A proposito dei cosiddetti casi simili a Bibbiano, i processi di Modena verità e racconto.
di Morena Plazzi
Alcuni giorni fa in un articolo pubblicato da Giustizia Insieme (https://www.giustiziainsieme.it/it/attualita-2/846-a-proposito-di-bibbiano-e-casi-simili-ovvero-alcune-riflessioni-critiche-all-indomani-del-clamore-mediatico) nel quale veniva affrontato il tema, attualissimo e molto discusso, dei procedimenti coinvolgenti soggetti minori, a partire dal caso di Bibbiano, si affermava, nei paragrafi iniziali, un parallelismo tra un caso modenese di cui si chiede la riapertura dopo più di vent’anni, chiamato dai media “Veleno”, e quello di recente trattato e discusso – anche perché portato al centro di una incalzante campagna elettorale appena conclusa – riguardante i servizi sociali di Bibbiano (RE) e la gestione degli affidi di minori.
Alcune precisazioni risultano necessarie perché i processi della Bassa modenese (il titolo “Veleno” in realtà è il titolo dell’inchiesta videogiornalistica di Repubblica.it, all’epoca non venne dato alcun nome a quella vicenda tristissima) non hanno in realtà molto a che spartire con Bibbiano.
Davanti al Tribunale di Modena, tra il 1998 e il 2002, vennero in successione celebrati tre processi per gravissime ipotesi di abuso sessuale in danno di minori e, complessivamente, quei processi si conclusero con quattordici condanne (a pene tra 10 e 12 anni) e sette assoluzioni definitive. In quei processi gli operatori sociali, che non hanno nulla a che fare con quelli del caso “Bibbiano”, furono sentiti come testimoni e nessuno di essi coinvolto come imputato o ancor solo indagato.
I tre processi modenesi si sono svolti a cavallo tra fine anni Novanta e inizio anni Duemila, e va anche tenuto conto che all’epoca le conoscenze scientifiche in tema di audizione di minori abusati, domande suggestive, induzione di falsi ricordi e così via erano, non solo a Modena, ad uno stato iniziale; nelle sentenze modenesi si dedica ampio spazio alle problematiche delle conoscenze utilizzabili in relazione al tema dell’audizione dei minori abusati ed è certamente questo l’aspetto che più si collega alle questioni affrontate, in modo problematico, dall’articolo pubblicato alcuni giorni fa ma anche quello per cui è giusto ricordare come si svolsero e con quali esiti i processi celebrati dal Tribunale di Modena e dalla Corte d’Appello di Bologna (oltre ai provvedimenti adottati dal Tribunale per i Minorenni di Bologna).
Senza entrare nel dettaglio dei singoli procedimenti, ma solo per chiarire il passaggio nel quale si afferma che “nel caso dei “Diavoli della Bassa” che risale agli anni ’90 molti adulti sono stati accusati di abuso sessuale collettivo di natura satanica e i loro figli sono stati sottratti alle famiglie con procedure di estrema urgenza. Dopo varie vicende giudiziarie, il caso si è concluso con l’assoluzione dei genitori imputati, con una sola eccezione..” va allora ricordato che se nel primo processo tutti gli imputati (sette) riportarono condanne divenute definitive e che già nel 2001 venne respinta la domanda di revisione del processo presentata da alcuni dei condannati, nel secondo vennero giudicati responsabili, con sentenza definitiva, sette dei diciassette imputati (per tre di questi venne riconosciuto il c.d. bis in idem rispetto ai quei fatti per cui la pena era già stata inflitta); nessuna delle pronunce assolutorie riguardava la sussistenza del fatto bensì i profili di responsabilità individuale.
Questo si può affermare anche in merito al terzo processo, nei confronti dei genitori di minori già ritenuti vittime – nei precedenti- di plurimi fatti delittuosi ad opera di altri stretti congiunti.
In quest’ultimo processo, dopo una condanna in primo grado seguirono le assoluzioni in appello ai sensi dell’art. 530 co.2 c.p.p., sentenze che oltre dal Procuratore Generale vennero impugnate dalle persone offese, costituite parte civile e nel frattempo divenute maggiorenni.
In tutte le sentenze, in ogni grado, vi è stato esplicito e ripetuto riconoscimento che gli abusi sessuali era avvenuti ed erano stati commessi, laddove vi furono assoluzioni, all’interno dello stesso contesto familiare.
In estrema sintesi: nei processi modenesi sono stati accertati con sentenze definitive abusi sessuali su sette bambini e inflitte condanne, tutte definitive ed espiate, per circa 120 anni complessivi di reclusione.
Per questo oggi accomunare le vicende modenesi di più di vent’anni fa al caso di Bibbiano può confondere e confonderci le idee.
Per quanto siano essenziali e perfettamente presenti a tutti, nella loro problematicità, i temi dell’ascolto del bambino, della prova nei processi con vittime minori, del bilanciamento tra garanzia dei diritti del minore e diritto al contraddittorio/diritti della difesa così come affrontati nell’articolo che ha dato spunto a questa breve nota, è anche partendo dalla verità processuale qui riportata che si potrà sviluppare un contributo scientifico utile per il futuro.
[1] “A proposito di Bibbiano e casi simili ovvero alcune riflessioni critiche all’indomani del clamore mediatico” scritto da Giuliana Mazzoni e Antonietta Curci – pubblicato il 22/1/2020