Sommario: 1. Il PNRR nel settore della Giustizia e le ricadute sui processi civili. Il decreto-legge 9 agosto 2025, numero 117 e la nuova figura del giudice cottimista - 2. L’articolo 5 del d.l. 117 del 2025: il tirocinio dei MOT in Corte di Appello e il “mondo alla rovescia” - 3. La durata del tirocinio iniziale e la sua scansione: una ferita ormai risalente che non riesce a rimarginarsi - 4. Lo stravolgimento della formazione presso la Scuola Superiore della Magistratura - 5. A che serve la formazione dei magistrati.
1. Il PNRR nel settore della Giustizia e le ricadute sui processi civili. Il decreto-legge 9 agosto 2025, numero 117. La nuova figura del giudice cottimista
Per finanziare il PNRR italiano, approvato con decisione del Consiglio UE del 13 luglio 2021, sono state messe a disposizione dall’Unione Europea risorse pari a 194,4 miliardi di euro.
In relazione al settore Giustizia, il PNRR ha in particolare previsto l’erogazione di 2.715.783.053.73 euro per riforme e investimenti volti a migliorare efficienza e competitività.
Per ottenere questa rilevantissima somma di denaro (o per non essere costretti a restituirla) il Ministero della Giustizia si è vincolato al raggiungimento di obiettivi ambiziosissimi, tra i quali il pressocché totale abbattimento dell’arretrato accumulato in decenni nello smaltimento delle cause civili.
All’approssimarsi della scadenza del 30 giugno del 2026, entro la quale gli obiettivi fissati dovranno essere raggiunti, e constatata la siderale distanza tra la situazione attuale e quella sperata, il Governo è corso ai ripari emanando, in piena estate, il decreto legge 9 agosto 2025 numero 117, intitolato “misure urgenti in materia di giustizia al fine di consentire il raggiungimento entro il 30 giugno 2026 degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza previsti nel settore della giustizia”.
Il provvedimento è stato icasticamente bollato da Claudio Castelli, nel corso di una recente “Audizione informale davanti alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati” con queste amare considerazioni, che non si possono non condividere: “Il d.l. 117 (…) è tardivo, viene dopo una lunga inerzia ministeriale e non consentirà di raggiungere l’obiettivo PNRR della riduzione del DT”[1].
Se si trattasse solo di un provvedimento inutile non ci sarebbe nulla da aggiungere a quanto appena riportato; purtroppo, si tratta di un testo estremamente dannoso e per certi versi pericoloso, poiché stravolge (involontariamente?) alcuni dei pilastri su cui si fonda da sempre l’indipendenza della magistratura.
Sotto questo profilo, il decreto-legge che sta per entrare in vigore sembra inserirsi nella lunga serie di “picconate”, per usare un’espressione di moda qualche lustro orsono, che da lungo tempo uno dei poteri dello Stato è costretto a subire.
Due sono in particolare le “misure” che destano maggiore preoccupazione.
La prima è costituita dall’applicazione da remoto di un cospicuo numero di magistrati chiamati a scrivere, in aggiunta alle cause gravanti sul proprio ruolo, sentenze di Tribunali diversi da quello di appartenenza dietro pagamento di corrispettivi straordinari.
In sostanza, alcuni magistrati potranno fare domanda per chiedere di poter smaltire l’arretrato di altri uffici particolarmente oberati, scrivendo da casa sentenze di processi tenuti in Tribunali in cui non metteranno piede, per cause che non hanno trattato né istruito personalmente e di cui non conoscono le parti né il contesto.
Al raggiungimento di un certo numero di sentenze scritte, costoro avranno diritto ad un cospicuo bonus economico oltre al normale stipendio.
Si tratta di una sorta di “cottimo straordinario” che deroga ai principi di competenza ed alla norma costituzionale del giudice naturale e sancisce, per la prima volta in modo ufficiale e con il visto del Guardasigilli, il disinteresse del nostro datore di lavoro (lo Stato) per la qualità dei provvedimenti giurisdizionali in favore di un criterio di efficienza meramente numerico e quantitativo.
A ciò si deve aggiungere che tale misura altera la parità di condizioni di lavoro dei magistrati giudicanti rispetto ai requirenti (che non godono di un privilegio equivalente: tot indagini di Procure lontane ed in difficoltà portate a giudizio o magari archiviate = tot soldi in più) ed all’interno della magistratura giudicante quella tra “giudici ordinari” e “giudici cottimisti”, prevedendo altresì per questi ultimi dei punteggi aggiuntivi in caso di domanda di trasferimento.
La procedura di interpello si è appena chiusa registrando un sostanziale insuccesso, atteso che solo 212 magistrati hanno presentato domanda per i 500 posti disponibili e non è dato conoscere allo stato quante e quali delle domande presentate siano ammissibili.
La seconda “misura”, che oltre alla preoccupazione suscita una sorta di tristezza in chi abbia a cuore la giurisdizione ed in particolare la formazione dei magistrati, è quella che stravolge, per l’ennesima volta in pochi anni e forse in modo irreparabile, la struttura e la funzione del tirocinio iniziale dei magistrati.
Tra pochi giorni, il 6 ottobre del 2025, prenderanno servizio diverse centinaia di vincitori del concorso in magistratura, che inizieranno il tirocinio in un modo del tutto inedito rispetto a tutti i colleghi che li hanno preceduti da quando esiste la Repubblica italiana, per effetto delle modifiche che di seguito si andranno ad analizzare.
Modifiche che non hanno scelto e che sono destinate ad incidere profondamente – e non in meglio – sulla loro formazione: sono “vincitori del concorso sbagliato” [2].
2. L’articolo 5 del d.l. 117 del 2025: il tirocinio dei MOT in Corte di Appello e il “mondo alla rovescia”
L’articolo 5 del decreto-legge in esame prevede che i MOT che prenderanno servizio di qui a breve inizieranno il tirocinio nelle Corti di Appello civili, dove saranno impiegati per i primi sei mesi del tirocinio generico ad aiutare gli anziani neo-colleghi nella scrittura delle sentenze di secondo grado.
Non vi sono dubbi sulla ratio di questa previsione, dato il provvedimento in cui è inserita: ai MOT è accollato il compito di smaltire l’arretrato accumulatosi nelle Corti di Appello, nel tentativo di rispettare anche in questo settore, storicamente afflitto da ritardi insostenibili, la draconiana misura imposta dal PNRR entro il 30 giugno prossimo.
Poiché i tempi sono imposti dalla menzionata road map, la parte del tirocinio dedicata a questo reclutamento coatto è necessariamente quella iniziale.
Sicché, come nel “mondo alla rovescia” evocato da un noto eurodeputato, i neo-magistrati nel loro primo giorno di lavoro impareranno a conoscere il processo dalla fase conclusiva del merito, analizzando insieme ai loro affidatari le criticità dei provvedimenti resi dai giudici del Tribunale… anche se non hanno ancora avuto la possibilità di vedere un processo di primo grado o di assistere ad un’udienza in un Tribunale.
Dovranno confermare o riformare sentenze rese dai giudici in applicazione di norme con cui non hanno (ancora) alcuna familiarità, con il rischio concreto di un giudizio condizionato dagli anni trascorsi nelle stanze a perfezionare lo studio in vista del concorso e in nulla completato dall’esperienza e dalla saggezza che si acquisisce attraverso la sperimentazione concreta delle norme nella pratica e che in definitiva costituisce il bagaglio insostituibile che ciascuno di noi acquisisce con gli anni e riversa nel proprio lavoro quotidiano.
In quale settore diverso dal nostro è ipotizzabile che al primo giorno di lavoro si mandino i neoassunti nel comparto specializzato nella revisione del lavoro dei colleghi esperti e gli si demandi di scrivere provvedimenti di conferma o di censura dell’operato degli stessi?
È vero che i MOT lavoreranno in affiancamento ai colleghi titolati della Corte di Appello (e ci mancherebbe pure che sia affidata a loro la sottoscrizione e la responsabilità delle sentenze di secondo grado); ma questa circostanza non elimina affatto la sensazione di trovarsi di fronte ad una “misura” inutile se non pericolosa.
Ed invero, o si ipotizza che in concreto sia lasciata ai giovani colleghi appena assunti mano libera nella redazione dei provvedimenti, purché si pervenga all’agognato risultato di abbattimento dell’arretrato (con adozione anche in questo campo di un criterio che alla quantità dei provvedimenti sacrifica la qualità, come già visto nel caso esaminato in precedenza dei cottimisti) oppure si dovrà immaginare che i magistrati affidatari investano tempo e risorse per istruire, formare i MOT loro assegnati fino ad assicurare che i loro provvedimenti soddisfino uno standard qualitativo paragonabile al loro.
Per perseguire questo obiettivo, va da sé, occorrono tempo, dedizione e attenzione, tutti da sottrarre al proprio lavoro ordinario, con conseguente inevitabile rallentamento della produttività, almeno in una prima fase allo stato non quantificabile nella tempistica, anche perché si tratta di moduli formativi inediti e mai sperimentati.
In sostanza, l’effetto immediato sarà costituito da un allontanamento ulteriore dagli obiettivi del PNRR.
Se alla fine il saldo sarà comunque positivo, allo stato nessuno è in grado di dirlo.
Purtroppo, se anche al momento di tirare le somme si dovesse constatare che grazie a questa misura di reclutamento straordinario si arriverà ad un significativo abbattimento dell’arretrato nelle Corti di appello civili, viene da chiedersi se ne sarà valsa la pena, visto il prezzo imposto non solo ai MOT ma anche alla funzione giurisdizionale nel suo complesso.
3. La durata del tirocinio iniziale e la sua scansione: una ferita ormai risalente che non riesce a rimarginarsi
Secondo le disposizioni normative che regolano il tirocinio iniziale dei magistrati, la durata complessiva del medesimo è stabilita in 18 mesi, 12 dei quali dedicati al cosiddetto tirocinio generico e gli ultimi sei al tirocinio mirato.
Si tratta di una disposizione pensata per consentire al neoassunto di acquisire un’esperienza completa in tutti i settori della giurisdizione: è per questo che i dodici mesi del tirocinio generico sono divisi in tre parti di uguale durata, una dedicata alla funzione giudicante civile, una a quella giudicante penale ed una a quella requirente.
Al termine di questo periodo il MOT è chiamato a compiere la scelta della sede e della funzione.
Una scelta che ha enormi conseguenze sulla sua vita professionale e personale e che, stanti gli attuali rilevantissimi limiti per il cambiamento delle funzioni, ha ormai assunto un carattere di irreversibilità.
Se quattro mesi per ciascuna delle funzioni possono sembrare tanti, va considerato che ognuno di questi periodi di tirocinio è a sua volta inevitabilmente spezzettato in micro-periodi (a volte di pochi giorni) per ciascuna delle specializzazioni in cui ogni funzione è divisa (le numerose sezioni del tribunale civile; il dibattimento, il Tribunale per il riesame, il Tribunale di sorveglianza, la Sezione misure di prevenzione per quella penale; i diversi gruppi per quella requirente).
A ciò va aggiunto che da ciascun periodo vanno sottratti i periodi di pausa per le ferie estive e quelle natalizie, nonché le settimane trascorse a Scandicci o Napoli per il tirocinio presso la Scuola Superiore della Magistratura, pure indispensabile per una corretta e completa formazione (su questo punto si dirà meglio in seguito).
A ben vedere, il periodo di 12 mesi è dunque tutt’altro che lungo e consente (o sarebbe meglio dire: consentiva) a malapena ai MOT di affrontare il momento della scelta con sufficiente coscienza e tranquillità.
Negli ultimi anni la consapevolezza dell’importanza di lasciare ai MOT un tirocinio equilibrato e completo sembra tuttavia essersi attenuata, se non persa del tutto.
Gli ultimi concorsi hanno infatti dovuto subire, con disposizioni di legge derogatorie della disciplina generale descritta, il taglio della durata del tirocinio iniziale a 12 mesi in nome dell’urgenza di immettere i vincitori di concorso nelle funzioni e sopperire ad una grave carenza di organico (provocata, giova ricordare, dal blocco dei concorsi avvenuto qualche anno fa).
La riduzione di sei mesi del tirocinio, introdotta dapprima per due specifici concorsi del 2020 e 2021 e successivamente prorogata di anno in anno fino all’ultimo concorso, è stata realizzata a scapito del tirocinio generico, poiché è sembrato davvero troppo ridurre il periodo in cui, dopo la scelta, i MOT si dedicano all’apprendimento del sapere nelle specifiche funzioni che andranno a ricoprire di lì a breve.
Di conseguenza il tirocinio generico si è trasformato in una corsa frenetica dei MOT tra una funzione e l’altra, con taglio di alcune significative esperienze, al termine del quale i colleghi neoassunti sono stati costretti ad operare una scelta sulla base di esperienze vissute in modo fugace e non approfondito.
Come ulteriore, invisibile conseguenza, la scarsità del tempo a disposizione per il fare esperienza nei tribunali ha convinto molti affidatari della inutilità dei periodi di formazione presso la Scuola, visti come perniciosi momenti di allontanamento dal tirocinio in affiancamento negli uffici, e questa convinzione è stata trasmessa ai MOT, in molti dei quali si è sviluppata una diffidenza (se non una vera e propria disaffezione) per l’organismo di formazione, con conseguenze pericolose per l’indipendenza della magistratura nel suo complesso (anche su questo aspetto si tornerà in prosieguo)
Nata come misura emergenziale, la riduzione del tirocinio è stata prorogata come si è detto di concorso in concorso fino a quest’anno.
Il d.l. 117 del 2025 è riuscito nella non facile impresa di peggiorare ulteriormente la situazione.
L’articolo 5 ha infatti riportato il tirocinio a 18 mesi, destinandone però 6, come si è detto, allo smaltimento dell’arretrato nelle corti di appello.
Ma ciò che è più preoccupante, ha ridefinito la scansione interna del tirocinio, stabilendo che dei residui dodici mesi solo quattro siano destinati al tirocinio mirato, quattro (in luogo dei sei previsti finora) al tirocinio presso la Scuola, tre mesi alle funzioni giudicanti e un solo mese alle funzioni requirenti.
Tutto il tirocinio assumerà dunque un ritmo estremamente sincopato, tranne la parte dedicata all’abbattimento dell’arretrato delle Corti di Appello.
È evidente che si è di fatto realizzato un esproprio del tirocinio iniziale, ridotto ad una sorta di simulacro o peggio ad un’appendice della parte preponderante, che diviene la scrittura dei provvedimenti di secondo grado in ausilio ai colleghi anziani ed afflitti da arretrato.
A ciò deve aggiungersi l’incomprensibile e ingiustificata alterazione della parità dei periodi di tirocinio tra le tre funzioni, finora ritenuta un presidio irrinunciabile per una scelta corretta: dedicare (tra primo e secondo grado) alle funzioni di giudice civile 7 mesi e mezzo (i 6 mesi in corte di appello e metà, si presume, dei tre mesi dedicati alla “funzione giudicante”) sui dieci rimasti in piedi dopo la sforbiciata governativa provocherà un chiaro squilibrio nell’acquisizione di conoscenze e quant’altro utile alla scelta ed alla formazione.
Infine, la percentuale ormai irrisoria (1 mese su 10) dedicata alla formazione dei pubblici ministeri nel tirocinio generico sembra riflettere implicitamente un abbandono dei criteri di approfondimento e comunanza della cultura della giurisdizione che hanno costituito da sempre un baluardo efficace contro le tentazioni di sganciamento della magistratura requirente da quella giudicante, in una sorta di macabra anticipazione dell’assetto futuro della magistratura dopo la tanto agognata separazione delle carriere.
4. Lo stravolgimento della formazione presso la Scuola Superiore della Magistratura
Vi è inoltre un aspetto ulteriore su cui riflettere, ed è quello dell’alterazione del rapporto tra le due parti della formazione, quella demandata alla Scuola Superiore della Magistratura e quella affidata al tirocinio presso gli uffici.
È necessaria una premessa di carattere tecnico: la legge disciplina il tirocinio distinguendo, come si è detto in precedenza, i periodi da svolgere presso le sedi della Scuola e quelli da svolgere presso gli affidatari.
Nel far ciò si limita a determinare la durata complessiva (quattro mesi, anche non consecutivi, presso la Scuola e quattro mesi presso gli uffici nel tirocinio generico, ad esempio), lasciando poi agli organi preposti la modulazione in concreto del calendario.
Il CSM e la Scuola curano da sempre, con procedura congiunta affidata alla supervisione del primo, che le settimane si alternino in modo armonico, assicurando ad esempio che i MOT svolgano le settimane di approfondimento presso i tribunali civili nello stesso periodo in cui, nelle settimane presso la Scuola, si approfondiranno le tematiche di diritto civile.
Solo in questo modo si può assicurare una formazione in cui le due parti si completano e forniscono ai giovani colleghi una panoramica complementare e un risultato efficace.
È di tutta evidenza che la mancanza di questa sincronia conduce a risultati assai meno produttivi: si pensi ad esempio ad un tirocinio in cui in una settimana i MOT approfondiscano a Scandicci le problematiche della funzione di pubblico ministero e la settimana prima e quella dopo siano affidati in Tribunale ad un giudice civile, o viceversa.
Tanto premesso, appare davvero difficile immaginare come la Scuola possa avere organizzato il calendario del tirocinio generico del tirocinio che sta per iniziare nella parte di sua spettanza, dovendo spalmare le sue settimane in un calendario che per ben sette mesi e mezzo, come si è detto, prevede il tirocinio presso le funzioni civili.
Peraltro, come si è detto, la maggior parte del periodo presso gli uffici sarà svolta dai MOT in uffici (quelli di secondo grado) in ordine ai quali la Scuola verosimilmente non potrà svolgere alcun approfondimento non essendo la funzione di Consigliere di Corte di Appello tra quelle a cui è dedicata la formazione dei MOT.
È dunque inevitabile concludere che il Comitato Direttivo della Scuola è stato chiamato a scegliere, per la prima volta, tra l’abbandono formale del parallelismo tra le due parti della formazione che come detto ne costituiva l’essenza e l’adozione di una formazione (anche presso la Scuola) del tutto squilibrata a favore della funzione di giudice civile e a danno di quella di Pubblico Ministero.
Si fa fatica a immaginare quale delle due scelte sia più dannosa per la formazione dei magistrati in tirocinio.
5. A che serve la formazione dei magistrati
L’analisi delle norme previste dal decreto-legge in esame ed in specie quella contenuta nell’articolo 5 porta dunque a mettere in discussione in radice la funzione della formazione.
Spiace dover ribadire un concetto che nella mente dei magistrati è sempre apparso ovvio ma che sembra del tutto assente nella ratio del citato provvedimento: il tirocinio iniziale dei magistrati serve a loro. Non ai colleghi più anziani o all’ufficio in cui svolgono il tirocinio.
E non deve essere piegato, per nessun motivo, a scopi diversi.
È stato pretermesso, con misure peraltro – come si è detto da più parti – di dubbia utilità un pilastro fondamentale della magistratura.
Va ricordato che la formazione della magistratura non riguarda solo la preparazione scientifica di giudici e pubblici ministeri ma è il presupposto imprescindibile per l’indipendenza della stessa e quindi per il corretto equilibrio tra i poteri dello Stato, come solennemente affermato nella Magna Carta dei giudici adottata nel 2010 dal Consiglio consultivo dei Giudici europei (CCJE).
Solo qualità e autorevolezza (anche scientifica) dei provvedimenti dei magistrati garantiscono in modo efficace da attacchi e tentativi di condizionamento.
La costituzione della Scuola Superiore della Magistratura quale organo indipendente a cui è affidata la formazione dei magistrati e l’importanza (nonché la durata) del tirocinio iniziale rispondono ad una profonda esigenza di mantenere e garantire il substrato irrinunciabile dell’indipendenza dei singoli giudici e pubblici ministeri.
La formazione iniziale dei magistrati è un bene che riguarda tutti i magistrati e tutti i cittadini, che va preservato con forza e senza alcuna esitazione né alcuna deroga né in nome dell’efficienza né dell’innovazione, principi senza dubbio fondamentali ma che devono essere realizzati senza entrare in questa sorta di recinto sacro che garantisce e preserva l’assetto costituzionale della magistratura stessa.
[1] Il testo dell’audizione di Claudio Castelli è stato pubblicato su Giustizia Insieme il 18 settembre del 2025 ed è accessibile a questo link.
[2] Devo questa espressione, che esprime un moto di vicinanza con i MOT che si apprestano a prendere servizio e di stigmatizzazione delle modifiche al loro tirocinio che sono state introdotte loro malgrado, a Morena Plazzi, che ha evocato questa immagine in un’appassionata conversazione in una chat di Area.