Le sentenze della Corte costituzionale n. 32 e n. 33 del 2021 e l’applicabilità dell’art. 279 c.c.
di Giovanna Chiappetta
Sommario: 1. Premessa - 2. La “nuova categoria” di figli non riconoscibili al vaglio delle Corti europee - 3. Lo statuto unico di figlio ex art. 30, co. 1, Cost. e l’interpretazione dell’art. 279 c.c. - 4. Natura meramente processuale delle sentenze nn. 32 e 33 del 2021 e la c.d. interpretazione adeguatrice dei giudici di merito per colmare il vuoto normativo.
1. Premessa
I nati in Italia mediante il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita eterologa (d’ora in avanti PMA) da parte di coppie di donne, o a seguito della surrogazione di maternità, per i quali non sia possibile il ricorso all’adozione in casi particolari del genitore d'intenzione, costituiscono la “nuova categoria” di bambini non riconoscibili[1]. Pur se sia accertato giudizialmente il loro interesse alla continuità affettiva con il genitore di intenzione (non anche biologico) che abbia in concreto svolto la funzione genitoriale[2], non possono far valere la relativa responsabilità (ex art. 30, co.1, Cost.).
La Consulta ed i giudici di legittimità[3] hanno ritenuto non potersi applicare gli artt. 8 e 9 l. 40/2004 sullo status filiationis dei nati da PMA, trattandosi di pratiche vietate (ex art. 5 e/o 12, comma 6, l. 40/2004, Norme in materia di procreazione medicalmente assistita). Pertanto, i diritti al mantenimento, all’educazione, all’istruzione e i diritti successori spettano ai nati nei confronti del genitore d’intenzione/biologico e non anche nei confronti del genitore intenzionale e di cura.
In siffatto scenario si collocano le sentenze nn. 32 e 33 del 2021 nelle quali la Consulta ha esaminato questioni che riguardano il diritto alla continuazione della relazione genitoriale di fatto dei figli “irriconoscibili" nati mediante il ricorso alle procedure di PMA vietate[4].
La “nuova categoria” di figli irriconoscibili si trova “in una condizione diversa e deteriore rispetto a quella di tutti gli altri nati (compresi i nati da rapporto incestuoso)”[5]. La disciplina del rapporto di filiazione del codice civile, ritenuta saldamente ancorata al rapporto biologico tra il nato ed i genitori, ammette in ogni caso il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità o, l’attribuzione dei diritti al mantenimento, all’istruzione e all’educazione senza l’attribuzione formale dello status filiationis[6]. Anche il nato da relazioni incestuose può acquisire lo status previa autorizzazione giudiziale (artt. 251 e 278 c.c.)[7]. In astratto, quindi, la disciplina codicistica rende sempre possibile l’acquisizione dello status filiationis. La privazione di esso può rendersi necessaria “in concreto” per garantire il migliore interesse del minore. Nelle ipotesi di irriconoscibilità, i bambini sono tutelati nei confronti del genitore biologico mediante gli artt. 279, 580 e 594 c.c.
Diversamente, la nuova categoria di irriconoscibili è privata dello status nei confronti del genitore d'intenzione e di cura (non applicandosi gli artt. 8 e 9, l. 40 del 2004) e non godrebbe di altra tutela congrua. Tali relazioni di genitorialità di fatto svincolate dal rapporto biologico sarebbero prive di riconoscimento giuridico con lesione dei diritti fondamentali alla vita privata e familiare dei nati.
Giova ricordare che per giurisprudenza costante della Consulta l'oggetto del giudizio di legittimità in via incidentale è circoscritto alle disposizioni e ai parametri indicati nelle ordinanze di rimessione[8]. Di conseguenza non essendo indicato l'art. 279 c.c. (e le altre che la richiamano artt. 580 e 594 c.c.) non è stato preso in considerazione. La Consulta quindi non ha potuto esprimersi sull'utilizzabilità delle azioni esistenti per tutelare l'interesse dei minori non riconoscibili.
I bambini privati dello status filiationis nei confronti del genitore effettivo potrebbero trovare tutela nell'art. 279 c.c. (e negli artt. 580 e 594 c.c. che ne completano la disciplina con disposizioni successorie) del quale si propone una lettura conforme alla Costituzione e alle Convenzioni internazionali che ne permette l'applicazione al di là della filiazione biologica[9]. La disposizione, superando la tradizionale impostazione restrittiva limitata alla filiazione biologica, potrebbe garantire anche alla nuova generazione di figli "irriconoscibili" e "non dichiarabili" il diritto alla vita familiare affettiva ed effettiva con il genitore di intenzione e di cura.
2. La “nuova categoria” di figli non riconoscibili al vaglio delle Corti europee.
La tutela dello status di cittadino europeo e delle situazioni ad esso connesse sono oggetto di valutazione della Corte di giustizia, così come le misure interne in violazione dei diritti umani fondamentali sono state vagliate dalla Corte di Strasburgo.
In ragione della mobilità dilagante delle famiglie da un Paese all’altro, nuove problematiche sorgono nell’ambito della filiazione. Si parla di «internazionalizzazione fittizia» di status familiari mediante il ricorso alle soluzioni offerte da ordinamenti giuridici stranieri al fine di legittimare la genitorialità creata da una coppia o da un single in violazione di disposizioni di diritto nazionale.
La cittadinanza europea e i diritti ad essi connessi hanno favorito il fenomeno di internazionalizzazione di situazioni in Paesi dell'UE. Infatti, i diritti di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri hanno consentito la scelta della legge applicabile allo status filiationis ed il meccanismo del riconoscimento di atti di nascita formati all'estero, amplificando il fenomeno del forum o system shopping anche ai cittadini europei ‘statici’ coniugati, uniti, conviventi o single. La condizione del cross border element, un tempo considerata un dogma, con l’interpretazione giurisprudenziale della cittadinanza europea è assimilata alla purely internal situation[10]. L’approccio dell’UE valorizza l’autonomia internazionalprivatistica ammettendo una limitata opzione fra più leggi potenzialmente applicabili ad una situazione familiare ed ai relativi status[11]. Conseguentemente si hanno manifestazioni di volontà che non concernono una situazione giuridica che presenta ab origine legami e implicazioni in più Stati (o in più ordinamenti giuridici), ma situazioni costituite volontariamente in un ordinamento ‘terzo’. La scelta del luogo di nascita di un bambino[12] diviene elemento ‘di estraneità’ che internazionalizza[13] una situazione familiare puramente interna. Il fenomeno ha incentivato il turismo normativo per ottenere la trascrizione della dichiarazione di nascita di bambini all’estero in violazione di leggi nazionali[14]. Di qui i noti fenomeni di birth shopping verso quegli Stati che riconoscono la genitorialità ‘d’intenzione’ (in Spagna) anche in assenza di legami biologici con il figlio. Così, i nati all'estero da PMA di tipo eterologo da due donne (anche italiane) possono ottenere entrambe il riconoscimento del rapporto di filiazione mediante la trascrizione nei registri di stato civile italiano dell'atto di nascita validamente formato in un altro Paese[15].
La Corte di Strasburgo e quella del Lussemburgo sono state investite di questioni riguardanti la “nuova categoria” di figli irriconoscibili. Come nelle sentenze della Consulta summenzionate, i giudici europei si trovano ad esaminare casi di nati mediante il ricorso alla PMA eterologa da parte di due donne o a seguito di surrogazione di maternità. In particolare, è stata posta loro la domanda se sia consentito il rifiuto di uno Stato membro di riconoscere il rapporto di filiazione di fatto tra il nato ed il genitore (o i genitori) d'intenzione, risultante dall'atto di nascita redatto all'estero. Non sussistendo consenso europeo sulle pratiche di PMA, taluni Stati vietano per contrarietà all'ordine pubblico nazionale l'omogenitorialità e la surrogazione di maternità. L'identità costituzionale degli Stati membri e l'ampio margine di apprezzamento di cui essi dispongono nella materia familiare e nell'accertamento della filiazione possono giustificare il rifiuto del rapporto genitoriale di fatto.
La Corte di Strasburgo non ha ravvisato la violazione dell'art. 8 della CEDU per il rifiuto di trascrizione degli atti di nascita stranieri nelle ipotesi di surrogazione di maternità nelle quali nessuno dei genitori di intenzione era al contempo genitore biologico[16]. La Grande Camera ha altresì emanato il primo parere consultivo non vincolante su richiesta della Cassazione francese[17] sulle questioni di principio relative all'interpretazione e all'applicazione dell'art. 8 CEDU (come sancito dall'art. 1, par. 1 del Protocollo n. 16). Come richiesto dall'art. 1, par. 2, del Protocollo n. 16 addizionale alla CEDU, le questioni interpretative poste dalla Cassazione francese si inseriscono nel contesto della procedura pendente riguardante i coniugi Mennesson[18]. In questo caso di surrogazione di maternità il padre di intenzione era anche padre biologico. I quesiti hanno riguardato il rifiuto del riconoscimento del legame di filiazione di fatto tra il nato da surrogazione di maternità e la sig.ra Mennesson, designata nell'atto di nascita straniero come madre "legale", e la sua compatibilità con l'art. 8 CEDU a tutela del diritto al rispetto della vita privata del bambino[19]. La Corte si è espressa considerando l'interesse superiore in concreto del bambino nell'affaire Mennesson e l'estensione del margine di apprezzamento degli Stati membri.
Relativamente al primo aspetto, ha affermato che l'art. 8 della Convenzione non impone un'obbligazione generale per gli Stati di riconoscere ab initio un legame di filiazione tra il bambino ed il genitore d'intenzione. L'interesse superiore del bambino deve essere apprezzato in concreto e sulla base del legame affettivo ed effettivo che si è instaurato. Le autorità nazionali devono, quindi, valutare, alla luce delle circostanze particolari del caso "si et quand ce lien s’est concrétisé"[20]. È pertanto necessario esaminare la qualità dei legami, il ruolo rivestito dai genitori nei confronti del minore e la durata della convivenza tra loro ed il minore. I giudici di Strasburgo non definiscono una durata minima della convivenza necessaria per costituire una vita familiare de facto, visto che la valutazione di ogni situazione deve tenere conto della “qualità” del legame e delle circostanze di ciascun caso[21].
In breve, gli Stati sono obbligati ad offrire una possibilità "d'un lien de filiation"[22] qualora, come nell'affaire Mennesson, si configuri un rapporto effettivo che richieda un riconoscimento nell'interesse del bambino. Sempre nell'interesse del bambino e stante il margine di apprezzamento in questa materia "sensibile" e sulla quale manca il consenso europeo[23], lo Stato può scegliere lo strumento adeguato. Sarà il governo ad individuarlo e potrà essere la trascrizione dell'atto di nascita, l'adozione da parte del genitore d'intenzione o altra misura prevista dal diritto interno idonea a garantire l'interesse concreto del bambino con efficacia e rapidità di attuazione. La Corte di Strasburgo ha, quindi, riconosciuto le relazioni «familiari» de facto tra uno o più adulti ed un minore in assenza di legami biologici (ex art. 8 CEDU).
Anche la Corte di Giustizia è stata investita di domande pregiudiziali aventi ad oggetto l'atto di nascita rilasciato da uno Stato membro che designa due donne quali madri del minore[24]. I giudici del rinvio hanno chiesto se le autorità statali possano rifiutare di trascrivere l'atto di nascita spagnolo, invocando il rispetto dell'identità nazionale ex art. 4, par. 2, TUE[25]. Il rifiuto di trascrizione è motivato dalla non previsione nel diritto bulgaro e polacco della genitorialità di coppie dello stesso sesso. I casi sono ancora pendenti, ma nelle conclusioni dell'Avvocato Generale nella causa proposta dalla Bulgaria[26], si è sostenuto che la definizione in senso giuridico di famiglia o di uno dei suoi componenti rientra nell'identità nazionale e spetta a ciascuno degli Stati membri. Pertanto, il rifiuto del riconoscimento del rapporto di filiazione, pur di ostacolo ai diritti del cittadino europeo (artt. 20 e 21 TFUE e artt. 7, 24 e 45 della CDFUE), può essere giustificato dal diritto al rispetto all'identità costituzionale degli Stati membri garantito dall'art. 4, par. 2, TUE. L'avvocato Generale Kokott nelle conclusioni nella Causa C-490/20 dopo aver messo in luce che "è pacifico che le due donne non solo hanno validamente acquisito lo status di genitori in forza del diritto spagnolo, ma conducono anche una vita familiare effettiva con la loro figlia in Spagna" (par. 113), conclude: "La Repubblica di Bulgaria non può rifiutare il riconoscimento del rapporto di filiazione tra la minore da un lato, e la ricorrente e sua moglie, dall'altro, ai soli fini dell'applicazione del diritto derivato dell'Unione relativo alla libera circolazione dei cittadini per il motivo che il diritto bulgaro non prevede né l’istituto del matrimonio tra persone dello stesso sesso, né la maternità della moglie della madre biologica di una minore" (par. 115). Nel punto 3 delle conclusioni, l'Avvocato Generale chiarisce che: "L’invocazione dell’identità nazionale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE può giustificare il rifiuto di riconoscere il rapporto di filiazione tra un minore e una coppia sposata formata da due donne, quale stabilito nell’atto di nascita rilasciato dallo Stato membro di residenza del minore, ai fini della redazione di un atto di nascita del suo Stato membro d’origine o di quello di una delle due donne, che determina la filiazione di tale minore ai sensi del diritto di famiglia di quest’ultimo Stato membro". Se la Corte di giustizia condividerà le conclusioni suindicate, la legittimità del rifiuto del riconoscimento del rapporto di vita familiare effettiva non potrà limitare i diritti connessi alla cittadinanza europea.
La giurisprudenza delle Corti europee, invocando ragioni differenti, precisa i contorni del diritto alla continuità transfrontaliera delle situazioni familiari costituite all’estero[27].
L'interpretazione convenzionale indica quale momento imprescindibile del riconoscimento di una relazione a tutela dei bambini, l'instaurazione della vita familiare effettiva. Lo strumento nazionale dovrà garantire al bambino il diritto alla cittadinanza della madre, i diritti successori e tutti gli altri "contre un refus ou une renonciation de la mère d'intention de le prende en charge"[28].
Le questioni giuridiche sottese ai fatti esaminati dalla Consulta e dalle Corti europee sono ancora aperte.
Nella sentenza n. 32 del 2021 non hanno trovato soluzioni negli strumenti di tutela indicati nell'ordinanza di rimessione gli interessi delle due bambine accertati giudizialmente alla continuità affettiva con la madre d'intenzione e a un riconoscimento del rapporto effettivo con la medesima. Analogamente, nella sentenza n. 33 del 2021 la Consulta ha evidenziato che lo strumento dell'adozione in casi particolari ex art. 44, co. 2, lett. d), l. 184 del 1983 ritenuto esperibile a garanzia del l'interesse in concreto del bambino al riconoscimento di giuridicità di un legame di genitorialità intenzionale e di cura è una forma di tutela significativa ma non ancora del tutto adeguata. Esigenza di tutela del minore nato da maternità surrogata che è da bilanciare con gli altri contrapposti interessi.
In questa riflessione e per quanto messo in luce appare possibile o meglio necessario, per prevenire o limitare i danni derivanti dalla negata tutela delle relazioni genitoriali di fatto effettive, cambiare la prospettiva tradizionale di analisi e muovere dai fatti che vedono coinvolti minori particolarmente vulnerabili anche per la loro tenera età[29]. La concreta situazione di tutela dei minori ha fatto emergere la necessità di un riconoscimento giuridico del loro rapporto con il genitore intenzionale effettivo. In attesa dell'auspicato intervento del legislatore ci si propone di esaminare le analoghe esigenze di figli "naturali" non riconoscibili e gli strumenti giuridici a loro tutela non ancora vagliati.
La disciplina codicistica dettata dall'art. 279 c.c. (e le altre disposizioni che lo richiamano) per i figli irriconoscibili è adeguata a garantire i parametri costituzionali e convenzionali alla nuova categoria di fanciulli irriconoscibili?
La soluzione all'interrogativo richiede, in primis, l’esame dell’art. 279 c.c. alla luce dei principi costituzionali.
3. Lo statuto unico di figlio ex art. 30, co. 1, Cost. e l’interpretazione dell’art. 279 c.c.
L’attuale formulazione dell’art. 279 c.c., in attuazione dell'art. 30, co. 1, Cost., riconosce, nell’impossibilità dell’accertamento formale dello status filiationis, ai minori i diritti al mantenimento, all’istruzione e all’educazione (fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica) o, se maggiorenni ed in stato di bisogno, gli alimenti (art. 279, primo comma, del codice civile). Ai figli irriconoscibili la tutela successoria è garantita dagli artt. 580 e 594 c.c.
L'art. 279 c.c. contempla l'azione per l'accertamento in via incidentale del rapporto di filiazione finalizzata ad attribuire la responsabilità genitoriale senza la costituzione formale del relativo status[30]. Non è richiesto il consenso del genitore giuridico per la promozione o la prosecuzione dell'azione. Pertanto, l'attribuzione della genitorialità "sostanziale" ex art. 279 c.c. non può essere impedita dalla volontà contraria del genitore giuridico (diversamente dall'art. 46, l. 184 del 1983 per l'adozione in casi particolari). Legittimato attivo è il figlio o, nel suo interesse se minore, il genitore che esercita la responsabilità genitoriale o un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero. La disciplina si applica "In ogni caso" di impossibilità di proporre l'azione per la dichiarazione di paternità o di maternità e richiede l'autorizzazione giudiziale al fine di verificare l'interesse del figlio[31]. La richiesta autorizzazione è collegata al sorgere in capo al genitore della responsabilità non soltanto patrimoniale ma anche di natura esistenziale[32]. I diritti all'istruzione e all'educazione non sono necessariamente riducibili alla prestazione dei corrispondenti mezzi economici. Il giudice, previa autorizzazione ed ascolto del minore ex art. 315-bis, co. 3, c.c. adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento al loro interesse che valuta caso per caso. Si applica la disciplina sancita dall'art. 337-bis e ss. c.c., che regolamenta altresì i procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio (art. 337-bis c.c.). Relativamente alla conservazione dei rapporti del figlio con la famiglia del genitore d'intenzione e di cura, l'art. 337-ter, co. 1, c.c. sancisce la continuità dei rapporti "significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale". Le modalità dell'esercizio della responsabilità genitoriale ex art. 279 c.c. contemplate nel provvedimento per la prole (ex art. 337-ter c.c.) sono garantite anche dall'art. 709-ter c.p.c. contro le controversie insorte tra i genitori nell'esercizio della responsabilità genitoriale e in tutte le inadempienze o atti che rechino pregiudizio al minore o che ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento[33]. Il trattamento successorio, confermato dal legislatore della riforma della filiazione avviata nel 2012 con la l. 219, era già ritenuto “differenziato” rispetto a quello spettante agli altri figli dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 494 del 2002[34]. L'intervento auspicato dalla Consulta potrà intervenire su tale aspetto della disciplina a tutela del principio di non discriminazione dei figli in base alla condizione di nascita[35].
L’interpretazione evolutiva del testo normativo in esame non conforta quella restrittiva tradizionalmente limitata alla filiazione "naturale". L'art. 279 c.c. novellato dalla Riforma del 1975, indicava quale beneficiario della tutela il figlio "naturale" sulla base di un accertamento incidenter tantum della procreazione[36].
La formulazione dell’articolo 279 c.c. è stata successivamente modificata dal decreto lg. 28 dicembre 2013 n. 154 attuativo della Riforma del diritto della filiazione avviata dalla l. 219 del 2012. Il testo in vigore indica quali beneficiari i figli nati "fuori del matrimonio" e si apre con una locuzione che può qualificarsi come clausola generale poiché dotata di un peculiare coefficiente di vaghezza o indeterminatezza "In ogni caso" di impossibilità di proporre l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e di maternità. Il modo per impostare il problema dell'attuale portata applicativa della clausola generale in esame consiste nel ricondurla alla sua dimensione costituzionalistica e, in particolare, ai parametri dettati dagli artt. 2, 30 e 31 cost.[37].
L'attuale interpretazione dell'art. 30, co. 1, cost. quale parametro fondamentale dello statuto unico di figlio ha portato al riconoscimento della concezione funzionale della “filiazione” che ha messo in luce che i diritti del figlio possono fondarsi anche sulla solidarietà e sull’affetto consolidato con il genitore di fatto[38].
Già in epoca antecedente alla introduzione della l. 40 del 2004 in relazione alla tutela dello status filiationis del concepito mediante PMA eterologa ancora non disciplinata, la Consulta[39] ha riconosciuto al nato nei confronti "di chi si sia liberamente impegnato ad accoglierlo assumendone le relative responsabilità" "non solo i diritti e doveri previsti per la sua formazione, in particolare dagli artt. 30 e 31 della Costituzione, ma ancor prima - in base all'art. 2 della Costituzione...".
Nelle sentenze successive, la Consulta segna l'evoluzione dell'ordinamento dando rilevanza giuridica alla genitorialità d'intenzione anche ove non coincidente con quella biologica poiché "il dato della provenienza genetica non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia stessa" (così sentenza n. 162 del 2014[40] che ha dichiarato l'illegittimità delle disposizioni sul divieto di PMA eterologa).
I giudici delle leggi affermano ancora la tutela "in capo al figlio di una propria identità affettiva, relazionale, sociale, da cui deriva l'interesse a mantenere il legame genitoriale acquisito"[41].
La responsabilità genitoriale ex art. 279 c.c. al mantenimento, all’educazione e all’istruzione della prole, grava su tutti genitori siano essi biologici o d'intenzione e di cura.
L’art. 279 c.c., mediante l’interpretazione evolutiva degli artt. 2, 30 e 31 Cost., consente di superare il vulnus di tutela dell’interesse dei bambini a conservare il rapporto di genitorialità intenzionale ed effettiva[42]. Impossibilità della conservazione del legame di filiazione de facto confermata dalla Consulta con le sentenze di inammissibilità della Corte costituzionale n. 32 e n. 33 del 2021. Le sentenze di inammissibilità hanno altresì messo in luce l'insufficienza del ricorso all'adozione in casi particolari ex art. 44, co. 1, lett. d), l. 184 del 1983 per supplire alla mancanza di tutela del preminente interesse del minore alla continuità affettiva (rectius rapporto di filiazione de facto).
Infatti, tale genitorialità adottiva può essere impedita dalla contraria volontà del genitore biologico/legale (art. 46, l. 184 del 1983) e parrebbe non conferire al minore uno status "pieno" in quanto si considera incerta la creazione di un rapporto di parentela tra l'adottato e la famiglia dell'adottante pur non interrompendo i rapporti con la famiglia d'origine.
I nati in Italia da PMA eterologa praticata da due donne e quelli da surrogazione di maternità possono acquisire il rapporto di responsabilità legale con il solo genitore biologico genetico.
Diversamente, i nati all'estero da PMA di tipo eterologo da due donne anche di cittadinanza italiana possono ottenere entrambe il riconoscimento del rapporto di filiazione mediante la trascrizione nei registri di stato civile italiano dell'atto di nascita validamente formato in un altro Paese[43].
Non vi è dubbio, che anche per i figli nati dalle tecniche di PMA vietate dalla l. 40 del 2004 sussiste la necessità di riconoscere i diritti sanciti dall'art. 30, co. 1, cost. che gli derivano dalla genitorialità d'intenzione e di cura come nelle suindicate sentenze di inammissibilità nn. 32 e 33 del 2021. Diritti, questi ultimi, che risultano garantiti dall’applicazione delle azioni dell’art. 279 c.c. che non richiedono il consenso del genitore biologico e garantiscono la conservazione dei rapporti affettivi nei confronti del genitore affettivo e di cura e degli ascendenti e parenti del medesimo.
4. Natura meramente processuale delle sentenze nn. 32 e 33 del 2021 e la c.d. interpretazione adeguatrice dei giudici di merito per colmare il vuoto normativo.
Sulla base della natura meramente processuale della sentenza di inammissibilità[44] n. 32/2021, taluni giudici di merito, discostandosi dal monito della Consulta, hanno proceduto ad una lettura costituzionalmente orientata della normativa vigente[45] ed alla loro applicazione per il riconoscimento giuridico della genitorialità di intenzione.
I giudici di merito hanno affermato la scissione tra l'illiceità della tecnica di PMA di tipo eterologo praticata da due donne e la tutela del nato. Tale illiceità, non contrastando con l'ordine pubblico interno[46], ha consentito il riconoscimento al nato della tutela di cui agli artt. 8 e 9, l. 40/2004[47].
Nella sentenza n. 32/2021 la Corte costituzionale dà atto dell'esistenza della divergenza di interpretazione tra i giudici di merito, pur non potendo prendere posizione sulla loro correttezza. In tal modo ed in relazione a casi analoghi, viene violata la fondamentale esigenza di eguaglianza che impone di mettere tutti i figli nella medesima condizione.
A contrario, nel caso esaminato dalla pronuncia di inammissibilità n. 33/2021 avente ad oggetto la tutela dei nati mediante il ricorso alla surrogazione di maternità, la scissione tra i due aspetti, illegittimità della pratica e la tutela del nato, non consente l'applicazione degli artt. 8 e 9 l. 40/2004. Il "diritto vivente" risultante dalla sentenza delle SS. UU. della Cassazione n. 12193 del 2019[48] ha escluso il riconoscimento dell’efficacia nell’ordinamento italiano del provvedimento giurisdizionale straniero con il quale era stato dichiarato il rapporto di filiazione tra il minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata e il genitore “d’intenzione” cittadino italiano. Esclusione di tale riconoscimento per il divieto penale di surrogazione di maternità stabilito dall'art. 12, comma 6, l. 40/2004 e, quindi, qualificabile secondo le Sezioni unite come principio di ordine pubblico.
Come nella precedente sentenza n. 32 del 2021, la Consulta ritiene indifferibile l’individuazione delle soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore.
La Corte costituzionale focalizza le questioni sugli interessi dei bambini che devono essere valuti caso per caso[49]. Non sempre e necessariamente l’interesse del minore coincide con il riconoscimento del legame con il genitore “d’intenzione” o con i genitori d'intenzione in quelle ipotesi nelle quali non sussiste alcun legame genetico tra il minore ed i genitori d'intenzione. Nel noto caso Paradiso Campanelli c. Italia, la Grande camera della Corte di Strasburgo, non ha ritenuto lesiva dell'art. 8 CEDU la irriconoscibilità del rapporto di filiazione del nato da surrogazione di maternità con i genitori d'intenzione, nessuno dei due biologici. La Corte europea dei diritti dell’uomo è ritornata di recente sulla nascita da maternità surrogata nell'ipotesi di insussistenza di legame biologico tra i genitori d'intenzione ed il nato[50]. Non condannando l'operato delle autorità islandesi che hanno rifiutato il riconoscimento a una coppia di sue cittadine, della genitorialità sul bambino nato in California con la maternità surrogata senza alcun legame genetico con la coppia. Le due donne, rientrate in Islanda con il neonato, tre settimane dopo la nascita, avevano chiesto la cittadinanza islandese per il minore e il riconoscimento del rapporto di filiazione della coppia. Il bambino, essendo nato da madre americana e vigendo in Islanda il divieto di ricorrere alla maternità surrogata, è stato considerato minore non accompagnato e dato in affidamento alle due donne. Il bambino è cresciuto con le due donne, che nel frattempo avevano entrambe un nuovo legame. Secondo la Corte europea, la sentenza della Corte suprema islandese, avendo riconosciuto l’affidamento del minore alla coppia, ha adottato le misure necessarie “per salvaguardare la vita familiare delle ricorrenti”. Secondo la Corte, lo Stato quindi ha “agito a sua discrezione in questa materia, con l’obiettivo di proteggere il suo divieto di maternità surrogata”.
La Consulta nella sentenza n. 33 del 2021 mette in luce nel caso di surrogazione di maternità che l'interesse del bambino "non può essere considerato automaticamente prevalente rispetto a ogni altro contro interesse in gioco". Interesse che, in ogni caso, non può essere sacrificato per condannare il comportamento dei genitori. L'interesse del minore va valutato in concreto e può attuarsi in diversi modi, con la riconoscibilità del rapporto di filiazione d'intenzione, o, con l'irriconoscibilità di tale rapporto e la conseguente dichiarazione dello stato di abbandono e l'apertura della procedura di adozione. L'interesse del bambino potrà altresì essere tutelato con la responsabilità genitoriale ex art. 279 c.c. In ogni caso dovrà essere al bambino garantito il diritto a conoscere le proprie origini genetiche[51].
La soluzione adeguata a ciascun caso concreto richiede la valutazione del rapporto genitoriale di fatto, la condizione di ciascun bambino e degli altri interessi contrapposti.
È quanto la Consulta ha accertato nella sentenza n. 32 del 2021: "2.4.1.3. –... La condizione di nati a seguito di PMA eterologa praticata in un altro paese, in conformità alla legge dello stesso, da una donna, che aveva intenzionalmente condiviso il progetto genitoriale con un’altra donna e, per un lasso di tempo sufficientemente ampio, esercitato le funzioni genitoriali congiuntamente, dando vita con le figlie minori a una comunità di affetti e di cure. La circostanza che ha indotto la madre biologica a recidere un tale legame nei confronti della madre intenzionale, coincidente con il manifestarsi di situazioni conflittuali all’interno della coppia, ha reso affatto evidente un vuoto di tutela." e ha rilevato che pur "in presenza di un rapporto di filiazione effettivo, consolidatosi nella pratica della vita quotidiana con la medesima madre intenzionale, nessuno strumento [di quelli indicati nell’ordinanza di remissione] può essere utilmente adoperato per far valere i diritti delle minori: il mantenimento, la cura, l’educazione, l’istruzione, la successione e, più semplicemente, la continuità e il conforto di abitudini condivise".
Analogamente, nella sentenza n. 33 del 2021, la Consulta ha rilevato l'esistenza del rapporto affettivo consolidato del bambino con la persona del genitore d'intenzione: "...che ha sin dall’inizio condiviso il progetto genitoriale, e si è di fatto presa cura di lui sin dal momento della nascita", e ha affermato che è necessario "far valere i diritti delle minori: il mantenimento, la cura, l’educazione, l’istruzione, la successione e, più semplicemente, la continuità e il conforto di abitudini condivise".
Le condizioni di applicabilità dell'art. 279 c.c. sussistono nei fatti oggetto di esame della Consulta, così come i diritti da garantire ai minori coinvolti nelle vicende di incostituzionalità sono quelli sanciti dall’art. 279 c.c. (e dagli artt. 580 e 594 c.c.). Infatti, ricorre sia il requisito della nascita fuori del matrimonio, sia quello della non esperibilità dell'azione giudiziale per la dichiarazione giudiziale di genitorialità. La previsione in esame richiede l’impossibilità per il figlio di ottenere il riconoscimento o di agire per l'accertamento giudiziale della genitorialità. Impossibilità messa in luce dalla Consulta nelle sentenze nn. 32 e 33 del 2021.
Il ricorso ai diritti ex art. 30 cost. sanciti nell'art. 279 c.c. senza l'attribuzione dello status filiationis può ritenersi adeguato a tutelare l'interesse concreto dei bambini e a garantire l'effettività e la celerità della sua messa in opera, in presenza di un rapporto di filiazione effettivo, consolidatosi nella pratica della vita quotidiana con il genitore intenzionale. Essa potrebbe garantire il diritto alla continuità affettiva, anche in attesa di una disciplina organica della materia dell'attribuzione dello status filiationis formale e/o sostanziale.
I diritti indicati dalla Consulta da garantire ai minori coinvolti nelle vicende di incostituzionalità sono, infatti, il mantenimento, la cura, l’educazione, l’istruzione, la successione e, più semplicemente, la continuità e il conforto di abitudini condivise.
L’azione ex art. 279 c.c. e le altre connesse per la garanzia dei diritti successori (artt. 580 e 594 c.c.) potrebbero realizzare nei casi in esame l’interesse dei minori. Tuttavia, in sede dell’auspicato intervento legislativo della Consulta, si potrà estendere la disciplina successoria applicabile ai figli che abbiano lo status formale anche ai figli che non hanno acquisito tale status, superando il “regime differenziato” previsto dagli artt. 580 e 594 c.c.[52].
Non rileva in alcun modo distinguere in base al diverso dato dell’impossibilità dell’azione per la dichiarazione giudiziale di genitorialità o in base alla ratio della irriconoscibilità o della non dichiarabilità del rapporto di filiazione.
La responsabilità ex art. 279 c.c. attua i parametri costituzionali (art. 30 cost.). L’autorizzazione giudiziale (ex art. 251 c.c.) e, in taluni casi, anche il consenso del figlio, esprimono la necessità della valutazione del migliore interesse concreto del minore in base alle circostanze particolari non solo per quanto concerne l’accertamento diretto della filiazione, ma anche per promuovere l’azione incidentale per la responsabilità senza genitorialità giuridica e per i provvedimenti relativi alla prole.
L'art. 279 c.c. mediante la lettura sistematica, evolutiva ed assiologica proposta, da rimedio puramente succedaneo, può rappresentare l'attuale strumento applicabile alle ipotesi di non riconoscibilità o di non dichiarabilità esaminate e garantire a tutti i figli le tutele dall'art. 30, co. 1, Cost.
[1] La "nuova categoria di nati non riconoscibili" così definita dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 9 marzo 2021 ed oggetto di esame anche nella pronuncia della Corte costituzionale n. 33 del 10 marzo 2021.
[2] Definita "vita familiare di fatto" dalla Corte di Strasburgo a far data dalla sentenza del 27 aprile 2010, nel caso Moretti e Benedetti c. Italia, Ricorso n. 16318/07. La Corte accoglie il ricorso presentato da due cittadini italiani per la tutela del legame instaurato con una bambina a seguito di un affidamento temporaneo. La Corte, considerando il forte legame stabilitosi tra i ricorrenti e la bambina, ha statuito, nonostante l’assenza di un rapporto giuridico di parentela, che esso potesse rientrare nella nozione di vita familiare ai sensi dell'articolo 8 CEDU. Nel caso di specie i giudici rilevano in concreto la stabilità dei legami, tenendo conto del tempo vissuto dai ricorrenti con il bambino, la qualità delle relazioni affettive instaurate ed il ruolo da loro assunto nei confronti del minore.
[3] Così, sull'inapplicabilità degli artt. 8 e 9 l. 40 del 2004 ai nati in Italia da PMA praticata da una coppia di donne: Corte cost. 2017 n. 272, id. 23 ottobre 2019 n. 221, 4 novembre 2020, n. 230; 9 marzo 2021, n. 32; e Cass. 3 aprile 2020, n. 7668, Id. 22 aprile 2020, n. 8029. Sull'inapplicabilità degli artt. 8 e 9 l. 40 del 2004 ai nati da surrogazione di maternità, Corte cost. 10 marzo 2021 n. 33., Cass. sez. un. 8 maggio 2019 n. 12193.
[4] Sulla ricostruzione dei casi e dei problemi sollevati si rinvia a G. Ferrando, Il diritto dei figli di due mamme o di due papà ad avere due genitori. Un primo commento alle sentenze della Corte Costituzionale n. 32 e 33 del 2021, in Giustizia Insieme, 2021; A. M. Pinelli, La Corte costituzionale interviene sui diritti del minore nato attraverso una pratica di maternità surrogata. Brevi note a Corte cost. 9 marzo 2021 n. 33, in Giustizia Insieme, 2021.
[5] Corte cost. n. 32 del 2021, cit.
[6] Sul mantenimento del microsistema della fecondazione eterologa dopo la riforma della filiazione del codice civile del 2012/2013, M. Bianca, L'unicità dello stato di figlio, in La riforma della filiazione, a cura di C. M. Bianca, Padova, 2015, p. 18 e ss. Sul rapporto di specialità ed alternatività sull'attribuzione dello status filiationis tra disciplina codicistisca e l. 40 del 2004, Cass. 15 maggio 2019 n. 13000, nella sentenza avente ad oggetto la nascita in Italia di un bambino mediante inseminazione post mortem praticata in Spagna dalla madre con il seme del marito premorto. La Cass. ha affrontato il problema interpretativo dei rapporti tra la normativa del codice civile e quella contenuta nella l. 40 del 2004 sullo status di figlio. Il giudice di legittimità nell'ipotesi esaminata preferisce l'interpretazione "secondo la quale la disciplina di attribuzione dello status nella procreazione medicalmente assistita configura un sistema alternativo, speciale, e non possono applicarsi i meccanismi di prova presuntiva del codice civile riferibili alla generazione biologica naturale" (punto 7.8.7 delle ragioni della decisione).
[7] Per i figli nati da relazione incestuosa, è stata introdotta l'autorizzazione giudiziale per il riconoscimento e per la promozione dell'azione giudiziale di maternità e paternità a tutela del concreto interesse del bambino (artt. 251 e 278 c.c.) e l'art. 273, co. 2, c.c. richiede, altresì, il consenso del figlio di 14 anni per la proposizione o la prosecuzione dell'azione per la dichiarazione giudiziale. Nell'ipotesi di negato consenso o mancata autorizzazione giudiziale si può applicare la responsabilità per il mantenimento e l'educazione ex art. 279 c.c., sempre previa autorizzazione giudiziale nell'interesse del minore e del suo consenso se quattordicenne e capace di discernimento. Vi è chi reputi che la previa autorizzazione giudiziale limiti e rendere incerta, pur nella certezza del dato biologico, per il figlio la possibilità di vedere riconosciuti i diritti a lui attribuiti dall'art. 30 Cost. cfr., L. Bardaro, La filiazione non riconoscibile tra istanze di tutela e valori giuridici, Napoli, 2015, pp. 158 e ss. In precedenza, l’azione per la dichiarazione giudiziale di maternità o di paternità naturale era ammessa previa autorizzazione giudiziale ex art. 274 c.c. infine dichiarato totalmente incostituzionale dalla Consulta con la sentenza del 10 febbraio 2006, n. 50. In ragione dell’abrogazione di tale disposizione, il vigente art. 279 c.c., al secondo comma, richiede l’autorizzazione giudiziale prevista dall’art. 251 c.c. per l’ammissione dell’azione.
[8] V. tra le tante, Corte cost. 23 ottobre 2019 n. 221 e le altre in essa richiamate e 9 aprile del 2014.
[9] Sulla necessità di un’interpretazione sistematica ed assiologica della disciplina della filiazione, alla luce della Costituzione e delle convenzioni internazionali, sia essa contemplata nel codice civile o nella legislazione speciale che ha condotto all'applicazione dell'art. 279 c.c. alla filiazione adottiva e da PMA, sia consentito il rinvio a G. Chiappetta, La filiazione del figlio nato nel matrimonio, in La riforma della filiazione, a cura di C. M. Bianca, cit. p. 450 e ss.
[10] La Corte di giustizia ha esaminato il rigetto di domande di soggiorno presentate da genitori per il ricongiungimento familiare con i propri figli cittadini europei ‘statici’. Corte giust. 5 maggio 2011, C-434/09, MC’ Carthy; Cort. giust. 15 novembre 2011, C-256/11, Dereci; Corte giust 8 novembre 2012, C-40/11, Iida; Corte giust. 6 dicembre 2012, C-356/11 e 357/11, O. e S.; Corte giust. 8 maggio 2013, C-87/12, Ymeraga; Corte giust. 8 ottobre 2013, C-86/12, Alokpa; Corte giust. 13 settembre 2016 rispettivamente causa C-165/14, Redòn Marìn, punto 81, causa C-304/14, caso CS, punto 36.
[11] S. Marino, Il diritto all’identità personale, in Riv dir. internazionale, 2016, p. 816.
[12] Cass. sez. un., 8 maggio 2019, n. 12193 cit. sul divieto di surrogazione di maternità quale principio di ordine pubblico che impedisce la trascrizione dell’atto di nascita redatto all’estero dal quale risultavano due padri in virtù della pratica di surrogazione effettuata in base alla lex loci. V. contra, Corte appello sez. III, Venezia, ordinanza 16 luglio 2018, in Banca dati De Jure, i ricorrenti cittadini italiani, coniugati in Canada, residenti in Italia con matrimonio trascritto in Italia nel registro delle unioni civili, hanno ottenuto il riconoscimento ex art. 67 della legge 218/1995 della sentenza dell’autorità giurisdizionale canadese dalla quale risultava il rapporto di filiazione con il bambino nato con modalità gestazionali di maternità surrogata. La Corte non ritiene sussistente il limite dell’ordine pubblico: «Né può ricondursi all’ordine pubblico la previsione che il minore debba avere genitori di sesso diverso, posto che nel nostro ordinamento è contemplata la possibilità che il minore abbia due figure genitoriali dello stesso sesso nel caso in cui uno dei genitori abbia ottenuto la rettificazione dell’attribuzione di sesso con gli effetti di cui all’art. 4 della legge 164 del 1982. …diversa infatti è la valutazione del best interest del minore concepito con tali tecniche, che non può essere privato della continuità dello status filiatonis legittimamente acquisito all’estero in base alla legge nazionale».
[13] S. Clavel, La place de la fraude en droit international privé contemporain, Travaux comité fr. DIP, 2010-2012, p. 255 e 262.
[14] La registrazione dell’evento nascita pone nuovamente la questione dell’autorità competente e, di conseguenza, della legge applicabile per l’attribuzione del nome, della cittadinanza. Sul punto si v. Corte giust. 14 ottobre 2008 C353/06, caso Grunkil-Paul. Corte giust. 19 ottobre 2014, C-200/02, caso Zhu Chen.
[15] Cass. 30 settembre 2016 n. 19599; id. 15 giugno 2017 n. 14878.
[16] Corte Strasburgo Valdis Fjölnisdottir e altri c. Islanda, sentenza del 18 maggio 2021. Sentenza (Grande Camera) del 24 gennaio 2017, Paradiso e Campanelli c. Italia, n. 25358/12, § 215. Si tratta del noto caso esaminato dalla Grande Camera della Corte di Strasburgo avente ad oggetto il mancato riconoscimento, in Italia, del legame di filiazione certificato nell'atto di nascita redatto all'estero tra il minore nato da surrogazione di maternità e i genitori di intenzione, in assenza di legame biologico tra la coppia di nazionalità italiana ed il bambino. La Corte europea dei diritti dell’uomo, proteggendo l’autorità della legge n. 40/2004 sul divieto di surrogazione di maternità, ha ritenuto in linea con l'art. 8 CEDU il provvedimento giurisdizionale italiano che ha negato la genitorialità risultante dall'atto di nascita perfezionato all'estero.
[17] Grande Chambre, 10 avril 2019, Avis consultatif demandé par la Cour de cassation françaises (Demande n. P16-2018-001).
[18] La questione dei coniugi Mennesson era già stata oggetto di esame da parte della Corte di Strasburgo con la sentenza del 26 giugno 2014, Mennesson c. Francia, ricorso n. 65192/11.
[19] V. giurisprudenza citata nelle note nn. 14 e 15.
[20] Grande Chambre, 10 avril 2019, Avis consultatif, cit., par. 52.
[21] La Corte E.D.U. (Grande Camera) nella sentenza Paradiso e Campanelli c. Italia del 24 gennaio 2017 ha, difatti, affermato che: «140. […] Il concetto di “famiglia” di cui all’articolo 8 riguarda le relazioni basate sul matrimonio ed anche altri legami “familiari” de facto […]. 148. La Corte deve accertare se, nelle circostanze di causa, la relazione tra i ricorrenti ed il minore rientri nella sfera della vita familiare ai sensi dell’articolo 8. La Corte accetta, in determinate situazioni, l’esistenza di una vita familiare de facto tra un adulto o degli adulti ed un minore in assenza di legami biologici o di un legame riconosciuto giuridicamente, a condizione che vi siano legami personali effettivi. .151. È pertanto necessario, nel caso di specie, esaminare la qualità dei legami, il ruolo rivestito dai ricorrenti nei confronti del minore e la durata della convivenza tra loro ed il minore […]. 153. Sarebbe certamente poco opportuno definire una durata minima della convivenza necessaria per costituire una vita familiare de facto, visto che la valutazione di ogni situazione deve tenere conto della “qualità” del legame e delle circostanze di ciascun caso. […]». V. anche giurisprudenza citata nella nota n. 2.
[22] Grande Chambre, 10 avril 2019, Avis consultatif, cit., par. 46.
[23] V. G. Chiappetta, Il principio di proporzionalità strumento per ‘misurare’ il margine di apprezzamento statale nelle interferenze al rispetto della vita familiare, in G. Perlingieri e A. Fachechi (a cura di), Ragionevolezza e proporzionalità nel diritto contemporaneo, t. I, Napoli, 2017, pp. 201 e ss.
[24] Domanda di pronuncia pregiudiziale del 2 ottobre 2020, Causa C‑490/20, proposta dall’Administrativen sad Sofia‑grad (Tribunale amministrativo di Sofia, Bulgaria - V.М.А.) contro Stolichna obshtina, rayon «Pancharevo» (Comune di Sofia, distretto di Pancharevo, Bulgaria); Domanda di pronuncia pregiudiziale del 4 gennaio 2021, causa C‑2/21, Rzecznik Praw Obywatelskich.
[25] S. Gambino, Metodo comparativo e tradizioni costituzionali comuni, in questa rivista.
[26] Conclusione dell’Avvocato Generale Juliane Kokott il 15 aprile 2021 Causa C‑490/20 V.М.А. contro Stolichna obshtina, rayon «Pancharevo» (Comune di Sofia, distretto di Pancharevo, Bulgaria).
[27] Per una sintesi delle decisioni si rinvia a, C. Bidaud-Garon e A. Panet, Les domaines orphelins de l’autonomie de la volonté : quels ersatz, in L’autonomie, cit., p. 100. Il riconoscimento dello statuto giuridico ottenuto all’estero si fonda per la Corte di Strasburgo sulla necessità di tutelare i diritti garantiti dalla Convenzione. Diversamente, centrale nel diritto UE e nella giurisprudenza della Corte di giustizia è l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione. Il fondamento ultimo della giurisprudenza della Corte del Lussemburgo è la libertà degli individui di scegliere, tra leggi di differenti Stati, il loro statuto giuridico. Parla di «emancipation’s last stage would bring about the personne sans loi», T. Marzal Yetano, The costitutionalisation of party in European private international law, in J. PrivInt’l, vol. 6, 2010, p. 191, citato da P. Kinsch, Les fondaments, cit., p. 28 nota 45. Spiega l’estraneità della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della giurisprudenza della Corte di Strasburgo nella discussione sull’autonomia negoziale in materia di diritto internazionale privato della famiglia, P. Kinsch, Les fondaments, cit., p. 28 e s. L’A. esamina la giurisprudenza dei diritti dell’uomo mettendo in luce che il riconoscimento ‘imposto’ di situazioni non è animato dal ruolo attribuito all’autodeterminazione dell’individuo. Nella valutazione della Corte di Strasburgo vi è un elemento supplementare. Ad esempio, nei casi di maternità surrogata è il preminente interesse del bambino (sentenze Mennesson e Labassée c. Francia del 26 giugno 2014 n. 65192/11 e 65041/11).
[28] Grande Chambre, 10 avril 2019, Avis consultatif, cit., par. 40.
[29] Prospettiva di analisi indicata nel saggio di A. Gorassini, Cambio vita …. con morte, in corso di pubblicazione nella rivista La nuova giurisprudenza commentata che ho avuto il grande privilegio di leggere.
[30] Sulla qualificazione in termini di azioni di stato quelle contemplate negli att. 279 e 580 c.c., A. Palazzo, La filiazione fuori del matrimonio, Milano, 1965, p. 355; S. Stefanelli, Attribuzione di status e diritti del figlio non riconosciuto nell’ordinamento italiano, in Diritto e giustizia (Annuario giuridico dell’Università di Perugia), 2013, p. 375.
[31] Il secondo comma dell'art. 279 c.c. richiama l'autorizzazione prevista dall'art. 251 c.c. per il riconoscimento dei figli nati da relazioni parentali.
[32] Così, G. Lisella, "I diritti dei figli privi di stato": a proposito di un recente contributo, in Rass dir. civ., 1993, p. 376; F. Ruscello, La potestà dei genitori. Rapporti personali, in Comm. cc. Schlesinger, 2° ed., Milano, 2006, p, 278 e ss.
[33] F. Scia, Responsabilità civile e doveri genitoriali: le persistenti problematiche dell’art. 709-ter c.p.c., in Persona e Mercato, 4, 2020, p. 414 e ss. che esamina la Sentenza della Corte costituzionale 10 luglio 2020, n. 145.
[34] Punto 4 della più volte citata sentenza della Consulta n. 494 del 2002: “I figli nati fuori del matrimonio indicati nell’art. 251, primo comma, del codice civile, salvi i limitati casi ora menzionati, sono perciò privati della possibilità di assumere uno status filiationis. Essi non mancano totalmente di una tutela, essendo loro riconosciuta l’azione nei confronti dei genitori naturali per ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione o, se maggiorenni in stato di bisogno, per ottenere gli alimenti (art. 279, primo comma, del codice civile). In conseguenza del divieto di riconoscimento e di dichiarazione, però, nei loro confronti non possono operare infine le disposizioni relative alla successione dei figli naturali, che si applicano loro solo quando la filiazione sia stata riconosciuta o giudizialmente dichiarata (art. 573 del codice civile), essendo previsto invece che ai figli naturali aventi diritto al mantenimento, all’istruzione e alla educazione, a norma del ricordato art. 279 del codice civile, spetti un assegno vitalizio (artt. 580 e 594 cod. civ.)”.
[35] Sul punto si rinvia a V. Barba, La successione mortis causa, cit., p. 667.
[36] La disposizione accertava il fatto della procreazione quale mero presupposto dell’attribuzione di diritti di natura patrimoniale ed esistenziale del figlio nei confronti dei genitori, Cass. 24 gennaio 1986 n. 467 ed anche Cass. 2004 n. 6365, cit., nella quale ha sostenuto: "Il fatto materiale della procreazione naturale (accettabile anche incidenter tantum e svincolato dal riconoscimento formale del relativo status) costituisce l'antecedente giuridico immediato delle azioni attribuite al figlio naturale dall'art. 279 c.c., primo comma, e se questo dato è direttamente collegabile con l'art. 30 Cost., primo comma".
[37] La S.c. ha affermato che l'art. 279 c.c. va interpretato in base all'art. 30 Cost.: "Considerata ammissibile l'azione ex art. 279 c.c. anche nei casi in cui la paternità o la maternità del figlio fossero giudizialmente dichiarabili ma, in concreto, non dichiarate... in coerenza con la c.d. responsabilità da procreazione, sussistente verso ogni figlio in base all'art. 30 Cost., alla stregua del quale lo stesso art. 279 c.c. andrebbe interpretato". Così, Cass. 1° aprile 2004, n. 6365, cit.
[38] Sull’evoluzione che muove dalla famiglia-istituzione (atto-status-effetti) alle famiglie funzionali (affetto-rapporti-effetti), v. G. Chiappetta, La “semplificazione” della crisi familiare: dall’autorità all’autonomia, in P. Perlingieri e S. Giova (a cura di), Comunioni di vita e familiari tra libertà sussidiarietà e inderogabilità. Atti del 13° Convegno nazionale, Napoli, 2019. V. anche note nn. 2, 19 e 21.
[39] Corte cost. 26 settembre 1998, n. 347. Si tratta di tutelare anche la persona nata a seguito di fecondazione assistita eterologa, venendo inevitabilmente in gioco plurime esigenze costituzionali: “[…] è interesse del minore non vedersi privato del nome, dell'identità personale e della stessa possibilità di avere un padre; risponde a fondamentali principi costituzionali che ogni figlio abbia diritto ad essere mantenuto, istruito ed educato dai propri genitori, tali dovendosi considerare quelli che hanno preso la decisione della sua procreazione (di intenzione); mentre nessun rapporto di paternità potrebbe essere instaurato col padre biologico”.
[40] Corte cost. 10 giugno 2014, n. 162.
[41] Corte cost. 25 giugno 2020, n. 127. La corrispondenza tra lo stato di figlio e la verità biologica, pur auspicabile, non è elemento indispensabile dello status filiationis: “Sul rilievo che l’art. 30 Cost. non ha attribuito un valore indefettibilmente preminente alla verità biologica rispetto a quella legale, siffatta evoluzione ha portato a negare l’assoluta preminenza del favor veritatis e ad affermare la necessità della sua ragionevole comparazione con altri valori costituzionali. In più occasioni, infatti, il legislatore, cui l’art. 30, quarto comma, Cost. demanda il potere di fissare limiti e condizioni per far valere la genitorialità biologica nei confronti di quella legale, ha attribuito prevalenza al consenso alla genitorialità e all’assunzione della conseguente responsabilità rispetto al favor veritatis”. Nell’apprezzamento giudiziale rientra il diritto all’identità personale, correlato non soltanto alla verità biologica, ma anche ai legami affettivi e personali sviluppatisi all’interno della famiglia.
[42] Cass. 3 aprile 2020, n. 7668, id. 22 aprile 2020, n. 8029; sulla surrogazione di maternità sul rifiuto di trascrizione dell'atto di nascita all'estero per il co-padre d'intenzione, Cass. SS.UU. 8 maggio 2019, n. 12193.
[43] Cass. 30 settembre 2016 n. 19599; id. 15 giugno 2017 n. 14878.
[44] Sentenza di inammissibilità che "non ha natura obbligante per il Giudice ordinario, offrendo solo una proposta metodologica", Cass. 17 maggio 2018 n. 12108.
[45] App. Cagliari, sez. prima, decreto di rigetto del 28 aprile 2021, inedita; Trib. Genova, decreto 4 novembre 2020. Sono richiamate nella sentenza della Consulta n. 32 del 2021, al punto 2.3.1, tra gli altri, Trib. di Brescia, decreto 11 novembre 2020, Trib. di Cagliari, sentenza n. 1146 del 28 aprile 2020, App. di Roma, decreto 27 aprile 2020.
[46] Sulla distinzione tra ordine pubblico interno ed internazionale, v. per tutti G. Perlingieri e G. Zarra, Ordine pubblico interno e internazionale tra caso concreto e sistema ordinamentale, Napoli, 2019. Sul punto v. anche M. C. Baruffi, Gli effetti della maternità surrogata al vaglio della Corte di cassazione italiana e di altre corti, in Riv. dir. intern. priv. e proc., 2, 2020, pp. 290 e ss., in particolare p. 294 e ivi ulteriore bibliografia.
[47] In totale contrasto con quanto affermato dalla Consulta che ritiene impraticabile la possibilità di applicazione degli artt. 8 e 9 l. 40/2004 per violazione dell’art. 5 della l. 40/2004 che tra i requisiti soggettivi ritiene l’eterosessualità dei genitori. Corte cost. n. 32 del 2021 punto n. 2.3.1. V. anche Cass. 22 aprile 2020 n. 8029 e Cass. 3 aprile 2020, n. 7668 che confermano tale interpretazione.
[48] Tra i tantissimi commenti, si v. per tutti M. C. Baruffi, Gli effetti della maternità surrogata, cit., passim; V. Barba, Ordine pubblico e gestazione per sostituzione. Nota a Cass. Sez. Un. 12193/2019, in GenIUS, 2019-2, p. 15 e ss.
[49] Corte cost. del 23 gennaio 2013 n. 7, sentenza del 23 febbraio 2012 n. 31 e sentenza del 28 novembre 2002 n. 494.
[50] Corte Strasburgo Valdis Fjölnisdottir e altri c. Islanda, sentenza del 18 maggio 2021, cit.
[51] Corte cost. del 22 novembre 2013 n. 278 e del 10 giugno 2014 n. 162. Sia consentito il rinvio a G. Chiappetta, I rapporti familiari nel dibattito costituzionale e nel pensiero di Fausto Gullo, in Fausto Gullo fra costituente e governo, Napoli, 1997, pp. 47 e ss.; Id, Anonimato e procreazione medicalmente assistita, in M. Comporti e S. Monticelli (a cura di), Studi in onore di Ugo Mejello, vol. I, 2005, pp. 383 e ss.; Id., Diritto a conoscere le origini, in E. Sgreccia e A. Tarantino (direzione di), Enciclopedia di bioetica e scienza giuridica, vol. IX, 2015; Id., Favor veritatis ed attribuzione dello status filiationis, Actualidad Jurica Ibroamericana, num. 4 ter, 2016.
[52] Regime differenziato messo in luce nel punto 4 della sentenza n. 494 del 2002 della Consulta.