Commissioni di valutazione per la conferma a tempo indeterminato dei magistrati onorari di lungo corso: quando il diavolo si nasconde nei dettagli
di Luciano Ciafardini
Sommario: 1. Il travaglio del legislatore nazionale. – 2. Il perimetro dell’analisi. – 3. Le criticità connesse alla nomina e alla composizione delle commissioni di valutazione. – 4. Conclusioni.
1. Il travaglio del legislatore nazionale
Le vicende normative concernenti i magistrati onorari rispecchiano le difficoltà incontrate dal legislatore nel disegnare una disciplina idonea a soddisfare molteplici istanze, tutte inderogabili ma difficilmente conciliabili.
Tra tali esigenze, la più impellente è quella di assicurare la continuità della funzione giudiziaria, alla quale i magistrati onorari, negli ultimi decenni, hanno fornito un contributo – per restare solo al dato quantitativo – fondamentale e, al momento, irrinunciabile a tutti i livelli di giudizio[1].
D’altro canto, occorre garantire il rispetto dei precetti costituzionali, che impongono una chiara differenziazione di status tra magistratura professionale e magistratura onoraria[2].
Infine, nel ruolo di “terzo incomodo”, irrompono istanze sovranazionali, spinte dalla forza cogente di recenti sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea[3], che si è pronunciata sulla disciplina nazionale in tema di impiego della magistratura onoraria, rilevandone l’incompatibilità con il diritto europeo.
In questo quadro, la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022) ha modificato, con efficacia dal 1° gennaio 2022, gli artt. 29, 31 e 32 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (recante la riforma organica della magistratura onoraria), nel tentativo di ricondurre ad unità le tre istanze appena indicate: nella relazione illustrativa del disegno di legge di bilancio si legge, infatti, che le risorse sono apprestate «in funzione dell’efficienza del sistema giustizia, attraverso misure coerenti con le sollecitazioni sovranazionali e nel rispetto dei limiti imposti dall’ordinamento interno».
Non è possibile, ovviamente, tratteggiare un quadro completo della complessiva disciplina introdotta nel 2017 e modificata sul finire del 2021[4].
Ai nostri fini, basterà ricordare che, per i magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore della riforma (15 agosto 2017), si prevedeva un sistema – immediatamente operativo – di conferma quadriennale nell’incarico, per un massimo di quattro quadrienni e, comunque, fino al compimento del sessantottesimo anno di età. Un regime transitorio diluiva nel tempo il passaggio al nuovo schema di organizzazione del lavoro e, quanto al compenso, prorogava il vecchio sistema “a cottimo”[5] fino al 15 agosto 2021 (termine poi differito al 31 dicembre 2021[6]).
Ai magistrati onorari “di lungo corso” è indirizzata, infatti, la novella adottata con la legge di bilancio per il 2022, il cui obiettivo principale – del resto dichiaratamente perseguito – è quello «di dare una risposta alle sollecitazioni provenienti dalla Commissione europea in ordine alle problematiche relative al rapporto di impiego dei magistrati onorari in servizio»[7].
Si allude alla lettera di costituzione in mora del 15 luglio 2021, inviata dalla Commissione europea al Governo italiano per preannunciare l’avvio di una procedura d’infrazione, per la non conformità della disciplina prevista dal d.lgs. n. 116 del 2017 ad alcune direttive europee, con particolare riferimento al divieto di reiterazione abusiva di contratti di lavoro a termine[8].
Il riscontro offerto del legislatore italiano è appunto compendiato nei commi da 629 a 633 dell’art. 1 della legge di bilancio per il 2022.
Per le esigenze di sintesi già segnalate, è sufficiente ricordare che il comma 629, lett. a), sostituisce integralmente l’art. 29 del d.lgs. n. 116 del 2017, che ora prevede una procedura di conferma «a tempo indeterminato» dei magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 116 del 2017, sino al compimento dei settanta anni di età (comma 1).
L’intervento ruota sulla creazione di un «contingente ad esaurimento dei magistrati onorari in servizio» (così lo definisce la rubrica del nuovo art. 29), nel quale arruolare i magistrati onorari di più lunga militanza, ai quali si prevede di applicare regole peculiari sulla durata del servizio e sul relativo compenso, nonché alcune tutele ordinariamente previste per i lavoratori assunti alle dipendenze della pubblica amministrazione, senza che ciò comporti, però, la trasformazione della natura dell’incarico conferito, che continua ad essere considerato onorario[9].
A tal fine, si dispone (comma 3) che il Consiglio superiore della magistratura provveda ad indire, con apposita delibera, tre procedure valutative, da tenere con cadenza annuale nel triennio 2022-2024 e relative ai magistrati onorari che, alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 116 del 2017 (15 agosto 2017), abbiano maturato, rispettivamente, oltre 16 anni di servizio, tra i 12 e i 16 anni di servizio e meno di 12 anni di servizio[10].
Tali procedure valutative consistono (comma 4) in un colloquio orale, della durata massima di trenta minuti, su un caso pratico di diritto civile sostanziale e processuale oppure sul diritto penale sostanziale e processuale, in base al settore in cui i candidati hanno esercitato le funzioni giurisdizionali onorarie.
La commissione di valutazione è composta dal Presidente del tribunale o da un suo delegato, da un magistrato che abbia conseguito almeno la seconda valutazione di professionalità designato dal Consiglio giudiziario e da un avvocato iscritto all’albo speciale dei patrocinanti davanti alle magistrature superiori designato dal Consiglio dell’ordine.
Per coloro che non supereranno la procedura valutativa, oppure che non riterranno di sottoporvisi (in tal modo cessando dal servizio: comma 9), si prevede (comma 2) la corresponsione di una indennità nella misura di euro duemilacinquecento o millecinquecento, al lordo delle ritenute fiscali, per ciascun anno di servizio nel corso del quale il magistrato sia stato impegnato in udienza, rispettivamente, per almeno ottanta giornate o per un numero inferiore, e comunque per un importo complessivamente non superiore alla somma di euro cinquantamila lordi.
Sia la partecipazione alla procedura di valutazione (evidentemente per coloro che la supereranno) sia la percezione di tale indennità (per coloro che non vi si sottoporranno o che non la supereranno) comporta la conseguenza della «rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario» pregresso o cessato (così, rispettivamente, i commi 5 e 2).
Coloro che supereranno la procedura di valutazione potranno optare (comma 6) per un «regime di esclusività delle funzioni onorarie», nel qual caso percepiranno un trattamento economico equivalente a quello di un funzionario dell’amministrazione della giustizia[11].
A coloro che non eserciteranno l’opzione per l’esclusività del servizio onorario, invece, sarà corrisposto (comma 7) un compenso inferiore[12] e solo ad essi continuerà ad applicarsi il limite dei due giorni di impegno settimanali (previsto dall’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 116 del 2017), «in modo da assicurare il contestuale espletamento di ulteriori attività lavorative o professionali»[13].
Le altre disposizioni del comma 629, così come quelle contenute nei commi da 630 e 633 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, operano raccordi con la disciplina previgente[14] e provvedono alle coperture finanziare per l’attuazione del nuovo sistema.
2. Il perimetro dell’analisi
Non è questa l’occasione per stabilire se la novella legislativa che ha visto la luce all’alba del 2022 sia riuscita, complessivamente considerata, ad operare una reductio ad unitatem delle tre esigenze in precedenza evidenziate, nel pieno rispetto delle cornici di principio tracciate dall’ordinamento interno e da quello sovranazionale.
Non è difficile, tuttavia, immaginare che ben presto le Corti rispettivamente deputate ad accertare la compatibilità del diritto nazionale con i precetti costituzionali e con il diritto europeo saranno sollecitate a compiere tale verifica in relazione ad alcuni profili che, di primo acchito, suscitano più di una perplessità.
È sufficiente ricordare che l’intento del maxi-emendamento governativo, esplicitato nella relativa relazione illustrativa, era quello di «dare una risposta alle sollecitazioni provenienti dalla Commissione europea in ordine alle problematiche relative al rapporto di impiego dei magistrati onorari in servizio, a seguito della lettera di costituzione in mora inviata in data 15 luglio 2021», proprio sulla scia della sentenza della Corte di giustizia del 16 luglio 2020, in causa C-658/18, UX contro Governo della Repubblica italiana, che aveva fissato alcuni fondamentali principi[15].
Occorrerà, dunque, verificare se le coordinate tracciate dalla giurisprudenza sovranazionale siano state rispettate[16].
Un altro campo di scontro, del resto, potrà aprirsi con riferimento alla previsione della “rinuncia forzosa” a qualunque pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario pregresso o cessato imposta a coloro che supereranno la valutazione o che, non avendola superata (o avendo deciso di non sottoporvisi), accetteranno l’indennità offerta dallo Stato a tacitazione di ogni rivendicazione economica, nel limite massimo di euro cinquantamila lordi.
Si tratta di una previsione che interviene “a gamba tesa” su un nutrito contenzioso già in atto prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio per il 2022 e volto ad ottenere il riconoscimento dei diritti connessi alla qualità di lavoratore a tempo determinato, beninteso ove quest’ultima sia accertata, caso per caso e in concreto, dal giudice nazionale in applicazione del diritto dell’Unione.
A tal proposito, è interessante notare che la decisa presa di posizione della Corte di giustizia, se non risulta aver ancora determinato un cambio di prospettiva nelle magistrature superiori di legittimità[17] ed amministrativa[18], sembra, invece, aver spiegato notevole influenza sui giudici di merito, tanto che in alcune pronunce ci si è spinti a riconoscere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e, di conseguenza, a condannare lo Stato italiano al risarcimento del danno (c.d. “eurounitario”) per l’illegittima reiterazione di contratti di lavoro a termine nei confronti di uno stesso lavoratore (ossia del magistrato onorario, per decenni confermato nell’incarico)[19], oppure a riconoscere – in aggiunta – il diritto a percepire un trattamento economico corrispondente a quello del magistrato professionale di prima nomina[20], oppure, ancora, ad accertare e riconoscere (anche prima della sentenza europea) «la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro subordinato di fatto […], con ogni effetto conseguente per legge»[21].
È evidente l’incidenza che il novellato art. 29 del d.lgs. n. 116 del 2017 è destinato a spiegare sul contenzioso in corso, a vantaggio di una delle parti in causa (quella pubblica). Non è difficile, allora, pronosticare la sollevazione – nell’ambito di tali giudizi – di questioni di legittimità costituzionale per violazione dei principi del legittimo affidamento e di certezza del diritto e, dunque, degli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 CEDU[22].
In disparte questi (pur rilevantissimi) risvolti, nella presente sede s’intende, piuttosto, concentrare l’attenzione su un aspetto – quello concernente la nomina e la composizione delle commissioni di valutazione ai fini della conferma a tempo indeterminato – che può apparire marginale e che, invece, assume un certo rilievo, sotto almeno due profili: il ruolo attribuito al Consiglio superiore della magistratura e, soprattutto, l’incidenza della disciplina sull’indipendenza dei magistrati onorari che decideranno di sottoporsi alla procedura.
3. Le criticità connesse alla nomina e alla composizione delle commissioni di valutazione
Occorre partire da un dato ineludibile.
La Corte costituzionale (con la già citata sentenza n. 267 del 2020) ha affermato che la differente modalità di nomina, il carattere non esclusivo dell’attività giurisdizionale svolta e il livello di complessità degli affari trattati «non incidono sull’identità funzionale[23] [rispetto a quelli compiuti dal magistrato professionale] dei singoli atti che il giudice di pace compie nell’esercizio della funzione giurisdizionale».
Si spiega, dunque, come anche al magistrato onorario debba essere garantita, per necessità costituzionale, l’indipendenza nell’esercizio delle funzioni.
Si tratta di un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui il giudice di pace è «organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita» (ordinanza n. 151 del 2013), e sul quale converge, del resto, la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (punto 56 della più volte citata sentenza del 16 luglio 2020, UX).
L’indipendenza di un soggetto o di un organo «presuppone che nell’ordinamento siano presenti regole, le quali appunto attribuiscano al soggetto o all’organo la facoltà di decidere liberamente, impedendo altresì che le sue libere determinazioni possano essere causa di reazioni, o di sanzioni, a suo carico»[24]. Si tratta di concetto che assume importanza e significato peculiari per i singoli magistrati, perché, ai sensi dell’art. 101, secondo comma, Cost., il singolo giudice è soggetto soltanto alla legge, ciò che sottolinea la sua indipendenza da organi e poteri esterni alla magistratura (come pure dagli altri giudici).
C’è da chiedersi se le disposizioni che si stanno scrutinando, e in particolare quelle che disciplinano la nomina e la composizione delle commissioni di esame, rispettino l’esigenza inderogabile di garantire l’indipendenza anche del magistrato onorario.
Una parziale risposta al quesito è stata fornita dal Consiglio superiore della magistratura, il quale, nel parere adottato con delibera del 22 dicembre 2021 e reso su richiesta del Ministro della giustizia, ha ritenuto che la procedura di conferma configurata dal legislatore sia in contrasto con i principi di autonomia e indipendenza che presidiano anche l’esercizio delle funzioni giurisdizionali onorarie.
Nel suddetto parere si è evidenziato che «la Commissione di concorso non è […] nominata dall’Organo di governo autonomo, ma è composta da un membro predeterminato dalla legge (il Presidente del Tribunale nel quale il magistrato ha prestato servizio), da un magistrato designato dal Consiglio giudiziario e da un avvocato nominato dal Consiglio dell’ordine, laddove la commissione del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 160 del 2006, “è nominata (...) con decreto del Ministro della giustizia, adottato a seguito di conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura”».
Si tratta di un’osservazione pertinente, che però è riferibile solo indirettamente alla necessità di garantire anche ai magistrati onorari l’imprescindibile guarentigia dell’indipendenza e dell’autonomia nell’esercizio delle funzioni. In altri termini, è vero che la procedura di valutazione non appare “governata” – come invece dovrebbe – dal Consiglio superiore della magistratura in tutti i suoi passaggi, con particolare riferimento al giudizio finale di idoneità o meno del candidato. Ed è vero, quindi, che ciò incide, di riflesso, sull’indipendenza del magistrato onorario, al quale spetterebbe, invece, una valutazione compiuta in ultima istanza dall’organo di governo autonomo della magistratura, il quale non dovrebbe limitarsi ad una mera “certificazione” dei risultati dell’esame condotto da commissioni formate da componenti non nominati dal Consiglio stesso.
In via diretta, tuttavia, gli argomenti spesi nel parere sembrano prefigurare, piuttosto, la lesione di attribuzioni costituzionali proprie dell’organo di governo autonomo.
Ciononostante, il Consiglio superiore non ha ritenuto di reagire a una tale riscontrata menomazione, rinunciando a promuovere conflitto di attribuzione contro la legge[25].
Più concreto, invece, parrebbe un aspetto critico connesso alla composizione della commissione di valutazione, in cui è prevista la presenza di componenti dell’avvocatura, nominati secondo modalità che effettivamente potrebbero risultare contrastanti con il principio di indipendenza della magistratura onoraria.
Il profilo incrocia, all’evidenza, il delicato tema della partecipazione di componenti laici, di origine forense, alle decisioni sui momenti salienti del percorso professionale dei magistrati, anche professionali.
Non deve certo menare scandalo la possibilità che un tale qualificato contributo possa essere fornito anche da membri dell’avvocatura.
È la stessa Costituzione, infatti, a prevedere (art. 104, quarto comma) che un terzo dei componenti del Consiglio superiore della magistratura – al quale spetta l’adozione di tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati (art. 105) – siano eletti dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio della professione, sicché è evidente che questa commistione è stata giudicata compatibile con il disegno costituzionale ed anzi necessaria, oltre che foriera di positivi effetti in ordine alla gestione dei percorsi professionali dei magistrati[26].
Del resto, la strada dell’apertura alla partecipazione della componente laica alla formulazione dei pareri che i consigli giudiziari devono esprimere per le valutazioni di professionalità dei magistrati è stata imboccata dalla legge 17 giugno 2022, n. 71, contenente deleghe al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario: l’art. 3, comma 1, lett. a), indica, tra i principi e i criteri direttivi ai quali dovrà attenersi l’esercizio della delega, l’introduzione della facoltà, per i membri laici, di partecipare alle discussioni e di assistere alle deliberazioni relative, con attribuzione alla componente degli avvocati della facoltà di esprimere un voto unitario[27].
Già oggi, infine, tale partecipazione è prevista dalla legge per le decisioni assunte nei confronti dei magistrati onorari. L’art. 10 del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, infatti, ha istituito, in seno ai consigli giudiziari, sezioni autonome per i giudici onorari di pace e i vice procuratori onorari. In tali sezioni siedono avvocati che, partecipando ai lavori dell’organo “in composizione allargata”, decidono sul rapporto di servizio dei magistrati onorari.
Tuttavia, in tutte queste ipotesi, la Costituzione e la legge di ordinamento giudiziario hanno circondato la partecipazione dei componenti laici ai lavori degli organi di governo autonomo della magistratura, da una serie di cautele appunto indirizzate a scongiurare possibili condizionamenti sull’esercizio indipendente della funzione giurisdizionale.
E così, è lo stesso art. 104, ultimo comma, della Costituzione a prevedere che i membri laici del Consiglio superiore della magistratura, finché sono in carica, non possono essere iscritti negli albi professionali, in modo che non sia in alcun modo neppure ipotizzabile un “intreccio funzionale” tra costoro e i magistrati sulle cui “carriere” sono chiamati a decidere e che potrebbero, già solo per questo, subire condizionamenti nell’esercizio delle funzioni.
Allo stesso modo, nell’ambito della sezione autonoma dei Consigli giudiziari, quando si tratta di esercitare le competenze assegnate dalla legge in relazione al giudizio di idoneità per la conferma nell’incarico e in relazione alle valutazioni sulle proposte di sospensione dalle funzioni, decadenza, dispensa, revoca dell’incarico e di applicazione di sanzioni disciplinari, il componente laico di estrazione forense non può partecipare alle discussioni e alle deliberazioni della sezione medesima, ove tali decisioni riguardino un magistrato onorario che esercita le funzioni in un ufficio del circondario del tribunale presso cui ha sede l’ordine al quale l’avvocato è iscritto (art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 25 del 2006). E ciò sempre a salvaguardia dell’indipendente esercizio delle funzioni onorarie.
Infine, è facile pronosticare che, nell’esercizio della delega contenuta nell’art. 3, comma 1, lett. a), della legge n. 71 del 2022, il legislatore delegato[28] potrà introdurre disposizioni che assicurino anche per la magistratura professionale cautele non minori di quelle riconosciute dall’art. 10 del d.lgs. n. 25 del 2006 alla magistratura onoraria, onde scongiurare il rischio che i membri laici indicati dall’avvocatura possano contribuire a valutare la professionalità di un giudice davanti al quale penda una controversia da essi patrocinata.
Nulla di tutto ciò, invece, è previsto per le commissioni di valutazione di cui al comma 4 del nuovo art. 29 del d.lgs. n. 116 del 2017, il quale, al contrario, dispone che sia proprio il consiglio dell’ordine circondariale a designare un avvocato per le procedure valutative dei magistrati onorari che operano (e che ancora opereranno, se confermati) nel medesimo circondario in cui il designato esercita l’attività professionale.
La posta in gioco è altissima per il magistrato onorario soggetto a valutazione, visto che la procedura può sfociare addirittura nella cessazione di un incarico che, nella maggior parte dei casi, costituisce l’unica fonte di sostentamento per l’interessato[29].
Assume rilievo, dunque, l’interesse pubblico volto ad evitare che richieste o promesse indebite (senza escludere eventuali minacce, anche larvate) possano alterare le normali dinamiche processuali che devono governare i processi affidati, non solo all’attualità, ma anche in futuro, al magistrato in valutazione e di cui sia parte uno dei componenti della commissione di esame.
Il rischio di condizionamenti contrastanti con il dettato costituzionale che presidia l’indipendenza e l’imparzialità del magistrato onorario appare, quindi, non solo evidente ma anche assolutamente concreto, sol che si pensi alla posizione di “debolezza istituzionale” in cui, tradizionalmente (e al di là delle qualità personali dei singoli), versa la magistratura non professionale, a differenza di quella togata.
Il Consiglio superiore della magistratura, dal canto suo e nel silenzio della legge, ha evidentemente avvertito la delicatezza del problema, tanto che, nel procedere all’indizione della prima procedura di valutazione, ha contestualmente approvato (con la già citata delibera del 20 aprile 2022) una circolare con la quale ha previsto (art. 6, comma 6) che «costituiscono cause di incompatibilità dei componenti la Commissione con i candidati sottoposti a valutazioni quelle previste dagli art. 51 e 52 del codice di procedura civile».
Ma il rimedio ipotizzato appare insufficiente, e non solo perché adottato con prescrizioni prive di valore normativo primario.
Le cause di astensione e ricusazione del giudice previste dalle citate norme del codice di procedura civile, infatti, non sono perfettamente adattabili al caso di cui si discute. Non si tratta, infatti, di garantire l’imparzialità del giudice nell’ambito di una specifica controversia affidata alle sue cure, quanto piuttosto di assicurare la neutralità della valutazione sul giudice, per azzerare il rischio di quegli indebiti condizionamenti a cui si è fatto in precedenza riferimento, non solo presenti, ma anche futuri.
Per questa ragione – e in disparte le ipotesi (pacifiche) di parentela, affinità, convivenza, commensalità abituale o grave inimicizia – non basta che siano esclusi dalla commissione di esame gli avvocati che attualmente patrocinano in cause già pendenti innanzi al magistrato in valutazione, ma è necessario evitare, invece, che il giudizio sia affidato a soggetti che continueranno, anche in futuro, ad esercitare abitualmente attività professionale innanzi a lui, magari in contesti di ridotte dimensioni territoriali. Questa circostanza, a ben vedere, nella valutazione sul magistrato, costituisce una grave ragione di convenienza, che a pieno titolo può rientrare nella clausola di chiusura del secondo comma dell’art. 51 c.p.c. e che riguarda tutti gli iscritti all’ordine professionale circondariale.
È proprio questa, del resto, la ratio che ha guidato il legislatore nella redazione dell’art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 25 del 2006, quando, a monte, ha escluso gli avvocati dalla partecipazione alle deliberazioni della sezione autonoma del Consiglio giudiziario, quando le decisioni riguardano un magistrato onorario che esercita le funzioni in un ufficio del medesimo circondario presso cui ha sede l’ordine al quale l’avvocato è iscritto.
4. Conclusioni
Il cantiere della magistratura onoraria è, storicamente, sempre aperto, sebbene i lavori abbiano subito, oggi, uno stop improvviso per lo scioglimento anticipato delle Camere[30].
L’officina legislativa, tuttavia, andrà riavviata non appena possibile, perché è notizia recente[31] quella secondo cui la Commissione europea, in data 15 luglio 2022, ha deciso di inviare – a distanza di un anno esatto dalla prima – una lettera di costituzione in mora complementare all’Italia, perché ritiene che la legislazione nazionale applicabile ai magistrati onorari continui a non essere pienamente conforme al diritto del lavoro dell’Unione europea, nonostante le modifiche apportate nel dicembre 2021, considerate, anzi, fonte di nuove criticità.
L’Italia dispone ora di due mesi per adottare le misure necessarie, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di emettere un parere motivato.
Sarebbe forse il caso di approfittarne per correggere anche quella che, allo stato, non può che considerarsi una “smagliatura” – potenzialmente contrastante con un fondamentale precetto costituzionale – nella sempre più fitta trama ordinamentale che governa il destino di migliaia di (come detto, indispensabili) operatori di giustizia.
[1] L’indispensabilità dell’apporto della magistratura onoraria è sostanzialmente ammessa dalla stessa Corte costituzionale, la quale, pur dichiarando la contrarietà a Costituzione delle disposizioni che hanno introdotto la figura del giudice ausiliario d’appello – con l’assegnazione di funzioni attribuite a giudici, non già «singoli», come richiede l’art. 106, secondo comma, Cost., ma tipicamente collegiali e di secondo grado, quali sono le corti d’appello – non ha potuto ignorare «l’esigenza di tener conto dell’innegabile impatto complessivo che la decisione di illegittimità costituzionale è destinata ad avere sull’ordinamento giurisdizionale e sul funzionamento della giustizia nelle corti d’appello» (così, la sentenza n. 41 del 02021). Si tratta di una constatazione che ha indotto il Giudice delle leggi a modulare nel tempo gli effetti del proprio decisum, differendoli fino al completamento del riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria, onde evitare un (evidentemente intollerabile) «pregiudizio all’amministrazione della giustizia e quindi alla tutela giurisdizionale, presidio di garanzia di ogni diritto fondamentale».
[2] Ancora di recente (sentenza n. 267 del 2020, con argomentazioni riprese dalla già citata sentenza n. 41 del 2021), la Corte costituzionale ha ribadito che «la posizione giuridico-economica dei magistrati professionali non si presta a un’estensione automatica nei confronti dei magistrati onorari tramite evocazione del principio di eguaglianza, in quanto gli uni esercitano le funzioni giurisdizionali in via esclusiva e gli altri solo in via concorrente. Enunciata a proposito del trattamento economico dei componenti delle commissioni tributarie (ordinanza n. 272 del 1999) e per quello dei vice pretori onorari (ordinanza n. 479 del 2000), l’affermazione è stata ripetuta anche per i giudici di pace, sia in tema di cause di incompatibilità professionale (sentenza n. 60 del 2006), sia in ordine alla competenza per il contenzioso sulle spettanze economiche (ordinanza n. 174 del 2012)».
[3] Il riferimento è alle sentenze del 16 luglio 2020, in causa C-658/18, UX contro Governo della Repubblica italiana, e del 7 aprile 2022, in causa C-236/20, PG. Su tali pronunce è sufficiente rinviare, rispettivamente, ai contributi di R. Calvano, Corte di giustizia, primato del diritto Ue e giudici onorari, in Giustizia Insieme, 22 novembre 2021, e di V.A. Poso, I Giudici di Pace dalla «guerra di posizione» alla «guerra di movimento» e il loro nuovo felice approdo davanti alla Corte di Giustizia. Quali possibili conseguenze per tutta la magistratura onoraria nell’ordinamento costituzionale e giudiziario italiano?, in Labor, 5 maggio 2022.
[4] Per una panoramica descrittiva, L. Buffoni, La legge di bilancio stabilizza i magistrati onorari di lungo corso, in Sistema Penale, 28 gennaio 2022
[5] Sul quale, all’occorrenza, L. Ciafardini, Sul compenso da riconoscere ai magistrati onorari di lungo corso: aspettando Godot, in Consulta on line, 2021, fasc. III, 959 (6 dicembre 2021).
[6] Ai sensi dell’art. 17-ter, comma 1, lett. a), del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito in legge 6 agosto 2021, n. 113.
[7] Così, ancora, nella citata relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio per il 2022.
[8] Con la lettera di messa in mora, la Commissione europea ha invitato l’Italia a riconoscere ai magistrati onorari, in quanto siano accertate le condizioni affinché possano essere considerati lavoratori pubblici a tempo determinato secondo il diritto europeo, le tutele consistenti: nella corresponsione di una indennità in caso di malattia, infortunio e gravidanza; in un adeguato sistema di tutela previdenziale; nell’eliminazione del divario retributivo rispetto al lavoratore a tempo indeterminato che svolge mansioni equivalenti; nel rimborso delle spese legali sostenute durante procedimenti disciplinari; nel congedo di maternità retribuito; nel riconoscimento delle ferie annuali; nella precisa misurazione dell’orario di lavoro; in un sistema che impedisca gli abusi derivanti da una successione di contratti a tempo determinato e riconosca un risarcimento adeguato per tali abusi.
[9] Viene così perpetuata – ed anzi aggravata – quella che in altra sede è stata definita “truffa delle etichette” (se si vuole, L. Ciafardini, Il restyling nel prossimo futuro dello status della magistratura onoraria: cosa bolle davvero in pentola?, in Giustizia Insieme, 25 novembre 2021).
[10] La prima procedura è stata indetta con delibera del 20 aprile 2022, in conformità a quanto disposto dal D.M. 3 marzo 2022, con il quale il Ministero della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, ha dettato le misure organizzative necessarie per l’espletamento delle procedure.
[11] Il citato comma 6, più precisamente, prevede un compenso parametrato allo stipendio e alla tredicesima mensilità, spettanti alla data del 31 dicembre 2021 al personale amministrativo giudiziario di Area III, posizione economica F3, F2 e F1, in funzione, rispettivamente, del numero di anni di servizio maturati (oltre 16, tra 12 e 16 e meno di 12). È inoltre corrisposta un’indennità giudiziaria in misura pari al doppio dell’indennità di amministrazione spettante al personale amministrativo giudiziario e non sono dovute alcune delle voci retributive accessorie (ad es. quella connessa al lavoro straordinario). Tale trattamento economico non è cumulabile con i redditi di pensione e da lavoro autonomo e dipendente.
[12] L’indennità giudiziaria, infatti, non sarà corrisposta in misura doppia rispetto all’indennità di amministrazione, bensì in misura equivalente a quest’ultima.
[13] Non viene previsto, dunque, alcun divieto di cumulare il trattamento economico con altri redditi di pensione e da lavoro autonomo e dipendente.
[14] Da segnalare, in questa sede, che la lettera d) del comma 629 abroga il primo comma dell’art. 32 del d.lgs. n. 116 del 2017, che prevedeva, per i magistrati onorari già in servizio, un sistema di progressiva entrata in vigore delle disposizioni della c.d. riforma Orlando, in relazione alle procedure di conferma quadriennali in precedenza previste.
[15] Interpretando gli artt. 1, paragrafo 3, e 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, nonché le clausole 2 e 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, la Corte di giustizia, una volta riportata la figura del giudice di pace alla nozione di «lavoratore a tempo determinato», ha stabilito, con riferimento al tema specifico delle ferie annuali retribuite, che differenze di trattamento rispetto al magistrato professionale non possono essere giustificate dalla sola temporaneità dell’incarico, ma unicamente «dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui detti magistrati devono assumere la responsabilità». Al fine di verificare se la diversità di trattamento sia giustificata, la Corte ha affermato che spetta al giudice nazionale stabilire se l’attività lavorativa dei magistrati onorari sia equiparabile a quella dei togati, tenuto conto degli elementi che, in concreto, avvicinano o divaricano le mansioni esercitate dalle due figure. Nell’ambito di tale valutazione comparativa assume rilievo – osserva ancora la Corte di giustizia – la circostanza che per i soli magistrati ordinari la nomina debba avvenire per concorso, a norma dell’art. 106, primo comma, Cost., e che a questi l’ordinamento riservi le controversie di maggiore complessità.
[16] Di sfuggita, vale la pena osservare che possono apparire superate le criticità della c.d. “riforma Orlando” più apertamente in contrasto con le direttive europee, quali la reiterazione dell’incarico, connessa al sistema delle conferme quadriennali e, quanto al profilo economico, i meccanismi che legavano la determinazione concreta del compenso alle decisioni dei dirigenti dell’ufficio in sede di fissazione degli obiettivi da raggiungere e di scelta dei magistrati onorari da destinare all’esercizio di funzioni solo giudiziarie oppure di mera collaborazione con i magistrati professionali (acute riflessioni si leggono, sul punto, in Russo F., Breve storia degli extranei nella magistratura italiana, 2019, 137 ss.). Qualche dubbio, invece, può suscitare la scelta della retribuzione spettante ai funzionari amministrativi come parametro di riferimento per la determinazione dell’indennità riconosciuta ai magistrati onorari che superino le procedure di valutazione, dal momento che la Corte di giustizia dell’Unione europea sembra invece aver identificato nel magistrato professionale la figura da mettere in comparazione, fatte sempre le debite differenze.
[17] La Corte di cassazione è sempre ferma sull’esclusione di qualsiasi possibilità di ipotizzare la sussistenza di un rapporto di impiego del magistrato onorario (ex plurimis, Cass. 3 maggio 2022, n. 13973; Cass., sezione prima, 10 febbraio 2022, n. 4386; Cass., sezione prima, 25 gennaio 2022, n. 2131; Cass., sez. lavoro, 5 giugno 2020, n. 10774; Cass., sez. III, 14 ottobre 2019, n. 25767; Cass., sez. lavoro, 4 gennaio 2018, n. 99).
[18] Il Consiglio di Stato, con la sentenza 4 febbraio 2021, n. 1062, ha escluso, sul piano del diritto interno, qualsiasi effetto della pronuncia europea sulla qualificazione del rapporto, che resta “onorario” e distinto da quello di pubblico impiego.
[19] Tribunale di Roma, sentenza 13 gennaio 2021, e Tribunale di Napoli, sezione lavoro, sentenza 7 ottobre 2020.
[20] Tribunale di Vicenza, sentenze 23 luglio 2021 e 16 dicembre 2020; Tribunale di Napoli, 11 gennaio 2021.
[21] Tribunale di Sassari, sezione lavoro, sentenza 24 gennaio 2020.
[22] Secondo quanto ribadito, ancora di recente, dalla Corte costituzionale (sentenza n. 145 del 2022), in consonanza con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (ex plurimis, sentenze 24 giugno 2014, Azienda agricola Silverfunghi sas e altri contro Italia, paragrafo 76; 25 marzo 2014, Biasucci e altri contro Italia, paragrafo 47; 14 gennaio 2014, Montalto e altri contro Italia, paragrafo 47; 7 giugno 2011, Agrati e altri contro Italia, paragrafo 58), «il principio della preminenza del diritto e il concetto di processo equo sanciti dall’art. 6 ostano, salvo che per imperative ragioni di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia» (in senso analogo, sentenza n. 136 del 2022, che richiama la sentenza n. 236 del 2017), fermo restando che «considerazioni di natura finanziaria non possono, da sole, autorizzare il potere legislativo a sostituirsi al giudice nella definizione delle controversie (ex plurimis, sentenze 29 marzo 2006, Scordino contro Italia, paragrafo 132; 31 maggio 2011, Maggio contro Italia, paragrafo 47; 15 aprile 2014, Stefanetti e altri contro Italia, paragrafo 39)».
[23] Non disconosciuta neppure dalla giurisprudenza comune delle Corti superiori (da ultimo, la già citata Cass., sez. lav., 3 maggio 2022, n. 13973; Consiglio di Stato, sez. settima, 14 aprile 2022, n. 1736), come detto contraria, però, a riconoscere la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato
[24] N. Zanon, F. Biondi, Il sistema costituzionale della magistratura, Bologna, 2019, 94.
[25] Un conflitto di attribuzione è stato, invece, promosso da un giudice di pace, per denunciare, tra gli altri, anche il vizio evidenziato nel parere del Consiglio superiore della magistratura. Il tentativo, tuttavia, è stato smorzato sul nascere dalla Corte costituzionale con una declaratoria d’inammissibilità (ordinanza n. 157 del 2022).
[26] Sulle ragioni di una tale scelta da parte dei costituenti, N. Zanon, F. Biondi, op. cit., 33, ove si sottolineano le finalità di contemperare l’autonomia della magistratura con il legame che essa deve comunque conservare con altre componenti del mondo delle professioni giuridico-legali nonché di prevenire il rischio di un’autoreferenzialità dell’ordine giudiziario e dei suoi appartenenti.
[27] Voto che deve essere manifestato «sulla base del contenuto delle segnalazioni di fatti specifici, positivi o negativi, incidenti sulla professionalità del magistrato in valutazione, nel caso in cui il consiglio dell’ordine degli avvocati abbia effettuato le predette segnalazioni sul magistrato in valutazione».
[28] È noto che al legislatore delegato spetta sempre un “potere di completamento e sviluppo” delle scelte espresse dal legislatore delegante (da ultimo, sentenza n. 150 del 2022 della Corte costituzionale), purché all’interno dei confini ermeneutici delle indicazioni fornite da quest’ultimo.
[29] Non è un mistero che, con il progressivo incremento, negli ultimi due decenni, delle competenze in astratto assegnate ai magistrati onorari e dei compiti in concreto ad essi attribuiti, unitamente a stringenti procedure di controllo sulla produttività, l’attività svolta si è trasformata, nella quasi totalità dei casi, in quella esclusiva, o comunque di gran lunga prevalente, degli incaricati di funzioni onorarie, con buona pace delle solenni enunciazioni di principio ancora contenute nelle disposizioni di ordinamento giudiziario (art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 116 del 2017: «L’incarico di magistrato onorario […] si svolge in modo da assicurare la compatibilità con lo svolgimento di attività lavorative o professionali»).
[30] Fino allo scioglimento disposto dal Presidente Mattarella con decreto firmato il 21 luglio 2022, pendevano, innanzi alla Commissione giustizia del Senato, ben cinque disegni di legge (S. 1438, S. 1516, S. 1555, S. 1882 e S. 1714), di cui era stata disposta la trattazione congiunta e che miravano ad apportare (ulteriori) modifiche alla disciplina sulla riforma organica della magistratura onoraria.
[31] Reperibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/inf_22_3768.