Corte di giustizia, primato del diritto Ue e giudici onorari
di Roberta Calvano
Sommario: 1. Il primato del diritto Ue, tra Corti e diritti - 2. Stati membri riottosi e strumenti Ue di tutela - 3. I giudici onorari, lavoratori e magistrati secondo il diritto Ue, ma non nell’ordinamento italiano - 4. In mancanza di risposte, la Corte di giustizia rischia di arrivare prima.
1. Il primato del diritto Ue, tra Corti e diritti
Nel mese di ottobre 2021 il tema dei confini del primato del diritto Ue in relazione al diritto degli Stati membri è tornato ancora una volta alla ribalta con riferimento ad una sentenza della Corte costituzionale polacca in aperto contrasto con una importante decisione della Corte di giustizia, della quale metteva in discussione la prevalenza sul diritto interno. Lo scontro tra la Corte di giustizia ed una Corte costituzionale, non inedito per vero, se si pensa soprattutto a recenti accesi dialoghi a distanza con il BundesVerfassungsgericht e la Corte costituzionale italiana, è stato all’origine di un ampio dibattito[1]. La sentenza della Corte di giustizia tuttavia, che ad alcuni è parsa superare la lettera del Trattato Ue[2], si colloca nel solco di un contenzioso circa le garanzie di indipendenza dei giudici polacchi che prosegue da anni davanti alla Corte di giustizia[3], ma più in generale si inserisce in un risalente filone giurisprudenziale con il quale la Corte Ue ha inteso svolgere sin dai primi anni del processo di integrazione un ruolo paragonabile a quello di un giudice costituzionale, interpretando in modo ampio i propri compiti in due direzioni: verso l’ordinamento Ue, con riferimento all’equilibrio istituzionale interno della Comunità e poi dell’Ue, e verso gli Stati membri, sottolineando la rilevanza delle tradizioni costituzionali comuni e la necessità di tutelare i diritti fondamentali ben prima dell’avvento della Carta di Nizza. Nel fare ciò, il giudice Ue ha impiegato un criterio interpretativo dichiaratamente teleologico nella propria lettura del Trattato, criterio che è stato funzionale a guidare un’evoluzione dell’Ue compatibile con i paradigmi del costituzionalismo, o quantomeno atta a valorizzare i principi e le norme del trattato che a ciò si prestassero. Non va tuttavia idealizzato l’operato del giudice Ue, arrestandosi tali orientamenti sempre sulla soglia del possibile contrasto con la costruzione del mercato unico, le quattro libertà economiche fondamentali o, più in generale, “gli interessi finanziari dell’Unione”. Va poi ricordato, al fine di evitare una eccessiva enfasi ed una lettura illusoria del rapporto con le Corti nazionali come un irenico “dialogo”, come l’interpretazione teleologica si sia spinta talvolta fino a perseguire, anticipando il noto tema del whatever it takes, una pervasiva forza del diritto Ue anche oltre la lettera del Trattato, motivata con l’obiettivo della costruzione di una ever closer Union.
A seguito della sentenza polacca è quindi intervenuto il presidente del Parlamento europeo sottolineando che “Il primato del diritto UE deve essere indiscusso. Violarlo significa sfidare uno dei principi fondanti della nostra Unione. Chiediamo alla Commissione europea di intraprendere l’azione necessaria”. L’intervento del presidente Sassoli, che ha riaffermato l’indiscutibilità del primato del diritto Ue era probabilmente orientato dall’apprezzabile intento di continuare a promuovere il processo di integrazione e la costruzione costituzionale dell’Ue, che nel suo lungo percorso sembra attraversare oggi uno dei momenti più cruciali e difficili. Dal punto di vista giuridico costituzionale non parrebbe possibile concordare tuttavia con una lettura del principio del primato inteso quasi quale un “dogma indiscutibile” del processo di integrazione, a fronte di un’Unione tuttora fondata sul principio di attribuzione, nella quale l’ambito di applicazione del diritto Ue derivante dal Trattato è pur sempre ancorato ai confini delle materie rispetto alle quali gli Stati hanno acconsentito a limitare la propria sovranità.
Fatto sta, che il ruolo creativo e di law making della Corte di giustizia, e gli orientamenti giurisprudenziali finalizzati a garantire il rule of law, lo Stato di diritto e insomma il perdurante rispetto delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri torna ad apparire oggi vitale. Il giudice Ue è stato, come si sa, promotore della costruzione dell’Unione come “Comunità di diritto”. Se oggi continua ad esserlo con l’obiettivo di tenere agganciati ai cosiddetti “criteri di Copenaghen” gli Stati che aderiscono al modello delle “democrazie illiberali”, e più in generale quelli più di recente recuperati al novero delle democrazie liberali, a fronte della debolezza degli altri strumenti previsti dal Trattato (art. 7), resta fermo tuttavia il limite che tali interventi non possono che trovare nell’identità costituzionale degli Stati membri ai sensi dell’art. 4 del Tue[4].
2. Stati membri riottosi e strumenti Ue di tutela
Lo svolgimento da parte del giudice Ue di un ruolo di “motore” della tutela dei diritti fondamentali in alcuni settori, anche nell’ambito dei Paesi fondatori, come ad esempio l’Italia, rappresenta una vicenda più inattesa, sovente collegata ad una vigorosa difesa dei diritti sociali di cui talvolta la Corte di giustizia si è fatta promotrice. Ciò si è verificato nell’ordinamento italiano, dopo che in esso si sono in qualche misura cavalcate le indicazioni provenienti dalle politiche di bilancio imposte dall’Unione quale viatico per un indebolimento ed una perdita di prescrittività dei principi costituzionali relativi al lavoro, in particolare con riferimento al lavoro a tempo determinato nei diversi comparti del pubblico impiego. È avvenuto così ad esempio che la Corte di giustizia si sia trovata a richiamare il legislatore italiano e la Corte costituzionale al rispetto non solo delle direttive lavoristiche sull’abuso dei contratti a tempo determinato, ma delle stesse norme costituzionali interne sul diritto all’istruzione nel caso Mascolo, relativo ai docenti a tempo determinato nella scuola pubblica[5].
Ed è avvenuto più di recente nel caso UX, a luglio 2021, con riferimento allo status dei giudici onorari, su cui ci si soffermerà nel seguito del discorso. Sono orientamenti forieri di un innalzamento dei livelli di tutela garantiti dal legislatore che inducono a sottolineare l’importanza dell’impatto del diritto Ue per la tutela dei diritti, e la natura di pilastro del principio del primato del diritto Ue per la costruzione del processo di integrazione. In essi, le questioni pregiudiziali spesso si mostrano strumento più agevolmente percorribile rispetto alle procedure di infrazione, che nella fase precontenziosa possono finire col trovare una sede proficua di trattativa con i governi degli Stati membri, che spesso però promettono e non mantengono. Simili questioni sembrano dunque avere più di frequente uno sbocco risolutivo non grazie al ricorso per inadempimento da parte della Commissione, ma nelle questioni pregiudiziali, nel rispondere alle quali il giudice Ue censura la normativa nazionale incriminata.
Il diritto Ue andrebbe allora preso sul serio dagli Stati, ma anche dal giudice Ue, che nel suo orientarsi al mantenimento della legalità non deve smettere di garantire la puntuale applicazione del disposto del trattato, onde evitare un inasprirsi del conflitto politico con gli Stati membri, come dimostrano gli orientamenti relativi all’indipendenza del giudice. Tale fedeltà al diritto Ue va poi pretesa anche con riferimento alla normativa lavoristica, nella quale si realizzano i principi di un’Europa sociale e sostenibile, di cui pure il Trattato Ue prefigura un’immagine, anche se ad oggi essa appare alquanto sbiadita.
3. I giudici onorari, lavoratori e magistrati secondo il diritto Ue, ma non nell’ordinamento italiano
La Corte di giustizia, nel luglio 2020 ha dunque pronunciato una prima sentenza interpretativa[6] relativa allo status dei magistrati onorari italiani - giudici onorari di Tribunale, giudici di pace e vice procuratori onorari e giudici di pace -, tuttora ritenuti nell’ordinamento italiano soggetti che prestano un’attività a titolo di “volontari”, pur essendo incardinati nell’ordinamento giudiziario. Tali giudici, grazie alla cui attività viene gestito larga parte del contenzioso (non solo) civile, spesso sono in servizio da decenni, venendo i loro incarichi reiteratamente prorogati sin dai primi interventi legislativi istitutivi di tali figure. Simili a “figli di un Dio minore”, lavorando com’è noto “a cottimo”, con un’indennità simbolica, privi di tutele previdenziali, di maternità, di ferie retribuite, sono secondo la pronuncia UX, organi giurisdizionali secondo il diritto Ue, ai quali deve essere senz’altro riconosciuto lo status di lavoratori e la conseguente applicazione delle direttive Ue.[7]
A seguito della sentenza UX, e a cinque anni dall’archiviazione di un primo caso EU-Pilot[8] relativo allo status dei giudici onorari, la Commissione è ora tornata sulla questione, inviando, ai sensi dell’art. 258 TFUE, una lettera di costituzione in mora molto dura al Governo italiano, con la quale si preannuncia l’avvio di una procedura d’infrazione,[9] chiedendo di uniformare la legislazione nazionale a quella dell’Ue, in quanto il mancato riconoscimento dello status di lavoratori impedisce ai magistrati onorari di beneficiare della protezione offerta nelle direttive 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato; 97/81/CE sul lavoro a tempo parziale; 2003/88/CE sull’orario di lavoro; 92/85/CEE sulle lavoratrici gestanti.
A dirla tutta, anche sul versante interno non mancherebbe la normativa rilevante, ma una riflessione sulla perdita di effettività degli artt. 36 e seguenti della Costituzione e sulle ampie sacche di inattuazione degli stessi nella normativa sul pubblico impiego a tempo determinato esulerebbe dallo spazio e dalle ambizioni di questo intervento.
Come chiarito in passato dalla Corte di giustizia in relazione agli insegnanti a tempo determinato, anche per i magistrati onorari si pone il problema della tutela contro gli abusi derivanti da una successione di contratti a tempo determinato, non avendo i giudici onorari la possibilità di ottenere un adeguato risarcimento per tali abusi. Infine la Commissione non ha mancato di rilevare come la normativa posta nel decreto legislativo n. 116 del 2017, che avrebbe dovuto riordinare la materia, non abbia fornito risposte ai ricordati problemi.
4. In mancanza di risposte, la Corte di giustizia rischia di arrivare prima
Contemporaneamente all’esplodere della questione dei giudici onorari, all’ordine del giorno del Governo giungeva la questione dell’impiego delle importanti risorse destinate nel PNRR al capitolo della giustizia. Sarebbe superfluo ricordare in questa sede come tra le più importanti condizionalità poste nel Recovery fund nel capitolo destinato all’Italia vi sia la riforma della giustizia, i cui problemi hanno un impatto sul PIL ormai ben noto.[10]
Nonostante ciò, la richiamata lettera della Commissione concernente lo status dei giudici onorari non sembra essere entrata nella discussione sull’impiego delle risorse in arrivo, né aver prodotto ad oggi una reazione da parte del legislatore, ed in particolare del Governo italiano, se non quella di ritardare al 31 dicembre 2021 l’andata a regime del richiamato decreto legislativo n. 116, prendendo tempo per sciogliere la spinosa questione[11]. Parallelamente, si assiste ad un palleggiarsi la questione della giurisdizione sui ricorsi dei giudici onorari che rivendicano l’applicazione del dictum della sentenza UX tra Corte di Cassazione e TAR del Lazio, con la conseguenza che, privi di tutela, i giudici onorari non potranno che continuare ad attenderla da parte del giudice Ue. Ed in effetti è pendente davanti alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale promossa dal Tar dell’Emilia Romagna[12] che abbraccia (e denuncia) tutte le violazioni rispetto alle già richiamate direttive Ue, derivanti dalla disciplina dello status giuridico ed economico dei nostri giudici onorari. Si prospetta allora la possibilità che, anche qualora le promesse del nostro legislatore di sanare le violazioni delle direttive riuscissero nuovamente a blandire la Commissione Ue, come già avvenuto su questa materia (e come avvenne prima del caso Mascolo su di una procedura di infrazione concernente l’abuso dei contratti a tempo determinato nella scuola), il giudice Ue si trovi oggi a dover nuovamente bacchettare il legislatore italiano. Nel farlo non dovrebbe lamentare solo la violazione della normativa Ue, ma potrebbe trovarsi a ricordare all’Italia il necessario rispetto degli artt. 24, 35, 36, 37 113, 101 c. 2, 107, 108, 111, nonché 11 e 117 c.1 Cost. E, come allora ricordò che il diritto all’istruzione richiedeva un organico di insegnanti a tempo indeterminato adeguato alla consistenza numerica (statisticamente nota e prevedibile nel tempo) della platea dei discenti, potrebbe oggi istituire analogo nesso a garanzia del diritto alla tutela giurisdizionale, con riferimento alla necessità di un organico del personale requirente e giudicante a tempo indeterminato – togato ed onorario - adeguato, almeno in linea tendenziale, rispetto alla mole del contenzioso pendente e prevedibile.
[1] Sentenza del 7 ottobre 2021, n. K 3/21, su ricorso del capo del governo Mateusz Morawiecki. La Corte tedesca aveva dichiarato ultra vires il quantitative easing con sentenza 2 BvR 859/15 - 2 BvR 1651/15 - 2 BvR 2006/15 - 2 BvR 980/16, del 5 maggio 2020; la Corte costituzionale ha dialogato con la Cgue nella nota saga “Taricco”.
[2] A. Mangia, L’Ue viola i Trattati pur di punire la Polonia, in La Verità, 10 ottobre 2021.[3] G. Repetto, Incroci (davvero) pericolosi. Il conflitto giurisdizionale sull’indipendenza dei giudici tra Lussemburgo e Varsavia, in Diritti comparati, 2018.
[4] “1. In conformità dell'articolo 5, qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membri. 2. L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento dell'ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro.”
[5] Corte di giustizia, sentenza in C-22/13 del 26 novembre 2014.
[6] Corte di giustizia, caso “UX”, in C-658/18, sentenza del 16 luglio 2020.
[7]La violazione della Carta Sociale Europea è stata accertata dal CEDS (Comitato dei Diritti Sociali) con decisione del 5.07.2016 sul ricorso n. 102/2013. ll Collegio ha affermato che la normativa e i comportamenti concreti posti in essere dalla Repubblica italiana nei confronti dei magistrati onorari violano l’art. E in combinato disposto con l’art. 12§1 della Carta sociale europea e dei suoi Protocolli,
[8] Procedura Eu Pilot 7779/15/EMPL – DPE 0007062 P-4 22.17.4.5 del 10.6.2016.
[9] Procedura n. 2016/4081.
[10] Un’ultima stima in una ricerca dello studio Ambrosetti, i cui parla il Corriere della sera del 7 settembre 2020 (I ritardi della giustizia civile costano 40 miliardi di Pil) parla di una percentuale tra il 1,3% e il 2,5%.
[11]Sebbene sia sopraggiunto nel ddl di bilancio lo stanziamento di cifre destinate ad affrontare almeno parzialmente il problema (art. 196, ddl 2448 AS).
[12] Incardinata dinanzi alla Corte di giustizia come C-236/20.