
Senza la magistratura onoraria l’amministrazione della Giustizia non può funzionare e se le risorse umane (le persone) che la compongono sono utilizzate in modo inadeguato si producono effetti negativi per tutti.
La magistratura onoraria ha diverse componenti: i vice procuratori onorari sono indispensabili per le piccole Procure (in molti sedi esposte a periodiche gravi carenze di organico) per lo svolgimento delle udienze e le indagini sui reati minori; il ruolo dei giudici onorari (come pure dei giudici di pace) potrebbe rivisitarsi nell’ambito di una nuova concezione dell’Ufficio del processo.
Per comprendere meglio i problemi attuali, ho intervistato un magistrato togato e un magistrato onorario esperti della materia.
Il primo è Raimondo Orrù, vice Procuratore onorario a Roma e presidente della FEDERMOT.
Il secondo è Ernesto Aghina che, per anni, si è occupato della magistratura onoraria -prima come membro della apposita commissione all’interno del CSM e poi come componente del consiglio direttivo della SSM che si occupa anche della loro formazione - e attualmente ne organizza il lavoro nel circondario del tribunale di Torre annunziata di cui è presidente.

D. I magistrati onorari chiedono al Ministro Bonafede di cambiare la riforma Orlando. Quali sono le criticità poste in evidenza?
R. La riforma non rilancia la funzione di supporto dei magistrati onorari, imponendo anche a quelli di lungo corso un regime part-time incompatibile con l'incremento di produttività. I diritti economici sono poi completamente disconosciuti
D. Un inquadramento full-time non snaturerebbe il rapporto di servizio onorario?
R. Secondo il Consiglio di Stato il trattenimento in servizio a tempo pieno e sino all'età pensionabile è attuabile in relazione a una specifica platea di destinatari, come avvenne nel 1974 per i vice-pretori onorari.
D. Quali ragioni giustificherebbero una misura straordinaria di questo tipo?
R. Il filo pilota non può che essere l'interesse pubblico. Occorre erodere in modo deciso l'arretrato giudiziario e i tempi medi di durata dei processi, che restano i più alti in Europa. Tale obiettivo non può prescindere dal trattenimento di personale già formato.
D. Si tratterebbe di un reclutamento straordinario nei ruoli ordinari?
R. No. Il magistrato onorario resterebbe tale; l'incarico rimarrebbe revocabile, senza accesso ai ruoli ordinari o al relativo cursus honorum.
D. L'idea è quindi quella di riproporre per intero i contenuti dello schema legislativo usato nel 1974 per i vicepretori?
R. La nostra proposta è di seguire quella impostazione ma con alcune precisazioni: esclusione espressa dell'elettorato attivo e passivo in relazione agli organi di autogoverno; esclusione di progressioni economiche; mantenimento delle attuali competenze.
D. Quale trattamento economico reclamano i magistrati onorari?
R. Quello che rispetti i parametri ritenuti loro applicabili in sede CEDU dal Comitato europeo dei diritti sociali: ossia retribuzione equiparata, pro rata temporis, a quella del magistrato di tribunale, ossia del magistrato di ruolo all'inizio della carriera.
D. Perché ritiene che un inquadramento part-time sia disfunzionale al buon andamento della giustizia?
R. Indurre lo svolgimento di altre attività lavorative conduce a trascurare quella giudiziaria, che non si compone solo di udienze, ma di studio dei procedimenti, di formazione permanente obbligatoria, di aggiornamento specialistico. Inoltre un rapporto full-time elimina in radice le ipotesi di incompatibilità ambientale e professionale, assicurando una maggiore imparzialità e incentivando una qualità professionale adeguata. Insomma: meglio un magistrato onorario a tempo pieno, sempre reperibile e "fidelizzato", di due a tempo parziale.
D. Le coperture finanziarie ci sono?
R. Vanno trovate; ma si parla di aggiungere circa 100 milioni di euro agli attuali stanziamenti; una somma irrisoria rispetto ai benefici macroeconomici correlati all'abbattimento dell'arretrato e della durata media dei processi. Senza contare i benefici fiscali dati dall'aumento delle sentenze percosse dalla imposta di registro e dei risparmi di spesa correlati al congelamento delle retribuzioni attualmente percepite dai numerosi magistrati onorari impiegati in altre amministrazioni come dipendenti pubblici.
D. L'ANM è diffidente sul trattenimento in servizio dei magistrati onorari sino all'età pensionabile.
R. Lo considero un errore strategico. Si tratta di una misura eccezionale, l'alternativa alla quale è aumentare stabilmente il numero dei magistrati di ruolo o fare affidamento su nuovi più rilevanti reclutamenti di magistrati onorari, che però potrebbero essere operativi solo tra alcuni anni, impegnando comunque le medesime risorse finanziarie richieste dal trattenimento di professionisti già formati.
D. Sulla qualità professionale il concorso rimane però una garanzia irrinunciabile.
R. Ne siamo convinti. Per questo riteniamo che la magistratura di ruolo debba essere sollevata dalla gestione del contenzioso di prossimità o seriale, devolvibile a una figura che la coadiuvi stabilmente senza invaderne le prerogative esclusive.
D. Nel caso di anticipata cessazione dall'incarico onorario, cosa accade?
R. La nostra proposta specifica è che il magistrato onorario deve poter tornare a fare il lavoro precedentemente svolto, senza perdere l'anzianità di servizio che avrebbe maturato nel frattempo. Per questo proponiamo che i dipendenti pubblici siano posti in aspettativa non retribuita per la durata dell'incarico e che gli avvocati, per non perdere l'anzianità professionale, possano rimanere iscritti all'albo ma esclusivamente nella sezione dedicata agli avvocati degli uffici legali, ossia senza possibilità di operare su libero mercato.

D. Esiste un unico modello di utilizzo dei magistrati onorari negli ordinamenti giudiziari dell’Unione? In questo contesto come si colloca la situazione italiana?
R. I magistrati onorari sono presenti in molti ordinamenti giudiziari europei, e quasi sempre in numero considerevolmente più elevato rispetto ai magistrati professionali. La loro utilizzazione è variabile ed è tendenzialmente dedicata - come in Italia - alla trattazione dei procedimenti (civili e penali) di minore rilevanza. La nozione di “onorarietà” viene esaltata dalle modalità di selezione, dalla temporaneità dell’incarico e, soprattutto, da una sorta di “onorabilità professionale” che ne costituisce la principale forma di retribuzione, sotto forma di riconoscimento sociale. Del tutto diversa è la situazione italiana, in cui i magistrati onorari si caratterizzano per una sorta di precarietà solamente virtuale, per effetto di un’iterazione di proroghe nell’incarico e per forme di retribuzione stabili.
D. Quali sono le problematiche più ricorrenti per un magistrato dirigente di un ufficio giudiziario nell’utilizzo dei magistrati onorari?
R. I magistrati onorari (nella vigente distinzione tra vice procuratori onorari e giudici onorari di pace) costituiscono per i dirigenti degli uffici di primo grado (Tribunali e Procure della Repubblica) una risorsa ineludibile cui attingere costantemente per fronteggiare le croniche carenze (anche temporanee) nell’organico dei magistrati professionali.
Viene costantemente in rilievo la nozione di “magistratura vicaria” che ha sin qui caratterizzato i v.p.o. e i g.o.t., e ha consentito di affrontare autentiche emergenze e garantire una risposta alla (rilevantissima) domanda di giustizia.
In proposito può essere utile ricordare come i dati offerti dal rapporto del Cepej su “Efficiency and quality of justice” e dall’European Justice Scoreboard della CE collocano l’Italia nella media europea nella percentuale di giudici per abitanti, ma solo in virtù dell’apporto numerico dei magistrati onorari.
Diverso discorso va fatto per i giudici onorari addetti alla giustizia di pace: la riforma del 2017 affida al presidente del tribunale compiti di coordinamento inediti ed onerosi, che vanno affrontati con particolare impegno, perché le dinamiche degli uffici del giudice di pace, fatalmente influenzate da fattori concorrenti (risorse ridotte, compenso a cottimo dei giudici di pace, abuso del processo, ecc..), determinano non pochi problemi gestionali, aggravati da una “separazione” territoriale e culturale dal Tribunale capoluogo di circondario.
D. Non tutti gli appartenenti alla categoria sono soddisfatti della recente riforma (in particolare quelli che per molti anni sono stati inseriti con reiterata precarietà nel sistema), hanno delle buone ragioni? A parte questo, la riforma costituisce un approdo soddisfacente o servirebbero dei correttivi?
R. Nonostante la riforma del d.lgs.vo. 116 del 2017 abbia determinato novità significative, quali l’uniformità di status tra “magistrature onorarie” sin qui troppo diverse tra loro, non vi è dubbio che non tutti i problemi siano stati risolti, principalmente il regime dei magistrati onorari in attività, che vedono bruscamente limitate le loro possibilità di utile impiego.
Ritengo che sia possibile, ed anche auspicabile un intervento correttivo, che accentui il “doppio binario”, pur parzialmente previsto dalla riforma, diretto a differenziare la disciplina applicabile ai magistrati onorari in attività rispetto a quelli di futura nomina, consentendo la permanenza illimitata in servizio dei primi, previo regolamento dei profili di incompatibilità.
Non si tratta peraltro delle uniche criticità della riforma, atteso che - se pure al termine di una fase transitoria - la limitazione nell’utilizzazione in tribunale dei giudici onorari e l’incremento della civile dell’ufficio del giudice di pace aprono dei fronti da presidiare con doveroso anticipo, senza far conto del termine del 2021, in cui la riforma entrerà a regime.
D. Più in generale, c’è ancora una distanza tra magistratura professionale e onoraria che è stata spesso denunziata come presente?
R. Non posso negare che in passato sia esistita una scarsa attenzione alle problematiche della magistratura onoraria da parte della magistratura professionale, ma il clima è (molto) cambiato da tempo.
I magistrati onorari non sono più considerati una sorta di “extracomunitari del diritto”, bensì una componente insostituibile della giurisdizione.
Per questo si è investito nella loro formazione e aggiornamento professionale (prima da parte del C.S.M. e poi della Scuola superiore della magistratura), nel costante confronto operato dall’ A.N.M. con le componenti sindacali (troppe..!!) dei giudici onorari, e più in generale nel rapporto che lega negli uffici magistrati professionali ed onorari.
Se esiste ancora una “distanza” forse oggi è più accentuata quella che separa la magistratura onoraria dall’avvocatura, di cui pure i magistrati onorari fanno parte a pieno titolo.