“Le persone dimenticate”: l’OCF al CNEL rilancia la riforma del sistema carcerario
Roma, 10 luglio 2025 – In piena estate, con temperature record, le carceri italiane si trasformano in trappole di calore. Celle roventi, sovraffollamento, strutture fatiscenti e personale insufficiente rendono le condizioni di detenzione non solo disumane ma pericolose per la salute e la vita dei detenuti e degli operatori. È da questo scenario estremo che l’Organismo Congressuale Forense (OCF) ha scelto di partire per rilanciare con urgenza una riforma profonda del sistema penitenziario, durante l’evento “Le persone dimenticate”, ospitato oggi al CNEL.
I numeri parlano da soli: 62.722 detenuti in spazi pensati per 46.706, con un tasso di sovraffollamento del 134,29%. A ciò si aggiungono 34 suicidi tra i detenuti e 2 tra gli agenti penitenziari dall’inizio dell’anno, segno di un malessere diffuso che il caldo estremo sta solo esasperando. Celle senza aria condizionata, ambienti chiusi e affollati, mancanza di personale e impossibilità di accedere a percorsi rieducativi rendono il carcere un luogo invivibile.
“In troppe carceri italiane si muore di caldo, di abbandono e di silenzio. La pena detentiva, per Costituzione, deve tendere alla rieducazione. Ma come può esserci riscatto laddove si nega la dignità umana più elementare, come l’accesso a un ambiente vivibile? Questo non è più solo un tema di giustizia penale, ma una questione morale e civile”, ha dichiarato il Coordinatore dell’OCF Mario Scialla.
L’incontro è stato aperto dal Presidente del CNEL Renato Brunetta, che ha dichiarato “Il tema carcerario non può più essere affidato solo alla buona volontà dei singoli. Stiamo parlando di un universo di oltre 250.000 persone coinvolte, tra detenuti, soggetti in esecuzione esterna e in attesa di esecuzione della pena. Per dare risposte strutturali, non bastano le buone pratiche isolate: servono interventi sistemici, replicabili in tutti i 189 istituti penitenziari italiani. È questo il nostro “coefficiente di razionalità”. Per questo, abbiamo avviato un accordo con Cassa Depositi e Prestiti, coinvolgendo le sue partecipate, per promuovere numerosi progetti di investimento in carcere: spazi, formazione, capitale umano, logistica, tecnologie, contrattualistica. Parallelamente, stiamo lavorando per includere i detenuti nella piattaforma SIISL del Ministero del Lavoro, nata per il matching tra domanda e offerta per i soggetti più fragili. Un’infrastruttura che, se estesa anche al mondo penitenziario, potrà diventare uno strumento reale di reinserimento sociale e lavorativo. È un lavoro complesso, ma necessario. Solo dando struttura, visione e continuità all’azione istituzionale, potremo onorare davvero l’articolo 27 della nostra Costituzione”.
La giornata ha visto la partecipazione di giuristi, accademici, operatori del settore e testimoni diretti come Beniamino Zuncheddu, che ha raccontato i suoi trent’anni di ingiusta detenzione, e Andrea Noia, esempio concreto di reinserimento sociale attraverso il lavoro.
L’OCF ha ribadito l’urgenza di una riforma su tre direttrici principali:
Investimenti strutturali: non solo nuove carceri, ma riqualificazione dell’esistente, con spazi adeguati per attività formative, lavorative e trattamentali. Fondamentale anche garantire il diritto all’affettività, come stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 10/2024.
Potenziamento delle misure alternative: comunità terapeutiche, case famiglia, centri di servizio sociale, per favorire percorsi di pena che permettano il reinserimento nel tessuto sociale, in una logica non emergenziale ma di sistema.
Riforma del processo esecutivo: snellimento del procedimento di sorveglianza e rafforzamento del ruolo della difesa anche nella fase esecutiva, attraverso la formazione specialistica degli avvocati e il dialogo interdisciplinare con magistrati, educatori, psicologi e terzo settore.
Inoltre, è stata rilanciata la necessità di valutare la proposta di legge sulla liberazione anticipata come strumento immediato per alleggerire la pressione interna, nell’attesa di riforme strutturali.
Il messaggio è chiaro: il carcere non può essere una zona grigia della Repubblica. È lo specchio del nostro grado di civiltà democratica.