Non ci vuol gran tempo né grande acume anche a chi non sia dell'arte, per accorgersi del molto che è cambiato nella nostra Magistratura: come questa istituzione che fino a poco tempo fa appariva sicuramente al riparo dalle intemperie del mutevole clima politico, sia oggi diventata uno dei “luoghi privilegiati” del dibattito, dove - invece di smorzarsi - gli scontri si fanno più accesi e, all'apparenza almeno, assai più “selvaggi” che altrove. Certo, tra le tante crisi istituzionali che travagliano questa nostra Repubblica, quella della Magistratura è delle più profonde: e, a nostro giudizio, sbaglierebbe gravemente chi pensasse di poterla ridurre nei termini modesti e “controllabili” di una crisi di struttura risolubile con qualche aggiustamento – per l'appunto – strutturale, mutando magari solamente la composizione e i modi di elezione del Consiglio superiore.
Umberto Santarelli[1]
Collocato nel suo tempo – specialmente per il cenno a quella che poteva apparire un cambiamento allora recente – la non breve citazione che precede pare un testo attuale: ma sono passati 50 anni da quando Umberto Santarelli, mite ma deciso giurista cattolico democratico, scriveva queste parole.
Da quel che si legge in giro sulla ennesima proposta di riforma della giustizia non sembra che si siano fatti grandi passi in avanti. Limitando al momento l'esame solo al nodo della separazione delle carriere tra magistratura giudicante e magistratura inquirente, la riforma costituzionale proposta dall'esecutivo appare ad alcuni come una svolta fondamentale, mentre altri la considerano vuoi inutile, vuoi pericolosa, per il timore che sotto mentite spoglie essa apra un varco alla ricorrente tentazione di incrinare lo scudo dell'indipendenza dell'ordine giudiziario.
Non esito a collocarmi nel campo dei dubbiosi, e anche qualcosa in più.
Temo di dover anche anticipare un'obiezione che potrebbe essermi fatta da chi mi conosce: ma tu sei un avvocato civilista, e benché tu dopo la laurea abbia coltivato, e per diversi anni, l'orticello del diritto penale sotto la guida di grandi maestri [2], non hai mai effettivamente svolto la professione del penalista, essendoti dedicato fin da subito al più tranquillo ambito del diritto e del processo civile.
C’è del vero, ma tralasciando ogni considerazione sulla presunta tranquillità del mio campo da gioco, 45 anni di attività professionale, istituzionale e formativa mi consentono forse di superare l'appunto, non certo per presunzione ma per la diversa considerazione che qui provo a esprimere una opinione non tanto come tecnico della materia, ma prima di tutto come cittadino che, tutt’al più, rispetto ad altri ha avuto maggiori possibilità di conoscere il mondo della giustizia.
Quando poi apprendo che anche esponenti della categoria di livello professionale e scientifico ben più alto del mio - penso a Franco Coppi e Giuseppe Iannaccone, tra gli altri [3] - nutrono dubbi più o meno analoghi, allora mi sento confortato e autorizzato a dire anch’io due o tre cose.
La prima è che si parla di argomenti che molti in realtà non conoscono bene; e tra i molti includo certamente parecchi colleghi (e non escluderei neppure che si possa dir lo stesso di diversi magistrati). Eppure non è difficile leggersi almeno il Dossier predisposto dai Servizi Studi delle Camere sul disegno di legge giunto in Senato (A.S. n.1353) [4] per sincerarsi tanto della disciplina attuale in materia sul “tramutamento” [5] delle funzioni quanto delle proposte di riforma. Temo, ad esempio, che parte dell’opinione pubblica meno informata creda tuttora che i ruoli di pubblico ministero e giudice penale siano liberamente interscambiabili; ed allora è responsabilità dei protagonisti del processo - avvocati e magistrati – non aver provato a sufficienza a chiarirlo. Mi limito allora ad un copia e incolla da quel Dossier:
Il passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti – e viceversa – è disciplinato dal decreto legislativo n. 160 del 2006, come modificato da ultimo, dalla legge 17 giugno 2022, n. 71.
Ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. n. 160 del 2006, viene innanzitutto sancito come principio generale che il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, importi un cambiamento di sede. Infatti, il mutamento di funzioni, ai sensi del comma 3 del citato art. 13, non è consentito all'interno dello stesso distretto, né all'interno di altri distretti della stessa Regione, né infine con riferimento al capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale, avuto riguardo al distretto nel quale il magistrato presta servizio al momento della richiesta.
In particolare, il comma 3 dell’articolo 13 prevede che il magistrato possa chiedere il cambio delle funzioni:
- una sola volta nel corso della carriera;
- entro il termine di 6 anni dal maturare per la prima volta della legittimazione al tramutamento previsto dall’articolo 194 dell’ordinamento giudiziario.
L’art. 194 dell’ordinamento giudiziario (Tramutamenti successivi) prevede che il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede, non possa essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di 4 anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell'ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia. Per i magistrati che esercitano le funzioni presso la sede di prima assegnazione il termine è di 3 anni.
Trascorso tale periodo, il passaggio di funzioni è ancora consentito, per una sola volta se si tratta:
- del passaggio dalle funzioni giudicanti alle funzioni requirenti, purché l'interessato non abbia mai svolto funzioni giudicanti penali;
- del passaggio dalle funzioni requirenti alle funzioni giudicanti civili o del lavoro, in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, purché il magistrato non si trovi, neanche in qualità di sostituto, a svolgere funzioni giudicanti penali o miste.
Il passaggio è consentito solo previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario.
Fermiamoci qui.
Se fosse così (ma è così) la riforma non parrebbe poi talmente fondamentale da far sperare che sia la panacea di tutti i mali. So bene, naturalmente, che non è stato sempre così, e guardo anzi con un qualche imbarazzo a proposte di segno opposto tese apparentemente a voler ripristinare maggiori libertà di scelta del magistrato; e posso comprenderle (ma non giustificarle) solo come determinate dalla reazione ad un clima politico pesante.
Ma allora, che c’azzecca – direbbe proprio un P.M. che tutti ricordano – creare due carriere, due organi di autogoverno, un’unica Alta Corte disciplinare?
A me, che sono un civilista di provincia, sembra che azzeccarci, ci azzecchi poco. E da soggetto professionalmente diffidente (forse c’entra un poco anche esser uno di quei maledetti toscani di Malaparte) vien da chiedermi perché concentrare una tale potenza di fuoco su questi obiettivi.
Certo, è stata una battaglia di associazioni forensi prestigiose e seguite, come le Camere penali; certo, un esame spassionato della materia non vien creduto tale, se dà spazio alle ragioni dell’ “altro” (s’intende, per gli avvocati l’ “altro” sono i magistrati); certo, questi “altri” non sono esenti da pecche e vizi: eccome ! non è questa la sede per elencarli ma tutti noi conosciamo foss’anche soltanto un’aneddotica che, anche se non supera i limiti dell’illecito disciplinare, di sicuro non fa brillare la professionalità di parecchi membri dell’ordine giudiziario (aneddotica – aggiungerei – pari soltanto a quella analoga che riguarda noi, gli avvocati).
Ma illudere i cittadini che con la riforma non ci saranno più storture, i processi dureranno qualche mese, P.M. e giudici si guarderanno istituzionalmente in cagnesco (come se questa fosse di per sé una garanzia per indagati e imputati), immaginare una Shangri-La giudiziaria, questo non va bene. Eppure a leggere certe testate (darle nel muro, le testate, sarebbe un miglior consiglio) giornalistiche questo potrebbe essere il paradiso che ci attende.
Se a queste illusioni non dovessimo credere, il solito tarlo del dubbio dovrebbe farci andare alla ricerca dei motivi di queste campagne. La magistratura ha così poco appeal che darle addosso fa guadagnare voti? Potrebbe essere un primo motivo. Un P.M. potenzialmente più autonomo potrebbe essere contemporaneamente più sensibile alle indicazioni del potere esecutivo, pur senza previsioni normative specifiche in tal senso? Anche. Ma soprattutto: siamo davvero convinti che sia conveniente avere un P.M. più “libero”? Anche qui ricorro sprezzantemente al plagio per citare quanto ha scritto di recente Luigi Gatta, che non potrei mai sperare di dir meglio:
Siamo sicuri che, per una eterogenesi dei fini, il CSM requirente non consolidi invece, nel medio lungo periodo, una corporazione di pubblici ministeri, che esercita, nel processo e fuori da esso, poteri ben più forti di quelli che una parte privata come l’avvocato, inevitabilmente, ha nel nostro come in altri sistemi, pure accusatori? [6]
Il riferimento di Gatta ad altri sistemi mi fa pensare subito agli Stati Uniti, dove il plea bargaining costituisce lo strumento principe dell’amministrazione della giustizia penale (con percentuali del 98% dei casi) giusto grazie allo strapotere della pubblica accusa (che là si può correttamente definire così), che va a braccetto con la non obbligatorietà dell’azione penale [7]. Non vorrei fare quella fine lì [8].
E se invece andassimo a trovare altrove qualche diverso motivo dell’inefficienza del sistema giustizia italiano? Che dire delle risorse destinate alla giustizia? Ci son forse già troppi magistrati? E qui anch’essi hanno le loro responsabilità, quando qualcuno di loro ci viene a dire che in realtà siamo in perfetta media europea; sarà anche vero, ci saranno allora troppi avvocati che vogliono fare troppe cause? Però francamente… E il personale amministrativo? Com’è noto e ormai proverbiale, da noi le riforme si fanno solo a costo zero, ed infatti non finiscono mai, come gli esami di Eduardo. Allora, ancora con Gatta, una modesta proposta potrebbe essere quella di rivalutare piuttosto il ruolo del difensore: “siamo proprio sicuri che la parità delle armi tra accusa e difesa dipenda dalla separazione delle carriere e da un rafforzamento della figura del pubblico ministero e non, in ipotesi, da un rafforzamento del ruolo e della figura del difensore, magari con una unificazione delle carriere e della formazione, come avviene in altri sistemi?”.
Trovo che questo della formazione comune sia un nodo essenziale, e penso per esempio al reclutamento dei magistrati in Gran Bretagna, Germania e Francia [9], il che mi pare giustificare almeno parzialmente anche la sottoposizione del pubblico ministero al potere esecutivo (esistente sia in Germania che in Francia ed altri paesi europei, ma non esente da critiche). C’è da dire che ora anche in Italia a questo profilo sembra farsi più attenzione, più per merito delle due categorie che del legislatore, anche se di recente un chiaro invito si legge nel D.M.110/2023 sulla redazione degli atti giudiziari, dove all’art.9 , c.3, si legge che il Ministero della giustizia in collaborazione con la Scuola superiore dell’avvocatura non solo favorisce le iniziative formative sui criteri e le modalità di redazione degli atti giudiziari adottate nell'ambito della formazione obbligatoria dell'avvocatura, ma in particolare “sostiene, in materia, le iniziative formative comuni alla magistratura e all'avvocatura, anche con il coinvolgimento di linguisti”.
E noi giuristi pratici, se dobbiamo collaborare, se vogliamo collaborare, da un lato ci sarebbe da ripensare un po’ più seriamente sul posto che tocca agli avvocati nei Consigli Giudiziari, e dall’altro riflettere ancora sul tema della responsabilità disciplinare (e civile) dei magistrati, delicatissimo e a diretto contatto con quello dell’indipendenza [10].
La separazione delle carriere è peraltro solo uno dei temi della complessiva opera di riforma della giustizia. Il “movimento” che si registra in parecchi Paesi verso forme di governo che restano formalmente democratiche ma più autoritarie (in Europa pensiamo subito all’Ungheria, alla Polonia del PIS; per gli USA è strano vedere chi si meraviglia delle iniziative di Trump: non aveva letto il suo programma, probabilmente [11]) mi induce ad una considerazione che in realtà non dovrebbe sorprendermi: che cioè sono i giudici l’ultimo argine contro queste derive, e che sotto questo profilo è interesse proprio dell’avvocatura salvaguardarne l’indipendenza, per il semplice fatto che è interesse del Paese. Ogni cautela su un radioso avvenire è quindi legittima, e il rischio di inerpicarsi sulle Cime abissali di Zinov’ev più presente [12].
I dubbi aumentano quando si accenna a prossimi passi in direzione della sottrazione alle Procure del potere di direzione della polizia giudiziaria [13]. E due.
E in questi giorni si sono scatenate le critiche all’ordinanza n.5992/2025 delle S.U. civili [14] che ha reso l’apparentemente incredibile affermazione che “Se principio cardine di uno Stato costituzionale di diritto è la giustiziabilità di ogni atto lesivo dei diritti fondamentali della persona, ancorché posto in essere dal Governo e motivato da ragioni politiche, la sottrazione dell’agire politico a tale sindacato ─ pur prevista, in presenza di determinati presupposti, da norma costituzionale ─ non può che costituirne l’eccezione, come tale soggetta a interpretazione tassativa e riferibile, dunque, solo alla responsabilità penale” (e pensare che nella mia ingenuità tutto ciò mi pareva scontato…), critiche talmente forti da determinare la reazione della Prima Presidente. E tre.
In conclusione, non voglio ricordare – lo fanno in troppi – l’abusato detto di Agatha Christie[15], preferendo citare il James Bond di Goldfinger: “Once is happenstance. Twice is coincidence. Three times is enemy action”: ma mi si scuserà se in questo modo dovessi apparire troppo diretto.
[1] In Il Domani d’Italia, 1.6.1975: si legge nella raccolta di articoli di Santarelli Un professore innamorato de giornalismo, Edizioni Toscana Oggi, Firenze, 2024, p.54 ss. Tra i numerosi interventi è una perla rara, anch’essa purtroppo attualissima, “Eia, eia, alalà” da Avvenire del 5.3.1970, ibidem p.405.
[2] Come Tullio Padovani e Mario Chiavario.
[3] Da notizie di stampa – Il Fatto Quotidiano del 28.2.2025 – anche Guido Alpa avrebbe espresso perplessità. Il suo ricordo non ci abbandonerà: la sua presa di posizione sul tema sarebbe allora l’ultimo avviso che ci ha lasciato. Di G.Iannaccone,su questa Rivista, In difesa della funzione giurisdizionale dei Pubblici Ministeri.
[4] https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01443762.pdf . Di Franco Coppi l’intervista a La Stampa del 30.5.2024, https://www.lastampa.it/politica/2024/05/30/news/franco_coppi_riforma_ideologica_errori_giudiziari-14345823/ Comunque pessimistiche le considerazioni di Cataldo Intrieri - http://www.libertaeguale.it/la-riforma-della-giustizia-e-lo-specchio-per-le-allodole/ - che cita Paolo Ferrua “Il circolo vizioso: dal processo accusatorio senza la separazione delle carriere alla separazione delle carriere senza il processo accusatorio. Aperta la discussione su quale sia peggio”…
[5] Ma che termini terribili usiamo, noi giuristi?
[6] L.Gatta, Separazione delle carriere e riforma costituzionale della magistratura: 20 domande per un confronto e un dibattito aperto, https://www.sistemapenale.it/it/editoriale/separazione-delle-carriere-e-riforma-costituzionale-della-magistratura-20-domande-per-un-confronto-e-un-dibattito-aperto .
[7] Per una semplice verifica in rete cfr. un articolo un poco datato (ma dopo le cose sono andate ancora peggio…) come quello di E.Viano, Plea Bargaining in the United States: a Perversion of Justice, in Revue Internationale de droit penal, 2012/1 Vol.83, p.109-145, https://droit.cairn.info/journal-revue-internationale-de-droit-penal-2012-1-page-109?lang=en&tab=texte-integral .
[8] “The US has 5% of the world’s population but 25% of the world’s prison population • 44% of Americans have a criminal record • 1 in 12 Americans, including 1 in 3 black men, have a felony conviction”: dal sito Fair Trials.org.
[9] Per una elementare introduzione v. il sito della IAC – Judicial Appointments Commission https://judicialappointments.gov.uk/ ( per England and Wales), mentre in Germania è fondamentale il concetto di “giurista unitario” v. A. Keilmann, The Einheitsjurist: A German Phenomenon , German Law Journal , Volume 7 , Issue 3 , 01 March 2006 , p. 293 – 312. Per Francia, Germania, Spagna utile il Dossier di cui alla Nota 4.
[10] Utilissima la lettura della Opinion n.27 del CCJE “on the disciplinary liability of judges” , https://rm.coe.int/opinion-no-27-2024-of-the-ccje/1680b2ca7f .
[11] Masha Gessen, che di autoritarismi se ne intende (è ben nota esperta della Russia di Putin) scriveva nel 2016 - dopo la prima elezione di Trump – alcune regole per sopravvivere alle autocrazie; la prima è “Credete all’autocrate” (The New York Review of Books, 10.11.2016). V. l’appello dell’ABA-American Bar Association del 3.3.2025 The ABA rejects efforts to undermine the courts and the legal profession, https://www.americanbar.org/news/abanews/aba-news-archives/2025/03/aba-rejects-efforts-to-undermine-courts-and-legal-profession/ . Tutti i siti citati sono stati consultati il 9 marzo 2025.
[12] “Non può andare peggio di così, disse il pessimista. Ma si che può, rispose l’ottimista”, A.Zinov’ev, Cime abissali, Adelphi, Milano, 1979.
[13] Il Foglio del 2.12.204, intervista di C.Cerasa al ministro Nordio.
[14] È il noto caso del migrante la cui libertà personale era stata illegittimamente ristretta sulla nave Diciotti.
[15] “Una coincidenza è solo una coincidenza, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze sono una prova" dice Poirot.