Giurisdizione su incarico di dirigente di struttura sanitaria complessa (nota a TAR Liguria, ordinanza 28 febbraio 2025, n. 230)
di Antonino Ripepi
Sommario: 1. Il conferimento dell’incarico dirigenziale nel settore sanitari. 2. Disamina dell’ordinanza. 3. Conclusioni.
1. Il conferimento dell’incarico dirigenziale nel settore sanitario
La disciplina della dirigenza sanitaria risulta da sempre connotata da un elevato livello di specialità e complessità, in quanto trae origine dal combinato disposto della disciplina generale contenuta nel capo II D. Lgs. n. 165/2001 e quella speciale del D. Lgs. n. 502/1992[i].
L’art. 15-ter, comma 2, D. Lgs. n. 502/1992, introdotto dal D. Lgs. n. 229/1999, precisava che il conferimento dell’incarico di direzione di struttura complessa fosse effettuato dal direttore generale sulla base di una «rosa di candidati» considerati idonei dall’apposita commissione. Sulla base di tale dato, parte della dottrina[ii] ha evidenziato il carattere fiduciario e discrezionale che caratterizzava la procedura di conferimento di incarichi di direzione di struttura complessa, in quanto il direttore generale poteva attribuire l’incarico all’uno o all’altro degli idonei con atto adottato mediante i poteri del privato datore di lavoro e in assenza di rigidi vincoli. Da ciò sarebbe derivata, sul piano strettamente giurisdizionale, l’impossibilità di configurare un diritto soggettivo alla nomina in capo ai candidati dichiarati idonei dalla commissione.
Dopo il D.L. n. 158/2012, pur essendo stato notevolmente ridimensionato, l’ambito della discrezionalità del direttore generale non è stato totalmente eliminato; infatti, la scelta finale spettava al direttore generale, che non era obbligato a nominare il candidato con il punteggio più elevato, pur essendo tenuto a motivare la scelta in caso di nomina di un candidato diverso da quello posizionatosi per primo in graduatoria[iii].
La disciplina delle selezioni per il conferimento degli incarichi di direzione di struttura complessa è oggi stabilita dall’art. 15, comma 7-bis, D. Lgs. 1992 n. 502.
Il testo della disposizione, vigente fino al 26 agosto 2022, prevedeva che la selezione avrebbe dovuto essere effettuata da una commissione composta dal direttore sanitario dell'azienda interessata e da tre direttori di struttura complessa nella medesima disciplina dell'incarico da conferire, individuati tramite sorteggio. La commissione così composta avrebbe ricevuto dall'azienda il profilo professionale del dirigente da incaricare e, sulla base dell'analisi comparativa dei curricula e dei titoli professionali posseduti, nonché dell’esito di un colloquio, avrebbe presentato al direttore generale una terna di candidati idonei. Il direttore generale, a seguire, avrebbe individuato il candidato da nominare nell'ambito della terna predisposta dalla commissione, e avrebbe dovuto motivare analiticamente la scelta di nominare uno dei due candidati che non avesse conseguito il punteggio migliore.
L’art. 20 della L. 5 agosto 2022 n. 118 ha sostituito la disciplina appena esaminata prevedendo, sostanzialmente, due fasi: la prima, di selezione dei candidati, è riservata ad una commissione composta dal direttore sanitario dell’azienda interessata e da tre direttori di struttura complessa nella medesima disciplina dell’incarico da conferire (art. 15, comma 7-bis, lettera a), del d.lgs. 502/1992). La seconda fase, di nomina, è riservata al direttore generale dell’azienda sanitaria interessata, che deve scegliere il dirigente da incaricare tra i soggetti idonei individuati dalla Commissione.
Tale novum ha posto rilevanti questioni inerenti alla fisionomia della procedura di conferimento dell’incarico e della discrezionalità del direttore generale, con conseguente fiduciarietà dell’incarico. Possiamo, dunque, esaminare tale contrasto interpretativo attraverso la lente dell’ordinanza del TAR Liguria, 28 febbraio 2025, n. 230, la quale, oltre a riassumere compiutamente la più recente giurisprudenza, rappresenta anche il primo caso di rinvio pregiudiziale ex art. 363 bis c.p.c. sollevato da un giudice amministrativo.
2. Disamina dell’ordinanza
Un primo profilo di indubbio interesse concerne la legittimazione del TAR a sollevare rinvio pregiudiziale ex art. 363 bisc.p.c. innanzi alla Corte di Cassazione.
In generale, la tesi negativa si fonda principalmente sull’argomento per cui le sentenze del giudice amministrativo possono essere impugnate dinanzi alla Corte di cassazione solo per questioni di giurisdizione. In dottrina si è così argomentato: “di tale questione pregiudiziale di rito (la giurisdizione, ndr) la S.C. – supremo organo regolatore dei conflitti di giurisdizione – può essere officiosamente investita dal giudice speciale. È dubbio, invece, che il rinvio possa concernere altre questioni: e non perché la decisione viziata da errores in iudicando vel in procedendo sia insindacabile (se non per eccesso di potere di giurisdizionale), argomento ormai privo di efficacia persuasiva dopo la riconosciuta legittimazione del giudice cautelare a provocare l’incidente interpretativo, ma perché l’interpretazione vincolante della Cassazione lederebbe l’autonomia del giudice speciale d’appello. Il T.A.R. o la sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti dovrebbe infatti applicare il principio di diritto, che il Consiglio di Stato o la sezione centrale d’appello non potrebbe disattendere”[iv].
La Corte di Cassazione, peraltro, ha già affrontato la questione dell’ammissibilità del rinvio pregiudiziale sollevato dal giudice tributario, ammettendola.
In particolare, gli argomenti contrari alla legittimazione del giudice tributario erano compendiabili come segue: una disposizione sostanzialmente analoga all’art. 363-bis c.p.c., originariamente inclusa nel disegno di legge di riforma del processo tributario (D.D.L. n. 2636 del 2022), è stata stralciata nel testo approvato dal Senato, unitamente a quella che prevedeva il ricorso nell'interesse della legge del Procuratore generale della Corte di cassazione contro le sentenze del giudice tributario di merito; mancanza, nella L. 26 novembre 2021, n. 206, di una specifica delega per l'introduzione di tale meccanismo nel processo tributario e mancanza di un’espressa norma di rinvio all'art. 363-bis c.p.c., nella disciplina dettata dal D. Lgs. n. 546 del 1992; netta suddivisione fra magistratura ordinaria e magistratura tributaria, ulteriormente accentuata dalla L. 31 agosto 2022, n. 130.
Tale impostazione è stata superata dalla Corte di Cassazione[v] sulla scorta del generale rinvio alle norme del c.p.c. contenuto nel D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, che ne consente l'applicazione anche al processo tributario, per quanto non disposto dalle relative disposizioni e nei limiti della compatibilità con le stesse; inoltre, si è valorizzata l’unicità della disciplina del giudizio di cassazione, applicabile anche al processo tributario, in virtù del rinvio contenuto nell'art. 62, comma 2 D. Lgs. n. 546 cit., e della collocazione topografica dell’art. 363-bis c.p.c., inserito proprio tra le disposizioni che disciplinano il giudizio di cassazione, nonché del tenore letterale della norma in esame, che nell'individuare l'organo legittimato a sollevare la questione pregiudiziale d'interpretazione fa riferimento al "giudice di merito", senza ulteriori specificazioni.
Neppure può ritenersi ostativa all'applicazione dell'art. 363-bis c.p.c., nel ragionamento della Suprema Corte, la distinzione della giurisdizione tributaria da quella civile, avuto riguardo alla comune individuazione, quale organo di vertice dell'ordinamento processuale, della Corte di cassazione, cui è attribuita la funzione di giudice di legittimità: finalità, queste, alla cui realizzazione contribuisce indubbiamente anche l'istituto del rinvio pregiudiziale, in quanto volto a sollecitare un responso anticipato della Corte in ordine ad una questione di diritto, sostanziale o processuale, non ancora risolta dalla giurisprudenza di legittimità ed avente carattere seriale, che presenti gravi difficoltà interpretative ed appaia rilevante ai fini della decisione della controversia sottoposta all'esame del giudice remittente. Pertanto, sussiste l’esigenza di estendere la funzione nomofilattico-deflattiva assegnata al rinvio pregiudiziale al giudizio tributario di merito.
Parte di tali argomentazioni favorevoli al rinvio pregiudiziale possono essere estese al giudice amministrativo, con particolare riferimento al rinvio esterno previsto dal codice di settore (per il processo amministrativo, ovviamente, il riferimento corre all’art. 39 c.p.a.) e all’esigenza di garantire la funzione nomofilattica.
In tale direzione, la dottrina favorevole all’apertura del rinvio pregiudiziale anche al giudice amministrativo ha osservato che “optando per una lettura estesa della disposizione, il raggio di operatività dell'art. 363-bis c.p.c. potrebbe ritenersi estendibile nella sua forma piena (quale che sia il tema di contrasto da sollevare): si tratterebbe di favorire così la funzione nomofilattica proprio in contesti che sarebbero altrimenti ad essa sottratti. Soluzione, quest'ultima, fondata su una logica non molto diversa da quella che giustifica l'invocabilità dell'istituto anche laddove il ricorso per cassazione non sarebbe altrimenti ammissibile o comunque dove non arriverebbe la stabilità del giudicato (come si è visto, nell'ambito della tutela cautelare, nella volontaria giurisdizione o in quella esecutiva)”[vi].
E, infatti, nel caso di specie il TAR Liguria osserva che: il quesito riguarda una questione sulla giurisdizione che è devoluta alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione e dell’art. 110 c.p.a.; l’art. 39, comma 1, del c.p.a. prevede che, per quanto non disciplinato, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali; al giudizio sulla impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato si applicano le norme sul giudizio di cassazione, tra le quali figura anche l’articolo 363-bis c.p.c.; la Corte di cassazione rappresenta l’organo di vertice dell'ordinamento processuale, cui è attribuita la funzione di giudice di legittimità, con il compito di assicurare l'esatta osservanza, l'uniforme interpretazione della legge e l'unità del diritto oggettivo.
Si giunge, pertanto, alla conclusione secondo cui “l’istituto del rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione per la risoluzione di una questione di diritto, previsto dall’articolo 363-bis del codice di procedura civile, è applicabile anche al processo amministrativo qualora la questione interpretativa (nella specie, attinente alla spettanza della giurisdizione sulle procedure di conferimento di incarichi direttivi di struttura sanitaria complessa ai sensi dell’articolo 15, comma 7-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dall’art. 20 della legge 5 agosto 2022, n. 118) risulti necessaria per la definizione del giudizio e sussistano difficoltà interpretative confermate da posizioni contrastanti espresse dal Consiglio di Stato”.
Nel merito, si osserva che il contrasto è effettivo e recente, come dimostrano due sentenze del Consiglio di Stato del 2024, depositate a poca distanza di tempo l’una dall’altra e pervenute a esiti argomentativi diametralmente opposti.
In ordine di tempo, nella fattispecie scrutinata da Cons. Stato, sez. III, 19 luglio 2024, n. 6534, era stata impugnata la pronuncia del TAR Puglia che declinava la giurisdizione negando la natura “concorsuale” (e, quindi, pubblicistica) della selezione in questione, relativa all’incarico dirigenziale di struttura sanitaria complessa. L’appellante deduceva che il novellato art. 15, comma 7-bis, d.lvo n. 502/1992 ha strutturato la procedura de qua in forma concorsuale, con il conseguente radicamento della giurisdizione del giudice amministrativo sulle relative controversie, in quanto la nomina del direttore di struttura complessa non avviene più sulla base di una scelta fiduciaria del direttore generale, che poteva individuare uno qualsiasi dei candidati idonei nell’ambito della terna proposta dalla commissione, ma sulla base di una procedura concorsuale per titoli e colloquio, che culmina con una graduatoria e con un vincitore della selezione; la procedura, inoltre, è aperta ai candidati esterni, non essendo riservata ai dipendenti interni all’ASL che la bandisce, per cui all’esito della selezione l’Amministrazione instaura un nuovo rapporto di lavoro con il vincitore, che potrebbe non essere già dipendente della stessa ASL.
Il Consiglio di Stato, dopo aver esaminato il quadro normativo antecedente e successivo all’entrata in vigore dell’art. 20 L. n. 118/2022, ritiene di confermare la statuizione del giudice di primo grado, in quanto i pur significativi cambiamenti di regime non hanno alterato le caratteristiche essenziali del procedimento selettivo, militanti nel senso della sua estraneità al modulo concorsuale “puro” e della loro afferenza all’ambito dei poteri datoriali di gestione del rapporto di lavoro. Infatti, permane la carenza in esso di vere e proprie “prove selettive”, incentrandosi la valutazione comparativa sui contenuti dei curricula dei candidati e rappresentando gli esiti del colloquio solo uno degli elementi da prendere in considerazione ai fini della formazione della graduatoria; inoltre, la previsione del colloquio era presente anche nello schema procedimentale previgente, senza che esso fosse ritenuto idoneo dalla Cassazione a mutare le sue conclusioni in punto di assenza nella procedura di “prove selettive”, ai fini della risoluzione della relativa questione di giurisdizione.
In ogni caso, e ciò è dirimente secondo il Consiglio di Stato, non è venuto meno il carattere “interno” della selezione, presupponente il possesso della qualifica dirigenziale – e quindi la sussistenza di un rapporto lavorativo in essere con l’Amministrazione – così come previsto dall’art. 15, comma 7-bis, lett. b) d.lvo n. 502/1992, il quale continua a prevedere, anche ai fini della perimetrazione dei destinatari della selezione, che “la commissione riceve dall’azienda il profilo professionale del dirigente da incaricare”.
Diverso è l’esito cui è pervenuto Cons. Stato, sez. III, 18 ottobre 2024, n. 8344 che, invece, ha accolto l’appello avverso la sentenza di primo grado declinatoria della giurisdizione.
Il Collegio si confronta espressamente con il precedente rappresentato dalla sentenza 6534/2024 appena esaminata, e afferma che la fattispecie concreta si pone in termini alquanto diversi dalla precedente. Infatti, nel bando analizzato dalla pronuncia n. 6534/2024 si prevedeva che il colloquio dovesse vertere genericamente sulla “valutazione delle capacità professionali del candidato nella specifica disciplina, con riferimento anche alle esperienze professionali documentate, nonché all’accertamento delle capacità gestionali, organizzative e di direzione del medesimo con riferimento alle caratteristiche dell’incarico da svolgere, rispondenti alle caratteristiche professionali determinate dall’Azienda. La Commissione terrà conto della chiarezza espositiva, della correttezza delle risposte, dell’uso di linguaggio scientifico appropriato, della capacità di collegamento con altre patologie o discipline o specialità per la miglior risoluzione dei quesiti anche dal punto di vista dell’efficacia e dell’economicità degli interventi. Il colloquio è anche diretto a testare la visione e l’originalità delle proposte sull’organizzazione della struttura complessa, nonché l’attitudine all’innovazione ai fini del miglioramento dell’organizzazione e della soddisfazione degli stakeholders della struttura stessa”.
Inoltre, il bando aggiungeva quanto segue: “nel caso la Commissione lo ritenga opportuno potrà esprimere valutazioni specifiche in merito all’idoneità dei candidati attraverso modalità che consentano di stabilire relazioni con la struttura ed il personale ad essa appartenente, anche attraverso sopralluoghi e colloqui, stabilendo i tempi di inserimento nell’ambito della procedura e dandone preventiva comunicazione al candidato, al fine di acquisire ulteriori elementi atti a permettere al candidato di esprimere nel colloquio e nella relazione la propria visione sulla conduzione della struttura. Nell’ambito della procedura selettiva e per integrare gli elementi di valutazione del colloquio, potrà essere richiesto ai candidati di predisporre, nel giorno fissato per il colloquio, una relazione scritta su temi individuati dalla Commissione. In tal caso, la relazione scritta costituisce elemento di valutazione nell’ambito del colloquio, contribuendo alla definizione del relativo tetto massimo di punteggio”.
La prova del colloquio, quindi, oltre a presentare un contenuto generico, si calava in un contesto di variabili valutative ulteriori e aggiuntive, che ne indebolivano il carattere strettamente comparativo e l’incidenza diretta sulla graduazione di merito.
Nel caso concreto esaminato dal Consiglio di Stato nella sentenza 8344/2024, di contro, il peso ponderale del colloquio è pari a quello della valutazione dei titoli (essendo entrambe le prove apprezzabili con l’attribuzione di 50 punti); inoltre, tanto la valutazione dei titoli quanto quella del colloquio risultano tassativamente orientate su una rigida elencazione di ambiti o sottocriteri - ognuno dei quali associato ad uno specifico range ponderale - non integrabili con altri parametri valutativi. A più riprese nel bando si ribadisce, infatti, che “non è consentita l’introduzione di ulteriori ambiti di valutazione all’infuori di quelli sopra indicati, né la modifica dei pesi/valori percentuali come sopra fissati”.
Si registrano, quindi, specifiche peculiarità differenziali rispetto al caso esaminato dalla pronuncia n. 6534/2024 consistenti nel maggior dettaglio dei parametri valutativi, con esclusione di criteri diversi da quelli prestabiliti, nell’assenza di possibili spazi di ponderazione integrativa e astratta da riferimenti predefiniti e, dunque, nella più rigida conformazione del potere di giudizio della Commissione. In definitiva, secondo il Consiglio di Stato, la fattispecie concreta in esame avrebbe presentato connotati di “concorsualità” tali da giustificare l’attrazione alla giurisdizione amministrativa.
Dopo avere dato conto del contrasto giurisprudenziale che abbiamo cercato di ricostruire, il TAR Liguria, con l’ordinanza in commento, osserva che il depotenziamento del carattere fiduciario della nomina non vale di per sé a sottrarre l’attribuzione degli incarichi dirigenziali all’ambito di applicabilità dell’art. 63, comma 1, D. Lgs. 165/2001, ben potendo anche il privato datore di lavoro predisporre regole per l’individuazione tra i propri dipendenti, dei destinatari degli incarichi dirigenziali. Inoltre, l’art. 63 cit. configura, in relazione alle controversie relative al conferimento degli incarichi, la giurisdizione del giudice ordinario a prescindere dalla natura discrezionale o vincolata della procedura di conferimento.
Pertanto, al fine di evitare che il protrarsi di una situazione di incertezza determini significativi pregiudizi ai danni degli interessati, il TAR Liguria sottopone la questione interpretativa dell’art. 15, comma 7-bis d.lgs. 502/92 e dell’art. 63 D. Lgs. 165/2001 in relazione alla sussistenza o meno della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di conferimento di incarichi dirigenziali di struttura complessa alla Cassazione, ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c.
3. Conclusioni.
L’ordinanza del TAR Liguria, in definitiva, si segnala per un duplice profilo: sul piano processuale, per l’affermazione – per la prima volta – della legittimazione del G.A. a sollevare rinvio pregiudiziale; nel merito, per una compiuta ricostruzione del quadro giurisprudenziale in tema di conferimento di incarichi di direzione di strutture sanitarie complesse.
Il dibattito pretorio, tuttavia, non avrebbe potuto essere compiutamente ricostruito senza fare riferimento ai concetti generali che si stagliano sullo sfondo della tematica del conferimento di incarichi dirigenziali nel settore sanitario, quali la fiduciarietà, la discrezionalità e la paraconcorsualità della procedura, che hanno un peso determinante nell’attrarre la giurisdizione verso un polo o l’altro e che, sicuramente, rivestiranno un ruolo decisivo anche nella decisione della Suprema Corte, laddove il rinvio venga ritenuto ammissibile.
[i] F. Figorilli, Il conferimento degli incarichi di direzione di struttura complessa in sanità fra equilibri consolidati e tentativi di riforma, in Nuove autonomie, 2023, 2, pp. 523-553; F. Saitta, Incarichi di direzione di struttura complessa nelle aziende sanitarie: una giurisdizione … case by case?, in Lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni 2016, 205 ss.; E. N. Fragale, La dirigenza delle aziende sanitarie dopo la c.d. riforma Balduzzi, in Istituzioni del federalismo, 2013, pp. 551 ss.; M. Nicolosi, Incarichi di direzione di struttura sanitaria complessa e tutela risarcitoria prima della l. n. 189 del 2012 (“riforma Balduzzi”), in Arg. Dir. Lav., n. 4-5/2014; M. N. Bettini, Dirigenza sanitaria e disciplina di conferimento degli incarichi, in Lav. Prev. Oggi, 2008, pp. 555 ss.; F. Lunardon, La dirigenza sanitaria, in S. Rodotà, P. Zatti (diretto da), Trattato di biodiritto, in R. Ferrara (a cura di), Salute e sanità, Milano, pag. 325 ss.; A. Pioggia, Direzione e dirigenza nelle aziende sanitarie. Una analisi della distribuzione del potere decisionale alla luce degli atti aziendali, in San. Pubbl. Priv., 2008, pag. 5 ss.; F. Carinci, S. Mainardi (a cura di), La dirigenza nelle pubbliche amministrazioni. Dal modello unico ministeriale ai modelli caratterizzanti le diverse amministrazioni, Milano, 2005; C. Bottari, P. Tullini (a cura di), La dirigenza sanitaria. Amministrativisti e lavoristi a confronto, Rimini, 2004; R. Balduzzi, G. Di Gaspare (a cura di), Sanità e assistenza dopo la Riforma del Titolo V, Milano, 2002; A. Boscati, Norma transitoria. Norme per la dirigenza del Servizio sanitario nazionale, in F. Carinci, L. Zoppoli (a cura di), Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, vol. II, in F. Carinci (diretto da), Commentario di diritto del lavoro, Torino, 2004, pag. 1010; O. Mazzotta, Attribuzioni e poteri del dirigente sanitario, in Lav. Pubbl. Amm., 2003, pag. 4; L. Zoppoli, La riforma del titolo V della Costituzione e la regolazione del lavoro nelle pubbliche amministrazioni: come ricomporre i pezzi di un difficile puzzle?, in Lav. Pubbl. Amm., 2002, pag. 149 ss.; P. Lambertucci, Dirigenza sanitaria, responsabilità dirigenziale e gestione delle risorse umane: brevi appunti, in Lav. Pubbl. Amm., 2006; M. Sgroi, La dirigenza del Servizio Sanitario Nazionale, in F. Carinci, L. Zoppoli (a cura di), Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, op. cit., pag. 1011; L. Torchia, La dirigenza del servizio sanitario nazionale, in Sanità Pubbl., 1997, pag. 261; R. Ferrara, Organizzazione e principio di aziendalizzazione nel Servizio Sanitario Nazionale: spunti problematici, in C. Bottari, P. Tullini(a cura di), La dirigenza sanitaria. Amministrativisti e lavoristi a confronto, op. cit.
[ii] A. Riommi, La tutela giurisdizionale nel conferimento di incarichi di direzione di struttura complessa nell'ambito della sanità pubblica, in LPA, n. 4/2024.
[iii] A. Riommi, op. cit. Sul punto, non ci si può esimere dal citare Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 6 marzo 2020, n. 6455, secondo cui “La procedura per il conferimento di incarico di direttore di struttura complessa, prevista dagli artt. 15 e 15 ter del d.lgs. n. 502 del 1992, ha carattere non concorsuale, essendo articolata secondo uno schema che prevede la scelta di carattere essenzialmente fiduciario di un professionista ad opera del direttore generale della ASL, nell’ambito di un elenco di soggetti ritenuti idonei da un’apposita commissione sulla base di requisiti di professionalità e capacità manageriali; ne consegue che, avendo la fase di nomina carattere dominante rispetto all’intero percorso della selezione, le relative controversie, attinenti sia alla procedura di selezione (ad esempio concernenti l’accertamento del diritto al conferimento dell’incarico), sia al provvedimento discrezionale, di natura privatistica, del direttore generale, rientrano, per il principio di concentrazione delle tutele, nella giurisdizione del giudice ordinario, non potendo frazionarsi la giurisdizione con riferimento alle singole fasi del procedimento” (enfasi aggiunta). Si tratta(va), infatti, di una procedura comparativa e non certamente di un “concorso” in senso tecnico: “L’incarico di direttore (…) di struttura complessa deve essere conferito previa valutazione comparativa tra una rosa di candidati, ex art. 15-ter del d.lgs. n. 502 del 1992; tale previsione ha carattere di norma imperativa – atteso che la comparazione tra più aspiranti è funzionale ai principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione e concorre alla salvaguardia dell’interesse pubblico alla tutela della salute dei cittadini – con la conseguenza che, in mancanza del rispetto di tale procedura, l’atto negoziale di conferimento dell’incarico è nullo, e tale nullità può e deve essere rilevata d’ufficio dal giudice”[iii].
[iv] M. Cirulli, Osservazioni sull’art. 363 bis c.p.c., in www.judicium.it, 8 novembre 2024.
[v] Cass., Sez. Un., 13 dicembre 2023, n. 34851.
[vi] R. Tiscini, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione dell'art. 363-bis c.p.c. La disciplina. La casistica, in Giust. civ., 2023, 343.