Sommario: 1. Premessa e contesto di riferimento - 2. Contenuti della proposta di riforma della Corte dei conti - 2.1 Interventi sulla responsabilità erariale- 2.2. Interventi sulla funzione di controllo - 2.3 I profili organizzativi – 3. Conseguenze della riforma sull’intero sistema delle garanzie.
1. Premessa e contesto di riferimento
Dopo un letargo durato quasi un anno la riforma della Corte dei conti si è risvegliata e punta a completare l’iter approvativo alla Camera dei Deputati con il dibattito in Aula il 7 aprile. prossimo. Obiettivo di Governo e maggioranza è ottenere un primo via libera a Montecitorio entro aprile, perché alla fine di aprile scade l'ennesima proroga dello scudo erariale, norma che impedisce alle procure contabili di perseguire i danni erariali per «colpa grave ( disposizione varata nel periodo pandemico con l’art 21 del DL 76/2020,e più di recente prorogata ancora nel decreto mille proroghe DL 27/12/24, n 202»), una riforma approdata al secondo ramo del Parlamento darebbe un argomento forte per superare possibili obiezioni costituzionali sull'ennesima proroga.
Il «Ddl Foti», presentato il 19 dicembre 2023 dall’attuale ministro per il Pnrr quando era capogruppo di Fratelli d´Italia, atto Camera n. 1621, è tornato alla ribalta all’inizio di quest’anno anche per una riformulazione del testo con emendamenti a cura dei due nuovi relatori, che, nello stravolgere il testo originario, hanno anche proposto con l’emendamento 2.07. (art 2bis.) una delega con diversi punti di intervento volti a ridefinire in modo massiccio le attribuzioni e l’organizzazione della Corte dei conti.
La Corte dei conti è un giudice garante imparziale degli equilibri economico finanziari del settore pubblico e della corretta gestione delle risorse, al servizio della collettività, così è stata definita, in diverse sentenze, dalla Corte costituzionale, in attuazione dell’art 100 Cost e, ai sensi dell’art 103 Cost, ha giurisdizione nelle materie di Contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge.
Da molti mesi quindi un organo di garanzia, vitale negli snodi del sistema democratico, è posto sotto scacco dalla minaccia di un radicale cambiamento delle proprie funzioni. La causa scatenante di tale riforma non è l’esigenza di migliorare il sistema delle funzioni ma “è la paura della firma del funzionario pubblico che affligge il funzionamento della pubblica amministrazione italiana”, questo è indicato nella relazione che accompagna il disegno di legge.
Sotto tale profilo è illuminante l’intervista rilasciata sull’argomento dal procuratore di Napoli Gratteri il 27 marzo scorso a Piazza Pulita “La riforma della Corte dei conti è un colpo di spugna (…) Si parla molto poco di questa riforma (…) i pubblici amministratori possono fare quello che vogliono senza dare conto a nessuno e senza avere un minimo di responsabilità. Nell’attuale sistema essi rispondono solo per colpa grave (…) essi risponderanno solo se fanno un danno con dolo (…) nessuno pagherà più. Pagheranno solo gli italiani (…) A vantaggio di chi? (…) Si sentono perseguitati la paura della firma, come anche sull’abuso d’ufficio che è stato abrogato, si narrano favole, il sindaco non firma nulla è il funzionario che firma e non il sindaco, comunque se il sindaco ha un dubbio può chiarirsi chiedendo al segretario comunale, alle prefetture, specialisti in diritto amministrativo”.
Sostanzialmente le modifiche proposte sulle due funzioni rispondono alla logica di creare esimenti relative alla responsabilità erariale a cui sono tenuti i funzionari pubblici che causano un danno alle risorse pubbliche, in caso di colpa grave e non hanno quindi l’obiettivo di migliorare le funzioni.
Il quadro che emerge non lascia dubbi in ordine alla possibilità di favorire l’impunità per i politici coinvolti in cattiva gestione dei fondi pubblici. Inoltre la riforma che va emergendo potrebbe indebolire il sistema dei controlli sulle risorse pubbliche, riducendo la possibilità di chiedere conto agli amministratori degli eventuali danni erariali causati. Il rischio è che si possa consentire agli amministratori pubblici di sfuggire alle proprie responsabilità senza dover risarcire adeguatamente i danni causati alla collettività dalla propria azione gravemente colposa.
Fin dalla presentazione del DDLL vanno registrate delle anomalie, non solo la disponibilità del testo si è avuta solo dopo due mesi dalla sua presentazione, ma lo stesso è stato interessato anche da varie riscritture del testo base per interventi radicali dei relatori. Inoltre, nonostante le diverse audizioni dei vertici della Corte (Presidente, Procuratore Generale) e dell’Associazione magistrati e la consegna di documenti fra cui un parere reso dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti n 3/2024, che ha fornito con completezza profili di criticità, nessun elemento fra quelli proposti è stato recepito. L’impressione è che l’attività parlamentare abbia un peso relativo rispetto a decisioni assunte altrove. Tale conclusione la si trae anche seguendo il dibattito nelle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera dei Deputati, presso le quali si esamina il DDLL. Infatti, se si analizza l’iter dei lavori e l’approvazione degli emendamenti presentati, prevalentemente, dalle opposizione, si assiste al rigetto sistematico degli stessi da parte della maggioranza senza o con limitato dibattito, ed invece all’approvazione di quelli, limitati nel numero ma molto insidiosi, presentati dalla maggioranza, anche se assolutamente improponibili (si segnala su tutti il recente sub emendamento 1.23- definito un salvacondotto per i politici), attraverso un copione scontato e prevedibile.
Nel completare preliminarmente il contesto di riferimento, è necessario segnalare anche la recente sentenza della Corte costituzionale n 132/2024 con cui la Corte, nel dichiarare inammissibili le questioni sollevate sulla reiterazione dello “scudo erariale”, ha formulato, in modo inusitato, vere e proprie linee direttive al legislatore riprendendo in più punti il disegno di legge richiamato.
Dai lavori parlamentari emerge che sono già stati esaminati la metà degli emendamenti e sub emendamenti presentati (n 240).
2. Contenuti della proposta di riforma della Corte dei conti.
Con l’obiettivo di modificare il sistema di responsabilità amministrativa e rendere più efficienti i controlli sulla gestione della cosa pubblica, la riforma interviene su tre linee di azione: responsabilità erariale (giurisdizione e procure), controllo e organizzazione.
2.1 Interventi sulla responsabilità erariale
Sono numerose le criticità nel testo della riforma.
- La quantificazione del danno erariale addebitabile e risarcibile. Il risarcimento non potrà superare il 30% del danno accertato e non potrà eccedere il doppio della retribuzione annua del responsabile, fissando quindi un tetto massimo per le condanne (emendamento 1.58). In caso di danni di notevole entità, la misura del risarcimento risulterà assolutamente irrilevante. Si rammenta che nella disciplina attuale la responsabilità erariale è assistita da particolari condizioni rispetto al sistema di risarcimento civilistico, non solo per il livello della colpa, (colpa grave)ma anche rispetto all’entità del danno da risarcire, visto che il giudice ha la possibilità di applicare il potere riduttivo sull’entità del danno accertato.
- L´indeterminatezza nella scriminante dell´atto vistato (si veda oltre sul controllo)
- L´avvenuto spontaneo adempimento del pagamento di ogni importo indicato nella sentenza definitiva di condanna determina la cessazione di ogni altro effetto della condanna medesima. Quindi ai sensi di questa norma, approvata con l’emendamento 1.60, qualora l’agente provveda spontaneamente al pagamento degli importi indicati nella sentenza definitiva non si avranno ulteriori ricadute in termini disciplinari o con riguardo ad altre sanzioni accessorie (Ad esempio, se il funzionario pubblico colpevole paga quanto previsto ed estingue il debito indicato, non operano le incompatibilità, potrà partecipare a concorsi pubblici).
- Il decorso del termine per la prescrizione Con un altro emendamento dei relatori approvato dalle Commissioni è stato modificato in modo rilevante il regime della prescrizione. Si prevede che il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso "indipendentemente dal momento in cui l’amministrazione o la Corte dei conti ne siano venuti a conoscenza". In caso di occultamento doloso del danno, "realizzato con una condotta attiva", precisa l´emendamento, (1.61), “la prescrizione di cinque anni si considera dalla data della sua scoperta”. Il concetto di “condotta attiva” dell'interessato è tutto da costruire sul piano della giurisprudenza. Nei casi più comuni in cui l’amministrazione omette la segnalazione che aveva l’obbligo di effettuare è evidente che la fattispecie di danno è interamente ascrivibile all’inerzia ed all’incuria del titolare dell’obbligo. Pertanto l’approvazione di questa norma costituisce un ulteriore colpo alla possibilità di ottenere un risarcimento del danno erariale visto che aumenteranno i casi di prescrizione dell’azione.
- L’introduzione di uno scudo per i politici “la buona fede dei titolari degli organi politici si presume, fino a prova contraria, fatti salvi i casi di dolo, quando gli atti adottati dai medesimi titolari nell’esercizio delle proprie competenze, sono proposti, vistati o sottoscritti dai responsabili degli uffici tecnici o amministrativi in assenza di pareri formali interni o esterni di contrario avviso”. Con tale norma gli amministratori (membri del governo, sindaci, responsabili di organi regionali e provinciali), in virtù di una singolare presunzione di buona fede, non saranno più responsabili per danno erariale, qualora gli atti amministrativi siano stati approvati sulla base di pareri tecnici o amministrativi. In pratica, poiché vi sono sempre alla base come presupposti dei pareri tecnici e/o amministrativi (del segretario comunale, del responsabile finanziario, dell’ufficio tecnico) i politici saranno esenti da responsabilità per colpa grave. Saranno condannati solo nel caso venga dimostrato il dolo, ovvero l’intenzione fraudolenta. L’emendamento presentato dalla maggioranza e approvato rafforza quanto previsto dalla legge 20/1994, che già dispone, nel caso di atti rientranti nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi, che la responsabilità non si estenda “ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione”. Nell’attuale disciplina la buona fede deve essere documentata, invece con la recente norma non dovrà più essere provata ma sarà presunta fino a prova contraria, invertendo, pertanto, l’onere della prova, che viene posto a carico del giudice contabile. ll provvedimento estende quindi il perimetro dell’irresponsabilità contabile in modo irragionevole, in violazione dei princìpi costituzionali e dello Stato di diritto, ipotizzando una sostanziale impunità. È evidente che tale modifica indebolisce il sistema dei controlli di legalità sulla spesa pubblica, riducendo e sostanzialmente vanificando la possibilità di chiedere conto agli amministratori per eventuali danni causati all’erario e crea un vulnus all’intero sistema della finanza pubblica. È evidente che l’indebolimento dei controlli sulle risorse pubbliche consentirà agli amministratori pubblici di sfuggire alle proprie responsabilità riducendo l’effetto di deterrenza e favorendo l’elusione del principio di prudenza e precauzione che ha sempre caratterizzato la gestione della cosa pubblica, con grave tenuta del sistema democratico, in un momento in cui, l’utilizzazione delle consistenti risorse europee legate al PNRR imporrebbe l’accentuazione di tali cautele, come richiesto dall’art 22 del REG EU 241/2021, che impone agli SM di prevenire, con adeguati controlli, le frodi, le irregolarità, i conflitti d’interessi, i doppi finanziamenti, la corruzione. Dalla disciplina approvata emerge, senza ombra di dubbio, che nel caso di violazioni l’Italia risponderà, con riguardo ai comportamenti negligenti dei propri funzionari, sacrificando solo risorse del proprio erario e quindi di tutti i cittadini. Siamo molto lontani dal principio etico di chi ritiene che ad un grande potere corrisponda una grande responsabilità, si tratta invece di considerare, che a maggiori poteri corrisponda l’insindacabilità. Seguendo tale linea di intenti è possibile leggere la recente norma dell’art 8, comma 7 del DL 25/2025, che ha previsto,per i politici che si siano resi responsabili del dissesto di un ente, la candidabilità, modificando il precedente regime addirittura attraverso l’utilizzo di uno strumento d’urgenza quale è il decreto legge.
- La riorganizzazione degli uffici di procura e del loro ruolo e la gerarchizzazione delle Procure territoriali rispetto alla Procura Generale. L’emendamento 2.07, ha aggiunto l’art 2 bis, prevedendo una delega in materia di organizzazione ed efficienza della Corte dei conti, che, fra i principi ed i criteri direttivi ha indicato, al c 2, lett d,) ed e ), la riorganizzazione delle funzioni requirenti. Attualmente seguendo il codice di giustizia contabile si individua un Procuratore generale e un procuratore Regionale con vice procuratori generali e sostituti procuratori generali addetti all’ufficio per ogni Regione, con competenza esclusiva a promuovere le azioni di responsabilità nel territorio di competenza. La norma di riforma, ancora nella fase della proposta, fa riferimento alla Procura generale ed a procure territoriali (non più regionali) rette da un procuratore preposto all’ufficio (non più un procuratore regionale) sotto il coordinamento del Procuratore generale; a quest’ultimo sarebbero riconosciuti generali poteri di indirizzo e coordinamento, poteri di avocazione delle istruttorie in caso di violazione degli indirizzi ed ancora l’obbligo del PG di sottoscrivere, a pena di nullità, gli atti più rilevanti, congiuntamente al procuratore territoriale. È evidente che l’assetto indicato, qualora approvato, creerebbe un’ampia gerarchizzazione che mal si concilia con l’autonomia di cui sono dotati i magistrati, che, secondo la Costituzione, si distinguono fra loro solo per diversità di funzioni (art 107, c. 3, Cost). L’assetto proposto segna un ritorno alla situazione antecedente agli anni 1991 /93 in cui la funzione requirente era accentrata, in prevalenza, presso gli uffici del Procuratore Generale a Roma. Ma è evidente, anche con riguardo alla giurisprudenza del Giudice delle leggi ed in linea con l’esperienza più che trentennale, che le Procure Regionali, nell’interesse delle medesime amministrazioni presenti sul territorio, non possono essere ridotte a involucri vuoti, ma devono continuare ad essere veri presidi di legalità sul territorio, efficaci e tempestivi non solo nella repressione ma anche nella prevenzione del danno erariale, svolgendo un fondamentale ruolo di deterrenza.
2.2 Interventi sulla funzione di controllo
La Corte dei conti svolge diversi controlli sia in sede centrale che nelle sedi regionali, la riforma si occupa del potenziamento del controllo preventivo su atti, perché direttamente collegato all’effetto esimente della responsabilità del funzionario/-agente. Ma la modifica proposta investe l’intero sistema dei controlli visto che, soprattutto in sede regionale, per la mole di atti presumibilmente in arrivo e la scarsità di risorse umane disponibili, sarebbero difficilmente eseguibili gli altri controlli.
I profili più rilevanti delle modifiche in itinere sono i seguenti.
-Si stabilisce che qualora un atto della PA superi il controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti, non sia più possibile sottoporre a giudizio per responsabilità erariale gli amministratori che lo abbiano adottato, qualora dalla sua attuazione derivino danni all’erario. È evidente che tale norma è indirizzata a definire un’esimente automatica, a prescindere dalle azioni che ne conseguono e dal comportamento del funzionario/amministratore.
-Si segnala poi l’emendamento 1.56, che modifica l'articolo 1 della legge n.20/1994, prevedendo l'esclusione della gravità della colpa, quando il fatto dannoso tragga origine, non solo dall'emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, ma anche dagli atti richiamati e allegati che costituiscono il presupposto logico e giuridico dell'atto sottoposto a controllo. Con tale disposizione le condotte gravemente colpose e dannose saranno intangibili, indiscriminatamente, a condizione che derivino dall'atto vistato o da quelli allegati e richiamati nello stesso È evidente che c’è anche il rischio di un rallentamento dell'azione amministrativa, non in linea con la conclamata esigenza di semplificazione. E ’infatti immaginabile che possa essere necessario ampliare l'istruttoria del controllo, spinti dalla necessità di svolgere anche un ulteriore controllo sugli atti richiamati.
-Altra norma ha previsto che, trascorsi i trenta giorni indicati dal procedimento di controllo, in assenza di deliberazione da parte della Sezione, l’atto si intende registrato, anche ai fini dell’esclusione della responsabilità. Con una sorta di silenzio assenso, si considererà eseguito il controllo della Corte dei conti senza che nessun vaglio di legittimità sia stato svolto dai magistrati, estendendo il medesimo regime di esenzione previsto in caso di vaglio preventivo di legittimità. Un'estensione pericolosa, come è stato evidenziato dal parere sulla proposta di legge Foti, reso dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti (n.3/2024), che ha osservato come "sul piano sostanziale, l'esclusione dalla colpa grave in caso di silenzio determina l'apodittico discarico da responsabilità rispetto ad atti per i quali non vi è stata alcuna valutazione di legittimità”. Il silenzio assenso sarà equivalente alla registrazione degli atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, indipendentemente dal fatto che il magistrato contabile si pronunci o meno. Si tratta di una norma che "crea evidenti profili di incertezza su dove estendere questa sorta di scudo tombale perché alla base non vi è neppure un atto di registrazione ufficiale del magistrato, ciò impedirà di procedere nei confronti dei dirigenti pubblici per colpa grave, quindi per grave negligenza, incuria, imperizia ed il relativo, eventuale danno sarà a carico dei cittadini. Tale modalità potrà essere oggetto di censure davanti alla Corte Costituzionale".
La riforma DDL 1621 del 2024 introduce, poi, in materia di PNRR e Piano nazionale di Investimenti Complementari (PNC)) un controllo preventivo eventuale su atti di aggiudicazione di appalti lavori e forniture o su atti conclusivi di affidamento a richiesta degli enti locali o delle Regioni, attraverso un macchinoso procedimento. Il controllo positivo o il mancato controllo per scadenza del termine produce l’effetto esimente della responsabilità del funzionario che ha sottoscritto l’atto, qualora derivino danni all’erario. È poi prevista un’incongruente estensione a tutti i soggetti pubblici che gestiscono il PNRR ed il Piano nazionale di Investimenti Complementari (PNC), che com’è noto sono i più disparati ed in notevole numero.
È un pericoloso ritorno al passato, a prima del gennaio 1994, quando la legge n. 20/1994 ha drasticamente ridotto i controlli preventivi della Corte dei conti a favore dei controlli sulla gestione come previsto negli altri Paesi UE e per il bilancio UE. Con riguardo alle Regioni ed agli enti locali, enti dotati di autonomia costituzionalmente garantita, possono essere poi sollevati delicati problemi di costituzionalità dopo la riforma del Titolo V (legge n 3/2001). Va poi evidenziato che l’anticipazione del controllo preventivo, al momento dell’aggiudicazione dell’appalto allontana i controlli della Corte dalle fasi dell’esecuzione, nelle quali si annidano inerzie, inefficienze ed altre irregolarità gestionali foriere spesso di gravi ritardi. Inoltre sottrae risorse preziose ai controlli finanziari svolti dalle Sezioni di controllo regionali sui bilanci degli enti locali e sui bilanci delle Regioni, controlli indispensabili per tenere sotto controllo gli equilibri degli enti territoriali (art. 81 Cost) e scongiurare disavanzi eccessivi. Il ruolo di ausilio tecnico dei controlli della Corte dei conti è volto in questi casi ad evidenziare, con tempestività, le criticità finanziarie della gestione, che possono emergere per indebitamenti eccessivi ed incontrollati e che necessitano di misure tempestive di risanamento stabili per evitare di compromettere il futuro degli enti e quindi i servizi ai cittadini. È infatti evidente che un indebitamento eccessivo e fuori controllo condurrà l’ente all’impossibilità di onorare i propri debiti verso i creditori, con forti rischi di dissesto degli enti medesimi.
Viene quindi in rilievo l’esigenza di assicurare la buona gestione dei conti pubblici, anche in relazione ai vincoli che derivano all’Italia dall’appartenenza all’UE, assicurando, con un controllo costante sui bilanci e sui rendiconti degli enti territoriali, che siano preservati gli equilibri delle relative finanze, per evitare disavanzi eccessivi. Si rammenta, infatti, che il Piano strutturale di bilancio di medio termine, presentato dal Governo in attuazione del nuovo Patto di stabilità individua un percorso prestabilito per la finanza pubblica (per i prossimi 4 anni estesi a 7 anni), al fine di raggiungere una riduzione del rapporto debito PIL ed una diminuzione del debito pubblico, che va garantita anche dalle amministrazioni locali che impegnano 1/3 della spesa delle Amministrazioni Pubbliche. Ciò va assicurato favorendo ed incentivando il debito buono, a sostegno della crescita e degli investimenti, rispetto a quello cattivo (indebitamento per spesa corrente), è imprescindibile l’esigenza di una rigorosa azione della Corte dei conti sotto il doppio profilo della lotta agli sprechi e della correzione dei disavanzi. Ma tale problematica sembra estranea al legislatore del DDLL 1621.
2.3 I profili organizzativi
L’emendamento 2.7, nel prevedere la legge delega, non fa cenno ad una Commissione deputata allo studio e redazione delle norme con componenti dotati di quei requisiti di tecnicità e competenza necessari per l’elaborazione di una disciplina così complessa.
La delega nelle linee direttive oltre alle funzioni di procura, in precedenza menzionale, richiama anche altri profili organizzativi relativamente alle funzioni di controllo, consultive e giurisdizionali (art 2 bis, c 2, lett a) ); il criterio proposto fa riferimento a livello centrale a Sezioni “abilitate a svolgere unitariamente funzioni di controllo, consultive, referenti e giurisdizionali ordinate in collegi con provvedimenti del Presidente della Corte (senza fare riferimento a criteri oggettivi e predeterminati, come sarebbe stato preferibile), mentre sul territorio, distingue in modo chiaro la previsione di una sezioni con funzioni consultive, di controllo e referenti e di una sezione con funzioni giurisdizionali ( art 2 bis, c 2lett c), n1.)
La differenza fra le sezioni centrali e quelle del territorio non ha motivo di esistere e può forse spiegarsi con una svista… Infatti la diversa tipologia delle funzioni giustifica la struttura territoriale indicata nelle due sezioni. Sotto tale aspetto le posizioni non sembrano ancora particolarmente chiare e denotano da parte del legislatore una scarsa conoscenza dell’Istituto su cui opera la riforma e delle relative funzioni.
Viene poi affermata, sotto il profilo delle risorse umane e strumentali, l’esigenza di rafforzare il sostegno alle funzioni consultiva e di controllo, rispondendo alla logica che anima l’intera riforma che vorrebbe attribuire alla Corte dei conti un ruolo consulenziale preventivo (si parla infatti di rilasciare pareri non più su fattispecie astratte, ma bensì su fattispecie concrete), volto ad influenzare la gestione delle Amministrazioni pubbliche, a servizio dello Stato apparato, più che valorizzare, nel ruolo indipendente e neutrale, il ruolo di garanzia della correttezza finanziaria, in ausilio allo Stato Comunità e quindi al servizio dei cittadini, come in più sentenze ha sottolineato la Corte costituzionale.
3. Le conseguenze della riforma sull’assetto dell’intero sistema
Emerge dal quadro descritto un radicale ridimensionamento delle funzioni dell’Istituto, che diventa più simile ad un’autorità amministrativa indipendente (Autority), perdendo le caratteristiche di un potere giudiziario non accentrato e gerarchizzato, ma diffuso e orizzontale.
La perdita di effettività della giurisdizione e l’indubbia limitata incidenza dell’azione di responsabilità erariale da parte delle procure contribuirebbero a marginalizzare i giudici contabili rispetto alle altre Magistrature.
È evidente che il ruolo della magistratura contabile ne esce profondamente snaturato con gravi conseguenze sui beni e sui valori che in base alla Costituzione la Corte dei conti è chiamata a difendere. Non ultimo gli equilibri di bilancio e la lotta agli sprechi, che, in un momento di risorse limitate come quello attuale, comprometterebbe, in misura sensibile, la tutela dei cittadini nella difesa dei diritti fondamentali, soprattutto a danno delle fasce più deboli della popolazione, a cui sarà sempre più difficile assicurare servizi essenziali, con la conseguenza della violazione di un principio fondamentale dello Stato di diritto, il principio di uguaglianza, previsto dall’art 3 della Costituzione, favorendo pochi a danno di molti.