*il testo costituisce un aggiornamento dell’articolo “L’utilizzazione dei giudici onorari in tribunale secondo la riforma”, pubblicato su questa rivista prima dell’approvazione del d.lgs.vo n. 116/2017.
SOMMARIO: 1. Cenni generali del problema; 2. L’utilizzazione del giudice onorario nella circolare consiliare sulle tabelle e nella legge delega 29.4.2016 n.57; 3. Le novità contenute nel decreto legislativo; 4. La motivazione delle restrizioni nell’utilizzo dei giudici onorari; 5. L’ipotesi di “supplenza”; 6. Le disposizioni transitorie per i m.o. in servizio come g.o.t.; 7. Conclusioni e …attese
1. Cenni generali del problema.
Il dibattitto successivo alla divulgazione del decreto legislativo (n. 116/2917) attuativo della legge delega sulla riforma della magistratura onoraria è ancora in corso, e la sua rilevanza è proporzionata a quella dell’importanza che le nuove disposizioni avranno non solo sullo status dei magistrati onorari, ma anche sull’organizzazione degli uffici giudiziari di primo grado, per l’importanza dell’apporto offerto da giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari.
Sono note le polemiche derivate dalle valutazioni (prevalentemente negative) operate da parte delle organizzazioni sindacali dei magistrati onorari (che hanno condotto anche a forme di protesta ancora in atto), e la denunzia dell’inadeguatezza dell’impianto dello schema di decreto delegato operata da parte di un “movimento” di Procuratori della Repubblica, preoccupati sugli effetti che lo status dei vice procuratori di pace potrebbe avere sulla funzionalità degli uffici di Procura.
Minore attenzione sembra invece essere dedicata all’assetto ordinamentale dei giudici onorari di pace (già giudici onorari di tribunale), che pure costituiscono – laddove destinati all’ufficio per il processo o all’esercizio di funzioni giudiziarie - la quota di magistratura vicaria indispensabile per l’efficienza degli uffici giudicanti di primo grado.
Di qui l’opportunità, anche al fine di contribuire ad opportuni interventi correttivi del decreto all’esito del tavolo tecnico aperto tra ministero della giustizia ed organizzazioni sindacali della magistratura professionale ed onoraria, di sviluppare alcune schematiche riflessioni specificamente dedicate all’analisi del ruolo riservato dalla riforma all’attività del giudice onorario di pace all’interno del tribunale.
Le disposizioni concernenti l’attività del g.o.p. in funzione di sostituzione dei giudici professionali sono di grande importanza per l’assetto organizzativo dei tribunali e rischiano, ove asincrone rispetto alle esigenze di funzionalità dell’ufficio giudiziario, di scompaginarne la pianificazione progettuale operata dalla maggior parte dei dirigenti, in virtù del deposito delle “tabelle” per il prossimo triennio.
La preoccupazione sulle concrete criticità derivanti da alcune norme risulta fondata sulla sostanziale difformità del decreto rispetto ai criteri delineati dalla legge delega.
Né può rassicurare il differimento temporale delle principali disposizioni (che avranno efficacia solo dopo un quadriennio a far data dall’entrata in vigore del decreto legislativo).
Prescindendo dalla miopia di un’analisi che sottovaluti le potenziali criticità solo in ragione delle necessità contingenti, va rimarcato come alcune e fondamentali disposizioni relative ai g.o.p. in servizio siano immediatamente applicabili (artt. 29-32), e questo imponga urgenti interventi correttivi, per cui l’esame della problematica in oggetto prende le mosse dalle norme che diventeranno operative solo per i giudici onorari immessi in servizio dopo la data di vigenza del decreto legislativo e “a regime” per tutti solo dal quarto anno successivo (art. 32.1).
2. L’utilizzazione del giudice onorario nella circolare consiliare sulle tabelle e nella legge delega 29.4.2016 n.57.
Come è noto, la riforma prefigura l’utilizzazione del “nuovo” giudice onorario di pace (unificando anche lessicalmente le precedenti e distinte funzioni del giudice onorario di tribunale e di giudice di pace), in una triplice destinazione (art.9): a) nell’ufficio per il processo; b) nell’ufficio del giudice di pace; c) nel tribunale, come assegnatario della trattazione di procedimenti civili e penali monocratici e collegiali.
Con riferimento a quest’ultima e rilevante destinazione, notoriamente di ampia utilizzazione nei tribunali, gravati da costanti o periodiche carenze di organico dei magistrati professionali (vedi infra sub §7), non è inutile ricordare l’ultima disposizione prevista nella Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari per il triennio 2017/2019, approvata dal C.S.M. il 25.1.2017 che, nel solco di un sempre maggiore ampliamento delle attribuzioni dei g.o.t. originato nel 2008, all’art. 187 (oltre alle ipotesi di supplenza…) prevede che può essere loro assegnato un ruolo autonomo “in caso di significative vacanze nell’organico dell’ufficio o in tutti i casi in cui per circostanze oggettive non si possa far fronte alla domanda di giustizia con i soli giudici togati “.
Il principio ispiratore della delega (legge n. 57 del 29.4.2016), con riferimento al ruolo del giudice onorario di pace (come disegnato all’art. 2.5), sembra potersi ricondurre al conferimento in capo al presidente del tribunale, quale titolare della gestione organizzativa dell’ufficio, della possibilità di stabilire sia i criteri di inserimento del g.o. all’interno dell’ufficio per il processo (art. 2.5 lett.a), sia di assegnarlo in applicazione nel tribunale in sede collegiale (art. 2.5 lett.b) che monocratica (art. 2.5 lett.c).
Il perimetro di utilizzazione del g.o. in tribunale da parte del presidente resta delimitato peraltro alla previsione di “casi tassativi, eccezionali e contingenti….in ragione della significativa scopertura dei posti di magistrato ordinario previsti dalla pianta organica del tribunale ordinario e del numero dei procedimenti assegnati ai magistrati ordinari ovvero del numero di procedimenti rispetto ai quali è stato superato il termine ragionevole di cui alla legge 24 maggio 2001, n. 89” (art. 2.5 lett.b).
Per quanto si tratti di principi intesi ad evidenziare la marginalità dell’impiego del g.o. in funzione vicaria all’interno del tribunale, a ben vedere non si tratta di criteri molto difformi rispetto a quelli dettati dalla previsione consiliare vigente, che viene riproposta letteralmente quanto all’indicazione (generica) di “significativa” scopertura dell’organico, e solo meglio specificata in riferimento al carico di lavoro.
L’ufficio per il processo, sede naturale di prima utilizzazione del g.o. in funzione di collaborazione del giudice togato, è individuato dalla delega come una sorta di “ufficio di genesi della professionalità” del giudice onorario, cui il presidente del tribunale può attingere in funzione delle contingenti necessità dell’ufficio alla cui organizzazione complessiva è preposto.
3. Le novità contenute nel decreto legislativo.
Orbene il decreto legislativo n. 116/2017i non risulta compiutamente ispirato ai criteri descritti nella delega, modificando l’opportuna destinazione del giudice onorario al servizio delle esigenze dell’ufficio, sulla base della pianificazione monitorata dal suo dirigente, privilegiando piuttosto la centralità del ruolo del g.o. all’interno dell’ufficio per il processo, e quindi spostando il principio guida dal servizio al tribunale a quello verso il singolo giudice professionale.
Si confina così ad ipotesi marginali (se non addirittura eccezionali) la sua destinazione alla trattazione di procedimenti all’interno del tribunale.
Direttrice operativa intrinsecamente discutibile, ma soprattutto viziata da una singolare eterogenesi dei fini, poiché a sopperire alle esigenze di apporto giudiziario precedentemente assolte dal giudice onorario dovrà essere costretto lo stesso giudice professionale che si intende agevolare incrementando le attività delegabili al m.o. nell’ufficio per il processo (e peraltro principalmente nel settore civile).
Si fa riferimento all’artt. 11.1 del decreto, laddove, estremizzando le condizioni previste dall’art.2.5 lett.b) della delega, si condiziona l’assegnazione dei giudici onorari di pace per la trattazione di procedimenti civili e penali di competenza del tribunale, alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi alternative:
a) scopertura superiore al 30% dell’organico o delle presenze effettive dei magistrati del tribunale o della sezione (con conseguente limitazione all’utilizzazione dei giudici onorari solo nella sezione afflitta dalla peculiare criticità ex art. 11.2);
b) superamento della soglia percentuale del 50% (per il settore civile) e del 40% (per quello penale) del numero di procedimenti ultratriennali rispetto al numero di pendenze complessive dell’ufficio;
c) superamento del 70% del numero medio di pendenze civili (o del 50% di quelle penali) per ciascun giudice del tribunale rispetto alla media nazionale individuale di pendenze calcolata nell’anno precedente;
d) superamento del 70% del numero medio di sopravvenienze civili (o del 50% di quelle penali) per ciascun giudice del tribunale rispetto alla media nazionale individuale di sopravvenienze calcolata nell’anno precedente.
Risulta evidente la configurazione di “condizioni capestro” che è arduo prefigurare (anche attualmente) nella pur endemica situazione di difficoltà organizzativa in cui versano gli uffici giudicanti di primo grado.
Nè la pur prevista alternatività delle condizioni attenua il più che comprensibile disagio derivato dalla lettura di una norma che, nella sua siderale distanza rispetto alla concretezza della realtà operativa del quotidiano giudiziario, rischia di cancellare del tutto l’apporto (più che mai necessario) dei giudici onorari all’interno dei tribunali.
Non è difficile ipotizzare pertanto che le ipotesi applicative dei rigorosi criteri summenzionati consentiranno l’assegnazione di procedimenti civili e penali ai giudici onorari di pace solo in casi del tutto eccezionali.
Per tacere poi del coraggioso (ma forse velleitario) riferimento a “medie nazionali” allo stato del tutto virtuali, e consegnate alle capacità (ed all’affidabilità) di rilevazioni statistiche elaborate dal Ministero della giustizia di concerto con il C.S.M. da pubblicizzare annualmente (art. 11.8).
La formulazione di una norma così restrittiva contiene ulteriori limitazioni, laddove si riuscisse a valicare le barriere prefigurate, sia di tipo quantitativo (il divieto di assegnazione ai giudici onorari di un numero di procedimenti non superiore a un terzo della media nazionale per settore delle pendenze individuali del giudice di primo grado, ex art. 11.5) che qualitativo (nell’esclusione di tipologie di procedimenti, ex art. 11.6, mutuata dagli ordinari criteri tabellari).
Quanto alle esclusioni specifiche, la preclusione dell’art. 43bis dell’Ordinamento Giudiziario (riproposta dagli art. 183 e 184 della Circolare del C.S.M.) viene estesa dall’art. 11.6 per cui nei giudizi monocratici non possono essere assegnati ai giudici onorari (per il settore civile (anche) i procedimenti in materia di lavoro e previdenza, in materia di famiglia, ex art. 615.2 e 617 c.p.c.
Ma gli ostacoli all’utilizzazione dei g.o. non sono terminati, atteso che l’art.11.7 prescrive per il presidente del tribunale che verifichi la sussistenza dei presupposti, il rispetto di un termine di sei mesi per l’adozione del provvedimento di assegnazione degli affari, da corredare con l’indicazione “della non adottabilità di misure organizzative diverse”, e il tassativo limite massimo di tre anni (periodici) di efficacia del provvedimento, non reiterabile prima di (altri) tre anni (salvo il caso di cui sub a) indicato in precedenza).
Viene così esplicitamente codificato come in tribunale il ricorso ai giudici onorari debba intendersi come “extrema ratio” non solo per l’affidamento di un ruolo monocratico, ma anche per l’utilizzazione nei collegi.
Per la predetta destinazione difatti l’art. 12 del decreto mutua gli stessi criteri selettivi previsti per l’assegnazione dei procedimenti monocratici dall’art.11, con alcune modifiche.
Se difatti la peculiarità degli affari di trattazione collegiale ha indotto il legislatore delegato a consentire la permanenza del giudice onorario nel collegio “sino alla destinazione del procedimento” (e quindi in potenziale deroga al limite triennale previsto per la trattazione di affari monocratici), d’altro canto l’art. 12 contiene ulteriori demarcazioni per entrambi I settori della giurisdizione.
Così in ambito civile: “il g.o. non può essere destinato a comporre i collegi delle sezioni specializzate” (tra cui non rientra la materia della famiglia, che non può considerarsi sezione specializzata in senso tecnico, giusta delibera del C.S.M. n. 530/VV/2017 del 6.12.2017 infra sub §6), mentre nel settore penale il ricorso al g.o. è inibito (“…laddove si proceda per I reati indicati nell’art. 407.2 lett.a) c.p.p.).
Da tanto si ricava che, se nel settore civile risultano confermate le materie sin qui precluse ai giudici onorari (cfr. art. 188.1 della Circolare del C.S.M.), nel settore penale (e proprio laddove è più avvertita la necessità di garantire la formazione dei collegi in situazioni di necessità), l’unico limite vigente dei procedimenti con rito direttissimo (art. 188.2 ripreso dall’art.11.6 lett.b n.4 del d.lgs.vo) e in materia di riesame (art. 184.1 lett.b), viene esteso fino a ricomprendere un ampio catalogo di fattispecie di reato.
Risulta così inibita, in forma del tutto inedita, la possibilità di sopperire alle carenze di organico mediante l’integrazione di giudici onorari nei collegi penali in virtù di una disposizione che, specie negli uffici meridionali, più afflitti sia dai vuoti di organico che da processi per gravi ipotesi criminose, metterà a dura prova la capacità organizzativa dei capi degli uffici.
Il lungo elenco di ostacoli frapposti dal decreto all’utilizzazione dei giudici onorari in tribunale termina con un ultima e “innovativa” previsione, che circoscrive (sia per il ruolo monocratico che per quello collegiale) l’attribuzione degli affari civili e penali ai soli “procedimenti pendenti” al termine di scadenza previsto per il provvedimento di assegnazione del g.o. da parte del presidente del tribunale (artt. 11.7 e 12.1).
Si tratta di una disposizione Intesa ad evidenziare una volta di più (laddove ve ne sia davvero il bisogno) l’eccezionalità dell’assegnazione di procedimenti ai giudici onorari in tribunale.
Alquanto evidenti tuttavia gli inconvenienti derivati da una disposizione siffatta per un’efficiente organizzazione delle sezioni che specie nel settore penale collegiale, abbinata alle limitazioni per tipologia di reati di cui si è detto in precedenza, costringerebbero alla diseconomica previsione di una pluralità di collegi in composizione differenziata, risultando condizionata la presenza di giudici onorari sia dalla natura del reato, sia dalla data di pendenza del giudizio.
4. La motivazione delle restrizioni nell’utilizzo dei giudici onorari.
L’elencazione di una così articolata e complessa serie di griglie diretta a limitare l’utilizzazione vicaria del giudice onorario, impone di interrogarsi sulla ratio che ha ispirato questa scelta in sede di attuazione della delega (e financo oltre le indicazioni offerte dalla stessa).
Tanto può essere affermato specie considerando come il C.S.M., in sede di relazione illustrativa della recente Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari per il triennio 2017/2019, aveva (ragionevolmente) ricavato dalla legge delega indicazioni del tutto favorevoli ad un ampliamento dell’utilizzazione dei giudici onorari.
In tal senso, dal criterio della delega di cui all’art. 1.1lett.b) si era ricavato che “…tale disposizione certamente rivela un evidente favor del legislatore verso l’implementazione dell’utilizzo dei giudici onorari consentendone, salve alcune eccezioni, non solo l’applicazione per la trattazione di procedimenti civili e penali del tribunale ordinario, ma anche l’impiego quali componenti di collegi giudicanti civili e penali”.
Proprio sulla base di questa considerazione le linee guida della circolare (cui si sono uniformati i progetti organizzativi di tutti i tribunali) hanno attenuato le precedenti e più rigorose limitazioni nell’utilizzazione dei giudici onorari in tribunale.
Alla ricerca delle cause di questo (sorprendente) mutamento di rotta soccorre la relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo, consentendo di individuarle nella:
a) enfatizzazione dell’utilità dell’ufficio per il processo come tipologia di intervento prioritaria per far fronte alle criticità nella risposta alla domanda di giustizia, muovendo da un’analisi comparativistica, dai positivi risultati sperimentati in alcuni uffici italiani e dalla considerazione (peraltro fondata) per cui “il giudice è l'unico professionista a non essere dotato di assistenza qualificata e costante nell'espletamento delle sue attività”;
b) recuperata efficienza (specie nel settore civile) dei tribunali derivante, oltre che dall’istituzione dell’ufficio per il processo, anche dal significativo ampliamento della competenza dell’ufficio onorario del giudice di pace e dal conseguente effetto deflattivo;
c) necessità di limitare l’impegno del giudice di pace a non più di due giorni settimanali, per assicurarne la piena compatibilità con lo svolgimento di altre attività remunerative, e quindi a non poterlo gravare di un carico di lavoro superiore ad un terzo del numero medio nazionale dei procedimenti pendenti per ciascun giudice professionale.
Si tratta, a ben vedere, di argomentazioni non particolarmente convincenti e anche parzialmente inconferenti con la tipologia di intervento di cui costituiscono le premesse fondative.
La precedente e (prevedibilmente) perdurante necessità di utilizzazione dei giudici onorari nei tribunali, ha ben poco a che fare difatti con l’incremento della competenza del giudice di pace, quanto piuttosto con la mancata copertura dell’organico dei magistrati, che presenta attualmente una percentuale di vacanze presso gli uffici del 12%.
La devoluzione di nuove attribuzioni all’ufficio del giudice di pace prevista dagli artt. 27 e 33.3 a far data dal 30.10.2021 (peraltro limitata al solo settore civile), e la conseguente (ma non ancora attuale) riduzione delle sopravvenienze, non elude le costanti necessità di coprire i ripetuti vuoti che si creano nei tribunali.
Alla carenza “strutturale” dell’organico per i ritardi nello svolgimento dei concorsi di accesso alla magistratura, si sommano le contingenti situazioni di difficoltà operativa derivanti dalla mobilità orizzontale e verticale dei magistrati, destinazione fuori ruolo, ecc., tutte cause che postulano il prevalente ricorso ai giudici onorari e che non sono in alcun modo ridotte dal conferimento di nuove competenze all’ufficio del giudice di pace.
Per non parlare poi anche del limite di permanenza decennale imposto dall’art.19.1 del d.lgs.vo n. 160 del 2006, che si pone come ulteriore addendo della somma di elementi che determinano l’insorgere delle periodiche criticità nell’organico degli uffici giudiziari.
Nè l’attivazione dell’ufficio del processo, funzionale all’incremento qualitative e quantitativo del servizio giustizia, ha alcuna incidenza sulle problematiche delineate in precedenza.
La limitazione invece dell’impegno richiesto ai giudici onorari a un tempo complessivamente non superiore a due giorni a settimana (come previsto dall’art. 1.3), se può costituire un antecedente logico della riduzione dell’utilizzazione dei giudici onorari, certamente non può trovare giustificazione nelle emergenze dei tribunali più volte ricordate, finendo altresì per determinare ulteriori criticità.
Non viene specificato difatti se si tratti di due “udienze”, elidendo in tal caso la necessaria fase preparatoria e di stesura dei provvedimenti definitori e il principio pro rata temporis di cui al paragrafo 2 della clausola 4 della direttiva 1999/70/CE.
Ma anche se all’opposto si debba intedere un’unica udienza ed una d’ufficio, si prefigura così un impegno periodico proporzionalmente maggiore a quello del magistrato professionale ma soprattutto inadeguato alle concrete necessità di gestione dei ruoli, specie per quanto riguarda l’impegno dei giudici onorari nei collegi.
Risulta del tutto evidente in definitiva come la marginalizzazione dell’utilizzazione nei ruoli giudiziari dei Tribunali dei giudici onorari ad ipotesi di eccezionale gravità, mal si concilia con un impiego individuale così ridotto che specie (ma non solo) nel settore penale, si tradurrebbe in un apporto di ben modesta utilità concreta e difficilmente in grado di fronteggiare la situazione emergenziale che ne legittimi l’impegno.
5. L’ipotesi di “supplenza”.
Diverso discorso va fatto per quanto riguarda la destinazione insupplenza presso il tribunale dei giudici onorari di pace.
Si tratta, secondo la normazione secondaria consiliare, dell’istituto a cui si fa ricorso, per assicurare il regolare esercizio della funzione giurisdizionale, in caso di assenza o di impedimento temporanei di un magistrato (ad es. malattia, puerperio, ecc.).
Sul tema il decreto legislativo ritiene di intervenire, come indicato nella relazione illustrativa, nonostante l'assenza di uno specifico criterio di delega a riguardo, “…perché conforme allo spirito complessivo della legge delega in quanto la destinazione in supplenza rappresenta, storicamente, la prassi di ordinario utilizzo della magistratura onoraria, che trova conforto, sul piano normativo, nell'articolo 43-bis dell'ordinamento giudiziario”.
Nella predetta ipotesi, che resta confinata ai casi in cui il magistrato professionale risulti come detto temporaneamente assente o impedito, l’utilizzazione del giudice onorario resta garantita (anche per comporre il collegio) dal disposto dell’art. 13 del decreto (che ripropone l’art. 189 della Circolare del C.S.M.), anche ove non ricorrano le condizioni di cui al menzionato art.11.
Viene in campo una norma che certamente offre una risposta alle situazioni di emergenza (anche impreviste), ma che non può superare i ristretti confini applicativi per cui è stata disegnata, e lo ricorda lo stesso art. 13, che ribadisce come “..in ogni caso, il giudice onorario di pace non può essere destinato in supplenza per ragioni ostative al complessivo carico di lavoro ovvero alle vacanze nell’organico dei giudici professionali”.
Non è pertanto nel ricorso alla supplenza che potranno trovare particolare risposta le esigenze degli uffici atteso che i giudici professionalinon potranno essere sostituiti da quelli onorari in ragioni relative alcomplessivo carico di lavoro (come esplicitato nella relazione): “… in tal modo superando, sul punto, la nozione estesa di "impedimento", elaborata in sede consiliare, da ravvisarsi in tutte quelle situazioni non strettamente riconducibili ad impegni processuali coincidenti con una certa udienza, ma in cui doveva comunque considerarsi il complessivo impegno lavorativo del giudice professionale in un determinato arco temporale, e quindi la trattazione di un certo numero di processi particolarmente impegnativi per complessità o numero delle parti in concomitanza dell'ordinario carico di lavoro”.
6. Le disposizioni transitorie per i m.o. in servizio come g.o.t.
Si è in precedenza anticipato (vedi supra sub §1), come l’analisi delle disposizioni “a regime” previste dallo schema di decreto possa essere ritenuto subvalente, ratione temporis, rispetto alle norme che regolano, sin da subito, lo status dei giudici onorari di tribunale transitati nel nuovo ruolo di giudici onorari di pace.
Va in ogni caso esaminato quanto previsto dal decreto in ordine agli (ex) g.o.t. all’art.30.
Oltre alla possibilità di assegnarli all’ufficio per il processo (art.30.1 lett.a), fino alla scadenza del quarto anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto, il presidente del tribunale può utilizzare I giudici onorari di pace (già) in servizio come g.o.t. assegnando la trattazione di “nuovi” procedimenti civili e penali di competenza del tribunale (art. 30.1 lett.b).
Si tratta di una previsione significativa, intesa a salvaguardare l’assetto preesistente dei tribunali, specie perchè praticabile in esplicita deroga rispetto alle stringenti condizioni di cui all’art.11 (cfr. supra sub §3).
Intuibile la difficoltà di contemperare l’ampiezza derogatoria dell’art. 30.1 lett. b), che comunque circoscrive l’ambito delle attribuzioni del giudice onorario alla trattazione dei soli “nuovi” procedimenti, con i criteri di assegnazione degli affari previsti dall’art.11.7 (esplicitamente ritenuti obbligatori dal medesimo art. 30.1 lett.b), che fa invece riferimento ai soli procedimenti “pendenti”.
Molto più comprensibile la lettera della norma laddove all’iniziale previsione della non necessaria ricorrenza delle “…condizioni di cui all’art. 11.1 e nel rispetto del comma 7 del predetto articolo e delle deliberazioni del Consiglio Superiore della Magistratura” fosse stata aggiunta la congiunzione ”anche” a precedere “..la trattazione dei nuovi procedimenti…”.
La rilevanza ermeneutica del disposto normativo e gli inevitabili riflessi i sull’assetto organizzativo dei Tribunali risultano evidenti, specie ove si consideri che la riforma della magistratura onoraria è intervenuta successivamente alla data di deposito delle tabelle per il triennio 2017/2019.
Decisivo quindi l’intervento del C.S.M. che in data 6.12.2017 (a seguito di quesito formulato da chi scrive), con delibera n.530/VV/2017, ha precisato che, ai sensi dell’art. 30.1 lett.b), debbano essere intesi come “nuovi procedimenti”….” sia le cause iscritte a ruolo dopo il 15 agosto 2017 sia quelle iscritte prima di tale data ma alla stessa data non ancora assegnate al magistrato onorario”, intendendo la novità del procedimento in chiave soggettiva ed estensiva, ossia come procedimenti “nuovi” per il magistrato onorario cui sono assegnati, anche se già pendenti nell’ufficio.
La valutazione “conservativa” dell’organo di governo autonomo è stata naturalmente accolta con estremo favore, per avere offerto una lettura della norma funzionale alle esigenze degli uffici ed idonea ad evitare il pericolo di una disarticolazione organizzativa dei tribunali (non certo pochi..), in cui l’utilizzazione vicaria dei giudici onorari costituisce prassi costante.
Può quindi ritenersi che, almeno fino al 15.8.2021, l’utilizzazione dei g.o.p. all’interno degli uffici giudicanti per attività giurisdizionali resterà sostanzialmente immodificata (fatte salve le nuove preclusioni di cui all’art. 11.6), specie ove si consideri che nella delibera menzionata il C.S.M. ha inteso precisare anche che “…. non vi sono limiti quantitativi all’assegnazione di siffatti “nuovi procedimenti”, con il risultato che, sempre e solo nel suddetto primo quadriennio, sarà possibile, nel rispetto della normativa secondaria fino ad ora esistente (le “deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura” cui si riferisce la lettera b del comma 1 dell’art. 30), assegnare ai giudici onorari anche un intero ruolo, pur non ricorrendo le ipotesi di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 116/2017”.
La perdurante ampiezza della sfera di utilizzazione dei g.o.p. nei tribunali ha trovato ulteriore conferma da parte del C.S.M. nella “Prima risoluzione sulla nuova disciplina della magistratura onoraria” del 28.2.2018.
Va in ogni caso rilevato come la scelta consiliare di non differire il termine di deposito delle tabelle degli uffici giudicanti di primo grado in attesa del varo definitivo della riforma della magistratura onoraria, ha comportato la necessità, per molti uffici, di rivisitare I progetti tabellari rendendoli conformi al mutato quadro legislativo, non avendo il C.S.M. ritenuto equiparabile il concetto di “assegnazione” di cui all’art. 30.2 alla mera previsione tabellare.
Da ultimo va però segnalato come nel settore penale la gestione dei giudizi collegiali si stia rivelando estremamente problematica anche nel periodo transitorio.
Se difatti ai sensi dell’art. 30.5 I giudici onorari di pace (già giudici onorari di tribunale) possono continuare a comporre i collegi (tranne che per le materie indicate dall’art. 12) sino alla definizione dei procedimenti anche ove non sussista lo “stato di necessità” di cui al menzionato art. 11, risulta immediatamente operativa l’inibizione alla loro utilizzazione per i reati di cui all’art. 407.2 lett. a) c.p.p.
Per tali, numerose e complesse fattispecie, la destinazione collegiale dei g.o.p. è consentita ex art. 30.6 solo laddove sia stata esercitata l’azione penale alla data del 15.7.2017.
In tutta evidenza si tratta di una grave limitazione nell’impiego dei g.o.p. in ambito dibattimentale, destinata progressivamente ad aggravarsi con il passare del tempo, per l’incremento cronologico delle fattispecie, cui prevedibilmente conseguiranno non pochi problemi organizzativi, solitamente connessi all’attività di collegi predisposti ad hoc.
7. Conclusioni e …attese.
L’analisi sin qui svolta prende le mosse dalla considerazione che l’utilizzazione dei giudici onorari nei tribunali sia tutt’altro che episodica e che la situazione corrente di difficoltà organizzativa potrebbe essere accentuata dall’approvazione di un decreto legislativo che, se pure temporalmente differito nella sua efficacia a regime, appare inadeguato ed annuncia l’insorgere di ulteriori problemi.
Non va dimenticato altresì come la percentuale di scopertura dell’organico dei giudici onorari sia oggi del 18% (superiore a quella del 13% dei v.p.o.) per cui alle carenze numeriche dei giudici onorari (elevate in alcuni tribunali), si aggiungerebbero le difficoltà di utilizzo di quelli residui.
Il C.S.M., stante il disposto dell’art. 32.10, ha opportunamente deciso di provvedere a nuove nomine di giudici onorari, attingendo peraltro agli idonei di graduatorie remote, non tutti dichiaratisi disponibili ad assumere l’incarico.
Si aggiunga in proposito come, nel vigente reclutamento non specializzato, a volte non sia stato positivamente superato il (necessario) tirocinio nel settore penale, comportando la revoca dell’incarico.
Va altresì considerato come, per far fronte alla rilevante carenza di giudici onorari assegnati alla giurisdizione di pace, commisurata intorno al 64% (un vero e proprio “pianto organico”), solo in parte compatibile con le diminunizione della domanda di giustizia di pace, il decreto legislativo preveda all’art. 33.9 la possibilità (immediatamente attivabile) di “…destinare giudici di pace e giudici onorari di tribunale ……. in supplenza o in applicazione, anche parziale, in un ufficio del giudice di pace del circondario ove prestano servizio..”.
Con una modifica operata in extremis, raccogliendo un rilievo del C.S.M., la stessa norma altresì ha previsto che “…nel corso del periodo di supplenza o di applicazione la liquidazione delle indennità ha luogo in conformità ai citeri previsti per le funzioni e I compiti effettivamente svolti”.
Si tratta di un intervento tampone che è stato già utilizzato, per fronteggiare autentiche emergenze, da alcuni presidenti di tribunale (a volte superando non poche resistenze degi giudici di pace), sguarnendo ulteriormente la platea dei giudici onorari disponibili per le emergenze dei tribunali.
Tanti quindi i problemi da risolvere, che si concentrano nell’esigenza di funzionalità dei tribunali, seriamente compromessa da un testo normativo che (a regime) frappone troppi ostacoli alla misura dell’impegno ed all’assegnazione ai giudici onorari di affari civili e penali.
A tale proposito il rinvio operativo del corpo principale della riforma al 2021, operato al fine di consentire per tempo gli interventi necessari per consentirne l’agibilità, non può indurre a particolare sollievo.
Non è difficile ipotizzare difatti, che proprio la mancata percezione di urgenza derivante dal differimento, possa posporre la cantierizzazione delle misure organizzative atte ad eludere il rischio di una sorta di “effetto Malpensa” che sembra prevedibilmente gravare sul futuro della giustizia civile.
E’ per questo che si deve guardare con attenzione ai risultati, preannunziati come imminenti, che deriveranno dal “tavolo tecnico” in atto presso il ministero della giustizia, con la partecipazione dell’ Associazione Nazionale Magistrati e rappresentanti delle varie categorie dei magistrati onorari, in vista dell’emanazione di disposizioni correttive del d.lgs.vo n. 116/2017, come previsto ex art. 3.2 della delega, entro il termine del 15.8.2021.
L’auspicio è che il dibattito non si concentri esclusivamente sui profili sindacali e relativi alle questioni di status dei magistrati onorari in servizio, pur evidenziandosi comprensibilmente come preliminare la riformulazione del limite temporale di impiego dei g.o.p.
La previsione di correggere ed integrare il testo dei decreti attuativi della delega, costituisce una modalità legislativa al tempo stesso intelligente e responsabile, idonea ad adattare in progress I principi di una riforma lungamente attesa e di ambiziosa portata applicativa, verificando sul campo I suoi effetti concreti nel quotidiano giudiziario.
Anche il C.S.M., come già fatto utilmente prima dell’emanazione del d.lgs.vo n. 116/2017, mediante l’ascolto di Procuratori della Repubblica e Presidenti di Tribunale, potrà fornire al legislatore delegato contributi tecnici puntuali e dettagliati.
E’ noto come, seguendo le indicazioni generali del C.S.M., oggi l’utilizzazione dei giudici onorari in tribunale si articoli nei diversi modelli dell’affiancamento al giudice professionale, della supplenza o dell’assegnazione di un ruolo autonomo (cfr. quanto previsto dal capo VII della vigente circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti).
Sulla base di un recente monitoraggio del C.S.M. emerge come prevalga l’utilizzazione vicaria del g.o. rispetto all’affiancamento*, e che la previsione dell’ufficio per il processo, pur incentivata dal Consiglio con una recente delibera del luglio di quest’anno, che lo ha reso obbligatorio in tutti I Tribunali, continui ad incontrare non pochè difficoltà, principalmente legate alla carenza di spazi e di risorse, come emerso anche recentemente in un incontro tematico organizzato dalla Scuola superiore della magistratura.
Pur senza sottovalutare l’importanza della destinazione del g.o.p. all’ufficio per il processo, induce a qualche perplessità la concentrazione dell’attività del g.o.p. su questa funzionalità operativa, oggi prevalentemente (e positivamente) assolta dai partecipanti al tirocinio formativo ex art. 73 d.l. n. 69/2013.
L’esclusiva destinazione all’ufficio per il processo per il primo biennio di attività dei g.o.p. (art. 9.4 del d.lgs.vo n. 116/2017) ed il perimetro della sua attività confinata in termini di supporto o atti delegati (art.10), costituiscono una limitazione ad un impiego dei g.o.p. che possa essere opportunamente modulato in ragione delle esigenze (ed emergenze) dell’ufficio giudiziario.
Se può condividersi la filosofia di individuare nell’ufficio per il processo una palestra formativa per I g.o.p. di prima nomina (peraltro ragionevolmente limitata al settore civile), va tuttavia ricordato come iI giudici onorari costituiscono una risorsa per i tribunali anche (e forse soprattutto) per una ordinata pianificazione dell’attività giudiziaria.
Proprio in ragione di quanto detto, si rafforzano le evidenziate criticità relative alle troppo rigide limitazioni per l’assegnazione dei procedimenti civili e penali ai g.o.p. (artt. 11 e 12 della riforma), che impongono una rivisitazione improntata a criteri di realismo ed efficienza organizzativa.
Solo così potrà essere sventato il perciolo che alla data di attuazione integrale della riforma non si riesca a far fronte in modo adeguato alla domanda di giustizia nella “frontiera” del primo grado, che trova nell’apporto dei giudici onorari una risorsa preziosa ed ineludibile.
Ernesto Aghina
* Al 30.6.2017 la percentuale di g.o.t. utilizzati presso I tribunali in affiancamento dei giudici professionali era del 38% (con un ruolo aggiuntivo nel 75% dei casi), rispetto al 62% risultante dalla somma delle ipotesi di supplenza (28%) e dell’assegnazione autonoma di un ruolo (34%).