Sommario: 1. Giorgio La Pira, l’attualità del suo pensiero e delle sue opere. 2. Giorgio La Pira in Assemblea costituente, i diritti sacri, naturali e inviolabili dell’uomo. 3. Giorgio La Pira e la priorità della coscienza individuale sulla legge formale, la proiezione del film “Non uccidere”. 4. Segue: l’impegno a tutela del lavoro, la vicenda Pignone. 5. Segue: l’impegno per la tutela della casa, gli sfratti a Firenze. 6. La realizzazione della nuova centrale del latte. 7. Giorgio La Pira e l’impegno per la pace. 8. Giorgio La Pira e il valore della vita, Spes contra spem.
1. Giorgio La Pira, l’attualità del suo pensiero e delle sue opere
È un grande piacere per me ricordare un illustre personaggio del secolo che abbiamo alle spalle quale Giorgio La Pira, proprio qui a Pozzallo, nella sua città natale[1].
Premetto che non ho titoli per ricordare Giorgio La Pira, e quindi mi appresto a rendere questo omaggio con la massima modestia.
Il mio vuol essere solo un ricordo; non c’è né storia, né diritto né scienza in quello che andrò ad esporre.
D’altronde, lo stesso Giorgio La Pira abbandonava la c.d. produzione scientifica giovanissimo, ovvero trentenne, visto che gli ultimi suoi studi di diritto romano, del quale era titolare di cattedra nell’Università di Firenze, risalgono alla prolusione del 1934[2] e ad un successivo saggio del 1938[3]; poi si occupò solo dell’uomo, nei suoi bisogni terreni e nella sua spiritualità; ed è su questo suo impegno che io voglio far cadere l’attenzione, poiché è essa, e solo essa, la ragione per la quale noi, ancora oggi, con riverenza, lo ricordiamo.
Se qualcuno, poi, dovesse chiedersi per quale motivo un giurista positivo, quale io posso essere considerato, si mette a fare simili cose, risponderei che riaffermare i diritti inalienabili e primi della persona, attraverso il pensiero e l’opera di Giorgio La Pira, è di questi tempi quanto più necessario, poiché viviamo in un’epoca ove la pace e le libertà individuali sono di nuovo, purtroppo, a rischio.
E inoltre, ricordare Giorgio La Pira è per me in ogni caso un piacere perché a lui mi lega, oltre all’ossequio che porto al suo rigore morale, il suo essere stato fiorentino.
Voi sapete che Giorgio La Pira, siciliano di Pozzallo, ha amato però profondamente la città di Firenze, e non ha mai perso occasione per lodarla.
Dal Natale del 1952, sindaco di Firenze da solo un anno, Giorgio La Pira prese l’abitudine di rivolgersi ai ragazzi delle scuole elementari con una lettera, accompagnata da un piccolo panettone e da un libretto, curato da Piero Bargellini, anch’egli poi sindaco di Firenze nel periodo dell’alluvione del 1966, autore di quattro volumi su La splendida storia di Firenze, volumi che si trovavano all’epoca in molte case fiorentine[4].
Scriveva Giorgio La Pira nella lettera del 1952: “Vi auguro di nuovo tanto bene, ragazzi cari per questo Natale……..Tutto il vostro essere cresca spiritualmente e fisicamente robusto, come pianticella saldamente radicata in questo giardino del mondo che è Firenze…….Di questa città incomparabile, radicata sui monti santi della grazia e della bellezza, voi siete, ragazzi cari, le pietre vive più preziose”[5].
2. Giorgio La Pira in Assemblea costituente, i diritti sacri, naturali e inviolabili dell’uomo
Il primo ricordo di Giorgio La Pira non può non risalire al 1946 e alla sua partecipazione all’Assemblea costituente[6].
Giorgio La Pira fece infatti parte della prima sottocommissione dei 75, ovvero di quella sottocommissione che si occupò dei diritti fondamentali.
2.1. Il tema da ricordare è dunque quello dei diritti naturali, inalienabili dell’uomo, che lo Stato non può toccare, ma solo riconoscere e proteggere, e ciò in contrapposizione allo Stato fascista, che viceversa, per tutto il ventennio, aveva calpestato e negato le libertà della persona.
Giorgio La Pira nell’adunanza del 9 settembre 1946 dichiarava: “E’ necessario che alla costituzione sia premessa una dichiarazione dei diritti dell’uomo, ciò in conformità anche a tutta la tradizione giuridica cosiddetta occidentale. Ma oltre che in omaggio alla tradizione, una dichiarazione dei diritti dell’uomo deve essere ammessa soprattutto come affermazione solenne della diversa concessione dello Stato democratico, che riconosce i diritti sacri, inalienabili, naturali del cittadino, in opposizione allo Stato fascista, che con l’affermazione dei diritti riflessi, e cioè con la teoria che lo Stato è la fonte esclusiva del diritto, negò e violò alla radice i diritti dell’uomo”[7].
Dunque, per Giorgio La Pira esistono dei diritti, che egli arriva a qualificare sacri, che preesistono allo Stato, e che lo Stato non può negare senza commettere abuso, poiché sono diritti che l’uomo ha per natura, o, nella concezione religiosa di Giorgio La Pira, per volontà di Dio, e non diritti che l’uomo ha in quanto concessi dallo Stato.
Uno Stato democratico, infatti, rifiuta la teoria dei diritti c.d. riflessi, tipici dei sistemi totalitari e della filosofia hegeliana dello Stato.
Al riguardo Giorgio La Pira ancora esponeva: “Esiste una base filosofica, che sia a fondamento di questa teoria dei diritti riflessi? Alla domanda si può rispondere affermativamente, in quanto la teoria dei diritti riflessi corrisponde alla concezione hegeliana, che vede lo Stato come un tutto e l’individuo come elemento integralmente subordinato alla collettività, in contrapposto all’altra concezione che, pur rispettando l’esigenza della collettività, vede la persona come un ente dotato di una sua interiore autonomia e quindi considera la libertà e i diritti subiettivi non come concessione, ma come conseguenza di questa interiore autonomia”[8].
2.2. Dunque, la persona è dotata di una sua autonomia, e l’individuo non è integralmente subordinato alla collettività.
La posizione di Giorgio La Pira, peraltro, era interamente condivisa dalle forze politiche del cattolicesimo progressista, delle quali lui faceva parte, e sotto questo profilo merita altresì ricordare l’intervento di Giuseppe Dossetti, avvenuto nell’adunanza della prima sottocommissione sempre il 9 settembre 1946.
Disse Giuseppe Dossetti: “Si vuole o non si vuole affermare l’anteriorità della persona di fronte allo Stato? Questo concetto fondamentale dell’anteriorità della persona, che dovrebbe essere gradito alle correnti progressiste qui rappresentate, può essere affermato con il consenso di tutti”[9].
Sono questi, dunque, i cardini della nuova Repubblica, e di quello che poi sarà lo stesso art. 2 della Costituzione: diritti naturali inalienabili e anteriorità della persona allo Stato.
Tuttavia per Giorgio La Pira i diritti della persona non potevano essere solo quelli dell’individuo, tipici della rivoluzione francese del 1789, ma dovevano necessariamente estendersi anche a quelli della collettività, o dei gruppi intermedi, che segnavano così il passaggio dallo Stato liberale allo Stato sociale.
Al riguardo Giorgio La Pira completava il suo intervento asserendo ancora: “Può con questo dirsi completato il quadro dei diritti dell’uomo? Evidentemente no; per completarlo è necessario tener conto delle comunità fondamentali, nelle quali l’uomo si integra e si espande, cioè dei diritti delle comunità…….si arriva così alla teoria del c.d. pluralismo giuridico, che riconosce i diritti del singolo e i diritti delle comunità e con questo dà una vera integrale visione dei diritti imprescrittibili dell’uomo”[10].
Questa era quindi la posizione di Giorgio La Pira su questo delicatissimo tema: i diritti di libertà, individuali e collettivi, seppur in una logica di solidarietà, sono sacri e inalienabili, e la loro soppressione o compressione, per qualunque ragione pretesa, si porrebbe al di là e fuori dall’idea di Stato democratico, il quale, contrapponendosi ai regimi totalitari, rifiuta, e deve rifiutare, le teorie dei diritti riflessi.
2.3. Giorgio La Pira avrà modo di specificare questi concetti anche in periodi successivi, e qui desidero ricordare quanto egli disse il 26 maggio 1956 nel suo discorso di chiusura della campagna elettorale: “V’è un insanabile contraddizione fra due civiltà, la civiltà che ha il vessillo della bandiera comunista e la civiltà che ha un altro vessillo, che, pur essendo cristiano, abbraccia tutti gli uomini che amano la libertà e hanno il gusto della spiritualità e dei valori supremi dell’uomo; sono due mondi contrapposti: uno materialista e l’altro spirituale: sono due tipi di governo e di reggimento della cosa pubblica: l’uno fondato sulla libertà economica, politica, sociale, culturale, religiosa, da correggere, magari, da integrare, ma sempre libertà nelle sue fondamentali strutture di governo e di democrazia; e l’altro che non ammette nessuna libertà: ne’ libertà economica, ne’ libertà politica, ne’ religiosa”[11].
Probabilmente, la contrapposizione che qui ci propone Giorgio La Pira è troppo netta, troppo radicale; tuttavia essa rimarca la sua distanza dal comunismo, la sua solidarietà umana che non rinuncia mai ai valori della libertà, la sua giustizia sociale che non sfocia mai in autoritarismo statuale; perché, appunto, lo Stato viene dopo la persona, in quanto esistono, lo si ripete ancora con le sue parole, i diritti sacri, inalienabili, naturali del cittadino, in quanto la nostra democrazia vede la persona come un ente dotato di una sua interiore autonomia e quindi considera la libertà e i diritti subiettivi non come concessione, ma come conseguenza di questa interiore autonomia.
3. Giorgio La Pira e la priorità della coscienza individuale sulla legge formale, la proiezione del film “Non uccidere”
La seconda vicenda che desidero ricordare risale al 18 novembre 1961[12].
Siamo a Firenze, Giorgio La Pira è sindaco della città per la seconda volta.
3.1. In quel periodo circolava un film di un registra francese, certo Claude Autant-Lara, che si intitolava Tu ne tueras point (“Tu non ucciderai”), e che trattava dell’obiezione di coscienza al servizio militare.
In quegli anni, ancora, nessuna normativa sull’obiezione di coscienza esisteva in Italia, visto che il primo riconoscimento dell’obiezione di coscienza arrivava oltre dieci anni dopo con la legge 15 dicembre 1972 n. 772, cui poi susseguivano le ulteriori leggi 8 luglio 1998 n. 230 e 14 novembre 2000, n. 331.
Il film, già vietato in Francia, era stato bloccato anche a Roma, e ne era interdetta la diffusione.
Giorgio La Pira desiderava tuttavia proiettarlo e farlo conoscere, in quanto lo giudicava di particolare valore morale e utile per aprire un dibattitto sul tema.
Per evitare la censura Giorgio La Pira ha l’idea di proiettarlo in forma privata.
Organizza, così, una sorta di sala cinematografica al Parterre di Firenze, e offre una visione del film solo alle persone da lui espressamente invitate.
Giorgio La Pira fa ciò a tutela di due valori: quello della libertà di manifestazione del pensiero e quello della libertà di coscienza contro la guerra e gli obblighi militari.
La sala si racconta fosse gremita, e gli invitati erano magistrati, giuristi, politici, giornalisti, perfino militari.
3.2. L’iniziativa di Giorgio La Pira, soprattutto in considerazione del fatto che lo stesso aveva un incarico istituzionale, trovò non poche reazioni critiche: tra queste si ricordano quelle dell’allora Ministro della difesa Giulio Andreotti, del direttore dell’Osservatore romano Raimondo Mazzini, e poi di giornalisti, di politici, perfino di componenti del consiglio comunale di Firenze quali Bettino Ricasoli[13].
Addirittura, il ministro dell’interno Scelba emanò una circolare comunicata al Consiglio dei Ministri il 22 novembre 1961, nella quale si prescriveva il divieto di iniziative analoghe per il futuro[14].
Giorgio La Pira rimase assai amareggiato da queste critiche, che a lui sembravano offendere la libertà di coscienza.
Scrisse addirittura a Papa Giovanni XXIII: “Beatissimo Padre, si può andare avanti così? Il retroterra non è il film Non uccidere; è la politica interna italiana, e direi soprattutto il fatto che Firenze sostenga da anni queste tesi: la guerra è impossibile: alla pace non può essere contrapposta altra alternativa che la pace”[15].
Rispose a Giulio Andreotti, asserendo che non capiva: “quale sia il fondamento della tua meraviglia, del tuo stupore e del tuo giudizio”[16], e soprattutto rispondeva al consigliere comunale democristiano Bettino Ricasoli, con un puntiglio che merita di essere ricordato: “Caro Bettino, sarai persuaso anche tu che la lettera (la sua lettera di protesta) è stata scritta senza adeguata responsabile meditazione: perciò la restituisco. Non abbiamo violato nessuna norma giuridica e nessuna norma morale; abbiamo solo affermato il grande principio strutturalmente antitotalitario in base al quale lo Stato non può violare le coscienze e l’intelligenze. E’ il principio cardine della libertà: lo sottoscriverebbe anche il Bettino Ricasoli di ieri! Per queste ragioni non posso permettere che il Bettino Ricasoli di oggi scriva la lettera che ha scritto”[17].
3.3. Giorgio La Pira, per la proiezione del film, verrà denunciato in base all’art. 688 c.p. e in base all’art. 68 della legge di polizia, visto che la proiezione era avvenuta senza la licenza del Questore.
Difeso dagli avvocati Giorgio Della Pergola e Paolo Barile (principi del foro fiorentino dell’epoca, l’ultimo allievo dello stesso Piero Calamandrei), Giorgio La Pira si difese negando di aver diffuso il film in pubblico, e nell’interrogatorio del 14 dicembre 1961 asserì che infatti tutti i partecipanti erano stati da lui invitati, che le autorità erano state preventivamente avvertite, che il film era stato proiettato per sollecitare un dibattito sul tema della pace, e che infine doveva considerarsi incostituzionale ogni censura non riconducibile alla tutela del buon costume.
Il Tribunale di Firenze rimise gli atti alla Corte costituzionale, la quale tuttavia, con ordinanza del 7 febbraio 1963 n. 11, li rinviò al Tribunale di Firenze, per essere stata emanata nel frattempo in materia la nuova legge 21 aprile 1962 n. 161.
Il Tribunale di Firenze, infine, giudicando Giorgio La Pira in forza di questa nuova legge, lo assolveva “perché il fatto non costituisce reato”[18].
Il 29 novembre 1963 Giorgio La Pira scriveva all’arcivescovo di Firenze Ermenegildo Florid: “ormai tutto è passato: resta, in questa crisi, la grande luce di S. Agostino: in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”[19].
3.4. Perché ricordare questa vicenda?
Perché essa rappresenta in modo eloquente la posizione di Giorgio La Pira nel contrasto fra legge scritta e coscienza individuale, tra autorità e libertà.
E’ un esempio concreto di coerenza pratica di quanto egli, quindici anni prima, aveva sostenuto teoricamente in Assemblea costituente.
La legge morale e i diritti inalienabili dell’uomo, tra i quali certamente Giorgio La Pira ricomprendeva la pace e la libertà di pensiero, non possono non prevalere sulla legge formale, quando questa li contrasti.
Ancora una volta si riafferma la persona, come un ente dotato di una sua interiore autonomia.
4. Segue: l’impegno a tutela del lavoro, la vicenda Pignone
Giorgio La Pira impegnerà tutta la sua vita nella difesa degli ultimi, secondo i valori del Vangelo.
Scriveva di lui Piero Bargellini: “Quando scendeva dalla cattedra universitaria, non si recava a discutere in un caffè o a conversare in un salotto, ma andava a visitare i poveri della San Vincenzo……Era considerato l’amico dei poveri, per i quali aveva organizzato, a San Procolo, anche una Messa domenicale”.
Continuava poi Piero Bargellini: “Restavano ancora da risolvere due gravi e dolorosi problemi: quello della disoccupazione e quello dell’abitazione. Disoccupati e sfrattati accorsero in Palazzo Vecchio dove si era insediato l’amico dei poveri”[20].
Merita allora ricordare quanto Giorgio La Pira fece per i disoccupati e gli sfrattati, in difesa del lavoro e in difesa della casa.
4.1. Sul tema del lavoro va senz’altro ricordata la vicenda della Pignone.
La Pignone, in origine, era una industria metalmeccanica dell’area fiorentina.
Nel periodo della guerra si era ingrandita producendo armi, ma dopo la guerra stentava a trovare una propria identità, e la riconversione nel campo dei telai tessili immaginata dalla proprietà, la Snia Viscosa, non aveva prodotto alcun benefico risultato.
La Pignone riduceva allora il personale, e nel novembre del 1953 annunciava la chiusura degli stabilimenti, nonché il licenziamento di 1750 operai.
Precisamente il 17 novembre 1953 la società veniva messa in liquidazione, e il 18 novembre Giorgio La Pira, in difesa dei lavoratori, inviava una lettera a tutti i vescovi d’Italia.
Il 21 novembre successivo i dipendenti occupavano la fabbrica.
Il giorno dopo, 22 novembre, gli occupanti venivano denunciati in sede penale.
Quello stesso giorno, alle 11,30, i lavoratori occupanti si trasferivano nel piazzale antistante la fabbrica, per assistere ad una Messa celebrata da don Bruno Borghi, prete operaio della Pignone nel 1951; li raggiungeva Giorgio La Pira, e al termine della Messa si intratteneva con loro per esaminare i problemi più urgenti[21].
4.2. Giorgio La Pira scrisse ad una miriade di persone, tra le quali, addirittura, al Pontefice Pio XII: “Beatissimo Padre, l’atto temuto si è verificato: 1750 licenziamenti alla Pignone (totalità dei lavoratori e chiusura dell’azienda)……Qui c’è da salvare qualcosa di più saldo: la fiducia nella democrazia: fiducia non affidata solo alle leggi elettorali, quanto alla reale capacità di risolvere i veri problemi degli uomini: lavoro e casa”[22].
E poi scrisse all’amico Amintore Fanfani: “Caro Amintore, Marinotti ha deciso di chiudere la Pignone………E’ una decisione irresponsabile, illegittima ed ingiustificata: quando capiranno questi proprietari che la vita dei lavoratori non è nelle mani loro?”[23]
4.3. Ma la lettera principale, a mio sommesso parere, è quella che Giorgio La Pira inviava ad Edilio Rusconi, allora direttore del diffusissimo settimanale “Oggi”, che lo aveva attaccato in modo denigratorio per quanto egli stava facendo in difesa dei lavoratori.
Rispondeva Giorgio La Pira: “La Pira? Un imbecille per non dire altro, un visionario, un comunista bianco; lasciatelo cantare, tanto non concluderà nulla”[24].
E poi: “Ma cosa ha fatto? Nessuno lo sa con precisione; tutti sanno che ha fatto cose gravissime: - si figuri, ha fatto occupare dagli operai licenziati la fabbrica del Pignone; ha fatto celebrare la messa per gli occupanti, ha fatto stanziare due milioni per assisterli”[25].
E poi, di nuovo, proprio su quel rapporto tra legge scritta e legge morale: “La legge scritta? Noi siamo seguaci di S. Tommaso d’Aquino – il dottore della Chiesa per definizione – caro Rusconi. Ella non sa: quando la legge scritta fosse in intimo contrasto con quella naturale, allora non è più lex, sed corruptio legis (I,II,95,2; I,II,96,6) non tiene, non vincola non habet legis vigorem”[26]. Ed inoltre: “Anche le creature più alte dell’antichità pagana sentirono vivo questo dramma del contrasto fra la lettera della legge che uccide e lo spirito della giustizia che vivifica: ricorda Antigone? Vi sono leggi di natura, da Dio derivata, che nessuna legge umana può violare”…Non licet tibi……..ibant gaudentes a conspectu concilii quoniam digni habiti sunt pro nomine Jesu contumeliam pati”[27].
4.4. Giorgio La Pira, però, non si limitò a scrivere lettere e a fare teoria, ma si mosse anche concretamente per salvare l’azienda, e questo è l’altro importante aspetto; Giorgio La Pira non era solo un sognatore, era un uomo concreto.
Decise allora di prendere contatti con un altro suo importante amico, Enrico Mattei, presidente ENI, al quale gli propose di rilevare l’azienda.
L’idea era quella di convertire la Pignone nella produzione di turbine, idonee per l’estrazione del petrolio.
Ovviamente la cosa, a questo punto, poteva interessare Enrico Mattei, il quale avrebbe potuto salvare la Pignone non solo alla luce di quello spirito di solidarietà cristiana fatta avanti da Giorgio La Pira, ma anche per una buona ragione imprenditoriale.
Si stavano creando le basi, dunque, per salvare il lavoro a 1750 famiglie.
Dopo varie trattative, tutte seguite attentamente da Giorgio La Pira, la sera del 13 gennaio 1954, al Ministero del lavoro, verrà raggiunto l’accordo con i rappresentanti sindacali dei lavoratori e ENI, e finalmente si potrà comunicare l’acquisto del pacchetto azionario della Pignone[28].
Nascerà la Nuova Pignone, officina meccanica e fonderie, produttrice di turbine idonee all’estrazione di petrolio, con la partecipazione dell’ENI, presieduta da Enrico Mattei, al 60%, e la partecipazione altresì della vecchia proprietà, la SNIA VISCOSA al 40%[29].
5. Segue: l’impegno per la tutela della casa, gli sfratti a Firenze
Un egual impegno sociale Giorgio La Pira poneva in difesa della casa; considerava la casa, insieme al lavoro, un diritto inalienabile della dignità umana; e, da sindaco, voleva fermamente che nessuno, a Firenze, potesse rimanere senza un tetto.
5.1. Giorgio La Pira, anche su questo problema, intervenne, però, potremmo dire di nuovo, a modo suo, sopra le righe.
Requisì ville deserte e case sfitte, seppur la legge lo consentisse solo in ipotesi di calamità naturali.
Ma a chi gli citava articoli di legge, Giorgio La Pira tranquillo rispondeva: “Per questa povera gente la calamità è già avvenuta. Lo sfratto è come il terremoto e l’aumento delle pigioni oltre il livello delle possibilità economiche è peggiore d’un alluvione”[30].
Poi ebbe l’ardire di scrivere ai Pretori, competenti per materia all’epoca in tema di locazioni e di sfratti: “Signor Pretore…………io sono proprio preoccupato per questo crescere quotidiano di sfratti e per questa inquietudine – legittima – che va creandosi nella popolazione più povera……….La prego con tutta l’anima di aiutarmi, cioè a dare tutte le proroghe necessarie affinché ci sia dia tempo di provvedere a quella costruzione di case minime per le quali siamo impegnati un po’ tutti”[31].
5.2. Questo, era, dunque l’impegno concreto di Giorgio La Pira: ampliare la città di Firenze con la costruzione di case popolari da poter assegnare ai cittadini in difficoltà economiche in modo che nessuno a Firenze potesse rimanere senza casa.
Di nuovo, una perfetta sintesi tra sentimenti di carità cristiana e senso pratico per la risoluzione dei problemi.
Nel Verbale del Consiglio comunale del 16 ottobre 1952 risulta che Giorgio La Pira disse: “Venendo a parlare delle case, dirò che si è già iniziata la costruzione di case minime a Novoli ed a Varlungo, e presto si inizierà quella al Galluzzo. Vi sono poi le case per gli sfrattati, case vere e proprie e non baracche, che importano una spesa di 96 milioni. Vi è stato aggiunto anche un asilo, che è già in costruzione. In complesso quindi a Firenze noi facciamo investimenti per l’edilizia popolare in questa misura: mille alloggi comunale; mille alloggi per conto del Ministero degli Interni; millecinquecento alloggi Ina-Casa”[32].
5.3. Il problema è che, nel frattempo, Giorgio La Pira immaginava di risolvere provvisoriamente il problema con la requisizione degli alloggi vuoti a Firenze, e per questo ricevette molte critiche e vi furono numerosi contenziosi nei quali il Comune di Firenze restò soccombente.
Il giornale fiorentino La Nazione ricordava la posizione del Ministro dell’Interno su ciò, in base alla quale si doveva riaffermare il principio dell’inviolabilità della legge, ovvero del fatto che un Comune può requisire un immobile solo in ipotesi di calamità naturali.
E qui torniamo, ancora, al rapporto tra legge e coscienza.
Giorgio La Pira rispondeva così al direttore de La Nazione il 12 febbraio 1955: “Egregio direttore, sa lei quante sono le abitazioni sfitte in Firenze? Sono cauto se le dico che si va ben oltre le mille! E davanti a questo spreco di vuoti ecco il dramma di migliaia di famiglie già sfrattate o con l’incubo dello sfratto! Un sindaco che per paura dei ricchi e dei potenti abbandona i poveri, sfrattati, licenziati, disoccupati, è come un pastore che per paura del lupo abbandona il suo gregge. Posso io fare questo? Lei certamente risponderà di no: ed io pure”[33].
6. La realizzazione della nuova centrale del latte
Una ultima vicenda relativa all’impegno sociale di Giorgio La Pira riguarda la realizzazione della nuova centrale del latte di Firenze; essa è stata oggetto addirittura di uno studio monografico[34].
6.1. Ed infatti, appena insediato quale sindaco, Giorgio La Pira avverte la necessità di organizzare un servizio pubblico di distribuzione del latte per consentire a tutta la popolazione, e soprattutto alle classe sociali più disagiate, di poter godere di questo alimento, fino ad allora marginale nei consumi familiari[35].
Giorgio La Pira intende realizzare questo progetto con la creazione di una vera e propria “Centrale del latte”, e come in altre occasioni riesce a coniugare perfettamente i sentimenti di carità cristiana con il senso pratico.
Chiede aiuto, come in altre occasioni, all’amico Amintore Fanfani, che fa arrivare a Giorgio La Pira un finanziamento tramite il Ministero dell’Agricoltura; e poi, soprattutto, riceve l’aiuto di Lodovico Montini, fratello di Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI, che riuscì ad ottenere per Giorgio La Pira un finanziamento addirittura dall’America.
Scriveva Giorgio La Pira a Lodovico Montini: “Caro Montini, il latte va benissimo; ormai da un mese i bambini delle scuole di Firenze ricevono ogni giorno questo sostanziale alimento: sono felici! Ora aspetto i denari: mandami, in anticipo, 15 milioni” [36].
Già nel 1952, così, “fra il 21 gennaio e il 31 maggio, prende avvio l’esperimento pilota della distribuzione di latte in 85 scuole elementari fiorentine”[37]; inizia la distribuzione quotidiana del latte ai bambini nelle scuole, agli operai pendolari nelle fabbriche, ai carcerati; sarà anche questo un forte legame tra il sindaco Giorgio La Pira e la sua città.
6.2. Giorgio La Pira ebbe ad esternare infatti il 19 febbraio 1952: “L’esperimento del latte è in pieno, felice sviluppo……E’ una idea elementare di vasta ripercussione, feconda per i suoi risultati fisici, spirituali, politici ed anche economici. Ringraziamo il Signore che ci ha permesso di condurre a termine, a Firenze, questa bella iniziativa assistenziale e fraterna…..Il latte sarà come l’asse attorno al quale potrà svilupparsi tutta una nuova azione assistenziale di dimensioni nazionali”[38].
7. Giorgio La Pira e l’impegno per la pace
Non si può, infine, ricordare Giorgio La Pira senza rimarcare il suo grande impegno per la pace e contro le guerre, impegno al quale egli dedicò enormi energie fino alla fine dei suoi giorni[39].
7.1. Nel 1952 iniziano a Firenze i Convegni internazionali per la pace e la civiltà cristiana; saranno in tutto cinque, dureranno fino al 1957; ad essi Giorgio La Pira invita esponenti politici di tutti i paesi, nella convinzione che il dialogo sia la base imprescindibile per la pace nel mondo.
Nel 1955 Giorgio La Pira prende un’ulteriore iniziativa, che è quella di invitare a Palazzo Vecchio i sindaci delle città capitali del mondo, per siglare un patto di amicizia tra loro; sosteneva che le città avessero la possibilità di svolgere un ruolo centrale per la pace, e dovevano così unirsi in un patto di salvaguardia della stessa.
Nel 1958 iniziano i Colloqui mediterranei, e invita a parteciparvi arabi e israeliani, convinto parimenti che nessuna pace potesse darsi nel mondo se non lavorando sulla pace nel mediterraneo, crocevia di più culture e più religioni, crocevia di diversi sistemi economici e politici, che tuttavia avevano lo specifico dovere di dialogare tra loro e collaborare.
Si è detto di Giorgio La Pira che “negli anni successivi si fece sempre più intenso il suo impegno a favore della pace, come testimoniano le lettere a Nikita Krusciov e al Presidente del Consiglio dell’URSS, il sostegno alla causa dell’indipendenza algerina, e soprattutto i pellegrinaggi, che lo condussero nel cuore medesimo dei popoli cristiani d’Europa”[40].
7.2. Soprattutto, nei giorni tra il 24 – 28 aprile 1965, a Firenze, al Forte di Belvedere, Giorgio La Pira organizza un Symposium sul Vietnam.
Oltre ai laburisti inglesi, era presente l’ex presidente del Consiglio francese Jules Moch, l’osservatore sovietico Modest Rubinstein dell’Accademia delle scienze di Mosca ed alcuni esponenti di organizzazioni internazionali[41].
Disse in quell’occasione Giorgio La Pira: “Il problema vietnamita è arrivato a rappresentare una vera minaccia per la pace mondiale…..Naturalmente i conflitti sono due. Uno è il conflitto che si svolge all’interno del Vietnam fra vietnamiti. L’altro è il conflitto sul Vietnam fra coloro che appoggiano una delle parti contendenti e coloro che appoggiano l’altra. E’ quest’ultimo conflitto che mette in pericolo la pace mondiale. Il primo invece è un conflitto del tutto normale, a cui si possono trovare molti paralleli e precedenti nel corso della storia”[42]
Ovviamente, anche per questa iniziativa Giorgio La Pira fu fortemente criticato.
Giorgio La Pira lo ricorderà in una lettera inviata allo stesso Papa Paolo VI: “Quante accuse ci furono fatte e quanti insulti sulla stampa “indipendente” italiana…..si disse: “e’ cosa comunista!” E’ l’accusa –così ingiusta- che viene, da 15 anni, fatta alle cose di Firenze”[43].
7.3. Infine, il 2 giugno 1965 è in programma la sessione della Tavola Rotonda Est-Ovest a Belgrado sulla questione del disarmo e sul ruolo di un’Europa inedita: denuclearizzata e pacificata.
Giorgio La Pira resta a Firenze e affida a Mario Primicerio il testo del suo intervento da presentare alla tavola rotonda: “La via della pace è costituita da quello che noi abbiamo chiamato a Mosca il “sentiero di Isaia”, cioè la via del disarmo…….convertire, cioè, in investimenti di pace gli investimenti di guerra, trasformare in aratri le bombe, in astronavi di pace i missili di guerra”[44]
7.4. Non v’è bisogno di sottolineare quanto il pensiero di Giorgio La Pira sulla pace e sul disarmo sia attualissimo a fronte dei fatti che stiamo, purtroppo, di nuovo in questo periodo vivendo.
Non v’è bisogno di sottolineare quanto sia importante il monito di Giorgio La Pira verso i potenti del mondo, che hanno il dovere di non trasformare un conflitto interno in un conflitto internazionale, prendendo posizione a favore, oppure contro, una parte, poiché è sempre quest’ultima posizione che trasforma una guerra locale in una guerra di tutti, è quest’ultimo conflitto che mette in pericolo la pace mondiale.
E non v’è bisogno di sottolineare che, se si vuole la pace, come correttamente sosteneva Giorgio La Pira, si deve seguire il sentiero di Isaia, ovvero si deve perseguire il disarmo.
Se si pensa, ad esempio, alla nostra Europa, che con la recente legge francese 1 agosto 2023 n. 703, avente ad oggetto la programmazione militare per gli anni 2024 – 2030, ha invece aumentato le spese militari del 40%, nonché aumentato l’impiego di forze umane, che consentirà di raggiungere il numero di 275.000 militari entro il 2030, ai quali si aggiungeranno 105.000 riservisti entro la fine del 2035, va da sé di quanto si sia lontani da quel sentiero di Isaia predicato da Giorgio La Pira.
8. Giorgio La Pira e il valore della vita, Spes contra spem.
Arriviamo, così, all’ultimo periodo della vita di Giorgio La Pira.
8.1. Già malato, l’amico Giorgio Giovannoni gli chiede di accompagnarlo a Livorno per salutare una nave in partenza della Croce Rossa carica di medicinali per i profughi palestinesi nel Libano.
Giorgio La Pira così risponde all’amico: “Vedi, questa che ho addosso non è una malattia qualsiasi è la malattia. Però quella che si cerca in Palestina non è una pace qualsiasi, è la pace.
Andiamo dunque a salutare quella nave”[45].
8.2. Moriva a Firenze poco dopo, il 5 novembre 1977.
Gli operai del Nuovo Pignone portarono la bara a spalla, da Piazza della Signoria, lungo via Calzaiuoli, fino alla cattedrale di Santa Maria del Fiore, ove il Cardinale Giovanni Benelli tenne la Messa funebre.
Il 4 agosto 1977 Giorgio La Pira aveva fatto testamento nominando “suo erede universale il Convento di S. Marco in Firenze”[46].
Nel 1986 l’arcivescovo di Firenze Silvano Piovanelli apriva il processo diocesano per la causa della sua beatificazione.
Sepolto inizialmente nel cimitero di Rifredi, veniva successivamente trasferito nella Basilica di San Marco, dove ancora oggi si trova, a seguito del suo riconoscimento a venerabile.
8.3. La sua vita fu sempre illuminata da questo principio: Spes contra spem, la speranza, anche ove non c’è niente da sperare.
Relazione tenuta a Pozzallo (RG) il 17 maggio 2024, in un incontro organizzato dall’Università degli studi di Siena con il Comune e l’Ordine degli avvocati di Pozzallo, e con la partecipazione degli alunni delle scuole superiori di Pozzallo e Ispica.
[1] Su Giorgio La Pira si veda principalmente U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, Cultura nuova editrice – Comune di Firenze, 1988, diviso in tre volumi, un primo (1951 – 1954), un secondo (1955 – 1957) e infine un terzo (1961 – 1965); e poi G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, University Press Firenze, 2022, anch’esso diviso in tre volumi.
[2] G. LA PIRA, La genesi del sistema della giurisprudenza romana, in Studi Virgili, Siena, 1934, 159 e ss.
[3] Lo ricorda anche P. GROSSI, Stile fiorentino, Milano, 1986, 199, il quale alla nota 13 ebbe a scrivere al riguardo di Giorgio La Pira: “Come romanista, l’unico saggio successivo fondato su ricerche originali verte su La personalità scientifica di Sesto Pedio, ed è pubblicato in bull. Dell’Istituto di diritto romano, XLV (1938). Altrimenti ripeterà stancamente temi e prospettive già consolidati, senza aggiungervi alcunché”. Si veda anche C. PARENTI, Spunti di riflessione su maestri di luce: Luigi Lombardi Vallauri e Giorgio La Pira, in Scritti per Luigi Lombardi Vallauri, Padova, 2016, II, 1123 e ss.
[4] P. BARGELLINI, La splendida storia di Firenze, Vallecchi editore, Firenze, 1964.
[5] In U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit. I, 199.
[6] Mi piace ricordare, con riferimento all’intervento in Assemblea costituente da parte di Giorgio La Pira, quanto è stato scritto in G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., I, 626: “La mattina dell’8 settembre La Pira è stato alla messa di San Procolo, alla badia fiorentina, a festeggiare i suoi poveri. In serata è dovuto partire per Roma. Lo attende un compito impegnativo l’indomani 9 settembre: presentare la sua Relazione sui principi relativi ai rapporti civili alla I sottocommissione del 75”. Avrebbe voluto un articolo in costituzione del seguente tenore: “Nello Stato italiano che riconosce la natura spirituale, libera, sociale dell’uomo, scopo della Costituzione è la tutela dei diritti originari ed imprescindibili della persona umana e delle comunità naturali nelle quali essa organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona” (cit., pag. 628).
[7] V. La Costituzione della Repubblica italiana nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, Roma, 1971, VI, 316.
[8] V. La Costituzione della Repubblica italiana nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, cit., 316.
[9] V. La Costituzione della Repubblica italiana nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, cit., 322.
[10] V. La Costituzione della Repubblica italiana nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, cit., 316.
[11] U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 193.
[12] La vicenda è ricordata da U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 105 e ss.; e poi G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., II, 1251 e ss.
[13] V. infatti, U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 106/7
[14] V. ancora DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 106.
[15] G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., II, 1253.
[16] DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 106.
[17] DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 107.
[18] V. il resoconto in G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., II, 1254: “Il sindaco di Firenze verrà dunque prosciolto in istruttoria “perché il fatto non costituisce reato”, ma dovrà attendere fino al gennaio del 1964”.
[19] G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., II, 1255.
[20] P. BARGELLINI, La splendida storia di Firenze, cit.. IV, 238.
[21] G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., II, 866.
[22] U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 257.
[23] G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., II, 864.
[24] U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 253.
[25] U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 251.
[26] U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 250.
[27] Non ti è lecito………..Uscivano felici dal Tribunale perché avevano avuto l’onore di sopportare offese per il nome di Gesù”.
[28] G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., II, 869.
[29] Ancora G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., II, 894.
[30] P. BARGELLINI, La splendida storia di Firenze, cit.. IV, 238.
[31] U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., I, 159.
[32] V. al riguardo, P.L. BALLINI, Giorgio La Pira. Sindaco di Firenze, ambasciatore di pace, Pagliai Polistampa, 2024, 71.
[33] P.L. BALLINI, Giorgio La Pira. Sindaco di Firenze, ambasciatore di pace, cit., 76.
[34] V. infatti L. PAGLIAI, Giorgio La Pira e il piano latte, Edizioni polistampa, 2010.
[35] U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 121 e ss.
[36] V. U. DE SIERVO – G. GIOVANNONI – G. GIOVANNONI, Giorgio La Pira sindaco, cit., II, 121.
[37] Così, L. PAGLIAI, Giorgio La Pira e il piano latte, cit., 125.
[38] Richiamato da L. PAGLIAI, Giorgio La Pira e il piano latte, cit., in quarta di copertina.
[39] V., fra i molti, M. GIOVANNONI, Il professore Giorgio La Pira amico della Cina, in AA.VV., Chang’an e Roma, Padova, 2019, 37 e ss.;
[40] Così, A. MATTONE, La Pira, Giorgio, in Dizionario biografico dei giuristi italiani, I, 2013, 1152. Si veda anche T. ALEXEEVA, Diritto romano attuale e costituzione: prospettive geopolitiche, Padova, 2020, 138, sui rapporti tra la Costituzione sovietica e la Costituzione della Repubblica romana.
[41] G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., III, 1508.
[42] P.L. BALLINI, Giorgio La Pira. Sindaco di Firenze, ambasciatore di pace, cit., 173.
[43] G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., III, 1509.
[44] P.L. BALLINI, Giorgio La Pira. Sindaco di Firenze, ambasciatore di pace, cit., 173.
[45] In www.TOSCANAOGGI.IT.
[46] G. SPINOSO – C. TURRINI, Giorgio La Pira: i capitoli di una vita, cit., III, 1847.