GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Le linee-guida psicoforensi per la prevenzione dell'errore giudiziario.

    Le linee-guida psicoforensi per la prevenzione dell'errore giudiziario.

     Le linee-guida psicoforensi per la prevenzione dell'errore giudiziario. 

    Intervista  di Angelo Costanzo a Guglielmo Gulotta

    Avvocato, psicologo e psicoterapeuta, Guglielmo Gulotta, già professore  ordinario di psicologia giuridica presso l’Università di Torino, svolge da anni un’imponente attività culturale utile per orientare l’attività giudiziaria e forense.

    Il prossimo 6 novembre le Linee-guida psicoforensi per la prevenzione degli errori giudiziari, da lui curate saranno presentate nella sede del Consiglio Nazionale Forense da magistrati, avvocati e studiosi cultori della tematica (pubblichiamo il programma dell’iniziativa).

     Angelo Costanzo: Professor Gulotta, lei è stato promotore e firmatario di numerosi documenti, protocolli e linee guida. Li può enumerare indicandoci le finalità di ciascuna?

     Guglielmo Gulotta: I protocolli e le linee guida promulgati negli anni nascono per rispondere alle esigenze dei professionisti che operano nel campo della psicologia giuridica e che necessitano delle mappe metodologiche che possano definire le indicazioni su come evitare di incorrere in errori di valutazione, soprattutto nel momento in cui è necessario, in primis, tutelare i minori ed i loro diritti. Uno dei primi protocolli di cui sono firmatario, insieme a tanti altri professionisti e accademici del settore, è la Carta di Noto, la cui prima stesura risale al 1996. Ad oggi siamo giunti alla quarta edizione, promulgata nel 2017 in conclusione del III Convegno Nazionale di Psicologia Giuridica, che si configura come il precipitato della letteratura scientifica, nazionale ed internazionale, in materia. Essa fornisce importanti indicazioni per i professionisti che si devono esprimere sulla valutazione dell’idoneità a testimoniare del minore presunta vittima di abuso sessuale.

    Sempre in tema di abusi, col tempo ci si è resi conto che fossero fondamentali delle indicazioni specifiche in materia, anche rispetto al tema dei cosiddetti “abusi collettivi”: per questo nel 2007 a seguito di un simposio tra i maggiori esperti in tema di diagnosi forense di abusi sessuali collettivi, il “Protocollo di Venezia”, che facendo propri i principi già enunciati nella Carta di Noto indica le linee guida a cui i professionisti dovrebbero attenersi nell’affrontare casi di abuso sessuale collettivo su minori.

    Quest’imponente lavoro scientifico si propone di fornire dei modelli di indagine, valutazione e supporto che consentano all’operatore forense di agire con cautela, tutelando il benessere del minore che, purtroppo, spesso è vittima di fraintendimenti con il risultato che l’unico a soffrirne è proprio colui che deve essere protetto. Spesso, infatti, le accuse di abuso sessuale nascono all’interno di aspri conflitti familiari/genitoriali e i figli diventano vittime di una lotta tra i genitori nell’ambito della loro separazione. Così facendo non solo si rischia di perdere di vista il focus principale, ma di trovare addirittura violenze dove non ci sono, dove il problema è il conflitto.

    Per tutelare i figli nell’ambito delle separazioni genitoriali è stato promulgato nel 2012 il “Protocollo di Milano”, che recepisce le disposizioni contemplate dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e dalla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, allo scopo di offrire agli operatori chiamati a valutare le condizioni ottimali per l’affidamento dei figli delle linee guida metodologiche per garantire la tutela psicofisica dei minori.

    Nel 2013 sono state poi pubblicate le “Linee Guida Psicoforensi”, che hanno un carattere più generale rispetto ai precedenti protocolli e si propongono di fornire delle indicazioni ai professionisti (psicologi ma anche avvocati e magistrati) che possano ridurre al minimo gli errori giudiziari e migliorare così il loro operato per poter davvero garantire quel “processo giusto” cui si aspira.

    A conferma di quanto già rilevato dalle primissime edizioni della Carta di Noto, nel 2014 ho contribuito alla stesura, unitamente a diverse società (Società Italiana di Criminologia, Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni, Società Italiana di Neuropsichiatria infantile, Società Italiana di Neuropsicologia, Società Italiana di Psichiatria e Società di Psicologia giuridica), delle “Linee Guida Nazionali. L’ascolto del minore testimone” con l’obiettivo di limitare ulteriormente i danni che possono causare errati metodi di intervista utilizzati con i minori, quali ad esempio l’uso di domande suggestive, induttive, le domande incalzanti, l’audizione del minore ripetuta nel tempo o ad eccessiva distanza di tempo dai fatti, ecc.

    Col tempo, grazie anche ad alcuni famosi processi “apripista” delle neuroscienze nel processo penale, è nato il bisogno di fornire indicazioni sui rapporti tra le neuroscienze ed il diritto nel tentativo di fornire elementi utili alla prova scientifica nell’ambito del processo decisionale giuridico. Nel 2015 è quindi stato redatto il “Memorandum Patavino”, promosso dall’Università degli Studi di Padova, dall’associazione DI.ME.CE (Diritto Mente e Cervello) e dalla Fondazione Gulotta, che illustra come possono essere applicate al sistema giudiziario le più aggiornate scoperte scientifiche nell’ambito delle neuroscienze cognitive.

     Angelo Costanzo:Qual è lo statuto scientifico di queste linee guida?

    Guglielmo Gulotta: I protocolli che negli anni abbiamo divulgato e nello specifico la Carta di Noto, sono strumenti autoprodotti di autoregolazione che si inseriscono nel sistema delle fonti nazionali con le forme di raccomandazioni ed incentivi, più comunemente per questo definite soft law (Magro, 2014). Tale definizione è un termine che viene utilizzato un complesso di atti e documenti la cui principale caratteristica è l’informale obbligatorietà, questo perché la non-vincolatività di tali raccomandazioni non impedisce che ad esse siano ricollegati degli effetti giuridici. Ma, proprio perché nascono dallo studio della letteratura scientifica, sono protocolli costantemente work in progress, sempre in aggiornamento. Basta solo andare a controllare, su Google Scholar così come su qualsiasi portale di ricerca scientifica, quanta letteratura vi sia in relazione a differenti argomenti che vengono richiamati nei protocolli di cui sinora ho parlato. Si può vedere come ci sono oltre 141.000 pubblicazioni nell’ambito dell’audizione dei minori vittime, più di 41.800 articoli sulla alienazione parentale e oltre 23.400 pubblicazioni sulla suggestionabilità dei bambini. Non si può ignorare l’esigenza sempre maggiore di avere delle linee guida chiare che possano aiutare il professionista a districarsi in questo ambito così delicato.

    La Carta di Noto, nelle sue quattro versioni, rientra tra queste soft law proprio perché segue, nei suoi aggiornamenti, gli sviluppi della scienza e delle norme cui fa riferimento. Il lavoro che negli anni abbiamo fatto, fino ad oggi, definisce lo stato della scienza in questo momento.

     Angelo Costanzo: Quest’estate molto si è detto in relazione alla vicenda di  Bibbiano e anche i mass media hanno richiamato la Carta di Noto. Quali sono i motivi ispiratori di questo protocollo e come mai vi sono pareri così discordanti al riguardo?

     Guglielmo Gulotta: Nel 1995 mi sono occupato di un processo molto importante, con la collaborazione psicologica della dott.ssa Luisella De Cataldo (il cui esame dibattimentale, tra l’altro, è disponibile in parte sulla pagina Youtube della Fondazione Gulotta). L’indignazione scaturita da tale processo, ben evidenziata anche dalle parole della dott.ssa De Cataldo che già più di 20 anni fa adduceva motivazioni e spiegazioni scientifiche alle proprie tesi (e non meramente esperienziali), ha portato alla decisione di redigere delle linee guida per gli operatori che si trovavano a muoversi in questo delicato ambito.

    Nello 1996 ho scritto, insieme ad alcuni colleghi esperti, un capitolo pubblicato nel libro a cura di Cabras C. “Psicologia della prova”, che affrontava il problema del bambino come “prova negli abusi sessuali” ribadendo la presenza di una sempre più crescente letteratura che mette in guardia dagli errori diagnostici che possono essere compiuti.

    La Carta di Noto nasce nello stesso anno, proprio perché eravamo stupiti che i cosiddetti professionisti del settore non conoscessero questioni di carattere scientifico che potessero condurre a diagnosi che fossero scientificamente fondate.

    A fronte di questi documenti di carattere scientifico esiste in Italia un’associazione chiamata CISMAI che raduna i Centri di tutela del bambino, strutture pubbliche e private. Questi, nel 1998 presentarono un documento che aveva lo scopo di essere approvato dal Consiglio Nazionale degli Psicologi (CNOP), i quali mi chiesero un parere al riguardo; commentai quella dichiarazione negativamente e l’approvazione non avvenne. Il primo errore, a mio parere, era da rilevarsi proprio nella definizione stessa di abuso sessuale per cui, secondo loro, “esso si configura sempre e comunque come un attacco confusivo e destabilizzante alla personalità del minore e al suo percorso evolutivo”, definizione confusiva e generica, sulla quale esistono studi scientifici e pareri discordanti proprio a fronte della loro difficoltà diagnostica.

    Nel 2015 è stato presentato un nuovo documento “Dichiarazione di Consenso in tema di abuso sessuale”, ma nonostante sostengano sia un protocollo scientifico, è prettamente esperienziale. Questo perché non si basa sulla scienza, ma solo su esperienze dei professionisti firmatari e sulla base del fatto l’abuso sessuale è considerato “diffuso”, “frequente”, persino con bambini molto piccoli e nelle famiglie in conflitto, sostenendo che le circostanze “rimangono nella maggioranza nascoste e segrete”. Così come per la prima versione da me commentata, il documento lascia trasparire una filosofia essenzialmente verificazionista, anziché falsificazionista: è abbastanza comune e si chiama “deformazione professionale”, l’effetto per cui così come chi lavora con i bambini maltrattati ha l’impressione di vederne sempre di più. Questo fenomeno è stato definito Daniel Kahneman, premio Nobel nel 2002, “euristica della disponibilità”: la probabilità che si verifichi un determinato evento viene stimata sulla base della facilità con cui ricordiamo o siamo in grado di pensare ad esempi simili del passato. Il rischio è quindi quello di basarsi più sulla salienza percettiva di ricordi precedenti che su fatti e informazioni oggettive che consentirebbero un’adeguata stima della probabilità.

    Così facendo i professionisti credono di aver riscontrato il numero degli abusi che invece hanno prodotto, con il risultato drammatico che molte famiglie in conflitto, credendoci, fraintendono per esempio il rossore ai genitali (frequente nelle bambine) come un indizio, così come l’insonnia, l’enuresi notturne, la svogliatezza, che spesso sono invece la risposta emotiva al conflitto genitoriale, così la madre in questa circostanza si reca al Centro e il meccanismo (dell’abuso) si autoavvera.

    Il cosiddetto fenomeno della profezia che si autoavvera è, in questo campo, un grande pericolo contro cui noi che abbiamo redatto questi protocolli lottiamo ogni giorno. Dobbiamo comunque tenere conto che la paura per i falsi positivi fa aumentare i falsi negativi, e viceversa.

    Ecco perché è importante raggiungere un punto di equilibrio, ed i protocolli che negli anni abbiamo promulgato hanno proprio questo obiettivo, in un’ottica di tutela, in primis, dei diritti dei minori.

     Angelo Costanzo: Quali sono le implicazioni di tutto questo, per chi deve giudicare?

     Guglielmo Gulotta: Al Giudice viene oggi chiesto di non assumere un ruolo passivo di fronte allo scenario del sapere scientifico che si sta sempre più diffondendo, ma deve svolgere un ruolo critico. Questo assunto è stato ripreso ed approfondito da una recente pronuncia di legittimità (Cass. Pen., Sez. IV, n. 1627/2013) che precisa che “se ci si chiede dove il giudice, consumatore e non produttore di leggi scientifiche e prescrizioni cautelari, possa rinvenire la fonte precostituita alla stregua della quale gli sia possibile articolare il giudizio senza surrettizie valutazioni a posteriori, la risposta può essere una sola: la scienza e la tecnologia sono le uniche fonti certe, controllabili, affidabili”.

    Quando si parla di questioni così scientifiche, il Giudice non può fare capo al libero convincimento, ma deve motivare la propria decisione alla luce di quello che dice la scienza, come ribadito anche dalla sentenza ut sopra, che ribadisce che “di tale indagine il giudice è infine chiamato a dar conto in motivazione, esplicitando le informazioni scientifiche disponibili e fornendo razionale spiegazione, in modo completo e comprensibile a tutti, dell’apprezzamento compiuto”. È stato autorevolmente osservato che è inaccettabile che le parti, nell’esercitare il diritto alla prova scientifica, siano soggette al criterio del libero convincimento del Giudice, essendo tale criterio del tutto soggettivo (Ferrua P., 1998).

    Il ruolo del giudice peritus peritorum esprime ormai, come affrontato in una recente e nota sentenza della Suprema Corte di Cassazione “un modello culturale non più attuale e, anzi, decisamente anacronistico, quanto meno nella misura in cui pretenda di assegnare al giudice reale capacità di governare il flusso di conoscenze scientifiche che le parti riversino nel processo, ove invece una più realistica impostazione lo vuole del tutto ignaro di quei contributi, che sono il frutto di un sapere scientifico che non gli appartiene e non può – né deve – appartenergli” (Cass. Pen., Sez. V, n. 1105/2015).

    I protocolli che negli anni abbiamo promulgato servono proprio a questo: fornire indicazioni non solo per i professionisti ed esperti che si muovono in questi ambiti delicati, ma anche agli stessi Giudici che devono confrontarsi con questioni scientifiche sempre più complesse.

    Sorge una questione nel caso in cui i periti o i consulenti tecnici non utilizzano nella loro metodologia quanto indicato da queste linee guida. La conclusione a cui si arriva esaminando la giurisprudenza è che il comune denominatore delle sentenze della Suprema Corte di Cassazione è la conclusione che il Giudice di merito possa procedere ignorando le raccomandazioni delle linee guida, ma deve riuscire a raggiungere la non facile dimostrazione che, in base alle emergenze processuali del caso concreto, la prova è ugualmente affidabile e, cioè, che il fine al quale il suggerimento era teso sia stato ugualmente raggiunto. La Cassazione deve verificare le censure del ricorrente non sotto il profilo della violazione dei protocolli, ma sotto quello della congruità della motivazione.

     BIBLIOGRAFIA

    AA.VV., Carta di Noto. IV edizione, 2017, disponibile in formato pdf sul sito www.fondazionegulotta.org

    AA.VV., Linee Guida Psicoforensi, 2013, disponibili in formato pdf sul sito www.fondazionegulotta.org

    AA.VV., Memorandum Patavino, disponibile in formato pdf sul sito www.fondazionegulotta.org

    AA.VV., Protocollo di Venezia sugli abusi collettivi, 2007, disponibile in formato pdf sul sito www.fondazionegulotta.org

    AA.VV., Protocollo di Milano, 2012, disponibile in formato pdf sul sito www.fondazionegulotta.org

    Cabras C., La psicologia della prova, Milano, Giuffrè, 1996

    Ferrua P., Un giardino proibito per il legislatore. La valutazione della prova, in Quest. Giust., 1998, p. 587

    Gulotta G., Innocenza e colpevolezza sul banco degli imputati. Commento alle linee guida psicoforensi per un processo sempre più giusto, Milano, Giuffrè, 2018

    Gulotta G., Camerini G.B., Linee Guida Nazionali. L’ascolto del minore testimone, Milano, Giuffrè, 2014

    Kahneman D., Frederick S. (2002). Representativeness Revisited: Attribute Substitution in Intuitive Judgment, in Gilovich T., Griffin D., Kanheman D., Heuristics and Biases: The Psychology of Intuitive Judgement, Cambridge University Press, New York.

    Magro M.B., Le linee guida nella giurisprudenza e nel diritto penale: osservazioni a margine delle linee guida psicoforensi per un processo sempre più giusto, Cultura e diritti per una formazione giuridica, vol. 2, pp. 55-62


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