IL MOMENTO PER CAMBIARE: SE NON ORA, QUANDO? di Marco Imperato
La crisi istituzionale scatenata dalle indagini perugine rischia di travolgere il sistema dell’autogoverno ma anche può trasformarsi in una grande opportunità, se sapremo interpretare il desiderio di cambiamento con scelte concrete ed impegni verificabili.
Il rischio maggiore è quello di un esito gattopardesco: grande indignazione di tutti, grande ipocrisia da parte di non pochi, retorica a fiumi… e poi si riparte. Come se nulla fosse cambiato.
Ma le cose sono cambiate.
Si è definitivamente strappato un velo e chi non se ne renderà conto si condannerà ad un inesorabile declino e isolamento, lasciando il cambiamento in altre mani.
È vero che non tutti i gruppi e non tutti i membri togati del CSM sono stati direttamente coinvolti nelle trame rivelate (almeno in parte) dal famigerato “trojan”, tuttavia sappiamo che quel tipo di degenerazione è cosa diversa ma non separata dalle pratiche di lottizzazione delle correnti.
Anzi, proprio l’opacità degli accordi e degli scambi è stato il perfetto humus per manovre ancor più spregiudicate e gravi.
Non basta invocare la natura collegiale del CSM: è vero che il dialogo e l’accordo non possono essere genericamente demonizzati, ma è anche vero che un accordo è difendibile solo se può essere spiegato all’esterno nei suoi criteri, e quindi frutto di un confronto nel rispetto delle regole e del merito.
Quando il campo degli accordi si sposta dalle motivazioni scritte al non detto e al non dicibile, si scivola verso condotte consociative nel senso deteriore del termine, in cui in tempi e luoghi non conosciuti e non conoscibili si fanno compromessi che nulla hanno a che vedere con i criteri legali e di merito.
Non basta nemmeno dire che queste pratiche di lottizzazione non avverranno più e che si sceglieranno candidati indipendenti e professionalmente credibili. Una generica dichiarazione d’intento per quanto fosse sincera sarebbe insufficiente: il problema è di sistema e non legato a singole mele marce.
Inoltre simili retoriche promesse non possono in alcun modo suonare credibili né ai colleghi sfiduciati né alla politica e all’opinione pubblica: “perché questa volta le cose dovrebbero andare diversamente?”…
Il danno più grave, infatti, di questa vicenda (e più in generale del sistema di lottizzazione) è l’aver minato la fiducia interna ed esterna che un autogoverno indipendente e autorevole della magistratura sia davvero possibile.
Così si spiegano le invocazioni del sorteggio quale unico rimedio al sistema malato.
Un rimedio non solo incostituzionale (con riferimento all’art. 104 Cost.), ma soprattutto umiliante e illusorio.
Umiliante perché certificherebbe la nostra incapacità di scegliere dei membri degni al CSM: tale esito non solo non è accettabile, ma mi pare a sua volta figlio di una generalizzazione che non riconosce il fatto che certamente non tutti gli eletti del passato si sono dimostrati inadeguati!
Così come non tutte le nomine e le decisioni del CSM sono state negative o figlie di compromessi al ribasso.
E d’altronde chi si ricorda dei tempi in cui il direttivo era legato solo alla c.d. “anzianità senza demerito”, potrebbe citare il finale di Blade Runner per descrivere le cose viste... Lo so, non sempre la discrezionalità è stata usata bene, ma la mera anzianità è figlia di una logica a cui non possiamo tornare, di un appiattimento nel quale il direttivo è solo un piedistallo, un oscar alla carriera spesso per persone ormai prive di energie e tanto meno capaci di dare contributo organizzativo all’ufficio.
Proprio la scelta di Pignatone come Procuratore della Repubblica di Roma (per fare un esempio non a caso…) è paradigma del fatto che una buona scelta ha fatto una differenza sostanziale nella vita degli uffici giudiziari.
Il sorteggio è poi a mio avviso illusorio perché non credo che la responsabilità del CSM possa affidarsi a chiunque tra noi solo perché magistrato. Anzitutto sono richieste competenze ordinamentali non banali (come chi fa anche soltanto l’esperienza del consiglio giudiziario ben sa…). Inoltre la funzione del CSM non è solo di alta amministrazione e tecnica, ma involge anche scelte di tipo culturale rispetto all’assetto degli uffici e non solo. Non è cioè una funzione neutra e proprio per questo da elettore non mi basta conoscere curriculum e professionalità del candidato, ma ho bisogno di capire come interpreta la gerarchia in Procura, quale visione ha del disciplinare e delle valutazioni, come interpreta la giurisdizione e il confronto con la politica sui temi di giustizia e ordinamentali.
Evidentemente qualcosa non ha funzionato se da tempo parliamo di degenerazioni e di perdita di fiducia, ma credo che non si debba cadere nel rischio di un populismo a contrario che travolge tutto e che riduce anche i gruppi solo a correnti di potere, strumento di arrampicata professionale e nulla più.
Io ho aderito e partecipato alla vita prima del Movimento e poi anche e in particolare di Area senza per questo aver mai chiesto un posto, un aiuto o un piacere, senza aver mai neanche immaginato di volerne trarre un vantaggio personale o di potere per la mia carriera. E come me tanti altri in ogni gruppo.
Parlare, come qualcuno fa in modo generalizzato, di sciogliere i gruppi sarebbe come pensare che l’unico rimedio per l’abusivismo sia il terremoto.
Io non credo che il rimedio a una malattia sia l’abbattimento del malato.
Io credo nella libertà di associazione e nel fatto che dal confronto e dal percorso comune possono nascere progetti e impegni e idee che l’isolamento non consentirebbe…e nemmeno il fragoroso rumore delle mailinglist, strumento necessario ed utile ma spesso più utile a denunciare che a costruire, più idoneo alla polemica che alla riflessione e all’ascolto.
Per recuperare un briciolo di credibilità al sistema dell’autogoverno e dell’associazionismo io sono persuaso che uno dei passi necessari ed urgenti sia chiedere a tutti un impegno ad accettare (spontaneamente ma in modo poi rigoroso) delle rigide incompatibilità.
Incompatibilità che vogliono essere appunto il segno tangibile della scelta di rompere quei circuiti viziosi tra CSM, ANM, incarichi direttivi e incarichi fuori ruolo nei quali il sistema si è annidato ed ha prosperato.
Il tema più vasto è quello del carrierismo e della necessità di ridare sostanza ed effettività all’uguaglianza tra tutti i magistrati declamata dall’articolo 107 Costituzione. Questo obiettivo è di grande respiro e richiede molte riforme e molti cambiamenti, per alcuni dei quali sarà anche necessario sollecitare il legislatore.
Oggi però è indispensabile fare un primo passo per diradare almeno in parte la nebbia, per mettere un piede fuori dalla palude e cominciare a restituire a tutti noi la convinzione che esiste una magistratura diversa.
C’è una magistratura che vuole salvare l’autogoverno e la sua indipendenza ed autonomia perché riconosce che si tratta di beni preziosi per la collettività e non di nostre prerogative o privilegi.
Per iniziare a fare questo le incompatibilità sono un buon punto di partenza.
Perché possiamo chiederle e verificarle da subito, senza aspettare riforme di altri o tempi incerti.
Perché sapremo chi ha davvero intenzione di rompere con un certo passato opaco.
Perché se qualche gruppo vorrà assumerle nel proprio Statuto manderà un messaggio: quel gruppo non deve e non vuole essere uno strumento di carriera per i suoi aderenti.
Queste sono le incompatibilità che propongo al gruppo di Area ma che vorrei rivolgere a tutti i singoli colleghi e ai gruppi dentro l’ANM:
Finché perdura il loro mandato, i componenti del CDC e del coordinamento nazionale (di Area, o di altro direttivo di gruppo, ndr) si astengono dal presentare domanda per incarichi direttivi e per i 3 anni successivi anche dal candidarsi al CSM.
Gli eletti al CSM si astengono dal presentare domanda per incarichi direttivi o dall’accettare incarichi fuori ruolo per 3 anni dalla cessazione del loro mandato.
I titolari di incarichi fuori ruolo o in aspettativa per mandati elettivi si astengono dal presentare domanda per incarichi direttivi e dal candidarsi al CSM durante l’incarico e per 3 anni dal rientro in ruolo.
I magistrati che si candidano in elezioni politiche o amministrative non devono tornare a esercitare funzioni giurisdizionali.
Tali regole si applicano in relazione agli incarichi assunti dopo la loro approvazione.
La violazione di tali regole determina l’esclusione dal Gruppo (di Area, o di altro gruppo o dall’ANM, ndr).
Alcune di queste incompatibilità possono apparire anche troppo punitive; penso in particolare a quelle rivolte ai componenti del CDC. Mi rendo conto di questo, ma credo che la necessità di trasparenza e separatezza debba prevalere.
Io auspico che AreaDG abbia il coraggio di dare questo segnale di discontinuità e di credibilità.
Spero che comunque questa proposta possa essere raccolta e integrata e rilanciata anche da altri colleghi e gruppi.
Non vogliamo una magistratura fatta di lobby e di carriere.
Incominciamo a dire basta assumendoci l’impegno a rispettare queste incompatibilità ed avremo fatto il primo passo per evitare che la riforma sia fatti da fuori e contro di noi.