più opportuno, in una prospettiva di maggiore chiarezza, affermare la giurisdizione del giudice ordinario per il solo fatto che ad essere contestato era il diritto di agire esecutivamente dell’amministrazione, senza soffermarsi più di tanto sui motivi sottesi all’opposizione dei ricorrenti, di fatto privi di alcun titolo legittimante la loro occupazione.
Infatti, l’espressa natura di titolo esecutivo del provvedimento di rilascio di un immobile occupato sine titulo[xix], quale atto non discrezionale ma dovuto a tutela del patrimonio comunale, sarebbe stato, a parere di chi scrive, di per sé un elemento sufficiente ai fini del riparto di giurisdizione.
Invece, l’esserci pronunciati anche sulla questione delle condizioni soggettive vantate dai ricorrenti, rischia di ingenerare ulteriori incertezze su profili che avrebbero potuto trovare adeguate risposte nei tradizionali principi in materia di riparto di giurisdizione.
[i] Con l’espressione “edilizia residenziale pubblica” ci si riferisce a quell’attività, svolta con il contributo totale o parziale dello Stato o di enti pubblici, diretta all’acquisizione, alla costruzione o al recupero di fabbricati da adibire ad abitazione per coloro che non sono in condizione di reperire un alloggio ai prezzi di mercato, sul presupposto che l’abitazione è un bene essenziale per appagare le necessità primarie individuali e familiari di ogni persona e per avere complessivamente una vita dignitosa. In tal ultimo senso si è, infatti, espressa già da tempo la giurisprudenza costituzionale, secondo cui fra i «compiti cui uno Stato non può abdicare in nessun caso» vi è quello di «concorrere a garantire al maggior numero di cittadini possibile un fondamentale diritto sociale, quale quello all’abitazione», dimodoché «la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana» (Corte Cost. n. 217/1988).
Più nel dettaglio, va rilevato che esistono tipologie differenti di edilizia residenziale pubblica, bisogna infatti distinguere tra edilizia agevolata, convenzionata, sovvenzionata e, da ultimo, ancora diversa è la fattispecie dell’edilizia sociale, ove l’intervento pubblico si concretizza nella realizzazione di infrastrutture che consentono l’attuazione di programmi edilizi. Per un maggiore approfondimento sulla nascita e l’evoluzione del settore, v. M. NIGRO, L’edilizia popolare come servizio pubblico, in Riv. trim. dir. pubbl., 1957, pag.118 s.s.; V. DOMENICHELLI, Dall'’edilizia popolare ed economica all’edilizia residenziale pubblica. Profili giuridici dell’intervento pubblico, Padova,1984; A. R. MINELLI, Politiche della casa. Ottiche adottate, aspetti inevasi e spunti prospettici, in Riv. delle politiche sociali, n. 3/2006; S. CIVITARESE MATTEUCCI, L’evoluzione della politica della casa in Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., n.1/2010; P. URBANI, L’edilizia residenziale pubblica tra Stato e autonomie locali, in Istituzioni del federalismo, n. 3-4/2010, pag. 249 ss; G.M. ANTONELLI, L’edilizia residenziale pubblica. Schemi e soluzioni operative, Napoli, 2020; C. FRANCHINI, L’intervento pubblico di contrasto alla povertà, Napoli, 2021, pag. 125 ss.
[ii] La bibliografia in tema di giurisdizione del giudice amministrativo e, in particolare, di riparto di giurisdizione con il giudice ordinario è vastissima. Pertanto, ci si limita a rinviare a M.S. GIANNINI e A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. Dir., XIX, Milano, 1970; F.G. SCOCA, Riflessioni sui criteri di riparto delle giurisdizioni, in Dir. proc. amm., 1989; A. LAMORGESE, La giurisdizione contesa. Cittadini e pubblica amministrazione, Torino, 2004; Fra le ricostruzioni più recenti, cfr.: M.C. CAVALLARO, Determinazione amministrativa e riparto di giurisdizione, in P.A. Persona e amministrazione, n. 1/2018; M.A SANDULLI (a cura di), Il giudizio amministrativo. Principi e regole, 2024, pag. 47 ss.; A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2024.
[iii] In realtà, è la stessa materia dell’edilizia residenziale pubblica a non essere di agevole collocazione sotto il profilo della giurisdizione. Questa, infatti, può essere ricompresa quantomeno nella materia edilizia, dal punto di vista dell’attività necessaria alla realizzazione e al recupero delle abitazioni da assegnare, nonché nell’ambito della nozione di pubblico servizio, quanto alla finalità di interesse generale perseguita con l’assegnazione e gestione degli alloggi; attività da svolgersi in attuazione degli artt. 3, co. 2, e 42, co. 2, Cost.
[iv] A ben vedere, originariamente, il D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 - rubricato “Norme per l’assegnazione e la revoca nonché per la determinazione e la revisione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica” – quale dettato legislativo di riferimento in materia, prevedeva che all’assegnazione degli alloggi di e.r.p. dovesse procedere l’istituto autonomo delle case popolari. È, invece, dall’adozione del D.P.R., 24 luglio 1977, n. 616, e dalla successiva entrata in vigore della legge 5 agosto 1978, n. 457, che le funzioni amministrative concernenti l’assegnazione sono state attribuite ai comuni
[v] Quanto al procedimento di assegnazione e alla determinazione dei canoni, nel caso di specie, la disciplina di riferimento è dettata dal Capo II, Titolo II, della vigente l.r. Calabria 25 novembre 1996, n. 32
[vi] In argomento, a ben vedere, la Corte di cassazione non ha più mutato il proprio orientamento formatosi a seguito della nota sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, che ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 33 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7, lettera a), della legge 21 luglio 2000, n. 205. Tale norma devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo interi blocchi di materie, tra i quali i rapporti di concessione aventi ad oggetto servizi pubblici, nel cui ambito veniva ricompresa l’edilizia residenziale pubblica, quale forma di manifestazione di un servizio pubblico sociale.
Per un inquadramento, invece, delle tesi in contrapposizione fra loro, in dottrina e giurisprudenza, in fase antecedente alla citata pronuncia della Corte costituzionale, si rinvia a R. GAROFOLI, in I servizi pubblici, in Trattato di Giustizia Amministrativa, F. CARINGELLA- R. GAROFOLI (a cura di), Parte II, cap. 1, pag. 471 ss.; FALCONE- MELE (a cura di), in Urbanistica e appalti nella giurisprudenza, voce Edilizia residenziale pubblica, Torino, 2000, I, pag. 940 ss.; G. POLI, La giurisdizione in materia di alloggi pubblici non può che essere esclusiva e del G.A.: la natura concessoria del rapporto di assegnazione (di un bene pubblico) e l’indole pubblicistica del relativo atto di decadenza, in Dir. proc. amm., n. 3/2015, pag. 1065 ss; F. MIDIRI, Le ultime indicazioni della Corte di cassazione sui rapporti individuali di utenza prima della sentenza n. 204 come categorie ricostruttive per delineare il nuovo assetto della giurisdizione esclusiva in materia di servizio pubblico, in Foro amm. CDS, n. 11/2004, pag. 3110 ss.
[vii] Cass. civ., Sez. Un., 26 dicembre 2024, n. 34502. Nel medesimo senso, ex multis, cfr.: Cass., Sez. un., 8 marzo 2012, n. 3623; Cass., Sez. un., 20 aprile 2018, n. 9918; Cass., Sez. un., 26 febbraio 2020, n. 5252; Cass., Sez. un., 26 febbraio 2020, n. 5253. Tuttavia, per completezza, va evidenziato che, nonostante l’orientamento dei giudici della giurisdizione si sia consolidato sul generale criterio distintivo tra frase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione, vi è parte della giurisprudenza amministrativa che resta di diverso avviso. Secondo questo indirizzo, infatti, vanno tenute distinte le controversie sorte in seguito all’impugnazione dei provvedimenti di revoca e decadenza dall’assegnazione degli alloggi di e.r.p., atteso che tali ipotesi rientrerebbero nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, co.1, lett. b), che riguarda le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici. In tal senso, cfr.: Cons. St., sez. V, 17 maggio 2018, n. 2954; Cons. St., 16 aprile 2014, n. 1892; Cons. St. 21 agosto 2014, n. 4270; T.A.R. Abruzzo, sez. I, 14 luglio 2020, n. 223.
[viii] Lungi dal voler approfondire in questa sede la distinzione fra diritti soggettivi e interessi legittimi, in argomento e, in particolare, in ordine ai profili di maggiore rilevanza per il riparto di giurisdizioni, ci si limita a rinviare a G. SCOCA, L’interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, Giappichelli, 2017; A. ROMANO TASSONE, Situazioni giuridiche soggettive, in Enc. Dir., vol. II, Milano, 1998; M. NIGRO, Rileggendo Giovanni Miele, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, n. 17/1988, pag. 279 ss.; E. CASETTA; Diritto soggettivo ed interesse legittimo: problemi della loro tutela giurisdizionale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1956, 610 ss.; B. SORDI, Giustizia e amministrazione nell’Italia liberale. La formazione della nozione di interesse legittimo, Milano, Giuffrè, 1985, pag. 361 ss.; A.M. SANDULLI, Collegamenti e conseguenzialità tra diritti e interessi e relativa rilevanza ai fini delle competenze giurisdizionali, in Scritti giuridici, vol. V, Napoli, 1990, pag. 251 ss.
[ix] Nel medesimo senso, v. Cass., sez. un., 7 luglio 2011, n. 14956, ove i giudici affermano che, qualora ad essere contestato dai ricorrenti sia il mero diritto di agire esecutivamente dell’amministrazione, la controversia spetta al giudice ordinario anche nel caso in cui «sia dedotta l’illegittimità dei provvedimenti amministrativi (diffida a rilasciare l’alloggio e successivo ordine di sgombero), dei quali è eventualmente possibile la disapplicazione da parte del giudice (…)».
[x] Cass., sez. un., 15 gennaio 2021, n. 621
[xi] In particolare, la legge regionale Calabria, rubricata «Norme per la regolarizzazione delle occupazioni senza titolo degli alloggi di edilizia residenziale pubblica», più volte modificata e integrata, da ultimo con la l.r. 24 febbraio 2023, n. 8, nella sua norma di apertura, al comma 1, statuisce che «Per tutti gli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica, così come definiti dall’articolo unico, 1° comma della legge 24 dicembre 1993, n. 560, che alla data del 30 giugno 2013 risultino occupati senza titolo nonché quelli oggetto di provvedimenti di sistemazione in forma provvisoria e/o precaria (con concessione documentata o desumibile da atti o provvedimenti assunti dall'Amministrazione Comunale), che siano scaduti senza dar luogo a procedure di rilascio, gli Enti gestori procedono con provvedimento emesso secondo i propri ordinamenti, alla regolarizzazione dei rapporti locativi, previo accertamento effettuato dagli Enti medesimi del possesso da parte degli occupanti dei requisiti previsti dalla vigente normativa per l’assegnazione degli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica».
[xii] Si riporta parte del testo della norma per una sua più agevole consultazione: «1. In caso di decesso dell’aspirante assegnatario o dell’assegnatario, subentrano rispettivamente nella domanda e nell’assegnazione i componenti del nucleo familiare come definito al precedente articolo 7 e secondo l’ordine indicato nello stesso articolo. 2. In caso di separazione, di scioglimento del matrimonio, di cessazione degli effetti civili del medesimo, l’Ente gestore provvede all’eventuale voltura del contratto di locazione uniformandosi alla decisione del giudice. 3. Al momento della voltura del contratto, l’Ente gestore verifica che non sussistano per il subentrante e gli altri componenti del nucleo familiare condizioni ostative alla permanenza nell’alloggio. (…)»
[xiii] Al riguardo, la disciplina di riferimento è dettata dagli artt. 7 e 32 della l.r. 25 novembre 1996, n. 32. In particolare, il primo definisce che cosa si intende, ai fini di tale legge, per nucleo familiare, ricomprendendovi anzitutto: «(…) la famiglia costituita dai coniugi e dai figli legittimi, legittimati, naturali, riconosciuti, adottivi e dagli affiliati, purché tutti conviventi con il richiedente, ovvero costituita da una persona sola.»; e, in secondo luogo, «purché (…) convivano stabilmente con il richiedente da almeno due anni alla data di pubblicazione del bando di concorso e certifichino tale situazione nelle forme di legge, il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al 3° grado.» Inoltre, la norma, al comma 3, stabilisce che «L’organo preposto alla formazione della graduatoria ovvero gli enti competenti per l’assegnazione o la gestione degli alloggi possono considerare componenti del nucleo familiare anche persone non legate da vincoli di parentela o affinità, qualora la convivenza istituita abbia carattere di stabilità, sia finalizzata alla reciproca assistenza morale e materiale, sia stata instaurata da almeno due anni alla data di pubblicazione del bando di concorso ovvero a quella di variazione anagrafica nel caso di ampliamento del nucleo familiare e sia dichiarata in forma pubblica con atto di notorietà e certificato anagrafico sia da parte del richiedente sia da parte dei conviventi.». L’art. 32, dopo aver richiamato l’art. 7, chiarisce che «L’ampliamento stabile del nucleo familiare costituisce per il nuovo componente autorizzato il diritto al subentro con relativa applicazione della normativa di gestione.» (co. 3).
[xiv] Art. 2 l.r. 30 marzo 1995, n. 8.
[xv] In tal senso, ex multis, cfr.: Cass., sez. un, ord. 16 maggio 2008 n. 12378; Cass., sez. un., ord. 25 giugno 2010, n. 15323. In dottrina, v. nota n. 2 del presente contributo, nonché – con particolare riguardo all’affermazione del criterio della causa petendi da individuarsi sul piano sostanziale – F. CARINGELLA, in Il riparto in base al criterio della causa petendi, in Trattato di Giustizia Amministrativa, F. CARINGELLA- R. GAROFOLI (a cura di), Parte I, Cap. 2, pag. 58 ss.
[xvi] Art. 1, co. 1, l. r. 30 marzo 1995, n. 8.
[xvii] Al riguardo, cfr. Cass., sez. un., ord. 22 aprile 2013, n. 9694; Cass., sez. un., 21 marzo 2013, n. 7045.
[xviii] Da ultimo, cfr.: Cass., sez. un., 15 gennaio 2021, n. 621; T.A.R. Sicilia, sez. II, 28 ottobre 2024, n. 2951, ove si afferma che per il «costante orientamento della Giurisprudenza Amministrativa (…) la competenza è del Giudice Ordinario, qualora si “contesti il potere dell’ente assegnante di pronunciare l’estinzione del già sorto diritto soggettivo dell’assegnatario al godimento dell’alloggio popolare, ovvero questioni afferenti alle vicende del rapporto (quali subentro, la risoluzione, la decadenza, il rilascio dell’alloggio); anche in considerazione del fatto che i relativi atti adottati, variamente definiti di revoca, decadenza o risoluzione, non costituiscono espressione di una ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato” (…)».
[xix] Sul punto, l’art. 52, co, 3, l.r. 25 novembre 1996, n. 32, è chiaro. Si riporta parte del testo della norma per facilità di consultazione: «1. L’Ente gestore competente per territorio dispone, con proprio atto, il rilascio degli alloggi occupati senza titolo. 2. A tal fine diffida preventivamente con lettera raccomandata l’occupante senza titolo a rilasciare l’alloggio entro quindici giorni e gli assegna lo stesso termine per la presentazione di deduzioni scritte e documentate. 3. L’atto dell’Ente gestore, che deve contenere il termine per il rilascio non eccedente i trenta giorni, costituisce titolo esecutivo nei confronti dei soggetti di cui al precedente comma e non è soggetto a graduazioni o proroghe. (…)»