Class action amministrativa e standard qualitativi dei servizi pubblici. Le modalità di tutela azionabili (nota a Consiglio di Stato, sez. V, 26 agosto 2022, n. 7493)
di Stefania Caggegi
Sommario: 1. Premessa - 2. Standard qualitativi dei servizi pubblici - 2.1. (segue) Nel settore dei trasporti - 3. Presupposti per la proposizione della class action amministrativa - 3.1. (segue) Diversi tipi di azione collettiva inerente gli standard qualitativi dei servizi pubblici. Le conclusioni del Consiglio di Stato.
1. Premessa.
La sentenza in commento affronta il tema della legittimazione ad agire tramite l’istituto della c.d. class actionamministrativa [1] nella delicata materia dei servizi pubblici, in particolare con riferimento agli standard qualitativi propri del servizio offerto.
Il Consiglio di Stato, pronunciandosi sull’appello proposto avverso la sentenza del Tar Lombardia, sez. I n. 956/2019, lo rigetta confermando l’insussistenza dei presupposti oggettivi della class action pubblica ex d.lgs. n. 198/2009, promossa dagli originari ricorrenti contro il concessionario di pubblico servizio per violazione degli standard qualitativi afferenti l’utilizzo degli spazi della Stazione Milano Centrale. Il rigetto dell’azione si fonda sulla circostanza che gli specifici standard invocati non fossero stati preventivamente e specificatamente fissati e che quindi, per tale ragione, la violazione non potesse essere individuata.
Del resto, la tutela dell’interesse generale in materia di standard qualitativi dei servizi pubblici, quando assume la veste di azione collettiva, può passare attraverso due diversi tipi di azione, una volta a censurare la violazione di questi e una volta ad attivarne la preventiva individuazione.
La pronuncia in commento offre interessanti spunti di riflessioni proprio sulla diversa natura, sulle diverse finalità e quindi sui differenti presupposti che legittimano la proposizione di una class action per lesione dell’interesse generale, in relazione agli standard qualitativi dei servizi pubblici.
In particolare, il Consiglio di Stato – richiamando la disciplina applicabile – ribadisce che per potersi legittimamente proporre un’azione collettiva per la violazione degli standard sia necessaria la presenza di una definizione preventiva dei livelli qualitativi, che non siano semplicemente desumibili dalla natura e dalla destinazione dei beni e che quindi nel caso in cui questi livelli non siano stati prefissati (come nella fattispecie oggetto di giudizio), gli interessi lesi devono essere tutelati azionando un diverso tipo di tutela, quella accertativa, finalizzata alla definizione degli standard stessi.
Nel presente scritto, si tenterà di delineare, seppur sinteticamente, il concetto di standard qualitativi in materia di servizi pubblici [2], con particolare attenzione al settore del trasporto, e di analizzare i metodi di tutela collettiva dell’interesse generale offerti dall’ordinamento, attraverso i richiami operati dal Consiglio di Stato.
2. Standard qualitativi dei servizi pubblici.
La correttezza dell’azione amministrativa nella gestione dei servizi pubblici offerti dagli operatori economici concessionari, in termini di tutela dell’interesse collettivo e soddisfazione dei cittadini-utenti, va valutata utilizzando come parametro di riferimento appositi standard prestazionali.
Il rispetto di questi è strettamente legato all’assolvimento degli obblighi di servizio che gravano sugli operatori economici e che - pur bilanciati da rispettive compensazioni [3] – hanno il compito di garantire che le prestazioni rispondenti alla natura pubblica del servizio stesso siano sempre garantite.
Accanto agli obblighi di carattere generale che assolvono appunto alla funzione di garanzia appena descritta, è possibile individuare anche un altro tipo di obblighi, i c.d. obblighi di servizio individuali [4], destinati ad uno specifico operatore e relativi a particolari caratteristiche quantitative e/o qualitative delle prestazioni oggetto del servizio.
Sia gli obblighi generali che quelli individuali vengono cristallizzati nel contratto di servizio stipulato tra l’amministrazione ed il concessionario, assumendo quindi la valenza di vere e proprie regole contrattuali. E così, la previsione di obblighi individuali comporta per l’operatore l’obbligo di conformarsi a determinati standard qualitativi e/o quantitativi nello svolgimento del servizio. Analizzando il servizio offerto in relazione a questi parametri sarà possibile misurarne la qualità, nonché valutare il grado di soddisfazione degli utenti [5].
Al fine di garantire la possibilità di un controllo effettivo sugli standard dei servizi resi l’ordinamento ha previsto l’introduzione delle c.d. carte dei servizi [6], ovvero di documenti che devono essere obbligatoriamente adottati da ciascun gestore e che, tra le altre cose, devono anche fissare gli standard del servizio. Le carte dei servizi – come disciplinate dalla L. n. 27/2012 - non sono mere indicazioni di principio, bensì disposizioni che vincolano il gestore e specularmente attribuiscono all’utente specifiche prerogative e diritti [7].
Nei settori in cui è previsto che il regolare svolgimento di un dato servizio sia vigilato da un’autorità indipendente - come quello dei trasporti di cui si dirà infra - è a questa che tocca il compito di indicare e stabilire gli standard qualitativi che l’operatore economico deve rispettare, affinché l’interesse dei cittadini-utenti sia non solo garantito ma anche soddisfatto in termini quantitativi e qualitativi.
2.1. (segue) Nel settore dei trasporti.
Il trasporto pubblico è da sempre considerato dal legislatore italiano [8] come servizio pubblico, in quanto attività destinata al soddisfacimento di esigenze di ordine collettivo e perciò istituita ed organizzata dai pubblici poteri, in modo tale da assicurarne l’esplicazione in termini di doverosità e nel rispetto dei principi di universalità, continuità e qualità gestionale. Non solo, la configurazione di servizio pubblico del trasporto emerge pacifica anche a livello europeo, tanto è vero che il trasporto è l’unico servizio qualificato espressamente come “servizio pubblico”, mentre gli altri vengono
ricondotti alla più ampia categoria dei «servizi di interesse generale» [9].
Nella materia dei trasporti [10], la vigilanza ed il controllo sulla corretta, efficiente ed equa erogazione del servizio è di competenza dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) [11], alla quale il legislatore ha affidato – tra gli altri – anche il compito di “stabilire le condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto nazionali e locali connotati da oneri di servizio pubblico, individuate secondo caratteristiche territoriali di domanda e offerta”, nonché quello di “definire il contenuto minimo degli specifici diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori dei servizi e delle infrastrutture di trasporto”[12].
In particolare, in relazione ai servizi di trasporto per ferrovia – che vengono in rilievo nella fattispecie sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato nella pronuncia in commento – l’ART ha adottato un regolamento che definisce le condizioni minime di qualità dei servizi (delibera n. 16 del 9.02.2018 – allegato A) e un regolamento che ha lo scopo di indicare il contenuto minimo degli specifici diritti di cui alla sopra richiamata disposizione (delibera n. 106/2018 del 25 ottobre 2018).
Con il primo atto l’ART, dopo aver individuato i criteri di carattere generale, individua le condizioni minime di qualità del servizio attraverso “indicatori e livelli” in relazione a: posti offerti; regolarità e puntualità dei treni; informazioni all’utenza prima e durante il viaggio; accessibilità commerciale; pulizia e comfort; accessibilità del pubblico; sicurezza del viaggio e del viaggiatore.
3. Presupposti per la proposizione della c.d. class action amministrativa.
Il D. Lgs. 20 dicembre 2009 n. 198 [13] ha introdotto nel nostro ordinamento un particolare tipo di azione, il ricorso per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi, anche definita – seppur secondo molti impropriamente [14] - class action pubblica o amministrativa.
In prima battuta, la circostanza che questa non fosse stata contemplata dal sopravvenuto codice del 2010 ha creato dubbi sulla sua effettiva vigenza e operatività [15], oggi – di contro - è pacificamente ammesso che i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei, ovvero una una pluralità di utenti possano interporre un ricorso, finalizzato al ripristino del corretto svolgimento della funzione o corretta erogazione di un servizio pubblico.
Quanto ai soggetti legittimati, accanto a quelli appena citati, per come individuati dall’art. 1 del D. Lgs. 198/2009, in alcuni casi il giudice amministrativo ha affiancato anche gli enti locali, affermando che la tutela degli interessi diffusi possa trovare modi di esercizio anche dall’attribuzione della loro cura ad un soggetto pubblico predeterminato [16].
L’art. 1 del D. Lgs. 198/2009, individua anche il presupposto oggettivo per agire nei confronti di pubbliche amministrazioni o concessionari di servizi pubblici, ovvero la lesione diretta ed attuale degli interessi dei soggetti suindicati che derivi: dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatorie non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento; dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi; dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni definiti dalle stesse.
Come richiamato anche dal Consiglio di Stato nella pronuncia in commento, la legittimazione all’azione si fonda “sull’impatto che ha l’attività amministrativa sui beni della vita omogenei per una pluralità di soggetti”.
La finalità è quella di assicurare sul piano giuridico il principio costituzionale del buon andamento come canone del servizio reso dall’amministrazione ai cittadini [17]. Come tale, secondo alcuni può dar luogo ad una peculiare ipotesi di giurisdizione oggettiva del Giudice Amministrativo, in quanto pare che la tutela della situazione giuridica soggettiva di chi agisce rimanga sullo sfondo.
3.1. (segue) Diversi tipi di azione collettiva inerenti gli standard qualitativi dei servizi pubblici. Le conclusioni del Consiglio di Stato.
Come visto la normativa di riferimento consente ai titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei, ovvero ad una pluralità di utenti e consumatori, di agire contro i concessionari di pubblico servizio anche nell’ipotesi in cui il danno patito sia correlato agli standard qualitativi propri del servizio.
Nella fattispecie sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato, come anticipato in premessa, gli appellanti hanno denunciato la violazione degli standard qualitativi per l’utilizzo degli spazi della Stazione Milano Centrale, assumendo come parametro di riferimento per la prova della violazione la natura pubblica del servizio.
È appena il caso di specificare che la lesione di un interesse afferente alla predisposizione degli standard qualitativi dei servizi pubblici può originare da due diverse circostanze. Difatti, il cittadino-utente potrebbe parimenti patire un danno sia dalla violazione degli standard fissati che in egual modo (se non addirittura maggiormente) dall’omessa individuazione di questi standard.
Da ciò ne discende che le azioni esperibili dai soggetti lesi sono due di diversa natura e con finalità diverse, ma entrambe tendenti alla pretesa che i servizi di natura pubblica rispondano ai principi costituzionali di buon andamento, di non discriminazione, nonché a quelli sanciti dalla normativa di riferimento.
Il primo tipo di azione mira a censurare la violazione degli standard già fissati dalle competenti autorità, quelle amministrative indipendenti nei casi in cui la questione attenga ai settori di rilevanza (come lo è il trasporto pubblico), ed è volta a ripristinare la corretta erogazione del servizio. Pertanto, in questi casi il rimedio è azionabile solo a seguito della precisa qualificazione e indicazione dei livelli qualitativi ed economici, che permetta di individuare con precisione la violazione commessa dall’operatore.
La seconda mira, invece, ad accertare l’obbligo delle autorità preposte alla fissazione di questi standard. Obbligo che, per quanto attiene alla materia del trasporto, abbiamo visto essere posto dalla legge in capo all’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART).
Ora, gli appellanti hanno promosso un’azione volta alla censura generale della violazione degli standard qualitativi per l’utilizzo degli spazi della Stazione di Milano Centrale, facendo leva esclusivamente sulla natura pubblica del servizio.
Pur tuttavia, nell’atto di regolazione con il quale l’ART ha individuato le condizioni minime di qualità dei servizi nel trasporto ferroviario cui sopra fatto cenno, non sono rintracciabili standard qualitativi e/o quantitativi fissati in tal senso. Pertanto, in difetto di una chiara indicazione degli standard qualitativi che gli appellanti assumevano violati, il giudicante non ha potuto far altro che rigettare la domanda per come formulata.
L’azione per la violazione, infatti, presuppone la presenza di una definizione dei livelli qualitativi ed economici, che non siano semplicemente desumibili dalla natura e destinazione dei beni di cui si tratta. La destinazione pubblica del servizio non può essere considerata elemento sufficiente a definire i livelli qualitativi richiesti per il servizio, atteso che l’azione collettiva non attribuisce la possibilità di agire in via generale avverso forme di inefficienza, ma necessita – come più volte ribadito - che i criteri di qualità siano chiaramente stabiliti dalle amministrazioni o dalla autorità preposte e dunque la violazione facilmente riscontrabile [18].
Nel caso di specie si è visto come la violazione denunciata dagli appellanti aveva ad oggetto standard qualitativi non specificatamente e preventivamente individuati dall’autorità competente.
In ragione di ciò, il Consiglio di Stato, affermando che “l’invocata tutela dovrebbe essere attivata a monte, sollecitando il concessionario alla emanazione di disposizioni, che definiscano per gli utenti della stazione i livelli qualitativi dei servizi”, ha indicato quale sarebbe stata la strada corretta per raggiungere la tutela degli interessi presuntivamente lesi dei cittadini-utenti.
Le appellanti, avrebbero potuto (dovuto) agire nei confronti del concessionario, al fine di ottenere l’indicazione dei livelli qualitativi dei servizi dei quali gli utenti hanno diritto di usufruire in relazione alla gestione degli spazi nelle stazioni ferroviarie.
In tal caso, l’azione collettiva pubblica, fondata sull’obbligo dei concessionari di definire specificatamente i parametri qualitativi in tutti gli aspetti dell’erogazione del servizio, avrebbe avuto la funzione di accertamento, con finalità propulsive rispetto alla mancata adozione di atti normativamente ritenuti necessari.
[1] Per l’inquadramento dell’istituto, si veda, tra gli altri: F. LOGOLUSO, Commento al D. Lgs. 198/2009, in F. CARINGELLA – M. PROTTO (a cura di), Codice del Processo amministrativo commentato con dottrina e giurisprudenza, Roma,2010, p. 1706 ss.; G. RECINTO, Efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici e ruolo della c.d. “class action” pubblica, in Rass. dir. civ., 2013, p. 1046; C.E. GALLO, La class action nei confronti della pubblica amministrazione, in Urb. app., 2010, p. 501 ss.; ; F. MANGANARO, L’azione di classe in un’amministrazione che cambia, in giustamm.it; F. PATRONI GRIFFI, Class action e ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari pubblici, in federalismi.it, n. 13/2010, p. 2.
[2] Per una recente ed esaustiva panoramica sui servizi pubblici si veda M. DUGATO, Servizi pubblici locali, in Enc. Del diritto, Funzioni Amministrative, diretto da B.G. Mattarella e M. Ramajoli, I tematici, III, 2022, p. 1086 ss. Per un inquadramento generale si veda, ancora: U. POTOTSCHNIG, I pubblici servizi, Padova, 1964; A. DE VALLES, I servizi pubblici, in Primo trattato completo di diritto amministrativo, (a cura di) V. E. ORLANDO, 1930, VI, 379; CAIA G., La disciplina dei servizi pubblici, in L. MAZZAROLLI (a cura di), Diritto amministrativo, Bologna, 1998; F.G. SCOCA, La concessione come strumento di gestione dei servizi pubblici, in Le concessioni di servizi pubblici, Rimini, 1988, 27; H. BONURA e M. CASSANO, L’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, Torino, 2011, XI e ss.; M.A. SANDULLI, F. APERIO BELLA, L’evoluzione dell’in house providing, in Il libro dell’anno del diritto, Roma, Ist. Enciclopedia Italiana, 2016. Per l’aspetto definitorio si veda: Corte Costituzionale Sentenza n. 325 del 17.11.2010, nonché i commenti: P. SABBIONI, La Corte equipara SPL di rilevanza economica e SIEG, ma ammette soltanto tutele più rigorose della concorrenza, in Giurisprudenza costituzionale, 2010, n. 6, p. 4654; R. CARANTA, Il diritto dell'UE sui servizi di interesse economico generale e il riparto di competenze tra Stato e Regioni, in Regioni (Le), 2011, n. 6, p. 1176; A. LUCARELLI, La Corte costituzionale dinanzi al magma dei servizi pubblici locali: linee fondative per un diritto pubblico europeo dell'economia, in Giurisprudenza costituzionale, 2010, n. 6, p. 4645. Per un’analisi degli aspetti problematici della materia si veda, tra gli altri: F. MERUSI, Servizi pubblici instabili, Bologna, 1990; A. POLICE, Spigolature sula nozione di “servizio pubblico locale”, in Diritto Amministrativo, fasc.1, 2007, 79; A. ROMANO TASSONE, I servizi pubblici locali: aspetti problematici, in Dir. Proc. Amm., fasc. 2/3 – 2013, pp. 855-868; F. TIGANO, S. LICCIARDELLO, A. BARONE, Servizi pubblici locali tra privatizzazione, liberalizzazione e concorrenza: evoluzione normativa e profili problematici attuali, AA.VV., in Amministrazione e giustizia. Scritti degli allievi per Ignazio Maria Marino, Roma, 2015, p. 319 – 343.
[3] Per la nozione di obblighi di servizio e relative compensazioni si rimanda ai riferimenti indicati nella nota precedente.
[4] In tal senso M. DUGATO, Servizi pubblici locali, op. cit.
[5] Sul punto si veda: G. NAPOLITANO, Dai rapporti di cittadinanza ai rapporti di utenza: tendenze e prospettive, in Annuario AIPDA 2001, Milano, 2002, 137 ss.
[6] Il termine “Carta dei Servizi” viene introdotto per la prima volta nel 1993 in un documento di studio del Dipartimento della Funzione Pubblica, che stabilisce i principi a cui devono essere uniformati i servizi pubblici ed entra nell’ordinamento con la Direttiva della Presidenza del Consigliodel 28.01.1994 “Principi sull’erogazione dei servizi pubblici”.
[7] Art. 8 della L. n. 27/2012 (“Contenuto delle carte di servizio”): 1. Le carte di servizio, nel definire gli obblighi cui sono tenuti i gestori dei servizi pubblici, anche locali, o di un’infrastruttura necessaria per l’esercizio di attività di impresa o per l’esercizio di un diritto della persona costituzionalmente garantito, indicano in modo specifico i diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori del servizio e dell’infrastruttura. 2. Al fine di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di garantire la qualità, l’universalità e l’economicità delle relative prestazioni, le Autorità indipendenti di regolazione e ogni altro ente pubblico, anche territoriale, dotato di competenze di regolazione sui servizi pubblici, anche locali, definiscono gli specifici diritti di cui al comma 1. Sono fatte salve ulteriori garanzie che le imprese che gestiscono il servizio o l’infrastruttura definiscono autonomamente. Successivi provvedimenti introducono specifiche dettagliate per l’elaborazione delle Carte dei servizi: linee guida CiVIT n.89/2010 “Indirizzi in materia di parametri e modelli di riferimento del sistema di misurazione e valutazione della performance”; Delibera CiVIT n. 3/2012 “Linee guida per il miglioramento degli strumenti per la qualità dei servizi pubblici”. L’art. 32 D.Lgs n.33/2013 sancisce l’obbligo per le pubbliche amministrazioni e i gestori di pubblici di pubblicare “la carta dei servizi o il documento contenente gli standard di qualità dei servizi pubblici”.
[8] Sin dalla legge n. 103/1903 (L. Giolitti) - poi trasfusa nel r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578 sull’assunzione diretta dei servizi pubblici da parte di comuni e province - si affermava che i Comuni «possono assumere nei modi stabiliti» dalla legge «l’impianto e l’esercizio diretto dei pubblici servizi e segnatamente di quelli relativi agli oggetti seguenti: //…4.
costruzione ed esercizio di tramvie a trazione animale o meccanica»; // … [nonché] 15. impianto ed esercizio di omnibus, automobili e di ogni altro simile mezzo, diretto a provvedere alle pubbliche comunicazioni» (art. 1). Configurazione ribadita in tutte le normative che nel tempo si sono susseguite in materia: 19 novembre 1997, n. 422 e successive modifiche ed integrazioni, recante l’attuale disciplina di settore in tema di trasporto pubblico locale, ove si qualificano espressamente «i servizi di trasporto di persone e merci» come «servizi pubblici di trasporto» (art. 1, comma 2) nonché nelle varie norme generali che, nel corso degli anni, hanno disciplinato, in successione, la materia dei servizi pubblici locali qualificano costantemente il trasporto pubblico come servizio pubblico: ci si riferisce all’art. 113 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, all’art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in l. 6 agosto 2008, n. 133 e
all’art. 4 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. in l. 14 settembre 2011, n. 148. In tal senso: G.CAIA, Il trasporto pubblico locale come paradigma del servizio pubblico (disciplina attuale ed esigenze di riordino), in Osservatorio Costituzionale, 3/2018.
[9] Si vedano artt. 14 e 106 del TFUE per tale definizione. Si veda Regolamento CE n. 1370/2007 e successive modifiche ed integrazioni per la disciplina della materia.
[10] Per un inquadramento della specifica materia del trasporto pubblico locale, si veda tra tutti. F. ROVERSI MONACO, G. CAIA (a cura di), Il trasporto pubblico locale, Napoli, Editoriale Scientifica, 2018, vol. I e II. Si veda anche: N. RANGONO, I trasporti pubblici di linea, in Trattato di diritto amministrativo, Diritto amministrativo speciale III, CASSESE (a cura di), 2000, p. 2265; in relazione ai temi attuali si veda: E. GUARNIERI, Città, trasporto pubblico locale e infrastrutture nella stagione della mobilità sostenibile: la sinergia dell’insieme , in federalismi.it 16/2022. Per un inquadramento generale del tema dei servizi pubblici nei settori speciali, si veda: M.A. SANDULLI, La gestione dei servizi pubblici locali nei settori speciali, in Le forme di gestione dei servizi pubblici locali tra diritto europeo e diritto locale, M. Pilade Chiti (a cura di), 2010, 119 ss.
[11] Istituita dall’art. 37 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nell’ambito delle attività di regolazione dei servizi di pubblica utilità di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.
[12] Art 37, comma 2 legge istitutiva, rispettivamente lett. d) ed e).
[13] Entrato in vigore il 15 gennaio 2010 e pubblicato sulla G.U. del 31 dicembre 2009, n. 303, attua i principi contenuti nell'articolo 4 c. 2, lett. l), l. del. 4 marzo 2009, n. 15, recante “Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei Conti” (c.d. riforma Brunetta).
[14] L’azione è “Così denominata perché consente l'aggregazione processuale di più soggetti portatori degli stessi interessi […] l'espressione class action non è tecnicamente corretta, in quanto il ricorso per l'efficienza di cui al d.lgs. n. 198/2009 presenta caratteristiche differenti rispetto al modello processuale dei Paesi di common law. Tuttavia, la dizione di class action pubblica o amministrativa è ormai entrata nel linguaggio giurisprudenziale, avendo il pregio di identificare in maniera efficace l'azione in esame. Spesso, il ricorso per l'efficienza viene, altresì, denominato azione collettiva pubblica o amministrativa”, V. GASTALDO, La class action amministrativa: uno strumento attualmente poco efficace, in federalismi.it, 2016, contributo al quale si rinvia anche per un’attenta disamina delle perplessità sorte nei primi anni successivi all’introduzione nell’ordinamento dell’istituto in esame.
[15] Per un richiamo alle contrapposte teorie si veda: F. CORTESE, Corso di diritto processuale amministrativo, 2021, p. 79 ss.
[16] In tal senso: Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 8683/2010 e n. 8686/2010.
[17] Consiglio di Stato, Atti norm., n. 1943/2009.
[18] In tal senso si è espresso il Consiglio di Stato nella pronuncia in commento.