ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma
Ancora qualche nota di commento al decreto legge n. 11 del 2020 alla luce della circolare applicativa del Procuratore della Repubblica di Napoli.
di Giuseppe Santalucia
Sommario: 1. L’emergenza sanitaria e le indagini preliminari. - 2. Le ragioni dell’apparente disinteresse del legislatore del decreto. - 3. La necessità dell’individuazione di regole. - 4. La sospensione dei termini processuali come misura generale e autonoma. - 5. Spunti di conferma dal dato letterale delle disposizioni di legge. - 6. La sospensione dei termini opera anche nelle indagini preliminari. - 7. La opportuna circolare del Procuratore della Repubblica di Napoli. - 8. Breve notazione conclusiva.
1. L’emergenza sanitaria e le indagini preliminari. Il decreto legge n. 11 del 2020, su cui la nostra Rivista ha già offerto dei contributi di prima lettura (https://www.giustiziainsieme.it/it/news/117-main/diritto-dell-emergenza-covid-19/905-la-giustizia-penale-di-fronte-all-emergenza-da-epidemia-da-covid-19-brevi-note-sul-d-l-n-11-del-2020-di-giuseppe-santalucia-2), non si è soffermato, nella regolazione dell’emergenza, sulle attività degli Uffici inquirenti.
L’attenzione è stata riposta essenzialmente sugli impegni di udienza, con una previsione generale circa la sospensione automatica dei termini relativi al compimento di attività in tutti i procedimenti per i quali vale la regola del rinvio officioso, e obbligatorio, delle udienze, e ciò anzitutto per il periodo intercorrente dal 9 al 22 marzo 2020.
Peraltro, anche nella regolazione del periodo immediatamente successivo, con inizio dal 23 marzo e cessazione al 31 magio 2020, il decreto legge ha concentrato lo sforzo regolativo sulle attività di udienza, non provvedendo a dare indicazioni operative per gli impegni investigativi del pubblico ministero.
2. Le ragioni dell’apparente disinteresse del legislatore del decreto. In linea generale, la scelta del legislatore del decreto può essere condivisa. Quel che va preso in considerazione, ai fini del differimento soprattutto obbligatorio e quindi relativo al primo periodo dell’emergenza, sono le attività processuali partecipate, che coinvolgono una pluralità di persone e quindi espongono per necessità a potenziali rischi di contagio. Con l’ulteriore importante precisazione che le attività di udienza, anche in caso di udienze cd. non partecipate, coinvolgono una pluralità di persone, oltre che i componenti del collegio anche il personale di cancelleria.
Sulla scelta dei tempi nel compimento degli atti di investigazione la discrezionalità è infatti molto ampia e quindi il pubblico ministero può determinarsi nel modo più opportuno – anche tenendo conto delle esigenze di prevenzione di rischi di contagio – nella gran parte dei casi e senza necessità di previsioni di legge.
3. La necessità dell’individuazione di regole. Ciò detto, però, non può trascurarsi che è di un qualche interesse poter stabilire, con sufficiente certezza, se un atto di indagine per il quale i difensori hanno diritto all’avviso possa essere compiuto nel periodo per il quale sono state previste le misure preventive del rinvio officioso delle udienze e della sospensione dei termini “per il compimento di qualsiasi atto …” (così, testualmente, il decreto legge).
4. La sospensione dei termini processuali come misura generale e autonoma. Ad un esame appena più approfondito del decreto legge una soluzione può essere prospettata.
Se si interpreta il decreto legge nel senso che la misura della sospensione dei termini è strettamente connessa al fatto che un’udienza in quei procedimenti sia stata fissata per il periodo dal 9 al 22 marzo 2020, e che quindi detta misura opera solo nei procedimenti in cui vi è stata necessità di disporre il rinvio dell’udienza, la questione della regolazione dei termini degli atti delle indagini preliminari perde in massima parte di interesse.
Le indagini preliminari, se si fa eccezione dei casi di incidente probatorio e dell’incidente cautelare – ma che non giovano ad una migliore interpretazione della normativa d’urgenza –, non vedono al loro interno lo svolgimento di udienze, sicché, non potendo essere comprese nell’ambito dei procedimenti in cui si rende necessario un provvedimento di rinvio (delle udienze), sarebbero fuori dall’applicazione della ulteriore misure della sospensione dei termini.
Se, invece, si leggono le disposizioni d’urgenza nel senso che la sospensione dei termini è misura che riguarda tutti i procedimenti ricadenti nell’ambito entro cui opera la previsione sul rinvio delle udienze, a prescindere dal fatto che in essi sia stata disposta udienza nel periodo individuato dal decreto legge, allora la misura della sospensione dei termini assume autonomia da quella, pur sempre concorrente, del rinvio officioso delle udienze e diviene suscettibile di applicazione anche nella fase procedimentale.
5. Spunti di conferma dal dato letterale delle disposizioni di legge. In questa ultima direzione sembra indirizzare la lettera della legge.
L’articolo 1 del decreto d’urgenza, nella sua articolazione in commi, utilizza espressioni differenti per indicare ora i procedimenti nei quali opera la sospensione dei termini “per il compimento di qualsiasi atto…”, ora i procedimenti nei quali si applicano le disposizioni in punto di sospensione della prescrizione, dei termini di custodia cautelare, di proposizione della richiesta di riesame, ecc. ecc., di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 2.
Per tali ultimi il riferimento è “ai procedimenti nei quali le udienze sono rinviate a norma del comma 1”, formula ben diversa da quella, valevole per la sospensione dei termini tout court, “dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate”
6. La sospensione dei termini opera anche nelle indagini preliminari. Se così è, la misura della sospensione dei termini ha portata generale, prescinde dall’eventualità che un’udienza sia stata rinviata, essendo sufficiente stabilire che il procedimento sia tra quelli in cui il rinvio dell’udienza dovrebbe essere comunque disposto, e trova applicazione anche nella fase procedimentale, quella delle indagini, facendo obbligo all’interprete di adattare le disposizioni del decreto legge, espressamente orientate sulla fase processuale.
Questa soluzione ho già indicato con il primo commento al decreto legge, scrivendo che la sospensione dei termini opera nei procedimenti interessati dal rinvio, ossia ricadenti nell’area tracciata per l’operatività della misura del rinvio officioso delle udienze.
I procedimenti indicati al comma 1, a cui fa riferimento il decreto legge, sono i “procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari”, con l’eccezione di alcuni, specificamente enumerati dal successivo articolo 2, al comma 2, lettera g).
Rispetto a tali procedimenti operano le due misure del rinvio officioso delle udienze, ovviamente se fissate nel periodo dal 9 al 22 marzo 2020, e della sospensione dei “termini per il compimento di qualsiasi atto…”, e ciò fanno in modo autonomo, nel senso che l’ultima non dipende dal fatto che un’udienza fosse stata già fissata in quel periodo e che quindi è stata rinviata.
7. La opportuna circolare del Procuratore della Repubblica di Napoli. Sulla base di questa interpretazione il Procuratore della Repubblica di Napoli ha provveduto a enucleare dalla disciplina del decreto legge le regole valevoli per le indagini preliminari, emanando la circolare interpretativa che ora si pubblica e che si segnala per l’esegesi attenta e puntuale del testo normativo, non sempre di facile lettura, che ha consentito utili e opportuni accorgimenti operativi.
Ha così stabilito, tra l’altro, che in tutti i procedimenti, fatta eccezione di quelli in cui la misura del rinvio delle udienze non potrebbe operare, sono sospesi i termini di legge per la durata delle indagini preliminari, anche nei procedimenti di criminalità organizzata.
In tutti questi procedimenti, che sostanzialmente sono la gran parte, gli atti cd. garantiti possono essere compiuti sempre che il pubblico ministero ne ravvisi l’indifferibilità con provvedimento adeguatamente motivato, in analogia a quanto il decreto legge prescrive per l’assunzione della prova urgente in incidente probatorio.
8. Breve notazione conclusiva. Le prescrizioni di circolare sono – è appena il caso di evidenziare – oltre che pienamente conformi al dettato normativo, anche le più rispondenti alle finalità emergenziali per le quali il provvedimento di urgenza è stato emanato.
L’impatto del d.l. n. 11/2020 sull’attività processuale delle Commissioni tributarie.
di Enrico Manzon
sommario: 1. Premesse. - 2. I procedimenti avanti alle Commissioni tributarie: le diverse tipologie. - 3. I procedimenti da rinviare e quelli non rinviabili. - 4. Una conclusione pratica ed un auspicio.
1. Premesse
L’art. 1, comma 4, del decreto legge 8 marzo 2020, n. 11 prevede che «Le disposizioni del presente articolo, in quanto compatibili, si applicano altresì al procedimenti relativi alle commissioni tributarie..».
Queste brevi note mirano a fornire prime –molto sommarie- valutazioni interpretative circa l’impatto di questa disposizione e quindi della correlativa fonte normativa sulle attività processuali degli organi provinciali e regionali della giurisdizione tributaria di merito.
2. I procedimenti avanti alle Commissioni tributarie: le diverse tipologie.
E’ necessario premettere una sintetica ricostruzione delle tipologie di procedimenti avanti alle Commissioni tributarie, ovviamente con l’attenzione esclusivamente rivolta agli aspetti che direttamente rientrano nella ratio di questa lex specialis, anzi meglio exceptionalis, dunque alle modalità di trattazione dei procedimenti stessi, principali ed incidentali.
Vi è anzitutto un procedimento “ordinario” di primo grado che ha essenzialmente due forme di svolgimento: la trattazione in camera di consiglio e la discussione in pubblica udienza (rispettivamente, artt. 33 e 34 d.lgs. 546/1992).
La prima attività processuale è espressamente “non partecipata” (art. 33, comma 2, d.lgs. 546/1992); la seconda al contrario prevede non solo la presenza delle parti e dei loro difensori, ma addirittura di quisque de populo.
Tali modalità processuali sono estese al grado di appello dall’art. 61, d.lgs. 546/1992.
Vi sono poi altre forme di giudizio principale ovvero incidentale, quali:
-il giudizio di revocazione, cui si applicano le stesse disposizioni del giudizio “ordinario” (art. 66, d.lgs. 546/1992);
-il giudizio di ottemperanza, per il quale l’art. 70, comma 7, d.lgs. 546/1992 prevede una camera di consiglio “partecipata”(dalle parti);
-i procedimenti incidentali di sospensione dell’atto impugnato, di sospensione degli atti volti al recupero di aiuti di Stato, di sospensione dell’esecutività delle sentenze di primo e di secondo rado, per i quali sono previste camere di consiglio “partecipate” (dalle parti), rispettivamente, dagli artt. 47, comma 4, 47-bis, comma 3, 52, comma 5, 62-bis, comma 4, d.lgs. 546/1992).
Le disposizioni del d.l. 11/2020 vanno quindi parametrate a queste forme processuali.
3. I procedimenti da rinviare e quelli non rinviabili
In primo luogo penso si debba convenire con chi su questa stessa rivista [De Stefano, L’emergenza sanitaria rimodula i tempi della giustizia: i provvedimenti sul civile (note a primissima lettura del d.l. n. 11 del 2020)] ha espresso l’opzione di un’interpretazione estensiva secundum ratio –peraltro molto chiara- del termine «udienze» impiegato dal legislatore.
Quindi il “rinvio secco” al 22 marzo (salvo proroghe ..) deve senz’altro considerarsi esteso anche al procedimento camerale ordinario di cognizione (in primo grado ed in appello) nonchè al giudizio di revocazione; tutti gli altri procedimenti suindicati prevedono la partecipazione delle parti e quindi il problema nemmeno si pone.
In secondo luogo bisogna chiedersi cosa sarà per la “ripresa post blocco” e quindi guardare in particolare alle pieghe dell’art. 2 del decreto.
A partire però dalla previsione dell’art. 1, comma 2, del decreto medesimo, secondo la quale sono sospesi anche i termini per le attività processuali finalizzate alla trattazione dei procedimenti (memorie).
Nel riorganizzare l’attività bisognerà prestare una particolare attenzione a questo aspetto della questione, perchè altrimenti si rischiano nullità processuali per violazione del diritto di difesa/principio del contraddittorio (sul punto, v. ancora, per le analoghe problematiche del processo civile, De Stefano, cit.).
Ciò posto, il problema interpretativo più pressante risulta evidentemente essere quello delle eccezioni al rinvio d’ufficio ed a quello, correlato, delle misure discrezionali delegate ai Dirigenti giudiziari, quindi ai Presidenti delle Commissioni provinciali e regionali, previste rispettivamente dagli artt. 1, comma 1, ultima parte e 2, d.l. 11/2020.
Infatti, con riguardo alle due diverse modalità dell’intervento normativo (rinvio automatico al 22 marzo, discrezionale fino al 31 maggio), si pone per entrambe la questione dei procedimenti incidentali cautelari analoghi a quelli civilistici indicati nella lett. g) del comma 1, dell’art. 2 del d.l.: «..procedimenti di cui all’articolo 283, 351 e 373, del codice di procedura civile e, in genere, in tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio per le parti».
Peraltro, ancorchè si tratti di procedimenti “partecipati” sia per le inibitorie civili che per quelle tributarie, non sembrano ravvisabili elementi di “incompatibilità” che inducano a ritenere non completamente estensibile l’eccezionale disciplina processual-civilistica a quella speciale tributaria, nelle articolazioni che sopra si sono sinteticamente indicate.
Ebbene, non può non notarsi una sensibile differenza tra tali, molto “essenziali”, scelte normative e la più articolata e “protettiva” disciplina data con l’art. 3 del decreto ai procedimenti avanti agli organi di giustizia amministrativa, che tuttavia non può essere applicata a quelli avanti le Commissioni tributarie, stante il generale rinvio di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. 546/1992.
Comunque sia, per i sub-procedimenti cautelari ed inibitori tributari non appaiono ravvisabili ragioni di rinvio, né “secco” né “discrezionale”, ma solo l’applicabilità di misure di natura preventiva sulle modalità di esercizio delle attività.
4. Una conclusione pratica ed un auspicio.
Sul piano delle situazioni concrete e volendo dunque calare l’intervento nella realtà, non bisogna dimenticare che l’edilizia giudiziaria tributaria spesso presenta situazioni di precarietà e promiscuità che possono essere anche deteriori rispetto a quelle, anch’esse non sempre “ottimali”, degli uffici giudiziari ordinari.
Se dunque lo scopo –dichiarato ed evidente- della normativa indifferibile ed urgente è quello di limitare al massimo il “contatto sociale” nelle aule di giustizia, allora i Presidenti delle Commissioni dovranno esercitare con particolare attenzione e prudenza le prerogative loro date dall’art. 2 del decreto.
E l’auspicio è che ciò avvenga
La giustizia penale di fronte all’emergenza da epidemia da COVID-19 (Brevi note sul d. l. n. 11 del 2020) di Giuseppe Santalucia
sommario: 1. Premessa. - 2. I principali strumenti di contenimento dei rischi. - 3. Il rinvio delle udienze nel primo periodo. - 4. Le deroghe all’obbligo di rinvio delle udienze.- 5. Le esigenze indifferibili di prova. - 6. La partecipazione al giudizio. 7. Le limitazioni dei colloqui per i detenuti. - 8. Le misure organizzative per il secondo periodo. - 9. Le conseguenze immediate del rinvio dell’udienza.- 10. Le restrizioni per l’accesso a permessi premio e semilibertà
1.Premessa. Il decreto legge, entrato in vigore oggi 8 marzo con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica in pari data, detta prescrizioni valevoli sin dal giorno appena successivo, ossia dal 9 marzo.
Fatto salvo l’apparato di regole contenuto nel decreto legge n. 9 del 2020, con cui si sono già dettate le prescrizioni, per sospensione dei termini processuali e il rinvio delle udienze negli uffici giudiziari ricadenti nei distretti di Corte di appello comprensivi dei Comuni facenti parte dell’allora zona rossa delineata per il contenimento dell’epidemia, questo secondo decreto legge prevede anzitutto due diversi tipi di accorgimenti.
Il fine è duplice e composito: si tratta di fronteggiare il rischio del contagio per svolgimento di attività giudiziaria, sia per il settore penale che per quello civile, e di contenere gli effetti negativi dell’epidemia sulla prestazione del servizio giustizia, in modo da assicurare che esso si svolga con continuità ed efficienza.
2. I principali strumenti di contenimento dei rischi. Con previsione comune ai due settori della giustizia ordinaria, e con prescrizioni estese, per quanto compatibili, alla giustizia tributaria e militare, il decreto legge prevede:
Tali misure organizzative devono essere adottate sentita l’Autorità sanitaria regionale, per il tramite del presidente della Giunta regionale, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati; e, per gli uffici diversi dalla Corte di cassazione e dalla Procura generale presso detta Corte, d’intesa con il presidente della Corte di appello e con il Procuratore generale presso la Corte di appello.
3.Il rinvio delle udienze nel primo periodo. Quanto alla misura del rinvio officioso delle udienze fissate per il periodo di maggiore emergenza, valgono alcune eccezioni.
Non sono rinviabili, nel settore penale, le udienze nelle seguenti materie.
Sul punto sembra importante evidenziare che la regola, anche in tale ambito procedimentale, è il rinvio officioso delle udienze, e che l’intervento delle parti o dei loro difensori agisce in deroga a questa regola di generale applicazione.
Non sarebbe allora conforme alle previsioni di legge che il giudice tenesse udienza per appurare se imputati, detenuti o proposti, o anche soltanto i loro difensori, facciano richiesta di trattazione del procedimento. Se, infatti, l’udienza va rinviata, non v’è spazio per soluzioni che ipotizzino l’obbligo di sedere in udienza per lì verificare quale sia la volontà delle parti.
Il provvedimento di rinvio è meramente esecutivo di una prescrizione di legge, in vigore dal 9 marzo e conosciuta e conoscibile da chiunque al pari di ogni altra disposizione di legge. I soggetti abilitati a chiedere il rinvio devono dunque farsi parte diligente quanto più tempestivamente possibile per chiedere la trattazione del processo, pena altrimenti l’impossibilità di evitare il rinvio.
Rinvio che, peraltro, va disposto d’ufficio e non necessariamente in udienza, quindi con provvedimento adottabile dal presidente e non esclusivamente dal giudice, anche collegiale.
Ciò significa che non occorre, per poter disporre il rinvio, che si attenda un termine, che la legge non ha posto, per valutare se trattare o meno il processo. Se questa fosse stata la volontà del legislatore dell’emergenza, la disposizione sarebbe stata costruita diversamente, in termini magari di un rinvio su richiesta di parte e non d’ufficio.
Certo, problemi applicativi si pongono per le udienze fissate per il giorno o i giorni appena successivi all’entrata in vigore del decreto legge, non essendoci uno spazio apprezzabile per determinazioni organizzative dei dirigenti degli uffici giudiziari compatibile con l’utile esercizio del potere delle parti di chiedere il rinvio.
Ma questo aspetto critico, che non si ignora, fa parte degli inconvenienti inevitabili di un provvedimento d’urgenza che comprime e contrae gli ambiti di intervento dei soggetti interessati dalle misure di restrizione, e che non può essere interpretativamente utilizzato per far dire alle norme quello che le norme non hanno inteso affermare.
4. Le deroghe all’obbligo di rinvio delle udienze. I procedimenti in cui le udienze devono essere tenute, sempre che sia espressamente richiesta la trattazione, sono:
Il decreto legge non precisa meglio, e la disposizione appare assai poco restrittiva. Il riferimento è: ad ogni misura cautelare, sia personale che reale, e, nell’ambito della prima categoria, sia alle misure coercitive che a quelle interdittive; oltre che ad ogni misura di sicurezza, personale o patrimoniale, fermo restando che per le misure di sicurezza detentive vale la prescrizione appena prima richiamata, della trattazione del processo a prescindere dal meccanismo dell’espressa richiesta di parte. La previsione sembra eccessiva, perché, oltre a non distinguere tra le varie tipologie di misura cautelare, non chiarisce se l’eccezione al rinvio valga pur quando nel procedimento la misura sia stata applicata ma poi sia stata revocata o sia comunque cessata;
5.Le esigenze indifferibili di prova.
Non sono infine soggette al rinvio le udienze che si rendano necessarie in quei procedimenti ove sia indifferibile l’esigenza di assumere prove non rinviabili, secondo il modulo di cui all’art. 392 cod. proc. pen. in punto di incidente probatorio. La previsione, questa volta, pecca per difetto, per l’omesso richiamo alla disposizione di cui all’art. 467 cod. proc. pen., che autorizza l’assunzione di prove urgenti nella fase degli atti preliminari al giudizio nei casi in cui si abbiano a verificarsi i presupposti per l’incidente probatorio. In tutte queste ipotesi occorre che il giudice o, se questo è collegiale, il presidente dichiarino l’urgenza a provvedere, con provvedimento che dia conto dell’indifferibilità dell’assunzione della prova, comunque non impugnabile.
6.La partecipazione al giudizio. In ogni dibattimento il giudice può disporre che si proceda a porte chiuse, per evitare che nell’aula di udienza si abbia un affollamento tale da accrescere il pericolo di possibili contagi. L’invito a valutare l’opportunità di questo accorgimento è rivolto dal decreto legge a giudici dei singoli processi, rientrando il relativo provvedimento nei compiti propri del giudice che siede in udienza.
Con misura d’ordine generale si prevede poi che per tutto il periodo dell’emergenza, ossia dal 9 marzo al 31 maggio 2020, la partecipazione al giudizio delle persone detenute, anche in via cautelare, e internate sia assicurata, per quanto organizzativamente possibile, per mezzo del collegamento a distanza, facendo applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni che in via ordinaria regolano la partecipazione al dibattimento a distanza delle persone che si trovino in stato di detenzione – art. 146bis disp. att. cod. proc. pen. –.
7.Le limitazioni dei colloqui per i detenuti. Soltanto per il primo periodo di emergenza, i colloqui dei detenuti negli istituti penitenziali e negli istituti penali per i minorenni con i congiunti e con le altre persone con le quali ne hanno diritto devono avvenire a distanza, ove possibile avvalendosi di apparecchiature tecniche che consentano questa modalità di svolgimento dei colloqui. Se questa possibilità organizzativa non si abbia, i colloqui avvengono per mezzo del telefono, e senza le ordinarie limitazione numeriche dei colloqui telefonici.
8.Le misure organizzative per il secondo periodo. I dirigenti degli uffici sono abilitati, per il periodo successivo a quello di maggior restrizione – 23 marzo/31 maggio 2020 – all’adozione di misure organizzative speciali, anche incidenti direttamente sulla trattazione degli affari giudiziari e quindi con interferenza sugli ordinari poteri di organizzazione spettanti ai singoli giudici a cui quegli affari sono assegnati.
7.1. Alcune delle misure che possono essere prese dai dirigenti degli uffici attengono alle modalità di accesso del pubblico con prescrizioni volte a limitarne l’afflusso, a condizione comunque di rispettare l’esigenza del compimento di attività non rinviabili, anche per quanto attiene agli orari giornalieri di apertura, con possibilità addirittura di disporre la chiusura di alcuni servizi al pubblico, sempre che non interessati dalla prestazione di servizi a carattere di urgenza.
Siccome uno degli obiettivi principali è di evitare l’assembramento di persone, evenienza che agevola il rischio di contagi, i dirigenti degli uffici possono imporre prescrizioni per regolare la convocazione degli utenti del servizio giudiziario, anche mediante il modulo della prenotazione per l’accesso ad orari fissi; e soprattutto possono imporre ai singoli giudici direttive vincolanti in punto di fissazione e modalità di trattazione delle udienze.
Con previsione direttamente incidente sui poteri organizzativi dei giudici nei singoli processi, i dirigenti degli uffici possono disporre lo svolgimento dei dibattimenti a porte chiuse per esigenze di pubblico igiene, e quindi di salute pubblica, di tutti o di taluno dei processi incardinati in quegli uffici.
7.2. Spicca poi il potere di disporre, ancora una volta, il rinvio delle udienze a data successiva al 31 maggio 2020 nelle stesse materia e con le stesse eccezioni che, si è detto prima, operano già per il rinvio officioso e obbligatorio che caratterizza il primo periodo di emergenza.
A differenza di quanto già illustrato per il periodo dal 9 al 22 marzo, per tale seconda fase il rinvio non è obbligatorio ma è oggetto di un apprezzamento discrezionale che, quindi, implica per necessità che la misura organizzativa operi sul territorio nazionale a macchia di leopardo, interessando alcuni e non tutti gli uffici giudiziari.
9. Le conseguenze immediate del rinvio dell’udienza.
In tutti i casi in cui opera il rinvio, sia nel caso di rinvio obbligatorio del primo periodo che di rinvio cd. discrezionale del secondo periodo, restano sospesi i seguenti termini:
- i termini di prescrizione dei reati per i quali si procede;
- i termini massimi di custodia cautelare di cui all’art. 303 cod. proc. pen., e specificamente i termini di fase e i termini complessivi, fermi restando però, a quanto sembra di comprendere, i termini massimi di fase e il termine massimo finale, di cui all’art. 304, comma 6, cod. proc. pen., che non è fatto oggetto di richiamo;
- i termini di proposizione della richiesta di riesame, evidentemente per i casi in cui l’imputato in stato di restrizione cautelare non abbia fatto espressa richiesta di trattazione del procedimento;
- i termini (trenta giorni dalla ricezione degli atti) entro i quali la Corte di cassazione deve decidere sui ricorsi avverso i provvedimenti del Tribunale del riesame e del Tribunale dell’appello cautelare;
- i termini entro i quali il giudice del rinvio, in caso di annullamento dell’ordinanza applicativa della misura coercitiva oggetto di riesame, deve decidere (dieci giorni dalla ricezione degli atti) e deve depositare l’ordinanza (trenta giorni dalla decisione);
- i termini entro i quali, in caso di riesame del decreto di sequestro, deve essere proposta la richiesta, e l’impugnazione deve essere decisa, pur quando l’interessato ne abbia chiesto il differimento;
- per i procedimenti di prevenzione, i termini entro cui deve essere emesso il provvedimento di confisca, a far data dall’immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario, e la Corte di appello, in caso di impugnazione del decreto di confisca, deve pronunciarsi dal deposito del ricorso.
Ulteriore conseguenza del disposto rinvio è che il periodo di forzata stasi procedimentale non può essere computato ai fini della determinazione del tempo irragionevole del processo ai fini della domanda di equa riparazione, ai sensi dell’art. 2, l. n. 89 del 2001.
10.Le restrizioni per l’accesso a permessi premio e semilibertà.
La magistratura di sorveglianza è chiamata ad un non facile compito per l’intero periodo dell’emergenza, e quindi dal 9 marzo al 31 maggio 2020. Tenendo conto delle indicazioni delle autorità sanitarie il magistrato e il tribunale di sorveglianza, nell’ambito delle rispettive competenze, possono ricorrere a una misura limitativa particolarmente penalizzante: possono infatti sospendere, con decisione che sembra poter rivestire il carattere della generalità per l’intera popolazione carceraria soggetta alla loro giurisdizione, la concessione dei permessi premio e della semilibertà, in modo da evitare che il detenuto possa essere esposto al contagio in ambiente esterno e farsi conseguentemente veicolo di contagio nell’ambiente chiuso del carcere in cui deve fare rientro. Si tratta di una misura eccezionale dal contenuto spiccatamente afflittivo, che dovrà essere adeguatamente giustificata con l’illustrazione delle ragioni sottese, sì come articolate nell’interlocuzione con le autorità sanitarie.
La giustizia penale di fronte all’emergenza da epidemia da COVID-19 (Brevi note sul d. l. n. 11 del 2020) di Giuseppe Santalucia
sommario: 1. Premessa. - 2. I principali strumenti di contenimento dei rischi. - 3. Il rinvio delle udienze nel primo periodo. - 4. Le deroghe all’obbligo di rinvio delle udienze.- 5. Le esigenze indifferibili di prova. - 6. La partecipazione al giudizio. 7. Le limitazioni dei colloqui per i detenuti. - 8. Le misure organizzative per il secondo periodo. - 9. Le conseguenze immediate del rinvio dell’udienza.- 10. Le restrizioni per l’accesso a permessi premio e semilibertà
1.Premessa. Il decreto legge, entrato in vigore oggi 8 marzo con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica in pari data, detta prescrizioni valevoli sin dal giorno appena successivo, ossia dal 9 marzo.
Fatto salvo l’apparato di regole contenuto nel decreto legge n. 9 del 2020, con cui si sono già dettate le prescrizioni, per sospensione dei termini processuali e il rinvio delle udienze negli uffici giudiziari ricadenti nei distretti di Corte di appello comprensivi dei Comuni facenti parte dell’allora zona rossa delineata per il contenimento dell’epidemia, questo secondo decreto legge prevede anzitutto due diversi tipi di accorgimenti.
Il fine è duplice e composito: si tratta di fronteggiare il rischio del contagio per svolgimento di attività giudiziaria, sia per il settore penale che per quello civile, e di contenere gli effetti negativi dell’epidemia sulla prestazione del servizio giustizia, in modo da assicurare che esso si svolga con continuità ed efficienza.
2. I principali strumenti di contenimento dei rischi. Con previsione comune ai due settori della giustizia ordinaria, e con prescrizioni estese, per quanto compatibili, alla giustizia tributaria e militare, il decreto legge prevede:
Tali misure organizzative devono essere adottate sentita l’Autorità sanitaria regionale, per il tramite del presidente della Giunta regionale, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati; e, per gli uffici diversi dalla Corte di cassazione e dalla Procura generale presso detta Corte, d’intesa con il presidente della Corte di appello e con il Procuratore generale presso la Corte di appello.
3.Il rinvio delle udienze nel primo periodo. Quanto alla misura del rinvio officioso delle udienze fissate per il periodo di maggiore emergenza, valgono alcune eccezioni.
Non sono rinviabili, nel settore penale, le udienze nelle seguenti materie.
Sul punto sembra importante evidenziare che la regola, anche in tale ambito procedimentale, è il rinvio officioso delle udienze, e che l’intervento delle parti o dei loro difensori agisce in deroga a questa regola di generale applicazione.
Non sarebbe allora conforme alle previsioni di legge che il giudice tenesse udienza per appurare se imputati, detenuti o proposti, o anche soltanto i loro difensori, facciano richiesta di trattazione del procedimento. Se, infatti, l’udienza va rinviata, non v’è spazio per soluzioni che ipotizzino l’obbligo di sedere in udienza per lì verificare quale sia la volontà delle parti.
Il provvedimento di rinvio è meramente esecutivo di una prescrizione di legge, in vigore dal 9 marzo e conosciuta e conoscibile da chiunque al pari di ogni altra disposizione di legge. I soggetti abilitati a chiedere il rinvio devono dunque farsi parte diligente quanto più tempestivamente possibile per chiedere la trattazione del processo, pena altrimenti l’impossibilità di evitare il rinvio.
Rinvio che, peraltro, va disposto d’ufficio e non necessariamente in udienza, quindi con provvedimento adottabile dal presidente e non esclusivamente dal giudice, anche collegiale.
Ciò significa che non occorre, per poter disporre il rinvio, che si attenda un termine, che la legge non ha posto, per valutare se trattare o meno il processo. Se questa fosse stata la volontà del legislatore dell’emergenza, la disposizione sarebbe stata costruita diversamente, in termini magari di un rinvio su richiesta di parte e non d’ufficio.
Certo, problemi applicativi si pongono per le udienze fissate per il giorno o i giorni appena successivi all’entrata in vigore del decreto legge, non essendoci uno spazio apprezzabile per determinazioni organizzative dei dirigenti degli uffici giudiziari compatibile con l’utile esercizio del potere delle parti di chiedere il rinvio.
Ma questo aspetto critico, che non si ignora, fa parte degli inconvenienti inevitabili di un provvedimento d’urgenza che comprime e contrae gli ambiti di intervento dei soggetti interessati dalle misure di restrizione, e che non può essere interpretativamente utilizzato per far dire alle norme quello che le norme non hanno inteso affermare.
4. Le deroghe all’obbligo di rinvio delle udienze. I procedimenti in cui le udienze devono essere tenute, sempre che sia espressamente richiesta la trattazione, sono:
Il decreto legge non precisa meglio, e la disposizione appare assai poco restrittiva. Il riferimento è: ad ogni misura cautelare, sia personale che reale, e, nell’ambito della prima categoria, sia alle misure coercitive che a quelle interdittive; oltre che ad ogni misura di sicurezza, personale o patrimoniale, fermo restando che per le misure di sicurezza detentive vale la prescrizione appena prima richiamata, della trattazione del processo a prescindere dal meccanismo dell’espressa richiesta di parte. La previsione sembra eccessiva, perché, oltre a non distinguere tra le varie tipologie di misura cautelare, non chiarisce se l’eccezione al rinvio valga pur quando nel procedimento la misura sia stata applicata ma poi sia stata revocata o sia comunque cessata;
5.Le esigenze indifferibili di prova.
Non sono infine soggette al rinvio le udienze che si rendano necessarie in quei procedimenti ove sia indifferibile l’esigenza di assumere prove non rinviabili, secondo il modulo di cui all’art. 392 cod. proc. pen. in punto di incidente probatorio. La previsione, questa volta, pecca per difetto, per l’omesso richiamo alla disposizione di cui all’art. 467 cod. proc. pen., che autorizza l’assunzione di prove urgenti nella fase degli atti preliminari al giudizio nei casi in cui si abbiano a verificarsi i presupposti per l’incidente probatorio. In tutte queste ipotesi occorre che il giudice o, se questo è collegiale, il presidente dichiarino l’urgenza a provvedere, con provvedimento che dia conto dell’indifferibilità dell’assunzione della prova, comunque non impugnabile.
6.La partecipazione al giudizio. In ogni dibattimento il giudice può disporre che si proceda a porte chiuse, per evitare che nell’aula di udienza si abbia un affollamento tale da accrescere il pericolo di possibili contagi. L’invito a valutare l’opportunità di questo accorgimento è rivolto dal decreto legge a giudici dei singoli processi, rientrando il relativo provvedimento nei compiti propri del giudice che siede in udienza.
Con misura d’ordine generale si prevede poi che per tutto il periodo dell’emergenza, ossia dal 9 marzo al 31 maggio 2020, la partecipazione al giudizio delle persone detenute, anche in via cautelare, e internate sia assicurata, per quanto organizzativamente possibile, per mezzo del collegamento a distanza, facendo applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni che in via ordinaria regolano la partecipazione al dibattimento a distanza delle persone che si trovino in stato di detenzione – art. 146bis disp. att. cod. proc. pen. –.
7.Le limitazioni dei colloqui per i detenuti. Soltanto per il primo periodo di emergenza, i colloqui dei detenuti negli istituti penitenziali e negli istituti penali per i minorenni con i congiunti e con le altre persone con le quali ne hanno diritto devono avvenire a distanza, ove possibile avvalendosi di apparecchiature tecniche che consentano questa modalità di svolgimento dei colloqui. Se questa possibilità organizzativa non si abbia, i colloqui avvengono per mezzo del telefono, e senza le ordinarie limitazione numeriche dei colloqui telefonici.
8.Le misure organizzative per il secondo periodo. I dirigenti degli uffici sono abilitati, per il periodo successivo a quello di maggior restrizione – 23 marzo/31 maggio 2020 – all’adozione di misure organizzative speciali, anche incidenti direttamente sulla trattazione degli affari giudiziari e quindi con interferenza sugli ordinari poteri di organizzazione spettanti ai singoli giudici a cui quegli affari sono assegnati.
7.1. Alcune delle misure che possono essere prese dai dirigenti degli uffici attengono alle modalità di accesso del pubblico con prescrizioni volte a limitarne l’afflusso, a condizione comunque di rispettare l’esigenza del compimento di attività non rinviabili, anche per quanto attiene agli orari giornalieri di apertura, con possibilità addirittura di disporre la chiusura di alcuni servizi al pubblico, sempre che non interessati dalla prestazione di servizi a carattere di urgenza.
Siccome uno degli obiettivi principali è di evitare l’assembramento di persone, evenienza che agevola il rischio di contagi, i dirigenti degli uffici possono imporre prescrizioni per regolare la convocazione degli utenti del servizio giudiziario, anche mediante il modulo della prenotazione per l’accesso ad orari fissi; e soprattutto possono imporre ai singoli giudici direttive vincolanti in punto di fissazione e modalità di trattazione delle udienze.
Con previsione direttamente incidente sui poteri organizzativi dei giudici nei singoli processi, i dirigenti degli uffici possono disporre lo svolgimento dei dibattimenti a porte chiuse per esigenze di pubblico igiene, e quindi di salute pubblica, di tutti o di taluno dei processi incardinati in quegli uffici.
7.2. Spicca poi il potere di disporre, ancora una volta, il rinvio delle udienze a data successiva al 31 maggio 2020 nelle stesse materia e con le stesse eccezioni che, si è detto prima, operano già per il rinvio officioso e obbligatorio che caratterizza il primo periodo di emergenza.
A differenza di quanto già illustrato per il periodo dal 9 al 22 marzo, per tale seconda fase il rinvio non è obbligatorio ma è oggetto di un apprezzamento discrezionale che, quindi, implica per necessità che la misura organizzativa operi sul territorio nazionale a macchia di leopardo, interessando alcuni e non tutti gli uffici giudiziari.
9. Le conseguenze immediate del rinvio dell’udienza.
In tutti i casi in cui opera il rinvio, sia nel caso di rinvio obbligatorio del primo periodo che di rinvio cd. discrezionale del secondo periodo, restano sospesi i seguenti termini:
- i termini di prescrizione dei reati per i quali si procede;
- i termini massimi di custodia cautelare di cui all’art. 303 cod. proc. pen., e specificamente i termini di fase e i termini complessivi, fermi restando però, a quanto sembra di comprendere, i termini massimi di fase e il termine massimo finale, di cui all’art. 304, comma 6, cod. proc. pen., che non è fatto oggetto di richiamo;
- i termini di proposizione della richiesta di riesame, evidentemente per i casi in cui l’imputato in stato di restrizione cautelare non abbia fatto espressa richiesta di trattazione del procedimento;
- i termini (trenta giorni dalla ricezione degli atti) entro i quali la Corte di cassazione deve decidere sui ricorsi avverso i provvedimenti del Tribunale del riesame e del Tribunale dell’appello cautelare;
- i termini entro i quali il giudice del rinvio, in caso di annullamento dell’ordinanza applicativa della misura coercitiva oggetto di riesame, deve decidere (dieci giorni dalla ricezione degli atti) e deve depositare l’ordinanza (trenta giorni dalla decisione);
- i termini entro i quali, in caso di riesame del decreto di sequestro, deve essere proposta la richiesta, e l’impugnazione deve essere decisa, pur quando l’interessato ne abbia chiesto il differimento;
- per i procedimenti di prevenzione, i termini entro cui deve essere emesso il provvedimento di confisca, a far data dall’immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario, e la Corte di appello, in caso di impugnazione del decreto di confisca, deve pronunciarsi dal deposito del ricorso.
Ulteriore conseguenza del disposto rinvio è che il periodo di forzata stasi procedimentale non può essere computato ai fini della determinazione del tempo irragionevole del processo ai fini della domanda di equa riparazione, ai sensi dell’art. 2, l. n. 89 del 2001.
10.Le restrizioni per l’accesso a permessi premio e semilibertà.
La magistratura di sorveglianza è chiamata ad un non facile compito per l’intero periodo dell’emergenza, e quindi dal 9 marzo al 31 maggio 2020. Tenendo conto delle indicazioni delle autorità sanitarie il magistrato e il tribunale di sorveglianza, nell’ambito delle rispettive competenze, possono ricorrere a una misura limitativa particolarmente penalizzante: possono infatti sospendere, con decisione che sembra poter rivestire il carattere della generalità per l’intera popolazione carceraria soggetta alla loro giurisdizione, la concessione dei permessi premio e della semilibertà, in modo da evitare che il detenuto possa essere esposto al contagio in ambiente esterno e farsi conseguentemente veicolo di contagio nell’ambiente chiuso del carcere in cui deve fare rientro. Si tratta di una misura eccezionale dal contenuto spiccatamente afflittivo, che dovrà essere adeguatamente giustificata con l’illustrazione delle ragioni sottese, sì come articolate nell’interlocuzione con le autorità sanitarie.
L’emergenza sanitaria rimodula i tempi della Giustizia: i provvedimenti sul civile (note a primissima lettura del d.l. n. 11 del 2020) di Franco De Stefano
sommario: 1. L’intervento normativo. - 2. Il rinvio generalizzato delle “udienze”.- 3. Le eccezioni. - 4. Cenno alle ricadute.
1. L’intervento normativo.
È stato pubblicato alle ore 20.30 circa di ieri 8 marzo sul sito www.gazzettaufficiale.it il decreto legge 8 marzo 2020, n. 11 (Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attivita' giudiziaria), al dichiarato fine di contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, ovvero sul sistema stesso della giustizia.
Dopo il primo intervento di cui all’art. 10 del d.l. 2 marzo 2020, n. 9, limitato alle zone identificabili coi focolai dell’epidemia, il nuovo intervento interessa l’intero territorio nazionale ed è assai più radicale, dovendo fare fronte all’evolversi della situazione verso un’emergenza che è doveroso definire senza precedenti nella storia della Repubblica: senza allarmismi, né panico, ma con determinazione e risolutezza.
Il decreto responsabilmente individua un duplice periodo, un primo per fare fronte alle esigenze di immediato contrasto o di pronto intervento, seguito da altro, che modulerà un vero e proprio regime emergenziale o derogatorio, in deroga a quello ordinario, ma tendenzialmente durevole o comunque da modellarsi in ragione delle esigenze via via individuate e, quindi, a seconda anche dello sviluppo, purtroppo allo stato ancora imprevedibile per le stesse cognizioni scientifiche al riguardo, dell’epidemia e delle sue ricadute cumulative sulla vita di tutti i giorni e sull’economia.
Ora bisogna far fronte all’uragano, finché non cessa la sua fase più distruttiva, poi occorrerà attrezzarsi per la gestione delle sue immani conseguenze: si tratta ora di attestarsi su di una nuova linea del Piave e solo dopo si potrà pensare al contrattacco.
Di seguito alcune brevi note a primissima lettura, relativamente all’impatto delle norme sul civile.
2. Il rinvio generalizzato delle “udienze”.
È istituito un primo periodo, cosiddetto cuscinetto o emergenziale acuto, di ripiegamento dopo lo sfondamento, in cui sono rinviate di ufficio a dopo il 22 marzo 2020 tutte le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti dinanzi a tutti gli uffici giudiziari italiani, con le sole eccezioni espressamente indicate.
Il periodo è dichiaratamente destinato anche all’organizzazione del periodo successivo, che può definirsi emergenziale a regime, ma è soprattutto funzionale al contenimento della diffusione, visto che la normale attività giudiziaria è sconvolta dall’improvvisa precarietà degli spostamenti e della stessa salute di tutti i potenziali interessati, a cominciare da quella dei lavoratori del settore.
Con la sola eccezione di casi tassativi e relativi a diritti fondamentali ed insopprimibili, da difendere anche in tempo di epidemia ad ogni costo, deve ritenersi che l’intera attività giurisdizionale vada differita a dopo il 22 marzo, al di là della completezza o meno dell’espressione adoperata, che si limita a menzionare le udienze, quali “luogo di concentrazione di numerose persone”.
L’attività giudiziaria civile e penale non si esaurisce però nelle udienze, ma coinvolge numerosi altri momenti in cui i contatti sociali o interpersonali sono molteplici e inevitabili, formalmente preparatori di quelli dell’udienza ma altrettanto funzionali ed indispensabili per l’ordinato svolgimento della stessa e per l’espletamento della funzione giurisdizionale nel suo complesso.
La limitazione della normale libertà di movimento, alla base del concetto stesso di isolamento delle zone interessate e della generale necessità di evitare assembramenti o concentrazioni di persone pure nel senso di contatti interpersonali non indispensabili, induce a ritenere comprese nel divieto tutte le attività funzionali a quelle giurisdizionali che comportino queste ultime attraverso la riunione o il contatto ad hoc di più operatori della giustizia, siano essi lavoratori del settore o utenti a qualsiasi titolo, a prescindere dal loro espletamento o meno in una sequenza procedimentale definibile a stretto rigore come udienza.
Si noti, a differenza di tutti gli altri settori, è espressamente previsto il differimento di un’attività che viene indicata come il fulcro o comunque il momento pregnante dell’attività gli effetti negativi dell’epidemia sulla quale si vogliono contenere: si tratta quindi non di fermare la giustizia.
In sostanza, può sostenersi che non trova applicazione, nella specie, il brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, il quale potrebbe, a prima lettura, indurre a ritenere operante la sospensione secca e generalizzata per tutte le attività giurisdizionali che non si espletano in udienza, questa intesa nel classico senso di quella tenuta dal giudice in pubblico.
Infatti, in senso contrario potrebbe già osservarsi che la stessa norma, prevedendo eccezioni ai rinvii, si riferisce ad ipotesi in cui sicuramente l’attività non si espleta in udienza, ma in un’adunanza, come nel caso dei subprocedimenti per la sospensione dell’efficacia esecutiva delle sentenze di appello, di cui all’art. 373 cod. proc. civ., il quale prevede un procedimento camerale: pertanto, poiché l’audizione dei difensori in un’adunanza camerale non dà luogo ad un’udienza, un simile riferimento evidenzia che il blocco riguarda tutta l’attività decisionale degli uffici salve le eccezioni espressamente indicate.
La norma relativa alla giustizia civile, quindi, pur riferendosi alle udienze, non si limita ad esse.
Si deve anzi ritenere che, come le udienze, siano rinviate a dopo il 22 marzo 2020 tutte le attività ad esse assimilabili e se del caso previste per la peculiarità del singolo rito: come, ad esempio, le adunanze in camera di consiglio.
Di queste è evidente l’assimilabilità alle udienze classiche, quando siano, come di regola, aperte alla partecipazione delle parti.
Ma ad eguale conclusione, sia pure all’esito di un’interpretazione teleologica della norma e che non si fermi al tenore testuale della medesima, può giungersi anche per il caso, tipico del giudizio di legittimità dopo la riforma del 2016, in cui esse siano precluse alle parti e sia impossibile una loro tenuta con modalità da remoto o telematiche, poiché comportano anch’esse la riunione, altrimenti non dovuta, di giudici – oltretutto, negli uffici a giurisdizione nazionale, anche provenienti da più zone d’Italia ed implicanti spostamenti pure di lungo raggio, rischiosi per la diffusione del contagio, a danno non solo dei diretti interessati, ma anche dell’indefinita indistinta massa di persone con cui sono costretti a mettersi in contatto negli spostamenti, oltretutto in presenza di ordinanze restrittive anche per l’ingresso nel Lazio – ed altri operatori della cancelleria, per la movimentazione e la disamina dei fascicoli.
Anche le attività giurisdizionali in senso lato connesse alle udienze, quali le operazioni materiali delle custodie o delle curatele o delle vendite giudiziarie implicanti contatti con soggetti estranei al processo e non per fini o doveri istituzionali o a tutela di diritti fondamentali, che non sono espletate in udienze né formalmente, né sostanzialmente definibili tali: tutte quelle implicano una potenzialità di riunione, cioè di contatti tra più persone, non altrimenti dovuta e sono comunque riconducibili all’attività giurisdizionale e devono qualificarsi in blocco comprese nel rinvio, se non altro per venire incontro alle esigenze indotte dall’emergenza e dall’incertezza che ne deriva, come pure per far fronte ai disagi ed all’evidente perturbazione che si sta producendo sul mercato.
Sono correlativamente sospesi tutti i termini processuali; e, ove il loro decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso deve considerarsi differito alla fine di detto periodo.
Viene quindi inserita una disposizione di raccordo, con il richiamo – per tutti i processi e quindi anche quelli civili – all’articolo 2, comma 5, destinato ad operare nei procedimenti nei quali le udienze sono rinviate, quanto allo scomputo del periodo di rinvio ai fini del calcolo dei termini di ragionevole durata del processo ai sensi della c.d. legge Pinto.
3. Le eccezioni.
Minuziosa è la serie di eccezioni, che coinvolgono sostanzialmente quei procedimenti civili relativi a diritti fondamentali rispetto ai quali nemmeno l’epidemia dovrebbe poter prevalere a nessun costo; esse sono individuate mediante il richiamo operato dall’art. 1, co. 1, del decreto legge all’art. 2, co. 2, lett. g), n. 1; e si possono distinguere in eccezioni ope legis e ope iudicis.
Le prime, per le quali comunque potrebbe comunque occorrere un provvedimento ricognitivo o dichiarativo da parte del giudice, visto qualche margine di discrezionalità nella loro individuazione, sono:
a) le cause di competenza del Tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio;
b) le cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità;
c) i procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona;
d) i procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione nei soli casi in cui viene dedotta una motivata situazione di indifferibilità incompatibile anche con l’adozione di provvedimenti provvisori, e sempre che l’esame diretto della persona del beneficiario, dell’interdicendo e dell’inabilitando non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute;
e) i procedimenti relativi agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale e tutela giurisdizionale ex art. 35 L. 23 dicembre 1978, n. 833;
f) i procedimenti relativi all’interruzione di gravidanza ex art. 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194;
g) i procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari;
h) i procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell’Unione europea.
i) i procedimenti di cui agli artt. 283 (provvedimenti sull'esecuzione provvisoria in appello), 351 (provvedimenti sull’esecuzione provvisoria) e 373 (sospensione dell’esecuzione) cod. proc. civ.
La seconda tipologia di eccezioni, necessariamente rimessa ad un provvedimento del giudice, riguarda invece tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti: in tal caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell’ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile.
Anche in questa evenienza la finalità generalizzata di protezione sottesa al decreto legge dovrebbe indurre a ritenere ragionevole l’interpretazione più ampia possibile, al fine di non aggravare una situazione di incertezza ed agevolare, comunque, con una stasi la più generalizzata possibile, il contenimento dei disagi da impossibilità di ordinario funzionamento dei servizi essenziali e, spesso, perfino da difficoltà nella stessa organizzazione delle proprie ordinarie attività quotidiane da parte di un numero elevato di individui.
Rimane impregiudicato, beninteso, il problema dell’interazione con la normativa eccezionale non solo della previgente già dettata dall’art. 10 del d.l. 2 marzo 2020, n. 9, limitata peraltro alle sole zone più colpite dall’epidemia, ma pure – se non soprattutto – con la disciplina generale in tema di rimessione in termini. Dovrebbe essere rientrata, invece, ogni ragione di contrasto fondata sulle deliberazioni di astensione dalle udienze di alcuni organismi sindacali forensi, vista la revoca deliberata dall’Organismo Congressuale Forense nella tarda serata di ieri.
Solo una volta passato il periodo cuscinetto potrà adeguatamente valutarsi fino a che punto il clima di incertezza, del quale è ozioso adesso ricercare cause o proporre interpretazioni, sia stato di per sé, oltre che un danno all’ordinato espletamento della funzione giurisdizionale, anche un elemento di concreta perturbazione del diritto di difesa del singolo: per questo, però, bisognerà attendere che l’uragano passi.
4. Cenno alle ricadute.
Solo un cenno, per la complessità delle implicazioni, alle ricadute organizzative per il civile del decreto legge per il periodo successivo a quello acuto o di contenimento dello sfondamento.
Il periodo cuscinetto è infatti espressamente inteso come finalizzato a progettare il regime post-emergenziale, ma adattandolo alle conseguenze di quello che minaccia di divenire un alterato stato di fatto cronico per un periodo che non si era forse mai sospettato potesse presentarsi dai termini imprevedibili.
Insomma, cessato il periodo di sospensione generalizzata (ferme le eccezioni previste), viene consegnato ai dirigenti degli uffici giudiziari il compito e la responsabilità, previa interlocuzione con l’autorità sanitaria e l’avvocatura, di adottare misure organizzative, anche incidenti sulla trattazione dei procedimenti, caso per caso valutate necessarie sulla scorta delle emergenze epidemiologiche certificate nel territorio di riferimento.
Non è questa la sede per riflettere sui rischi di una frammentazione così ampia degli interventi di vera e propria riprogettazione o ricostruzione post-emergenziale del sistema Giustizia: e certamente va respinta l’idea semplicistica che l’effetto parrebbe essere quella di affidare ad una pletora di ufficiali intermedi il compito di gestire alla bell’e meglio le ostilità, salvo il moderato coordinamento che l’intesa col presidente della corte d’appello potrebbe almeno tentare di instaurare.
La necessaria diversificazione degli interventi ben potrebbe essere adottata appunto a livello almeno regionale per uniformità ed omogeneità coi centri decisionali in materia sanitaria, affidando un compito non solo di coordinamento, ma di diretta decisione dopo avere sentito i dirigenti dei singoli uffici, ai presidenti delle corti di appello (o i procuratori generali presso le medesime) aventi sede nel capoluogo di Regione (con la sola eccezione della Valle d’Aosta, dove l’interlocuzione dovrebbe aver luogo necessariamente col presidente del tribunale di quel capoluogo, di intesa col presidente della corte d’appello territorialmente competente ma avente sede, come è noto, in altra Regione e cioè a Torino; e fermo restando il carattere autocefalo della competenza di Corte suprema di Cassazione e Procura generale della Repubblica presso la stessa).
Comunque, le misure affidate ai dirigenti degli uffici giudiziari, destinate ad operare in un periodo molto più ampio (e cioè, allo stato, fino al 31 maggio 2020), sono caratterizzate da una notevole elasticità, al fine di evitare, ove non indispensabile e non richiesto dalla condizione sanitaria contingente, l’interruzione dell’attività giudiziaria; e restano ferme quelle del già emanato decreto-legge n. 9 del 2020, con le quali la potestà fondata dal decreto legge in commento concorre.
All’adozione delle misure dovrà farsi precedere la valutazione delle emergenze epidemiologiche da parte dell’autorità sanitaria regionale e nazionale, il cui previo parere è obbligatorio, insieme a quello . Per tale motivo viene previsto che quest’ultima autorità, a livello regionale, debba essere sentita unitamente alla rappresentanza dell’avvocatura.
I capi degli uffici – o, auspicabilmente, almeno i Capi di corte – potranno, per il civile:
a) limitare l'accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l'accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;
b) limitare, sentito il dirigente amministrativo, l'orario di apertura al pubblico degli uffici anche in deroga a quanto disposto dalle disposizioni vigenti, ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico;
c) regolamentare l’accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l'adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;
d) adottare linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze;
e) disporre la celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell'articolo 128 del codice di procedura civile, delle udienze civili pubbliche;
f) prevedere lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia; tuttavia, si prevede che lo svolgimento dell'udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti
g) prevedere il rinvio delle udienze a data successiva al 31 maggio 2020 nei procedimenti civili e penali, con le stesse eccezioni già esaminate per il rinvio generalizzato del periodo cuscinetto;
h) disporre lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.
Proprio quest’ultimo spunto è foriero di grandi opportunità e, forse, potrà cogliersi un’occasione preziosa per l’implementazione decisiva del processo civile telematico negli uffici dove già opera o per la sua introduzione, finalmente, dove ancora non c’è (come ad esempio la Corte suprema di Cassazione …).
Ma una più approfondita analisi di quanto reso possibile da questa legislazione chiaramente emergenziale va riservata ad un successivo momento, fin d’ora potendo auspicarsi soltanto che da una sciagura come questa epidemia senza precedenti possano non derivare esclusivamente conseguenze nefaste e che anzi possa essere lo spunto per uno sforzo congiunto senza precedenti, per risollevarsi, insieme, con il Paese e la sua Giustizia.
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