Il curatore speciale del minore nel conflitto e nella “relazione di cura”: prospettive di riforma
di Sebastiana Ciardo
Sommario: 1. Il curatore speciale della persona minore di età: inquadramento generale - 2. Il curatore speciale della persona minore di età nella conflittualità - 3. Il curatore speciale della persona minore di età nella “relazione di cura” - 4. Prospettive di riforma.
1. Il curatore speciale della persona minore di età: inquadramento generale
La figura del curatore speciale, nella materia processuale, è disciplinata dall’art. 78 c.p.c.: “se manca la persona cui spetta la rappresentanza o l’assistenza, o vi sono ragioni di urgenza, può essere nominato all’incapace un curatore speciale con il compito di rappresentarlo o assisterlo finché non subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l’assistenza. Si procede altresì alla nomina di un curatore speciale al rappresentato quando vi è conflitto di interessi con il rappresentante”.
Nel del diritto di famiglia numerose sono le previsioni specifiche che richiamano la necessità di procedere alla nomina del curatore della persona minore di età, in una serie di situazioni nelle quali si ipotizza, ex ante ed in via presuntiva, l’esistenza del conflitto di interessi con l’esercente la responsabilità genitoriale. Ciò vale nei procedimenti di adottabilità, nelle azioni di stato e nei procedimenti c.d. “de potestate”, vale a dire quelli che conducono alla sospensione e/o alla decadenza della responsabilità genitoriale per gravi inadempimenti[1].
In particolare, nei giudizi “de potestate” costituisce ormai principio cristallizzato e ribadito costantemente dalla giurisprudenza di legittimità che la posizione del figlio risulta sempre contrapposta a quella di entrambi i genitori ed è ravvisabile il conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente ed il suo rappresentante legale - con conseguente necessità della nomina d'ufficio di un curatore speciale che rappresenti ed assista l'incapace[2]. D’altra parte, ai sensi dell’art. 336 c.c., comma 4, «per i provvedimenti di cui ai commi precedenti - ovvero adottati ai sensi degli artt. 330, 333 c.c. - i genitori e il minore sono assistiti da un difensore»; ciò postula, per un verso, l’attribuzione della qualità di parti del procedimento con diritto ad averne notizia ed a parteciparvi attivamente e, per altro verso, che la rappresentanza processuale investa non solo i genitori ma anche il minore, il quale è portatore di diritti personalissimi anche contrapposti a quelli dei genitori[3].
In ultimo, il Giudice di legittimità ha ancora ribadito che in tali giudizi, nei quali il minore è parte formale e sostanziale del procedimento con diritto ad essere ivi rappresentato, la mancata nomina del curatore speciale configura una nullità dell’intero procedimento, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 1, con rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 383 c.p.c., comma 3, perché provveda all'integrazione del contraddittorio[4].
2. Il curatore speciale della persona minore di età nella conflittualità
Altra e diversa questione attiene alle ipotesi nelle quali, senza giungere ad una pronuncia limitativa o ablativa della responsabilità genitoriale, l’elevata conflittualità esistente tra i genitori raggiunge livelli di tale “malsana” esasperazione da minare, al contempo, anche la relazione genitoriale rendendo, di fatto ed in concreto, difficoltosa l’adozione di scelte di ordinaria ma anche straordinaria amministrazione per il figlio pur senza pervenire ad una valutazione di loro totale inadeguatezza.
Sicché, sebbene debba ribadirsi che, in linea generale, la persona minore di età nei procedimenti giudiziari che li riguardano, non possa essere considerata parte formale del giudizio ancorché portatore di diritti ed interessi veicolati all’interno del processo attraverso l’”ascolto”, la cui omissione costituisce violazione del principio del contraddittorio e dei diritti del minore quando non sia sorretta da un'espressa motivazione sull'assenza di discernimento, tale da giustificarne l’omissione, tuttavia, allorquando l’elevata conflittualità dei genitori ne pregiudichi “in concreto” la rappresentanza potrebbe risultare necessario procedere alla nomina di un curatore.
La conflittualità innescata nel rapporto di coniugio mette anche a rischio l’operato del singolo genitore al punto da offuscare le finalità delle singole azioni, se eseguite nell’interesse del minore o nell’interesse proprio e può costituire, quando appunto raggiunge livelli di seria esasperazione, un difetto di funzionamento dello strumento di rappresentanza e dell’amministrazione. In questi casi il conflitto genitoriale legittima l’intervento del giudice che, procedendo alla nomina, consente al terzo di ingerirsi nella intimità della famiglia, per porre al riparo il bambino dalle conseguenze pregiudizievoli generate dallo scontro in atto tra i genitori.
Allo stato l’ordinamento giuridico interno non contempla una normativa specifica che ne consenta la nomina che però può essere certamente rinvenuta, in primo luogo, nello stesso art. 78 c.p.c., interpretato come norma di carattere generale applicabile in tutti i casi di conflitti di interessi tra rappresentante e rappresentato e, in secondo luogo, nella normativa sovranazionale.
La Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo in data 25 gennaio 1996 e ratificata dall’Italia con la legge 20 marzo 2003, n. 77, richiama i procedimenti relativi alla responsabilità genitoriale che coinvolgono i minori prevedendo che, allorché sussista un conflitto di interessi tra il minorenne ed i suoi genitori, o comunque tra il minorenne e chi esercita la responsabilità genitoriale sullo stesso, si prevede che il giudice possa nominare al minore un rappresentante (art. 5 lett. b e art. 9 l. 20 marzo 2003, n. 77), le cui norme hanno immediata valenza precettiva anche al di fuori dei procedimenti espressamente contemplati nell’elenco delle controversie formulato dallo Stato italiano (C. cost., 12 giugno 2009, n. 179). Sul punto, la Corte Costituzionale ha precisato che il giudice può procedere, anche ex officio, alla nomina del curatore speciale per il minorenne, ogniqualvolta ricorrano casi di conflitto di interessi con i genitori o comunque con i soggetti che lo rappresentano e che sul medesimo esercitano la responsabilità genitoriale, ciò anche senza necessità di istanza di parte o di iniziativa da parte del PM come invece previsto dall’art. 79 c.p.c.[5]. Peraltro, già l’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (ratificata dall’Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176) aveva previsto il diritto del minore ad essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguarda, o personalmente o tramite un rappresentante o un organo appropriato.
Negli ultimi anni si è fatta strada nella giurisprudenza delle corti di merito e di legittimità l’idea che anche nei casi non espressamente previsti dalle norme del diritto di famiglia e, in particolare, nelle ipotesi sempre più frequenti di “recisione” del vincolo genitoriale determinato, in concreto, dal conflitto dei genitori, il giudice possa procedere alla nomina di un curatore speciale anche d’ufficio, al quale conferire intanto la rappresentanza processuale ma, in alcuni casi, anche la rappresentanza sostanziale da esercitare al di fuori del processo con attribuzione di specifici poteri e competenze, anche nel rapporto con i terzi (si pensi per es. alla necessità di prestare il consenso per sottoporre il minore a psicoterapia o a cure sanitarie o nell’interlocuzione con i servizi sociali).
Così mutuando il principio autorevolmente espresso dalla giurisprudenza della Corte costituzionale si è affermato che allorché il minore possa essere ritenuto centro di imputazione di interessi giuridicamente rilevanti, non adeguatamente tutelati da parte dei genitori, allo stesso debba essere garantita una rappresentanza processuale mediante la nomina del curatore speciale, anche nel caso di esasperata conflittualità (C. cost., 11 marzo 2011 n. 83). Nei giudizi di separazione, nel quale vengono adottati provvedimenti che concernono il minore, non viene in rilevo automaticamente, nel caso di rilevante conflittualità tra le parti in causa, una situazione di conflitto di interesse fra i genitori e figli”, dovendo piuttosto ritenersi che tale conflitto possa “determinarsi in concreto in relazione a comportamenti processuali delle parti che tendano a impedire al giudice una adeguata valutazione dell'interesse del minore ovvero a frapporsi alla libera prospettazione del punto di vista del minore in sede di ascolto da parte del giudice [6].
3. Il curatore speciale della persona minore di età nella “relazione di cura”
A questo punto dell’elaborazione giurisprudenziale, considerato il ricorso sempre più frequente dei giudici della famiglia alla figura del curatore speciale a protezione dei bisogni e degli interessi del minore, fortemente pregiudicati dal comportamento inadeguato dei genitori, è necessario, tuttavia, chiedersi se, al di fuori dell’area di applicazione dell’art. 78 c.p.c., che è una norma processuale coniata per far fronte ai casi di conflitti di interessi che si manifestano nel processo, tale norma possa costituire una base giuridica valida in tutti i casi delicatissimi di tutela dei diritti personalissimi della persona minore quando i genitori non siano in grado di apprestare loro un’idonea protezione.
Il dubbio posto prelude ad una tematica particolarmente controversa e dibattuta che è quella della “relazione di cura” [7], così come disciplinata dalla legge 219/2017, tra medico e paziente e della prestazione del consenso per il minore, la cui disciplina è rinvenibile nell’art. 3 comma 1, per il quale “La persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacita di comprensione e di decisione, nel rispetto dei diritti di cui all'articolo 1,comma 1. Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacita per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà”. Viene quindi specificato che il consenso informato ai trattamenti sanitari dovrà essere espresso o rifiutato, a seconda dei casi, dall’esercente la responsabilità genitoriale o tutoria “tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua eta e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità”.
La norma, pertanto, pur valorizzando la capacità di autodeterminazione del minore, destinatario di una adeguata informazione su ogni aspetto del trattamento sanitario o dell’intervento cui deve essere sottoposto ad opera del personale medico, tuttavia attribuisce al solo esercente la responsabilità genitoriale il potere di prestare un valido consenso alla cura, e ciò, si badi bene, anche in contrasto con la volontà dello stesso minore pur dotato di capacità di discernimento.
D’altra parte analoga disciplina è rinvenibile nell’art. 6 della Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina del 4.4.1997, la cui firma per l’Italia è stata autorizzata con Legge 28.3.2001 n. 145 – Cap. II (regola generale, protezione delle persone che non hanno la capacità di dare il loro consenso, tutela delle persone che soffrono di un disturbo mentale, situazioni d’urgenza, desideri precedentemente espressi), che parimenti attribuisce il potere di prestare il consenso al trattamento sanitario per il minore ad un “suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge”.
L’art. 5 comma 5 della legge 219/2017 prevede che “nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l'amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) di cui all'articolo 4, o il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione e' rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria”, così consentendo un controllo dell’autorità giudiziaria in tutti i casi in cui si venga a creare un conflitto tra la scelta del legale rappresentante, di autorizzare o di rifiutare le cure, e il medico.
La normativa in esame non si occupa però di disciplinare i casi di conflitti tra il destinatario dell’intervento incapace e il suo rappresentante e, per il minore, tra quest’ultimo e il genitore il quale è facoltizzato anche di rifiutare cure “salva-vita”, quali l’idratazione o l’alimentazione artificiale (specificamente menzionati dalla norma), e ciò anche in contrasto con l’interesse del fanciullo.
Se è vero che l’art. 3 contiene una espressa disciplina delle modalità di prestazione del consenso valorizzando la capacità del paziente minore di età, nel nostro ordinamento non è consentito un procedimento nel quale, perlomeno nei casi di c.d. grandi minori, potrebbe essere accertata la capacità di consapevole discernimento - c.d “capacità di Gillick”[8], di esercitare una propria consapevole determinazione ancorché non in possesso di una piena capacità di agire, anche in contrasto con quella dell’esercente la responsabilità genitoriale.
Si pensi al delicato tema delle trasfusioni di sangue non ammesse in alcune confessioni religiose che potrebbero essere rifiutate dai genitori ancorché indispensabili per la sopravvivenza del figlio, con incidenza pregiudizievole sulla stessa esistenza del minore (è il caso trattato dal libro di Ian McEwan). L’assenza di una norma che preveda un intervento dell’autorità giudiziaria negli ambiti in esame finisce per confliggere con il principio della stessa indisponibilità della vita e della autodeterminazione della persona minore di età.
In tutti questi casi, come anche per la tutela del soggetto incapace, in assenza di espressa disciplina del conflitto, discutendo del diritto alla vita della persona e permanendo i dubbi di costituzionalità già peraltro sollevati[9], potrà ipotizzarsi il ricorso alla figura del curatore speciale al quale conferire espressamente poteri di rappresentanza “sostanziale” e, precipuamente, il potere di autorizzare il trattamento ovvero di rifiutarlo.
4. Prospettive di riforma
Le direttrici tracciate e la consapevolezza che le norme processuali (artt. 78-80 c.p.c.) non consentano pienamente di “adeguare” la figura del curatore speciale alle molteplici esigenze dianzi esposte, hanno indotto la Commissione per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumento alternativi, presieduta dal Prof. Francesco Paolo LUISO, di recente istituzione presso il Ministero della Giustizia[10], ad intervenire sulle norme processuali con ampliamento della portata applicativa a tutti i casi in cui, in conseguenza dell’”esasperata conflittualità o per altre gravi ragioni” i genitori “sono temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore e si trovano con lo stesso in conflitto di interessi”( art. 78).
Si legge così nella relazione di accompagnamento alla proposta di modifica dell’art. 78 c.p.c.: “Esistono, tuttavia, tutta una serie di casi gravi, di elevatissima conflittualità tra i genitori, che assume riflessi di forte pregiudizio del minore al punto da minare lo stesso suo sviluppo psico-fisico e, in alcuni casi più gravi, anche la sua salute, che però non necessariamente sfociano nell’avvio di un procedimento de potestate, integrando solo una sostanziale ma graduale recisione del vincolo genitoriale nei confronti di un solo genitore ovvero neutralizzando, nella pratica, ogni provvedimento adottato dal giudice. In questi casi, il giudice del merito è tenuto a verificare in concreto l’esistenza potenziale di una situazione d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentante e quello preminente del minore rappresentato e, sebbene non prevista normativamente, la figura del curatore speciale dei minori si rende, invero, necessaria quando i genitori siano (magari anche temporaneamente) inadeguati a tutelare la posizione del figlio in un processo in cui vengano discussi i suoi diritti, o sussista un conflitto di interessi tra il medesimo ed i genitori (cfr. Cass., sent. n. 11554/2018). In questi casi, dunque, “si impone la necessità di inserire nelle norme generali in materia di nomina di un curatore speciale, una disposizione che consenta al giudice di vagliare la possibilità, in tutti questi casi gravi non necessariamente configuranti un procedimento de potestate che però pongono i genitori in concreto in una situazione di conflitto di interessi con il figlio, di ricorrere alla figura del curatore speciale per consentire al minore di divenire parte processuale e come tale portatore dei propri interessi[11].
Per altro verso, proprio nella prospettiva di consentire al giudice di dotare il curatore speciale di maggiori poteri, anche di “rappresentanza sostanziale” degli interessi del minore da esercitare parimenti al di fuori del processo, per es. nel delicato campo della tutela della sua salute e del suo benessere pisico-fisico, è stato previsto che “All’articolo 80 del codice di procedura civile è aggiunto il seguente comma: “Al curatore speciale del minore il giudice può attribuire nel provvedimento di nomina ovvero con decreto non impugnabile adottato nel corso del giudizio, specifici poteri di rappresentanza sostanziale”.
Il curatore, dunque, diventa strumento di veicolazione degli interessi del minore, il soggetto che agisce con il minore per suo conto e nel suo interesse previo suo ascolto e costante interazione. Ciò impone però una selezione accurata dei professionisti che possono rivestire tale delicata funzione, da formare adeguatamente ed iscrivere in appositi albi istituiti presso i tribunali.
Diventa essenziale modulare il contenuto degli incarichi ditalché giudice possa conferire alla persona nominata precisi compiti, in relazione alle condizioni sottoposte al suo vaglio, e ne possa monitorare continuamente l’operato, nel processo, specialmente quando il curatore abbia assunto anche la rappresentanza sostanziale del minore. E’ stato, infatti, previsto, sempre ad integrazione dell’art. 80 c.p.c. che “Il minore, i genitori che esercitano la responsabilità genitoriale, il tutore o il pubblico ministero possono chiedere con istanza motivata al presidente del tribunale, che decide con decreto non impugnabile, la revoca del curatore per gravi inadempienze.”
Infine, il progetto di riforma ha previsto la integrazione e parziale modificazione della disciplina dell’art. 336 c.c., per i procedimenti “de potestate” così recependo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità con una importante precisazione: dovrà procedersi alla nomina del curatore speciale “quando è necessario”, anche nel corso del giudizio, con facoltà di non provvedervi in tutti i casi di ricorsi manifestamente infondati o pretestuosi o strumentali, che produrrebbe solo un appesantimento del processo ed un inutile aumento della spesa pubblica in ragione della liquidazione dei compensi, in genere posti a carico dello Stato con ammissione del minore al gratuito patrocinio. Per converso, sarà necessario procedere alla nomina sempre e ciò a pena di nullità del procedimento per difetto di contraddittorio, nei casi in cui le domande siano fondate e conducano ad una pronuncia di decadenza della responsabilità genitoriale.
Le prospettive di riforma, dunque, oggi al vaglio del parlamento ove è in discussione la legge delega per la riforma del processo civile (d.d.l. n. 1662/S/XVIII), hanno conferito all’istituto del curatore speciale del minore un veste nuova, di maggiore efficacia, competenza e garanzia di effettiva tutela dei diritti ed interessi della persona minore di età, supportata da un adeguato fondamento normativo necessario in ragione dei delicatissimi ambiti nei quali si troverebbe ad operare.
[1] art. 244 c.c., comma 6; art. 247 c.c., commi 2, 3 e 4; art. 248 c.c., commi 3 e 5; art. 249 c.c., commi 3 e 4; art. 264 c.c. Art. 250 comma 4 c.c., artt. 330 e 333 c.c.
[2] Cass. civ. 12.11.2018, n. 29001
[3] Cass. civ.6.3/.2018, n.5256; Corte cost. 1.2002
[4] Cass. civ. 25.1.2021, n. 1471
[5]Corte Cost., 11 marzo 2011 n. 83; Corte cost., ord., 10 novembre 2011, n. 301
[6] Cass. 24.5.2018 n. 12957; Tribunale Torino, 21/12/2018; Tribunale di Milano, 15/5/2014
[7] L’art. 2 precisa, infatti, che “è valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale e la responsabilità del medico”. Dalla disposizione emerge una sorta di “alleanza terapeutica” che deve caratterizzare il rapporto medico-paziente di cui sono, da una parte, soggetti attivi obbligati l’equipe sanitaria e la stessa struttura sanitaria, secondo un approccio organizzativo analogo a quello predisposto dalla legge 24/2017, e, dall’altra parte, soggetti destinatari dell’obbligo vale a dire il paziente e, solo qualora questi lo voglia, anche i familiari o una persona di fiducia incaricati di ricevere le relative informazioni.
[8] Dal libro “La Ballata di Adam Henry” di Ian McEwan da cui è tratto il film “Il Verdetto” di Richard Eyre.
[9] Il Giudice tutelare del Tribunale ordinario di Pavia, con ordinanza del 24 marzo 2018 ha sollevato la questione di costituzionalità degli artt. 3, commi 4 e 5, della legge 22 dicembre 2017, n. 219, rigettata con sentenza della Corte Costituzionale del 13/06/2019, n. 144 in materia di amministrazione di sostegno.
[10] Commissione istituita con D.M. del 12.3.2021 presso l’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia.
[11] Si legga la relazione di accompagnamento alla proposta di modifica degli artt. 78 – 80 c.p.c.