Sommario: 1. Premessa - 2. Le ragioni del procedimento ex art. 445 bis c.p.c. - 3. La riforma dell’art. 445 bis - 4. La decorrenza del termine per la formulazione del dissenso - 5. La sospensione del procedimento - 6. Ambito applicativo dell’art. 445 bis c.p.c. riformato - 7. Riflessioni conclusive.
1. Premessa
Il D.L. n. 117/2025, intitolato “Misure urgenti in materia di giustizia”, pubblicato in G.U. l’8/8/2025 ed entrato in vigore il giorno successivo, approvato – come è espressamente dichiarato nel decreto stesso - in ragione della “straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni che incidono sull'organizzazione giudiziaria e sul processo civile per agevolare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano nazionale di ripresa e resilienza entro il termine del 30 giugno 2026”, è intervenuto attraverso l’art. 7 sull’art. 445 bis c.p.c., al fine accelerare il processo civile, eliminando “incombenti non utili rispetto alla definizione dei procedimenti per accertamento tecnico preventivo in materia previdenziale e assistenziale”.
Ebbene, appare opportuno analizzare l’art. 445 bis c.p.c. per comprendere quanto la riforma possa essere utile o meno alla finalità dichiarata.
2. Le ragioni del procedimento ex art. 445 bis c.p.c.
L’art. 445 bis è stato inserito nel codice di procedura civile dall’art. 38, comma 1, lett. b) n. 1) del D.L. 6 luglio 2011, convertito con modificazioni nella L. 15 luglio 2011, n. 111.
La norma così prevede(va):
Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell'articolo 442 codice di procedura civile, presso il Tribunale nel cui circondario risiede l'attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Il giudice procede a norma dell'articolo 696 - bis codice di procedura civile, in quanto compatibile nonché secondo le previsioni inerenti all'accertamento peritale di cui all'articolo 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e all'articolo 195.
L'espletamento dell'accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda di cui al primo comma.
L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l'accertamento tecnico preventivo
non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell' istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso.
La richiesta di espletamento dell'accertamento tecnico interrompe la prescrizione.
Il giudice, terminate le operazioni di consulenza, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio.
In assenza di contestazione, il giudice, se non procede ai sensi dell'articolo 196, con decreto pronunciato fuori udienza entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente omologa l'accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell'ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile né modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.
Nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al comma primo, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.
L’art. 27, comma 1, lett. f) della L. n. 183/2011 ha aggiunto l’ultimo comma “La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile”.
Tale procedimento è entrato in vigore l’1/1/2012 per i giudizi introdotti da tale data in poi.
Il procedimento ex art. 445 bis c.p.c. nasceva dalla consapevolezza che il punctum dolens delle controversie in materia previdenziale ed assistenziale, dove era necessario accertare la sussistenza di un determinato requisito sanitario per fruire di una prestazione, per lo più erogata dall’INPS, riguardava proprio l’accertamento di tale requisito sanitario, sicché, accertato quello, il Giudice, procedeva con l’accertamento degli altri requisiti per fruire di una data prestazione e, in caso di accertamento positivo, condannava l’ente erogatore al pagamento della prestazione.
La domanda era dunque una domanda del ricorrente avente ad oggetto la condanna dell’INPS o di altro ente erogatore al pagamento della prestazione richiesta, previo accertamento della sussistenza di tutti i requisiti per la fruizione della prestazione stessa.
Il procedimento ordinario, prima dell’entrata in vigore dell’art. 445 bis c.p.c., aveva tempi più o meno lunghi a seconda della quantità di contenzioso previdenziale ed assistenziale in ciascun Tribunale; ciò significava che, in non pochi Tribunali soprattutto del Sud, in cui il contenzioso previdenziale contava e conta ancora diverse migliaia di nuovi procedimenti all’anno, per ottenere una sentenza di condanna all’erogazione di una prestazione correlata all’accertamento di uno stato invalidante, un ricorrente poteva dover attendere anche diversi anni.
Sicché il procedimento ex art. 445 bis c.p.c., concentrandosi su una fase di accertamento del solo requisito sanitario e prevedendo, in caso di esito positivo per il ricorrente, una seconda fase di carattere amministrativo in cui l’ente erogatore verifica la sussistenza degli altri requisiti e provvede al pagamento entro 120 giorni, ha senz’altro ridotto i tempi complessivi per l’erogazione della prestazione richiesta.
Al fine di analizzare le modifiche che introdotte dall’art. 7 del D.L. n. 117/2025 appare utile analizzare la struttura del procedimento ex art. 445 bis c.p.c.
Il cuore pulsante del procedimento in parola è la CTU medico-legale disposta per verificare la sussistenza del requisito sanitario per fruire di una prestazione assistenziale o previdenziale, secondo la scansione temporale prevista dall’art. 195 c.p.c., richiamato espressamente dall’art. 445 bis c.p.c.
Il CTU incaricato deve dunque fissare l’inizio delle operazioni peritali, dandone comunicazione alle parti e comunque inviando, entro 15 giorni antecedenti l'inizio delle operazioni peritali, anche in via telematica, apposita comunicazione al direttore della sede provinciale dell'INPS competente o a suo delegato. La comunicazione in parola è prevista a pena di nullità della consulenza ai sensi dell’art. 10, comma 6 bis, del D.L. n. 2023/2005 convertito con modificazioni dalla L. n. 248/2005.
Successivamente il CTU deve trasmettere la relazione (cd. bozza) alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice, le parti hanno la possibilità di trasmettere al CTU eventuali osservazioni, sempre in un termine giudizialmente stabilito, quindi il CTU provvede al deposito dell’elaborato peritale, rispondendo alle eventuali osservazioni. Va detto che il CTU deposita telematicamente in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse, senza obbligo di trasmissione alle parti della risposta alle osservazioni.
Le scansioni temporali della CTU sono indicate espressamente dal Giudice nel provvedimento di conferimento dell’incarico peritale.
Ebbene, secondo l’impostazione originaria dell’art. 445 bis c.p.c., terminate le operazioni di consulenza mediante deposito in cancelleria dell’elaborato peritale, il Giudice con decreto comunicato alle parti, fissava un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime dovevano dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendevano contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio.
In caso di contestazione, la parte dissenziente aveva ed ha ancora l’obbligo di introdurre il giudizio di merito di cui al sesto comma dell’art. 445 bis c.p.c. entro il termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal deposito del dissenso; viceversa, in assenza di esplicito dissenso, il Giudice procedeva ad emettere il decreto di omologa ovvero ad omologare l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze della CTU, salva l’applicazione dell’art. 196 c.p.c.
In alcuni Tribunali, applicando alla lettera l’art. 445 bis, comma 4, c.p.c., solo successivamente al deposito della CTU in Cancelleria, il Giudice emetteva un decreto, comunicato alle parti dalla Cancelleria, contenente l’assegnazione del termine perentorio per contestare le conclusioni del CTU.
In tal caso, vi era un lasso temporale tra il deposito della CTU e l’emissione del decreto di cui all’art. 445 bi comma 4 c.p.c., imponderabile nella sua durata.
Già durante la vigenza della suddetta normativa, in diversi Tribunali d’Italia era invalsa la prassi di assegnare, contestualmente al conferimento dell’incarico al CTU (comunicato a mezzo pec dalla cancelleria alle parti e al CTU) il termine per la formulazione del cd. dissenso (termine di massimo trenta giorni), termine che inevitabilmente decorreva dal momento in cui la Cancelleria comunicava alle parti il deposito della CTU.
Su tale modalità di assegnazione del termine per la formulazione del dissenso l’unica pronuncia della Corte di Cassazione che si registra è l’ordinanza n. 9356 del 5/4/2023, che, cassando un decreto di omologa emesso dal Tribunale di Trani, ha così ritenuto: “Il decreto di omologa dell'accertamento tecnico preventivo di cui all'art. 445-bis c.p.c. è ricorribile per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., se pronunziato dal giudice senza la previa fissazione - con decreto comunicato alle parti e all'esito delle operazioni di consulenza - di un termine non superiore a trenta giorni per contestare le conclusioni del c.t.u., perché proprio dallo spirare del predetto termine (posto a salvaguardia del diritto di difesa) deriva, in difetto di contestazioni, l'intangibilità dell'accertamento”.
La pronuncia in parola aveva creato allarme fra i giudici di merito, poiché ci si chiedeva se fosse messa in discussione la prassi invalsa, soprattutto in Tribunali con migliaia di nuove iscrizioni all’anno di procedimenti ex art. 445 bis c.p.c., di assegnare - contestualmente al conferimento dell’incarico peritale al CTU – il termine perentorio per il dissenso, salva la decorrenza del termine dalla comunicazione del deposito della CTU.
E ciò in quanto, se ciò che deve essere salvaguardato è il diritto di difesa, si argomentava che tale diritto poteva ritenersi salvaguardato anche quando la decorrenza del termine perentorio sia conosciuta dalle parti in un momento precedente al deposito della CTU e più specificatamente con il conferimento dell’incarico peritale.
Nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione non è chiaro se, a fronte della doglianza del ricorrente circa l’omessa concessione del termine da parte del Giudice, la controparte - e cioè l’INPS - abbia dedotto che quel termine era stato assegnato nell’ordinanza di conferimento dell’incarico peritale con decorrenza dal momento di cui si è detto innanzi (prassi seguita dal Tribunale di Trani) ovvero se tale prassi non sia mai stata sottoposta all’attenzione dei Giudici di legittimità.
3. La riforma dell’art. 445 bis
Con l’art. 7 del D.L. 8 agosto 2025, n. 117, sono state apportate modifiche all’art. 445 bis c.p.c.
Il primo comma dell’art. 7 così dispone:
All'articolo 445-bis del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole «codice di procedura civile», ovunque ricorrono, sono soppresse;
b) il quarto comma è sostituito dal seguente: «Il conferimento dell'incarico al consulente o, se successivo, il giuramento di quest'ultimo, determina la sospensione del procedimento fino alla scadenza del termine previsto dal quarto periodo. La sospensione non impedisce l'espletamento della consulenza. Il deposito della consulenza tecnica di ufficio è comunicato dalla cancelleria alle parti. Queste ultime, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio, devono depositare la relativa dichiarazione.».
Il secondo comma, riguardante i procedimenti a cui si applica la novella, stabilisce che “Le modifiche di cui al comma 1, lettera b), si applicano anche ai procedimenti pendenti nei quali, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, non è stato ancora conferito l'incarico al consulente tecnico di ufficio”.
L’art. 7, comma 1, lettera a) del D.L. 8/8/2025 n. 117, correggendo un refuso presente nell’art. 445 bis, comma 1, c.p.c., stabilisce la soppressione delle parole “codice di procedura civile” ovunque ricorrano.
La parte rilevante della riforma riguarda la riformulazione dell’art. 445 bis, comma 4, c.p.c., in relazione a tre aspetti: la decorrenza del termine per la formulazione del dissenso; la sospensione del procedimento; l’applicazione della riforma non solo ai procedimenti instaurati successivamente alla sua entrata in vigore (9 agosto 2025) ma anche ai procedimenti pendenti, purché non sia stato ancora conferito l’incarico peritale.
4. La decorrenza del termine per la formulazione del dissenso
Per quanto riguarda il primo aspetto, il legislatore del 2025 ha dunque previsto espressamente che, successivamente al deposito della CTU e alla comunicazione della stessa alle parti ad opera della Cancelleria, inizi a decorrere automaticamente il termine di trenta giorni perché le parti depositino un atto di dissenso rispetto alle conclusioni del CTU.
Di fatto la novella sposa la prassi dei Tribunali di merito di cui si è detto prima, eliminando dunque la necessità, successivamente alla comunicazione del deposito della CTU, di un apposito decreto del Giudice, nella sostanza automatico e dalle tempistiche processuali non definite. In tal modo i tempi di durata e di definizione di un procedimento ex art. 445 bis c.p.c. saranno senz’altro ridotti, essendo azzerato completamente il lasso temporale intercorrente tra la comunicazione di deposito della CTU e la decorrenza del termine per il dissenso.
Resta invece invariato, prima e dopo la riforma, il potere del giudice di emettere i provvedimenti di cui all’art. 196 c.p.c. in ordine alla rinnovazione delle indagini e alla sostituzione del CTU, prima di procedere, nel caso in cui alcuna delle parti abbia proposto il dissenso, con l’emissione del decreto di omologa.
5. La sospensione del procedimento
Il secondo aspetto su cui ha inciso la riforma, più significativo e allo stesso tempo più problematico, riguarda la sospensione del procedimento ex art. 445 bis c.p.c.
Il nuovo quarto comma della norma introduce nell’ordinamento una nuova ipotesi di sospensione, prevedendo che il procedimento ex art. 445 bis c.p.c. resti sospeso dal momento del conferimento dell’incarico peritale o del giuramento (se successivo al conferimento dell’incarico) fino alla decorrenza del termine di trenta giorni per la formulazione del dissenso.
In relazione alla decorrenza della sospensione, va detto che non sempre vi è coincidenza temporale tra giuramento del CTU (rectius accettazione dell’incarico del CTU) e conferimento dell’incarico peritale da parte del Giudice.
Infatti, mentre prima dell’era COVID e dell’introduzione del procedimento a trattazione scritta, generalmente in pubblica udienza il Giudice, nel contraddittorio delle parti raccoglieva il giuramento del CTU (precedentemente nominato) e contestualmente conferiva l’incarico peritale al CTU, con la legislazione d’emergenza prima e con l’entrata in vigore dell’art. 127 ter c.p.c. poi i due momenti sono stati sostanzialmente scissi: il Giudice, che dispone la sostituzione dell’udienza di conferimento dell’incarico con il deposito di note di trattazione scritta, può nominare nel decreto di fissazione dell’udienza il CTU, assegnandogli un termine per l’accettazione dell’incarico, e contestualmente fissare il termine alle parti per il deposito di note di trattazione scritta. In tal caso, la sospensione del procedimento inizia a decorrere dal momento in cui il Giudice, in presenza di contraddittorio e di accettazione dell’incarico del CTU ed in assenza di motivi ostativi all’accertamento peritale, emetta il provvedimento di conferimento dell’incarico peritale.
La scissione dei due momenti può verificarsi anche se il Giudice ha fissato l’udienza di conferimento dell’incarico in presenza, avendo già richiesto ed ottenuto in forma scritta (ovvero con atto depositato telematicamente) l’accettazione del CTU. Anche in tal caso dall’udienza del conferimento dell’incarico peritale il procedimento deve considerarsi sospeso.
Può accadere tuttavia che il Giudice, all’esito del contraddittorio delle parti, conferisca l’incarico peritale al CTU, il quale non ha ancora accettato l’incarico, ovvero non ha prestato giuramento: ebbene in tal caso il comma 4 dell’art. 445 bis c.p.c. prevede che la sospensione decorra dal giuramento successivo al conferimento dell’incarico.
La ratio della norma è evidentemente quella di far decorrere la sospensione dal momento in cui tutti i soggetti processuali sono a conoscenza che non vi sono ostacoli all’avvio delle operazioni peritali.
Il termine finale della sospensione è espressamente indicato dalla norma, che rimanda al quarto periodo del comma 4 e dunque alla scadenza del termine perentorio di trenta giorni per la formulazione del dissenso.
Dal tenore letterale della norma sembra che la sospensione del procedimento non necessiti di un provvedimento esplicito del Giudice, così come – successivamente alla scadenza del termine per la proposizione del dissenso – non occorre un provvedimento giudiziale che in qualche modo dichiari o certifichi che il procedimento non è più sospeso.
L’aspetto più rilevante della norma - e certamente quello più attenzionato - riguarda la previsione espressa per cui “La sospensione non impedisce l'espletamento della consulenza”.
Si tratta in sostanza dell’introduzione di una nuova forma di sospensione prevista dal legislatore, perché, mentre in linea generale se un processo è sospeso non può essere svolta alcuna attività processuale nel giudizio, se non il deposito di un atto di riassunzione, nel caso in esame è esattamente l’opposto: l’introdotta sospensione non modifica di una virgola le modalità di espletamento delle operazioni peritali, che si dovranno svolgere esattamente come prima della riforma, secondo le scansioni temporali previste dall’art. 195 c.p.c., a cui va aggiunta l’automatica decorrenza del termine di trenta giorni per la formulazione del dissenso introdotta dalla novella.
Le ragioni che hanno spinto il legislatore dell’emergenza ad una siffatta previsione sono dichiarate nel preambolo del D.L. n. 117/2025: “la straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni che incidono sull'organizzazione giudiziaria e sul processo civile per agevolare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano nazionale di ripresa e resilienza entro il termine del 30 giugno 2026”.
Le misure previste nel decreto-legge sono dunque tutte dichiaratamente volte al raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNRR; per quanto riguarda nello specifico in relazione al procedimento ex art. 445 bis c.p.c., le misure previste hanno il dichiarato fine di intervenire a fini acceleratori sul processo civile per eliminare incombenti non utili rispetto alla definizione dei procedimenti per accertamento tecnico preventivo in materia previdenziale e assistenziale.
Mentre la modifica sulla decorrenza del termine per la formulazione del dissenso è una misura che in concreto ridurrà le tempistiche di un accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c., la sospensione del procedimento prevista dalla novella – a ben riflettere – non ridurrà in concreto alcuna durata del procedimento, se per durata del procedimento si intende il tempo necessario per l’accertamento del requisito sanitario utile a fruire di una prestazione assistenziale.
E allora l’unica ipotizzabile ragione della prevista sospensione non può che risiedere nel predetto fine di raggiungimento degli obiettivi del PNRR, nel caso specifico nel raggiungimento dell’obiettivo del Disposition Time (DT). Tale dato misura la durata media dei processi e che è calcolato come rapporto tra i procedimenti pendenti e quelli definiti in un anno, moltiplicato per 365 giorni.
Considerato che l’Italia ha concordato la riduzione del 40% del Disposition Time entro il 30 giugno 2026 e che ad oggi è ancora ben lontana dal raggiungimento di tale obiettivo, la sospensione del procedimento ex art. 445 bis c.p.c. durante il tempo di espletamento della CTU costituisce di fatto un escamotage statistico per espungere dalla durata del procedimento tutto il tempo occorrente per l’espletamento della CTU e per la formulazione del dissenso. Il risultato sarà inevitabilmente la significativa riduzione del DT nelle decine se non centinaia di migliaia di procedimenti ex art. 445 bis c.p.c. pendenti in tutti i Tribunali d’Italia.
Non essendo necessario un provvedimento giudiziale che sospenda il procedimento, la riuscita della riforma dipenderà essenzialmente dalla rapidità e dalla correttezza con cui gli operatori di cancelleria registreranno sui sistemi informatici l’evento della sospensione.
Va detto che, in attesa dell’aggiornamento dei sistemi informatici – in particolare dell’applicativo SICID - il Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di Giustizia congiuntamente al Dipartimento per l’Innovazione tecnologica, in data 18/8/2025 ed in data 1/9/2025 ha diramato istruzioni operative, al fine di fornire indicazioni omogenee al personale di cancelleria per annotare tempestivamente e correttamente l’evento della sospensione, con la versione dell’applicativo in uso e in via provvisoria, fino all’adeguamento dell’applicativo alla disposizione in parola.
Tali istruzioni riguardano sia le modalità di annotazione della sospensione, con l’inserimento di un’annotazione obbligatoria uguale per tutti, sia le modalità di registrazione di eventi che in via ordinaria si verificheranno, ad esempio il deposito della CTU.
L’aggiornamento del sistema informatico in relazione alla modalità di registrazione del giuramento con contestuale sospensione del procedimento è stato effettuato in data 26/9/2025. Tuttavia non ogni problematica è stata risolta.
Alla registrazione del giuramento del CTU e del deposito dell’elaborato peritale potrà doversi aggiungere la registrazione di altre operazioni (quali il deposito di documentazione sopravvenuta con conseguente autorizzazione giudiziale ex art. 149 disp. att. c.p.c., la rinuncia all’incarico peritale con sostituzione del CTU), dalla cui correttezza dipenderà la durata stessa del procedimento in termini statistici.
Senza tralasciare l’eventualità che il Giudice abbia la necessità di dover sollecitare il CTU al deposito dell’elaborato peritale perché sono decorsi i termini stabiliti nel provvedimento di conferimento dell’incarico peritale ovvero di dover adottare i conseguenti provvedimenti, a seguito dell’eventuale inerzia del CTU nonostante il sollecito. Durante il compimento di tutta questa attività, sembrerebbe che il procedimento debba considerarsi comunque sospeso, ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., senza che sia necessario alcun provvedimento giudiziale sulle sorti della sospensione. Anche se, quanto meno nelle ipotesi in cui l’incarico peritale cessi per varie ragioni (se il CTU rinunci all’incarico dopo il regolare conferimento dello stesso o il ricorrente non si sia presentato a visita peritale ed il CTU abbia rimesso gli atti al Giudice) il procedimento dovrebbe non ritenersi più sospeso, almeno fino ad un nuovo conferimento di incarico.
6. Ambito applicativo dell’art. 445 bis c.p.c. riformato
L’art. 2, comma 7, del D.L. 8/8/2025 n. 117 delinea l’ambito di applicazione delle modifiche apportate all’art. 445, comma 4, c.p.c., prevedendo che la novella si applichi non solo ai procedimenti instaurati successivamente all’entrata in vigore del Decreto-Legge, bensì anche ai procedimenti pendenti. In relazione a questi è tuttavia necessario che non sia stato conferito ancora l’incarico peritale al consulente tecnico d’ufficio ovvero, se conferito, il CTU non abbia ancora prestato giuramento.
Rientrano dunque nell’ambito applicativo della riforma i procedimenti, instaurati anteriormente al 9/8/2025, se: 1) il Giudice non ha ancora nominato il consulente tecnico d’ufficio; 2) il Giudice, pur avendo nominato il consulente tecnico d’ufficio, non ha ancora conferito l’incarico peritale a quest’ultimo; 3) il Giudice ha conferito l’incarico peritale al consulente tecnico d’ufficio, ma quest’ultimo non ha ancora prestato giuramento.
Non rientrano invece nella riforma quei procedimenti nei quali alla data del 9/8/2025: 1) il Giudice ha conferito l’incarico peritale al consulente tecnico d’ufficio e questi abbia già prestato giuramento; 2) la Consulenza Tecnica d’Ufficio è stata già depositata ed il fascicolo è in attesa della concessione del termine per il dissenso; 3) il termine per il deposito del dissenso è in corso; 4) il termine per il dissenso è decorso ed il fascicolo è in attesa di emissione del decreto di omologa da parte del Giudice.
Potrebbe dubitarsi dell’applicazione della novella nell’ipotesi in cui, prima del 9/8/2025, sia stato conferito l’incarico peritale al consulente tecnico d’ufficio, ma gli atti sono stati rimessi al Giudice perché il consulente ha rinunciato all’incarico o perché il ricorrente non si è presentato alle operazioni peritali: in tal caso, qualora successivamente al 9/8/2025 sia nuovamente conferito l’incarico peritale al medesimo Consulente o sia conferito l’incarico peritale ad altro consulente il comma 4 riformato dovrebbe trovare applicazione, dovendosi fare riferimento – per l’applicazione della novella - al conferimento di ogni singolo incarico peritale.
7. Riflessioni conclusive
La riforma dell’art. 445 bis c.p.c., in particolare del comma 4, rientra tra le varie misure che il legislatore d’urgenza ha emanato attraverso il D.L. n. 117/2025 per raggiungere gli obiettivi del PNRR in relazione allo smaltimento dell’arretrato civile.
Se la decorrenza cd. “automatica” del termine per la formulazione del dissenso è una misura che consentirà una effettiva accelerazione processuale, per le ragioni innanzi illustrate, forti dubbi residuano sulla necessità di sospendere i procedimenti ex art. 445 bis c.p.c. durante la fase delle operazioni peritali e fino alla scadenza del termine per la formulazione del dissenso.
Tale sospensione – come si è detto – produrrà certamente effetti sul piano statistico, in quanto i giorni di sospensione non saranno rilevanti e rilevati ai fini della durata del procedimento e dunque vi sarà inevitabilmente una riduzione del Disposition Time, la cui riduzione rientra fra gli obiettivi del PNRR; tuttavia si ritiene che, tale misura, non incidendo sulla durata effettiva del procedimento, non ridurrà i tempi di attesa di giustizia del cittadino, perché la consulenza tecnica d’ufficio dovrà comunque seguire il suo corso.
Peraltro, non si comprende la scelta di applicare la sospensione ai soli procedimenti ex art. 445 bis c.p.c. e non anche a tutti i procedimenti civili che richiedono l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio.
Ciò che invece resta fondamentale è che a qualsiasi riforma legislativa siano affiancate adeguate modifiche degli applicativi ministeriali, al fine di consentire una corretta ed uniforme applicazione delle norme in tutti i Tribunali d’Italia da parte dei Magistrati e del personale di Cancelleria.