Scheda n. 13 - Riti alternativi: giudizio abbreviato, applicazione della pena su richiesta delle parti, giudizio direttissimo, giudizio immediato
IL GIUDIZIO ABBREVIATO
OBIETTIVO DELLA RIFORMA
Lo scopo della riforma è quello di incentivare l’accesso al giudizio abbreviato e di ampliare i presupposti di ammissibilità del rito, da un lato, prevedendo che il supplemento probatorio richiesto in abbreviato debba essere posto a confronto, sotto il profilo della sua compatibilità con le finalità di deflazione del rito, con l’attività istruttoria da svolgersi in dibattimento e disciplinando espressamente la facoltà di reiterare, prima dell’apertura del dibattimento, la richiesta di ammissione al rito abbreviato illegittimamente rigettata o dichiarata inammissibile, (salvo che si tratti di inammissibilità dichiarata ai sensi del comma 1-bis dell’art. 438 c.p.p., per la quale è dettata una specifica disciplina); e, dall’altro prevedendo, per il caso di mancata impugnazione della sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato, una ulteriore riduzione della pena di un sesto in fase esecutiva.
LE MODIFICHE INTRODOTTE DALLA RIFORMA
TESTO RIFORMATO |
Art. 438 c.p.p. – Presupposti del giudizio abbreviato (Omissis) 3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore. (Omissis) 5. L'imputato, ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti in- dicati nell'articolo 442, comma 1-bis, può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se, tenuto conto degli atti già acquisiti e utilizzabili, l'integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e il giudizio abbreviato realizza comunque una economia processuale, in relazione ai prevedibili tempi dell’istruzione dibattimentale. In tal caso il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di prova contraria. Resta salva l'applicabilità dell'articolo 423. (Omissis) 6-ter. Qualora la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell'udienza preli- minare sia stata dichiarata inammissibile ai sensi del comma 1-bis, il giudice, se all'esito del dibattimento ritiene che per il fatto accertato sia ammissibile il giudizio abbreviato, applica la riduzione della pena ai sensi dell'articolo 442, comma 2. In ogni altro caso in cui la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell’udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile o rigettata, l’imputato può riproporre la richiesta prima dell’apertura del dibattimento e il giudice, se ritiene illegittima la dichiarazione di inammissibilità o ingiustificato il rigetto, ammette il giudizio abbreviato. (Omissis) |
Al comma 3 della norma in questione, avente ad oggetto le modalità e le forme di manifestazione della volontà dell’imputato di accedere al rito alternativo, risulta semplicemente specificato quanto era già previsto dal testo previgente mediante il richiamo dell’art. 583, comma 3, c.p.p. (ora abrogato), e, pertanto, anche ai sensi della nuova disciplina, la volontà dell’imputato dovrà essere espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione dovrà essere autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore.
Al comma 5 è introdotta una delle novità più significative e maggiormente incidenti sui presupposti di ammissione del rito.
Ed invero, secondo il testo previgente, il giudice, nel disporre il giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria, avrebbe dovuto valutare se l’integrazione probatoria richiesta fosse necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili.
Secondo il testo novellato, invece, il giudice dispone il giudizio abbreviato se, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili, l’integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e il giudizio abbreviato realizza comunque una economia processuale, in relazione ai prevedibili tempi dell’istruzione dibattimentale.
Ciò che viene richiesto al giudice, ai fini dell’ammissione del rito, non è più dunque la valutazione circa la compatibilità dell’integrazione probatoria richiesta con le finalità deflative del rito, ma la valutazione dell’economia processuale derivante dall’accesso al giudizio abbreviato in rapporto alla prevedibile durata dell’istruttoria dibattimentale, secondo una sorta di giudizio prognostico.
Al comma 6-ter viene espressamente previsto che, in ogni altro caso - diverso dalla ipotesi di declaratoria di inammissibilità del giudizio abbreviato ai sensi del comma 1-bis della medesima norma - in cui la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell’udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile o rigettata, l’imputato può riproporre la richiesta prima dell’apertura del dibattimento e il giudice, se ritiene illegittima la dichiarazione di inammissibilità o ingiustificato il rigetto, ammette il giudizio abbreviato.
È stato recepito a livello normativo l’orientamento già emerso a livello giurisprudenziale in ordine a detto specifico profilo (cfr. Cass. pen., sez. un., 27-10-2004, n. 44711, Wajib e Corte costituzionale 23 maggio 2003 n. 169).
TESTO RIFORMATO |
Art. 441 c.p.p. – Svolgimento del giudizio abbreviato (Omissis) 6. All'assunzione delle prove di cui al comma 5 del presente articolo e all'articolo 438, comma 5, si procede nelle forme previste dall'articolo 422, commi 2, 3 e 4. Le prove dichiarative sono documentate nelle forme previste dall’articolo 510. |
Al comma 6 è espressamente previsto che all’assunzione delle prove in caso di ammissione al giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria (art. 438, comma 5, c.p.p.), ovvero in caso di supplemento probatorio disposto dal giudice (art. 441 comma 5 c.p.p.), le prove dichiarative devono essere documentate nelle forme previste dall’art. 510 c.p.p. e, cioè, con mezzi di riproduzione audiovisiva e con trascrizione della riproduzione audiovisiva disposta solo se richiesta dalle parti.
TESTO RIFORMATO |
Art. 442 c.p.p. – Svolgimento del giudizio abbreviato (Omissis) 2-bis. Quando né l’imputato, né il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto dal giudice dell’esecuzione. 3. Abrogato. (Omissis) |
Al comma 2-bis è stata introdotta la cosiddetta diminuente in sede esecutiva, elemento di assoluta novità rispetto alla disciplina previgente.
È stato cioè previsto che, qualora né l’imputato, né il suo difensore propongano impugnazione avverso la sentenza di condanna emessa all’esito di giudizio abbreviato, la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto dal giudice dell’esecuzione.
Si tratta con ogni evidenza di una disposizione finalizzata, da un lato, ad incentivare l’accesso al giudizio abbreviato e, dall’altro, a disincentivare l’impugnazione della sentenza di condanna, attraverso l’introduzione di un ulteriore meccanismo premiale in sede esecutiva.
L’APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI
OBIETTIVO DELLA RIFORMA
Come nel caso del giudizio abbreviato, anche nel caso del patteggiamento, la ratio della riforma deve essere ricondotta alla volontà di incentivare il ricorso ai riti alternativi.
Nel caso del patteggiamento, tuttavia, l’obiettivo perseguito dal legislatore è stato attuato non già mediante un ampliamento dei presupposti di accesso al rito, ma attraverso un intervento riformatore incidente, per un verso, sulla possibilità per l’imputato ed il pubblico ministero di raggiungere un accordo anche in ordine alla mancata applicazione delle pene accessorie, ovvero alla durata delle stesse, salvo quanto previsto dall’art. 444, comma 3 bis, c.p.p. (specifiche ipotesi di reati contro la P.A.), nonché in materia di confisca; per altro verso, sul ridimensionamento degli effetti extra-penali della sentenza di patteggiamento, con particolare riferimento alla esclusione dell’efficacia della sentenza di patteggiamento nei giudizi civili, tributari e disciplinari, amministrativi e relativi alla responsabilità erariale.
LE MODIFICHE INTRODOTTE DALLA RIFORMA
TESTO RIFORMATO |
Art. 444 c.p.p. – Applicazione della pena su richiesta delle parti 1. L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria. L’imputato e il pubblico ministero possono altresì chiedere al giudice di non applicare le pene accessorie o di applicarle per una durata determinata, salvo quanto previsto dal comma 3-bis, e di non ordinare la confisca facoltativa o di ordinarla con riferimento a specifici beni o a un importo determinato. (Omissis) 2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, le determinazioni in merito alla confisca, nonché congrue le pene indicate, ne dispone con sentenza l'applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l'imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3. Si applica l'articolo 537-bis. (Omissis) |
Al comma 1 è espressamente previsto che l’imputato e il pubblico ministero possono altresì chiedere al giudice, nel caso del solo “patteggiamento allargato”, di non applicare le pene accessorie o di applicarle per una durata determinata, salvo quanto previsto dal comma 3-bis e, in ogni caso di patteggiamento, di non ordinare la confisca facoltativa o di ordinarla con riferimento a specifici beni o a un importo determinato.
Già sotto la vigenza della previgente disciplina, il comma 3-bis della norma in oggetto, rimasto inalterato dopo la novella legislativa, prevedeva che, nei procedimenti aventi ad oggetto i delitti di cui agli artt. 314, comma 1, c.p., 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, comma 1, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis c.p., la parte, nel formulare la richiesta di patteggiamento, potesse subordinarne l’efficacia all’esenzione dalle pene accessorie previste dall’art. 317-bis c.p., ovvero all’estensione degli effetti della sospensione condizionale della pena anche a tali pene accessorie. Veniva altresì previsto che il giudice, qualora avesse ritenuto di applicare le pene accessorie, ovvero di non concedere l’estensione della sospensione condizionale anche a dette pene, avrebbe dovuto rigettare la richiesta.
Al peculiare assetto già contemplato dal comma 3-bis limitatamente al settore dei reati contro la P.A. sopra elencati e rimasto inalterato anche dopo la riforma, il legislatore ha voluto aggiungere una ulteriore previsione implicante un notevole ampliamento dei poteri di negoziazione delle parti, ben potendo l’accordo avere ad oggetto anche la mancata applicazione delle pene accessorie e la determinazione della loro durata con riferimento alle ipotesi di “patteggiamento allargato”, ovvero la mancata applicazione della confisca facoltativa o la sua applicazione fino a concorrenza di un importo determinato, o ancora l’incidenza della stessa solo su alcuni beni, con riferimento ad ogni ipotesi di patteggiamento.
Al comma 2 è conseguentemente previsto che il sindacato giurisdizionale in merito all’accordo raggiunto dalle parti debba estendersi anche alle determinazioni in merito alla confisca, nonché alla valutazione circa la congruità “delle pene” indicate, espressione, quest’ultima, chiaramente riferibile anche alle pene accessorie.
TESTO RIFORMATO |
Art. 445 c.p.p. – Effetti dell’applicazione della pena su richiesta delle parti (Omissis) 1-bis. La sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile. Se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, alla sentenza di condanna. Salvo quanto previsto dal primo e dal secondo periodo o da diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna. (Omissis) |
Il comma 1-bis introdotto dalla novella legislativa prevede che la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444, comma 2, c.p.p., anche se pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile. Se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, alla sentenza di condanna. Salvo quanto previsto dal primo e dal secondo periodo o da diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna.
Il legislatore, mediante l’introduzione del comma sopra riportato, ha perseguito dunque i seguenti obiettivi:
- escludere l’efficacia di giudicato della sentenza di patteggiamento nel giudizio disciplinare, mediante l’abrogazione dell’inciso contenuto nel testo previgente “salvo quanto previsto dall’art. 653”, senza dovere intervenire sulla formulazione testuale della norma in questione che, quindi, continua a riferirsi alle sole sentenze di condanna e di assoluzione;
- escludere l’efficacia di giudicato e la rilevanza probatoria della sentenza di patteggiamento in tutti gli altri casi di giudizi “extrapenali” (civili, tributari, amministrativi, ivi compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile), ogniqualvolta il fatto storico oggetto della sentenza di patteggiamento possa avere una qualche rilevanza in quelle sedi;
- prevedere - con una formulazione che ricorda quella dell’art. 20 c.p., ai sensi del quale “le pene principali sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna; quelle accessorie conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali di essa” – il venir meno di ogni effetto penale ogniqualvolta, a seguito della sentenza di patteggiamento, non si applichino le pene accessorie (e cioè ex lege, nel caso di applicazione di pena concordata entro i due anni e in caso di eventuale accordo tra le parti nell’ipotesi di cd. patteggiamento allargato).
Per effetti penali devono intendersi tutti quegli automatismi discendenti ope legis da una sentenza irrevocabile di condanna o di patteggiamento secondo una molteplicità di ipotesi previste dalle leggi speciali.
La formulazione proposta ha indubbiamente il vantaggio di non dovere intervenire sulle leggi speciali, che rimarranno dunque in vigore e continueranno ad applicarsi ogni volta che con la sentenza di patteggiamento verranno applicate delle pene accessorie.
La parte finale del comma 1-bis, che si pone quale diretta conseguenza dei periodi antecedenti, specifica la portata ed i limiti della equiparazione della sentenza di patteggiamento alla sentenza di condanna, attraverso la clausola di salvezza “salvo quanto previsto dal primo o dal secondo periodo o da diverse disposizioni di legge”.
TESTO RIFORMATO |
Art. 446 c.p.p. – Richiesta di applicazione della pena e consenso 1. Le parti possono formulare la richiesta prevista dall'articolo 444, comma 1, fino alla presentazione delle conclusioni di cui agli articoli 421, comma 3, e 422, comma 3, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall'articolo 458, comma 1 o all’udienza prevista dal comma 2-bis dello stesso articolo. (Omissis) 3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore. (Omissis) |
Quanto al nuovo testo dell’art. 446 c.p.p., si tratta di una norma che non ha richiesto significativi interventi di adattamento a seguito della disciplina adottata in attuazione dell’articolo 1, comma 12, della legge delega, in materia di rito monocratico a citazione diretta. Le necessarie modifiche, riguardo al termine per la formulazione della richiesta di patteggiamento nei procedimenti a citazione diretta, sono state apportate, infatti, in attuazione del criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 12, lett. a), attraverso l’interpolazione dell’art. 552, comma 1, lett. f) e la disciplina dettata con il nuovo art. 554-ter c.p.p.
Il comma 1 prevede che, nel caso di notifica del decreto di giudizio immediato, la richiesta di patteggiamento deve essere formulata entro il termine e con le forme stabilite dall’art. 458, comma 1, c.p.p., ovvero all’udienza prevista dal comma 2-bis dello stesso articolo 458 c.p.p..
Con riferimento a tale specifico aspetto, si rimanda, per un maggiore organicità e per ragioni di chiarezza espositiva, alla parte della presente scheda relativa al giudizio immediato.
Al comma 3, con formulazione testuale analoga a quella già utilizzata in tema di giudizio abbreviato al comma 3 dell’art. 458 c.p.p., vengono disciplinate le modalità e le forme di manifestazione della volontà dell’imputato di accedere al rito alternativo, mediante mera specificazione di quanto era già previsto dal testo previgente con il richiamo dell’art. 583, comma 3, c.p.p. e, pertanto, anche ai sensi della nuova disciplina, la volontà dell’imputato dovrà essere espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione dovrà essere autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore.
TESTO RIFORMATO |
Art. 447 c.p.p. – Richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari 1. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice, se è presentata una richiesta congiunta o una richiesta con il consenso scritto dell'altra parte, fissa, con decreto in calce alla richiesta, l'udienza per la decisione, assegnando, se necessario, un termine al richiedente per la notificazione all'altra parte. Almeno tre giorni prima dell'udienza il fascicolo del pubblico ministero è depositato nella cancelleria del giudice. Nel decreto di fissazione dell’udienza è indicata l’informazione alla persona sottoposta alle indagini della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. (Omissis) |
Al comma 1, nel caso di richiesta di applicazione di pena concordata proposta congiuntamente, ovvero da una sola delle parti con il consenso dell’altra nel corso delle indagini preliminari, viene stabilito che il giudice deve fissare con decreto l’udienza per la decisione, con eliminazione della possibilità di emettere detto decreto in calce alla richiesta e con espressa previsione che nel decreto di fissazione dell’udienza deve essere indicata l’informazione alla persona sottoposta alle indagini della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
TESTO RIFORMATO |
Art. 448 c.p.p. – Provvedimenti del giudice (Omissis) 1 bis. Nei casi previsti dal primo comma, quando l’imputato e il pubblico ministero hanno concordato l’applicazione di una pena sostitutiva di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981 n. 689, il giudice, se non è possibile decidere immediatamente, sospende il processo e fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 545 bis commi 2 e 3. (Omissis) |
Nei casi previsti dall’art. 448, co. 1 c.p.p. (sentenza di patteggiamento pronunciata all’esito dell’udienza di cui all’art. 447 c.p.p., all’esito di giudizio direttissimo o di giudizio immediato, sentenza di patteggiamento pronunciata prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado a seguito di riproposizione dell’istanza dopo il dissenso del P.M. o il rigetto del G.I.P., sentenza pronunciata dal giudice dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione nel caso di dissenso del P.M. o di rigetto della richiesta ritenuti ingiustificati), la nuova norma prevede, al comma 1-bis, che, quando l’imputato e il pubblico ministero concordano l’applicazione di una pena sostitutiva di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981 n. 689, il giudice, se non è possibile decidere immediatamente, sospende il processo e fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente.
Poiché l’applicazione della pena concordata dalle parti può essere richiesta all’esito di una preventiva interlocuzione tra pubblico ministero e difensore dell’indagato o dell’imputato, le parti possono presentarsi al giudice con una proposta già delineata e solo da delibare, ipotesi, questa, che dovrebbe quella fisiologica o quantomeno auspicabile.
La norma in oggetto prende in considerazione, quindi, le seguenti ipotesi:
a) che le parti si trovino già davanti al giudice e non abbiano potuto o voluto per qualsiasi causa raggiungere un consenso sull’applicazione di una sanzione sostitutiva;
b) che sia raggiunto almeno un accordo sulla pena e sulla sua applicazione ai sensi dell’articolo 444 c.p.p.
Dalla relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134, si evince che l’espressione “quando l’imputato e il pubblico ministero hanno concordato l’applicazione di una sanzione sostitutiva”, deve essere intesa nel senso che l’accordo, almeno generale, deve essere già raggiunto e deve precedere la richiesta di differimento dell’udienza, di cui costituisce il presupposto, onde evitare ed anzi disincentivare richieste esplorative o dilatorie, che possano determinare un inutile aggravio del carico di lavoro dell’Ufficio esecuzione penale esterna.
In questi casi, se il giudice non può decidere immediatamente, sospende il processo e fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente. La norma contiene il rinvio all’applicazione dei soli commi 2 e 3 dell’art. 545-bis c.p.p., che disciplinano le attività e i poteri del giudice, delle parti e dell’Ufficio di esecuzione penale esterna, allo scopo di determinare i contenuti e la fisionomia della sanzione sostitutiva da sottoporre al giudice stesso.
IL GIUDIZIO DIRETTISSIMO
L’unica novità introdotta dalla riforma in materia di giudizio direttissimo ha riguardato l’art. 450, comma 3, c.p.p. e, segnatamente, la previsione che nella citazione a comparire all’udienza per il giudizio direttissimo devono essere inseriti tutti i requisiti di cui all’art. 429, comma 1, c.p.p. e, quindi, anche il requisito di cui alla lettera d-bis) della citata norma, ossia l’avviso all’imputato e alla persona offesa della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.
IL GIUDIZIO IMMEDIATO
OBIETTIVO DELLA RIFORMA
Anche nel caso delle modifiche apportate alle norme che disciplinano il giudizio immediato, lo scopo del legislatore sembra essere quello di incentivare la scelta di riti alternativi successivamente alla notifica del decreto di giudizio immediato, compresa la sospensione del procedimento con messa alla prova.
I criteri di delega sono infatti finalizzati a favorire la trasformazione del giudizio immediato (ordinario) in un rito speciale con caratteristiche deflative, come si evince dalla previsione dell’obbligo per il giudice di fissare, a richiesta dell’imputato, una udienza camerale, nel corso della quale, anche nell’ipotesi di non accoglimento della richiesta originaria, l’imputato possa presentare richieste ulteriori, sempre nell’ottica di una definizione anticipata del procedimento. Solo come ultima e residuale opzione viene disciplinata l’eventualità che nessuna richiesta di rito alternativo vada a buon fine e che si debba procedere con la celebrazione del dibattimento.
LE MODIFICHE INTRODOTTE DALLA RIFORMA
TESTO RIFORMATO |
Art. 456 c.p.p. – Decreto di giudizio immediato (Omissis) 2. Il decreto contiene anche l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato, ovvero l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444 ovvero la sospensione del procedimento con messa alla prova. (Omissis) |
L’intervento sull’art. 456, comma 2, c.p.p. è finalizzato esclusivamente a recepire le statuizioni contenute nella sentenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 19 del 2020, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 456, co. 2, c.p.p., per contrasto con l’art. 24 Cost., nella parte in cui non prevedeva che il decreto che dispone il giudizio immediato contenesse l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova.
Si è conseguentemente ritenuto di dover menzionare la sospensione del procedimento con messa alla prova come possibile oggetto di richiesta all’udienza camerale anche negli artt. 458 e 458-bis c.p.p.. Non è stato necessario inserire la previsione del diritto di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova in via principale, perché detta possibilità è già contemplata dall’art. 464-bis, comma 2, c.p.p., secondo periodo, ai sensi del quale “se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabiliti dall’articolo 458, comma 1”.
TESTO RIFORMATO |
Art. 458 c.p.p. – Richiesta di giudizio abbreviato (Omissis) 2. Il giudice fissa in ogni caso con decreto l'udienza in camera di consiglio per la valutazione della richiesta dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all'imputato, al difensore e alla persona offesa. Qualora riconosca la propria incompetenza, il giudice la dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente. Nel giudizio si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3, 5 e 6-ter, 441, 441-bis, 442 e 443; nel caso di cui all'articolo 441-bis, comma 4, il giudice, revocata l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l'udienza per il giudizio immediato. 2-bis. Se il giudice rigetta la richiesta di giudizio abbreviato di cui all’articolo 438, comma 5, l’imputato, alla stessa udienza, può chiedere il giudizio abbreviato ai sensi dell’articolo 438, comma 1, l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 oppure la sospensione del procedimento con messa alla prova. 2-ter. Se non è accolta alcuna richiesta di cui al comma precedente, il giudice rimette le parti al giudice del dibattimento, dandone comunicazione in udienza alle parti presenti o rappresentate. (Omissis) |
Al comma 2 della norma in oggetto è previsto che il giudice fissa in ogni caso con decreto l’udienza in camera di consiglio per la valutazione della richiesta, dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all’imputato, al difensore e alla persona offesa. Qualora riconosca la propria incompetenza, il giudice la dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente. Nel giudizio si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3, 5 e 6-ter, 441, 441-bis, 442 e 443; nel caso di cui all’articolo 441-bis, comma 4, il giudice, revocata l’ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l’udienza per il giudizio immediato.
Come già anticipato, l’elemento di novità, rispetto alla disciplina antecedente, è costituito dall’obbligo per il giudice di fissare “in ogni caso” con decreto l’udienza in camera di consiglio per la valutazione della richiesta, mentre in precedenza l’emissione del decreto di fissazione dell’udienza implicava una valutazione in termini positivi circa l’ammissibilità dell’istanza, con particolare riferimento alla sua tempestività ed alla legittimazione del richiedente.
Altro elemento di novità, dovuto alla necessità di raccordare la disciplina del giudizio immediato con quella del giudizio abbreviato e con le modifiche normative in quella sede introdotte, è l’inserimento, tra le disposizioni richiamate in tema di giudizio abbreviato, dell’art. 438, comma 6-ter, c.p.p., già esaminato in precedenza.
Al comma 2-bis è previsto che, se il giudice rigetta la richiesta di giudizio abbreviato di cui all’articolo 438, comma 5, l’imputato, alla stessa udienza, può chiedere il giudizio abbreviato ai sensi dell’articolo 438, comma 1, l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444, oppure la sospensione del procedimento con messa alla prova
Si tratta di una previsione che amplia notevolmente la possibilità per l’imputato di accedere a diversi riti alternativi, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria e ciò indipendentemente dalla formulazione di richieste in via subordinata contestualmente alla richiesta formulata in via principale entro il termine decadenziale di quindici giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, ben potendo detta facoltà essere esercitata per la prima volta in sede di udienza camerale.
Viene dunque recepito normativamente ed esteso a tutte le possibili richieste di rito alternativo il principio che era già stato enunciato dalla giurisprudenza di legittimità in materia di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria, per effetto del quale, qualora l'imputato ha tempestivamente richiesto il giudizio abbreviato condizionato e l'istanza è stata rigettata dal G.I.P., è legittima la riproposizione della richiesta di rito speciale, a diverse o senza condizioni, formulata all'udienza camerale fissata ai sensi dell'art. 458, comma secondo, c.p.p. (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 29912 del 07/06/2016 Cc. (dep. 14/07/2016) Rv. 268019 – 01). In questo caso, la Suprema Corte aveva evidenziato la correttezza di una simile soluzione, per ragioni logico-sistematiche e di economia processuale, dato che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 169 del 23 maggio del 2003, che aveva dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell'art. 458, comma 2, cod. proc. pen. (e dell'art. 438, comma 2 cod. proc. pen., come si vede assimilando le due norme), la richiesta di abbreviato condizionato, rigettata dal G.I.P., può essere riproposta davanti al giudice del dibattimento, il quale, se l'accoglie, dispone il giudizio abbreviato.
Tornado alla disamina della nuova normativa, solo in caso di rigetto di ogni richiesta di rito alternativo e, quindi, in via, con ogni evidenza, residuale, è previsto, al comma 2-ter, che il giudice debba rimettere le parti al giudice del dibattimento, dandone comunicazione in udienza alle parti presenti o rappresentate.
ARTICOLO DI NUOVA INTRODUZIONE |
Art. 458-bis c.p.p. – Richiesta di applicazione della pena 1. Quando è formulata la richiesta prevista dall’articolo 446, il giudice fissa in ogni caso con decreto l’udienza in camera di consiglio per la decisione, dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all’imputato, al difensore e alla persona offesa. 2. Nel caso di dissenso da parte del pubblico ministero o di rigetto della richiesta da parte del giudice, l’imputato, nella stessa udienza, può chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova oppure il giudizio abbreviato ai sensi dell’articolo 438. Se il giudice dispone il giudizio abbreviato, si applica l’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 458. Nel caso di rigetto delle richieste, si applica l’articolo 458, comma 2-ter. |
L’art. 458-bis c.p.p. di nuova introduzione prevede, al comma 1, che, quando è formulata la richiesta prevista dall’articolo 446, il giudice fissa in ogni caso con decreto l’udienza in camera di consiglio per la decisione, dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all’imputato, al difensore e alla persona offesa.
L’art. 446, al comma 1, secondo la nuova formulazione, contempla la possibilità per l’imputato di formulare la richiesta di patteggiamento o entro il termine e con le forme di cui all’art. 458, comma 1, c.p.p. e, quindi entro quindici giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, o all’udienza prevista dal comma 2-bis dell’art. 458 c.p.p. e, quindi, in sede di udienza camerale, anche dopo il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria.
Al comma 2 dell’art. 458-bis c.p.p., è previsto che, nel caso di dissenso da parte del pubblico ministero o di rigetto della richiesta da parte del giudice, l’imputato, nella stessa udienza, può chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, oppure il giudizio abbreviato ai sensi dell’articolo 438. Se il giudice dispone il giudizio abbreviato, si applica l’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 458. Nel caso di rigetto delle richieste, si applica l’articolo 458, comma 2-ter.
Si tratta con ogni evidenza di una disposizione finalizzata ad uniformare la disciplina dettata in materia di richiesta di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p. a seguito della notifica del decreto di giudizio immediato a quella dettata in materia di richiesta di giudizio abbreviato conseguente alla notifica del decreto di giudizio immediato.
Ed invero, l’art. 458-bis, comma 2, c.p.p. e l’art. 458, commi 2-bis e 2-ter, sono norme del tutto sovrapponibili ed ispirate dalla medesima ratio di deflazione e di notevole ridimensionamento dei casi di celebrazione del giudizio dibattimentale.
DISCIPLINA TRANSITORIA
Quanto al momento di effettiva entrata in vigore e applicazione di questa parte della riforma, l’art. 6 del D.L. n. 162 del 31/10/2022, ha introdotto, dopo l'articolo 99 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, l’art. 99 bis, ai sensi del quale il sopraindicato decreto entrerà in vigore il 30/12/2022.
Da ciò discende che, mentre prima di detto decreto-legge, non essendovi disposizioni specifiche e/o derogatorie, per il generale principio del tempus regit actum, sarebbe stato corretto ancorare la data di entrata in vigore delle disposizioni in precedenza esaminate al 1° novembre 2022 (15° giorno dalla pubblicazione del D.L.vo n. 150/2022), a seguito dell’introduzione della specifica disciplina sopra riportata, la data di entrata in vigore delle disposizioni in oggetto dovrà essere individuata nel 30/12/2022.
Si evidenzia, tuttavia, nel caso di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria che implichi l’assunzione di prove dichiarative, che la norma richiamata dall’art. 442, comma 5, c.p.p. e cioè l’art. 510 c.p.p. avente ad oggetto la documentazione della prova mediante riprese audiovisive, in relazione alla quale era stata prevista l’entrata in vigore entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 150/2022 (art. 94 delle disposizioni transitorie), a seguito delle modifiche introdotte con l’art. 5-undecies del D.L. n. 162 del 31/10/2022, convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, entrerà in vigore nel più breve termine di sei mesi.