Il Consiglio di Stato nega l’efficacia di accertamento e l’ultrattività del principio di diritto affermato dalle sezioni unite in caso di sopravvenuta estinzione del processo.
Irrogata da un Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ad un proprio iscritto la sanzione disciplinare della radiazione e confermata la sanzione dal Consiglio Nazionale Forense, la decisione di quest’ultimo viene impugnata innanzi alle Sezioni Unite che accolgono il ricorso ritenendo che la sanzione della radiazione sia fondata su una ricostruzione parziale e incompleta dei fatti e annullano la decisione con rinvio al CNF.
Il giudizio innanzi al CNF non viene però riassunto né dal ricorrente, né dal COA in quanto, a seguito della sentenza della Cassazione, l’avvocato viene reiscritto all’Albo in accoglimento d’istanza dal medesimo presentata.
L’iscritto promuove a questo punto azione risarcitoria innanzi al GA per il danno patito a causa della illegittima radiazione, che viene respinta nel presupposto che l’accertamento operato dalle Sezioni Unite sull’illegittimità della radiazione non sia sufficiente per esercitare l’azione risarcitoria perché “nel caso di specie non v’è stata una sentenza di annullamento passata in giudicato”.
Secondo la sentenza della Sezione Terza del Consiglio di Stato, l’accertamento alla base della pronuncia rescindente della Cassazione, che ritiene la sanzione fondata su un accertamento incompleto dei fatti, non sarebbe utilmente invocabile a fini risarcitori, anche perché avrebbe perso efficacia a causa della mancata riassunzione del giudizio innanzi al CNF. La mancata riassunzione avrebbe infatti comportato l’estinzione del solo giudizio svolto in forma processuale e la contestuale reviviscenza dell’originario provvedimento puramente amministrativo.
La sentenza esclude l’applicabilità dell’art. 393 c.p.c. a norma del quale il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione sopravviverebbe all'eventuale estinzione del giudizio e ripropone la tesi della pregiudizialità dell’annullamento rispetto all’azione risarcitoria, della quale viene quindi nuovamente negata l’autonomia. Sembra pertanto che, sotto il profilo della pregiudizialità, i termini della questione vengano riproposti così come lo erano anteriormente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo e alla pronuncia resa da Cass. S.U. 23 12 2008 n. 30254 che, enunciando il principio di diritto nell’interesse della legge, era esplicitamente finalizzata a confermare l’orientamento già espresso nelle ordinanze n. 13659, n. 13660 e n. 13911 del 2006 (le ordinanze con le quali le Sezioni Unite avevano affermato che “ Tutela risarcitoria autonoma significa tutela che spetta alla parte per il fatto che la situazione soggettiva è stata sacrificata da un potere esercitato in modo illegittimo e la domanda con cui questa tutela è chiesta richiede al giudice di accertare l'illegittimità di tale agire. Questo accertamento non può perciò risultare precluso dalla inoppugnabilità del provvedimento né il diritto al risarcimento può essere per sé disconosciuto da ciò che invece concorre a determinare il danno, ovvero la regolazione che il rapporto ha avuto sulla base del provvedimento e che la pubblica amministrazione ha mantenuto nonostante la sua illegittimità. Dunque il rifiuto della tutela risarcitoria autonoma, motivato sotto gli aspetti indicati, si rivelerà sindacabile attraverso il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione”).