Enrico Manzon intervista Carolina Lussana, presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria dallo scorso novembre.
Bergamasca d’origine, avvocata. Eletta alla Camera dei deputati per tre legislature dal 2001 al 2013 con la Lega, ha ricoperto gli incarichi di vicepresidente della Commissione giustizia di Montecitorio, di vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte della giornalista Ilaria Alpi, di presidente del Comitato per la legislazione e di componente della Commissione antimafia. Sposata, mamma di due ragazzi di dodici e quattordici anni, attualmente vive a Roma. Lo scorso novembre è stata eletta presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
Presidente Lussana, ci dica il suo punto di vista sulla questione di genere. Sono rare le donne in posizioni apicali (c’è solo il precedente di Daniela Gobbi) negli organi di autogoverno. Una contraddizione in quanto nelle varie magistrature la presenza femminile è ormai maggioritaria.
Essere l’unica donna al vertice di un organo di autogoverno della magistratura da un lato è molto gratificante ma dall’altro mi fa comprendere come noi donne abbiamo ancora molta strada da fare. La parità di genere è un argomento da tempo al centro del dibattito pubblico. Bisognerebbe però passare dalle parole ai fatti. Mi spiego. La presenza femminile nelle varie magistrature ha da anni superato quella maschile e sono tante le donne magistrato che oggi ricoprono incarichi di vertice. Il pensiero va subito a Margherita Cassano, attuale prima presidente della Corte di Cassazione. Purtroppo, le donne magistrato devono ancora lottare per vedersi riconosciuti i propri meriti e sono spesso vittime di pregiudizi. Senza considerare le enormi difficoltà che incontrano coloro che hanno figli e che devono scegliere fra la carriera o la famiglia. Il nostro sistema certamente non le agevola. All’estero, nei Paesi del Nord Europa, gli uffici giudiziari sono tutti dotati di asili nido e ciò permette di conciliare il lavoro della donna magistrato con gli impegni familiari senza eccessivi sacrifici. Speriamo che anche in Italia ci sia presto un cambio di passo su questo aspetto. Per quanto riguarda invece la presenza femminile negli Organi di autogoverno le dinamiche sono diverse. Dico soltanto che ci vorrebbe più coraggio, ad iniziare dal Parlamento, nel candidare le donne e noi donne dovremmo imparare ad osare di più e a non ‘auto limitarci’, imparando dalla nostra presidente del Consiglio che ha dimostrato che i tetti di cristallo con volontà, determinazione e capacità si possono frantumare.
Il Cpgt e la riforma della giustizia tributaria. Quale sarà l’agenda della consiliatura appena iniziata? Quali i punti fondamentali e le priorità?
La domanda è complessa e merita una risposta articolata. L’elemento cardine della riforma della giustizia tributaria del 2022 è, senza ombra di dubbio, il giudice professionale e assunto per concorso. Su questo aspetto negli anni c’è stato un fortissimo dibattito, talvolta caratterizzato da accuse ingenerose nei confronti di coloro che svolgono anche a fronte di grandi sacrifici personali la delicata funzione di giudice tributario onorario. Una delle critiche che abbiamo ascoltato è sicuramente quella della asserita minore qualità delle pronunce tributarie di merito rispetto a quelle delle altre giurisdizioni. Alla base di questa affermazione vi sarebbe il numero di sentenze tributarie riformate in Cassazione, maggiore come detto rispetto a quelle civili e penali, e determinato dalla non professionalizzazione dei giudici tributari. Il ragionamento dimentica però che per oltre il 60 percento questi ultimi sono magistrati ordinari, consiglieri di Stato, giudici della Corte di Conti. La questione delle sentenze riformate in Cassazione, a mio avviso, attiene molto anche alla complessità della materia trattata, alle continue modifiche della normativa fiscale, ed ai cambiamenti imposti dall’Europa. Premesso che sono auspicabili interventi normativi di semplificazione, un magistrato professionale, specializzato, a tempo pieno, oggetto di formazione ed aggiornamento continua, certamente non potrà non aiutare comunque a ridurre il contenzioso di legittimità, con un miglioramento costante delle sentenze di merito. In attesa del primo concorso per giudice tributario professionale, il transito dei cento magistrati dalle altre giurisdizioni e che doveva essere lo ‘start up’ della nuova giustizia tributaria è andato molto male, con meno di un quarto dei posti che sono stati coperti. Nelle ultime settimane ci si è interrogati sulle cause di questo insuccesso. Come ho già avuto modo altre volte di ricordare, perché un magistrato dovrebbe cambiare se si trova bene nella sua giurisdizione? Il limite dei 60 anni ha sicuramente influito in senso negativo. Il Consiglio di Presidenza ha chiesto al governo di valutare se con diversi parametri il transito potrebbe risultare più attrattivo ma su una riapertura dei termini la cautela è d’obbligo. Vedremo cosa sarà possibile fare. Adesso è importante far convivere i neo giudici tributari professionali, i cui decreti di nomina sono stati appena registrati dalla Corte dei Conti, con i giudici tributari onorari. È di tutta evidenza che bisognerà affrontare la questione dei carichi di lavoro che oggi sono concepiti per una platea di soli giudici tributari part-time e non full-time. Sulla revisione della geografia giudiziaria, ferma ad una ventina di anni addietro, i dati non hanno bisogno di grandi commenti: ci sono Corti oberate di lavoro ed altre in cui il numero dei procedimenti incardinati è veramente molto basso. Anche in questo caso credo sia necessario metterci mano a breve e cercare la migliore soluzione. Sul rapporto fra giurisdizione speciale di merito e giurisdizione ordinaria di legittimità mi sento di dire che dovrà essere incentivato il ricorso ai nuovi strumenti, come il rinvio pregiudiziale, previsti dal legislatore. Il ricorso in Cassazione deve ricondursi alla sua funzione, quella nomofilattica. Va ricordato, e concludo, che con la riforma a regime la Sezione tributaria della Cassazione sarà comunque composta esclusivamente da giudici che nelle fasi di merito non hanno mai esercitato la funzione di giudice tributario.
Come vede il Cpgt all’interno del sistema istituzionale?
Il Cpgt è perfettamente consapevole del delicato compito che gli è affidato. Considero il Consiglio un ‘baluardo’ per garantire l’indipendenza esterna ed interna dei giudici tributari. In tale scenario i rapporti del Cpgt con gli altri Organi di autogoverno sono da sempre eccellenti ed inspirati alla massima collaborazione. Con il Csm, ad esempio, abbiamo già in programma di dar vita ad un tavolo di lavoro per affrontare tematiche di interesse comune, come quello del reclutamento dei magistrati che in Italia ha tempi troppo lunghi. Riguardo i rapporti con il Parlamento ed il governo, essendo stata parlamentare per diversi anni, credo vadano improntanti al rispetto reciproco senza sconfinamenti di sorta. Il principio della separazione dei poteri è sacro e personalmente non apprezzo quando un magistrato si ingerisce in tematiche che competono al legislatore o al potere esecutivo: c’è il rischio che la sua terzietà ed imparzialità venga irreparabilmente compromessa agli occhi del cittadino. Più articolato è il discorso per quanto concerne il rapporto, non risolto ma addirittura amplificato dalla riforma, con il Mef. È un tema molto sentito soprattutto dai vari operatori del settore, avvocati e commercialisti, che puntavano ad una diversa collocazione della giustizia tributaria. Per questo motivo, credo, sia assolutamente necessario rafforzare sempre più l’autorevolezza, l’autonomia e le prerogative del Cpgt a garanzia e tutela dei giudici tributari e dei cittadini contribuenti.
Il Cpgt sta vivendo un profondo rinnovamento. Come vive questa fase?
Questa domanda si riallaccia in parte alla precedente. Il Cpgt all’indomani della riforma è stato subito oggetto da forti cambiamenti. Fra le novità, mi piace ricordarlo, la creazione dell’Ufficio ispettivo e del Massimario a cui si dovrà ora dare celere attuazione. Il mio cruccio, rispetto agli altri Organi di autogoverno ad iniziare dal Csm, riguarda la mancanza di un ruolo organico del personale. L’autonomia ordinamentale e funzionale è una questione centrale che necessita soluzioni. Merito indiscusso della riforma è aver dato riconoscimento e pari dignità alla giustizia tributaria, di fatto creando la quinta giurisdizione. Adesso serve completare questo processo di equiparazione. Un primo passo è consentire ai consiglieri magistrati ordinari di poter andare fuori ruolo per dedicarsi a tempo pieno alle attività consiliari. Ciò contribuirebbe a riconoscere il delicato ed impegnativo compito da essi assunto e che non è facilmente conciliabile con l’attività giurisdizionale. Stiamo valutando anche modifiche regolamentari che consentano la creazione di un Servizio Studi o altri strumenti di ausilio e supporto dell’attività dei consiglieri. E poi ci sarà da affrontare il problema delle risorse economiche. Per quanto concerne infine la formazione, una attività propria del Consiglio, daremo il via alla Scuola superiore della giustizia tributaria di cui abbiamo già nominato il direttore scientifico. Ci sarà grande attenzione al percorso formativo, in collaborazione con il mondo accademico scientifico, valorizzando anche l’esperienza selezionata e comprovata dei giudici tributari in servizio o in quiescenza.
(Immagine: particolare da Théophile-Alexandre Steinlen, Conversation, litografia, Chicago Art Institute)