di Tania Linardi
Sommario: 1. Lo svolgimento del processo e le quaestiones sottoposte alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione - 2. La giurisdizione della Corte dei conti e la responsabilità amministrativo-contabile: cenni - 2.1. Segue: il danno “da disservizio” - 3. La decisione delle Sezioni Unite - 4. Considerazioni conclusive.
1. Lo svolgimento del processo e le quaestiones sottoposte alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
Le Sezioni Unite civili della Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2370[1] pubblicata il 25 gennaio 2023, affrontano la delicata tematica dei limiti del sindacato della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativo-contabile del magistrato, configurando, per la prima volta, una possibile ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale[2] per sconfinamento nella sfera del legislatore, fattispecie che, come rilevato da autorevole dottrina, la giurisprudenza ha solo enunciato in astratto, ma, almeno prima d’ora, mai riscontrato in concreto[3].
Nello specifico, infatti, le Sezioni Unite hanno evidenziato che il giudice contabile “ritenendo configurabile la responsabilità amministrativa del magistrato convenuto, e quindi ammissibile la tutela risarcitoria, al di là dei confini della stessa derivanti dal sistema elaborato dal diritto vivente (…), ha finito con il creare una nuova fattispecie di responsabilità erariale (…), così superando i limiti esterni della giurisdizione spettante alla Corte dei conti in materia di contabilità pubblica”.[4]
La vicenda in esame origina dalla domanda, presentata dalla Procura regionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana, di condanna di un magistrato (all’epoca in servizio presso il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana) al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno da disservizio derivante dai reiterati ritardi nel deposito di provvedimenti giudiziari.
La Sezione giurisdizionale di I grado, con sentenza n. 420 del 2020, accoglieva la domanda, rigettando l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal magistrato convenuto, con l’argomento che le contestazioni della Procura non erano riferibili a un’ipotesi di responsabilità disciplinare o sanzionatoria, piuttosto al danno erariale cagionato dal mancato puntuale adempimento del dovere di tempestivo deposito dei provvedimenti giudiziari, che aveva arrecato “un vulnus concreto ed attuale all’efficienza ed al buon andamento del servizio giustizia (…), rendendo ingiustificata, almeno in parte, la retribuzione corrisposta al medesimo magistrato (…)”.
Con sentenza depositata il 31 dicembre 2021, la Sezione giurisdizionale d’appello accoglieva parzialmente il gravame proposto dal magistrato, rideterminando l’importo dovuto a titolo di risarcimento del danno, e confermando il rigetto dell’eccezione di difetto di giurisdizione. A tale riguardo, la sentenza ha evidenziato che la domanda di condanna formulata dalla Procura contabile afferiva al risarcimento del danno da disservizio, inteso come “danno arrecato al corretto ed efficiente esercizio della funzione giurisdizionale”, e che, in via generale, la legge 13 aprile 1998, n. 117 non escluderebbe né la configurabilità di ipotesi di responsabilità amministrativo-contabile del magistrato per i danni cagionati all’amministrazione di appartenenza, né la conseguente esperibilità dell’azione risarcitoria dinanzi alla Corte dei conti.
Avverso tale pronuncia, il magistrato ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre ordini di motivi.
Con il primo motivo, ha denunziato, in relazione agli artt. 362, comma 1, e 360, comma 1, n. 1), c.p.c., la violazione degli artt. 3, 103 e 108 Cost., dell’art. 1 c.p.c., della legge 13 aprile 1988, n. 117 (artt. 2, 3, 13), delle norme sul procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati speciali (art. 2, lett. q) del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, nonché l’art. 32 della legge 27 aprile 1982, n. 186), per avere la sentenza ritenuto sussistente la giurisdizione della Corte dei conti “in materia di risarcimento dei danni da disservizio, consistente nel sistematico ritardo nel deposito delle sentenze (…)”. Si invoca, quindi, l’applicazione della legge n. 117 del 1988, come modificata dalla legge 27 febbraio 2015, n. 18, contenente la disciplina relativa alla materia della responsabilità dei magistrati anche per i casi di “denegata giustizia”, nel cui novero rientrerebbe la fattispecie del tardivo deposito dei provvedimenti. Inoltre, il ricorrente ha dedotto che spetterebbe al Presidente del Consiglio dei ministri l’esercizio, dinanzi al giudice civile, dell’azione di rivalsa nei confronti del magistrato per i danni subìti dallo Stato nell’ipotesi in cui abbia dovuto risarcire il cittadino, rinvenendo tale circostanza fondamento costituzionale nell’art. 108 Cost., in particolare nell’esigenza di garantire l’indipendenza dei giudici delle magistrature speciali.
Con il secondo motivo di ricorso, in via subordinata, il magistrato ha chiesto la rimessione alla Corte costituzionale della eccezione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 103 e 108 Cost., dell’art. 1 del codice di giustizia contabile, ove interpretato nel senso di non escludere la giurisdizione contabile nella materia per cui è causa, essendo stata attribuita al giudice ordinario nel procedimento disciplinato dalla legge n. 117 del 1988.
Con il terzo motivo, in via di ulteriore subordine, il ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 2, comma 3-bis, e art. 13, comma 2-bis, della legge n. 117 del 1988, applicata retroattivamente dal giudice a quo pur trattandosi di disposizione avente carattere innovativo.
Così brevemente riassunti i motivi di ricorso, nel prosieguo della trattazione ci si soffermerà, prima di esaminare la decisione cui giungono le Sezioni Unite, sull’analisi delle questioni giuridiche connesse al primo motivo: la tematica della responsabilità amministrativo-contabile, la figura del “danno da disservizio” e la perimetrazione della giurisdizione del giudice contabile.
2. La giurisdizione della Corte dei conti e la responsabilità amministrativo-contabile: cenni
L’istituzione della Corte dei conti[5], come noto, risale al momento dell’adozione della legge 14 agosto 1862, n. 800[6], finalisticamente orientata a risolvere il delicato problema della approvazione del bilancio nazionale, nonché dell’unificazione della materia del controllo mediante la soppressione delle magistrature preunitarie.[7]
Successivamente, in subiecta materia si susseguirono una serie di interventi legislativi[8], tra i quali è possibile menzionare il d.lgs. 18 novembre 1923, n, 2441 e la l. 3 aprile 1933, n. 255[9], disposizioni che, in seguito, erano destinate a confluire nel Testo Unico (Regio Decreto 12 luglio 1934, n. 1214) recante le linee fondamentali della disciplina di tale organo con riferimento sia alle funzioni di controllo sia a quelle giurisdizionali.[10]
Con l’avvento della Costituzione veniva delineato, ai sensi dell’art. 28[11], il principio secondo cui i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, sul piano civile, penale e amministrativo debbono ritenersi soggetti a responsabilità diretta per i danni arrecati ai terzi “per gli atti compiuti in violazione dei diritti”.[12] Inoltre, gli artt. 100 e 103 della Carta costituzionale cristallizzavano, rispettivamente, l’attribuzione alla Corte dei conti delle funzioni di controllo e di quelle aventi natura giurisdizionale.[13]
In relazione alla funzione giurisdizionale l’art. 1, comma 1, Codice della giustizia contabile[14] delinea il perimetro della giurisdizione in relazione ai giudizi di conto, alle ipotesi di responsabilità amministrativa per danno all’erario, nonché agli altri giudizi in materia di contabilità pubblica.[15]
Più nel particolare, con l’espressione “responsabilità amministrativa per danno all’erario”, si suole designare la responsabilità in cui incorrono gli agenti pubblici che cagionano alle pubbliche amministrazioni un danno, suscettibile di quantificazione economica, derivante dall’adozione di provvedimenti o da comportamenti, contrari agli obblighi di servizio, dolosi o gravemente colposi[16], ferme restando le sopravvenienze normative che hanno interessato quest’ultimo elemento, come di qui a breve si dirà.
La disciplina in tema di responsabilità amministrativa[17] è contenuta principalmente nelle leggi 14 gennaio 1994, n. 19 e 20[18] (e relative integrazioni di cui alla legge 20 dicembre 1996, n. 639) [19], specie nella parte in cui si afferma, all’art. 1 (l. n. 20 cit.), che “la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave[20], ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”.
L'estensione soggettiva dell’ambito di applicazione di suddetta responsabilità (e, dunque, della portata applicativa dell’art. 28 Cost.) promana necessariamente dall’ampiezza della nozione di “agenti pubblici” sottoposti alla giurisdizione contabile.[21] In una prima fase, la giurisprudenza ha ricondotto all’interno di tale categoria i soggetti legati alla pubblica amministrazione da un rapporto di “impiego” ovvero da quello onorario (gli amministratori).[22] Successivamente, l’interpretazione pretoria della Corte dei conti, superando il riferimento al concetto di mero “rapporto di impiego” e utilizzando, in senso estensivo, il dato normativo di cui all’art. 52, comma 1, t.u. C. conti,[23] ha progressivamente ampliato il contenuto della nozione di “agenti pubblici” sino a ricomprendervi anche i soggetti funzionalmente legati all’ente da un “rapporto di servizio”.[24] Quest’ultimo, infatti, presuppone la compartecipazione dell’agente pubblico (persona fisica o giuridica) all’organizzazione e all’attività di una pubblica amministrazione[25] ma, ai fini della sua configurabilità, non rilevano taluni fattori che, tradizionalmente, hanno invece caratterizzato la relazione tra organo amministrativo e pubblica amministrazione: la natura giuridica del soggetto agente (pubblica o privata), il titolo giuridico con cui si instaura la relazione tra l’agente e la p.a. (contrattuale o provvedimentale) e la natura giuridica delle attività esercitate dal soggetto agente.[26]
Ciò posto, occorre precisare che, durante il periodo pandemico, il legislatore ha introdotto una disciplina transitoria[27]consistente nella limitazione della responsabilità erariale degli agenti pubblici, di fatto riducendo il perimetro del sindacato spettante alla Corte dei conti in subiecta materia. Secondo questa disciplina, attualmente in vigore[28], l’elemento soggettivo della “colpa grave” poc’anzi accennato non è più idoneo a far sorgere la responsabilità erariale, dovendosi, piuttosto, accertare la sussistenza di un comportamento dell’agente connotato da dolo, ad eccezione dei danni cagionati da omissione o inerzia, espressamente esclusi da tale previsione normativa.
In via generale, la ratio della responsabilità amministrativo-contabile è rinvenibile primariamente nell’esigenza di salvaguardare la corretta gestione delle risorse pubbliche esercitata dallo Stato e dagli enti pubblici, in coerenza con il principio del buon andamento di cui all’art. 97 Cost.[29]
Sulla natura giuridica della responsabilità in argomento, senza pretesa di esaustività, si sono distinte talune tesi sulla natura privatistica, talaltre sulla natura pubblicistica repressivo-sanzionatoria, nonché una terza tesi mediana c.d. “eclettica”.[30]
La prima si fonda sul riconoscimento della matrice civilistica (e sulla funzione “recuperatoria”) di tale responsabilità, in ragione, tra gli altri, dell’attribuzione alla giurisdizione esclusiva della Corte dei conti delle azioni finalizzate a garantire il credito erariale (art. 73, cod. giust. cont., già art. 1, comma 174, l. 23 dicembre 2005, n. 266), nonché di ulteriori enunciati giurisprudenziali (sentenza c.d. Rigolio, 23 maggio 2014, su ricorso n. 20148/09) ai sensi dei quali è stata prospettata una lettura civilistica della natura della responsabilità amministrativa azionata innanzi alla Corte dei conti, escludendosi la sua assimilabilità ai giudizi penali o quelli aventi natura “sanzionatorio-punitiva”.[31] All’interno di tale orientamento si distingue la tesi che invoca la natura extracontrattuale di tale forma di responsabilità, con conseguente riconoscimento della atipicità dell’illecito de quo[32], da quella tesi che, in senso opposto, si incentra sulla natura eminentemente contrattuale,[33] sottolineando come l’illecito amministrativo-contabile rappresenti una violazione del sottostante rapporto negoziale tra l’amministrazione datrice di lavoro ed il responsabile.
La seconda opzione ermeneutica, invece, evidenzia la matrice eminentemente pubblicistica di siffatta forma di responsabilità, alla luce della prevalente funzione repressivo-sanzionatoria che la caratterizza.[34] Tra gli argomenti a sostegno di tale ricostruzione, si suole richiamare, ad esempio, la circostanza del doveroso accertamento dell’elemento psicologico della condotta dell’autore del danno erariale ai fini della graduazione della condanna, similmente a quanto accade nella materia del diritto penale.
Infine, la terza impostazione c.d. “eclettica” valorizza sia i profili compensativi-risarcitori (reintegra pecuniaria del soggetto pubblico danneggiato) sia le finalità sanzionatorie-preventive, alla luce della graduazione della condanna in proporzione della gravità della condotta e dell’intensità dell’elemento psicologico.[35]
Ad ogni modo, rispetto all’ordinaria responsabilità civile di cui all’art. 2043 c.c., quella amministrativo-contabile si caratterizza per la presenza di taluni caratteri di peculiarità: il danno erariale[36], il diverso grado di intensità dell’elemento soggettivo, nonché, come evidenziato dalla giurisprudenza, “la particolare qualificazione del soggetto autore del danno (pubblico dipendente o soggetto legato alla P.A. da rapporto di servizio), (per) la natura del soggetto danneggiato (ente pubblico e assimilati) e (per) la causazione del danno nell’esercizio di pubbliche funzioni o in circostanze legate da occasionalità necessaria con lo svolgimento di pubbliche funzioni”. [37] Ciò in quanto l’illecito erariale che viene in rilievo risulta caratterizzato dalla “combinazione di elementi restitutori e di deterrenza” [38].
2.1. Segue: il danno “da disservizio”
La figura del danno da disservizio costituisce una fattispecie rientrante nell’alveo della responsabilità amministrativa. Essa ha origine giurisprudenziale[39] ed è riconducibile, in via generale, all’esercizio di un’attività della p.a. in modo inefficiente e con una qualità del servizio[40] inferiore rispetto ai normali standard di erogazione, non consentendo la soddisfazione degli interessi e delle aspettative degli utenti del servizio pubblico.[41]
Storicamente, si è assistito ad un progressivo ampliamento del perimetro di operatività della responsabilità amministrativo-contabile, sino a ricomprendere, su impulso dell’interpretazione pretoria, un’ampia varietà di figure di danno pubblico caratterizzate dalla compromissione di interessi pubblici di carattere generale connessi all’equilibrio economico e finanziario.[42]
Invero, la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, nell’ambito della pronuncia che qui si annota, ha evidenziato come il danno da disservizio sia ravvisabile in quegli illeciti caratterizzati dalla “diminuzione di rendimento dell’azione amministrativa eziologicamente connessa alla lesione dell’agire amministrativo nei suoi valori fondamentali, tra cui il buon andamento e l’imparzialità: dall’inosservanza dei doveri del pubblico dipendente deriva la diminuzione di efficienza dell’apparato pubblico per la mancata o ridotta prestazione del servizio o per la cattiva qualità dello stesso. Il danno da disservizio presuppone una distorsione dell’azione pubblica rispetto al fine cui l’azione stessa deve essere indirizzata. Il danno si verifica quando il pubblico servizio è “desostanziato”, per l’utenza, delle sue intrinseche qualità. Si è di fronte a un pregiudizio sofferto dalla collettività in ragione dell’esercizio sviato della funzione amministrativa”.[43]
D’altro canto, sotto il profilo teorico è emersa la difficoltà di individuare con precisione i presupposti del danno da disservizio, in ragione del carattere ontologicamente atipico[44] ed essendo esso idoneo a ricomprendere un’ampia gamma di ipotesi di pregiudizio riferibili ai diversi settori della p.a.[45] La stessa giurisprudenza contabile ha, invero, affermato che, nell’ambito della fattispecie in esame, risulta talvolta difficile quantificare, mediante una precisa misurazione economica, la diminuzione di rendimento[46] dell’attività amministrativa derivante dalla lesione di valori quali il buon andamento di cui all’art. 97 Cost.[47]
Nello specifico, secondo un orientamento il danno da disservizio si concretizzerebbe nella ingiustificata retribuzione percepita dal danneggiante (e nel conseguente danno arrecato all’amministrazione di appartenenza per l’inutilità della spesa sostenuta) nei casi di accertata grave inadempienza della prestazione, riscontrandosi in siffatte ipotesi sia un parziale inadempimento dell’obbligazione lavorativa sia la violazione dei canoni di lealtà, buona fede e diligenza.[48]
Altra parte della giurisprudenza ha evidenziato come tale voce di danno debba rinvenirsi nelle spese sostenute dalla p.a. per individuare e arginare gli effetti del disservizio, potendosi concretizzare, a titolo esemplificativo, negli oneri sostenuti per la riorganizzazione dell’ufficio oppure nei costi derivanti dalla costituzione di una commissione di inchiesta per indagare sui fatti legati al disservizio.[49]
Ancora, valorizzandosi il carattere patrimoniale[50] del danno da disservizio e la necessità che si sostanzi in un’effettiva perdita patrimoniale per la p.a., si è giunti a ritenere che esso debba essere provato nel suo ammontare e non possa ritenersi sussistente per la mera violazione degli obblighi di servizio da parte del trasgressore.[51]
Nell’ambito delle numerose fattispecie riscontrate in subiecta materia dalla giurisprudenza contabile, si segnalano, a titolo meramente esemplificativo, la vicenda legata all’anticipazione, da parte di un commissario, dei temi concorsuali in favore di taluni candidati[52]; nonché quella connessa all’indebita discriminazione dell’ordine di lavorazione delle pratiche perpetrata dal pubblico funzionario, con un comportamento delittuoso, assicurando un canale preferenziale ad alcuni imprenditori e professionisti.[53]
Dopo aver esaminato la nozione di danno, seppure limitatamente alla particolare ipotesi del “disservizio”, occorre richiamare un istituto che tradizionalmente connota la giurisdizione contabile nella materia della responsabilità amministrativa per danno all’erario, ovverosia il “potere riduttivo dell’addebito”.[54] Con tale espressione[55], si suole designare il potere del giudice contabile, nell’ambito di una sentenza di condanna, di porre a carico degli agenti pubblici “tutto o parte del danno accertato o del valore perduto”.[56] Per tal ragione, non vi è sempre una necessaria coincidenza tra il danno subìto dalla p.a.[57] (accertato secondo il principio delle conseguenze dirette ed immediate del fatto dannoso ex art. 1223 c.c.) e il danno definitivamente posto a carico dell’agente pubblico, che deve essere quantificato dal giudice con “valutazione discrezionale ed equitativa” fondata sulla intensità dell’elemento soggettivo dell’agente e sulle circostanze che vengono in rilievo nel caso concreto.[58] Alla luce di tali caratteri che contraddistinguono il potere riduttivo del giudice contabile, si evidenzia, infatti, che “la sentenza della Corte dei conti è (…) determinativa e costitutiva del debito risarcitorio”.[59]
3. La decisione delle Sezioni Unite
Come accennato in premessa, le Sezioni Unite, nell’ordinanza che qui si annota, affrontano la questione relativa alla perimetrazione della responsabilità amministrativo-contabile del magistrato, soffermandosi, in particolare, sulle relative conseguenze in punto di giurisdizione.
Preliminarmente, il Collegio richiama talune importanti statuizioni effettuate dalla Corte costituzionale, chiarendo che sussiste “la conciliabilità in linea di principio dell’indipendenza della funzione giudiziaria con la responsabilità nel suo esercizio, non solo con quella civile, oltre che penale, ma anche amministrativa, nelle sue diverse forme”.[60]
Ripercorrendo la giurisprudenza di legittimità sul punto, l’ordinanza evidenzia come debba ritenersi configurabile la responsabilità amministrativa del magistrato non solo nelle ipotesi di danno patrimoniale cagionato allo Stato a causa della commissione di un reato[61], ma anche, in senso più ampio[62], nelle ipotesi derivanti dalla violazione di doveri strumentali rispetto alle funzioni concretamente svolte, tra cui figura, ad esempio, il dovere di chiedere l’autorizzazione allo svolgimento di incarichi extralavorativi[63].
Nel particolare, il Collegio[64] sottolinea come dall’art. 7, legge n. 117 del 1998 non possa sic et simpliciter escludersi la possibilità che si instaurino, nei confronti di un magistrato, altri giudizi dinanzi alla Corte dei conti, secondo la disciplina della responsabilità amministrativa, giacché tale legge “non esaurisce in sé ogni forma di responsabilità perché, nella sua regolazione, attiene all’ambito di quella civile”.[65]
La pronuncia prosegue evidenziando che la giurisdizione della Corte dei conti si radica nelle ipotesi di danni cagionati all’erario dal magistrato nell’esercizio di funzioni amministrative[66] sia per quelli derivanti dall’esercizio di funzioni giudiziarie (ferma restando l’insindacabilità nel merito dei provvedimenti giudiziari e il limite della indipendenza funzionale), nonché nei casi di danno all’immagine[67] arrecato alla p.a. per delitti commessi in danno ad essa, ai sensi dell’art. 51 cod. giustizia contabile.
La Suprema Corte ha, poi, effettuato una ricognizione delle diverse conseguenze che potrebbero derivare, sul piano normativo, dal ritardo nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali da parte del giudice (ferma restando la responsabilità del magistrato per fatti costituenti reato[68], ai sensi dell’art. 13, legge n. 117 del 1988, nelle ipotesi in cui il ritardo configuri la fattispecie di rifiuto di atti d’ufficio).
L’ordinanza ha quindi osservato che tale condotta potrebbe, in primo luogo, assumere rilievo dinanzi al giudice contabile nell’ambito del giudizio di rivalsa verso il magistrato per i danni risarciti dallo Stato in caso di irragionevole durata del processo, ai sensi della legge n. 89 del 2001.
In secondo luogo, il ritardo potrebbe integrare una fattispecie di illecito disciplinare, in presenza dei requisiti di cui all’art. 2, comma 1, lett. q), d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, con la conseguente irrogazione della sanzione disciplinare. In tal caso, infatti, il ritardo rileverebbe nella misura in cui sia espressione della mancanza di laboriosità, alla luce di una valutazione complessiva del carico di lavoro dell’ufficio.[69] Si precisa che, ai sensi del rinvio operato dall’art. 32, legge 27 aprile 1982, n. 186, in relazione alla responsabilità disciplinare dei giudici amministrativi continua ad applicarsi la disciplina contenuta nel regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, ove si definisce l’illecito disciplinare (art. 18).[70]
Ulteriormente, il ritardo potrebbe configurare un’ipotesi di diniego di giustizia, ai sensi dell’art. 3, legge 117 del 1988, con conseguente responsabilità civile del magistrato.
Ciò chiarito in via generale, le Sezioni Unite hanno affermato che, nel caso di specie, il ritardo del magistrato deve essere correttamente qualificato in termini di illecito disciplinare, fattispecie che, come noto, è rimessa alla valutazione dell’organo di governo autonomo della magistratura; e hanno, poi, specificato che la responsabilità disciplinare del magistrato non integra una mera responsabilità verso l’ordine di appartenenza, dispiegando effetti anche nei confronti della generalità dell’ordinamento costituzionale, stante la rilevanza che assume il rispetto delle regole disciplinari da parte dei magistrati.
Invece, la Sezione giurisdizionale d’appello aveva condannato il giudice amministrativo a risarcire un danno erariale da disservizio per essere incorso in gravi e sistematiche inadempienze, impedendo il raggiungimento dei migliori standard di efficienza nell’ambito del “servizio giustizia”. In altri termini, aveva ritenuto sussistenti tutti gli elementi costitutivi del danno erariale da disservizio, idoneo a far sorgere la responsabilità amministrativo-contabile del magistrato autore della condotta antigiuridica.[71] Si riscontrava, quindi, un’ipotesi di responsabilità amministrativo-contabile per un danno direttamente derivante dalla negligente attività lavorativa del magistrato che depositava con ritardo i provvedimenti di sua competenza.
Contro tali approdi ermeneutici, le Sezioni Unite hanno rilevato che l’ipotesi de qua non integra alcuna delle fattispecie normative cui la legge ricollega il sorgere della responsabilità erariale: non è stata esercitata un’azione di risarcimento del danno erariale per la condotta del magistrato derivante da reato; non è stata esercitata un’azione di rivalsa per danni risarciti dallo Stato a terzi a causa dell’irragionevole durata del processo, ai sensi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e della legge n. 89 del 2001; non vi è stata alcuna condanna dello Stato al risarcimento dei danni per diniego di giustizia.
Conseguentemente, hanno affermato che “la Sezione giurisdizionale d’appello ha esteso il perimetro della responsabilità amministrativo-contabile per danno da disservizio fino a ricomprendervi un’ipotesi di ordinaria violazione del dovere di diligenza del magistrato integrante una figura di illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni, come tale rimessa alla valutazione dell’organo di governo autonomo della magistratura amministrativa; e ha finito, così, con il giudicare di una domanda che fuoriesce dall’ambito della cognizione della Corte dei conti”;[72] precisando, poi, che “la responsabilità amministrativa per danno erariale da disservizio non può essere in via interpretativa estesa fino a ricomprendere le ipotesi legate al mero ritardo nel deposito dei provvedimenti da parte del magistrato”.[73]
La Suprema Corte sancisce, quindi, che ai fini del riconoscimento, accanto alla responsabilità disciplinare, di una responsabilità amministrativa per danno erariale da disservizio, è necessaria la presenza di un quid pluris rispetto al mero ritardo. Invero, ciò potrebbe configurarsi in presenza di un danno aggiuntivo, di carattere patrimoniale, derivante dalla condanna dello Stato al pagamento dell’indennizzo a titolo di equa riparazione per irragionevole durata del processo o del risarcimento per diniego di giustizia; ancora, ove il ritardo si traduca in un rifiuto o in una omissione di atti d’ufficio, penalmente rilevante, o sia espressione di un mancato svolgimento della prestazione lavorativa (ipotesi del magistrato “assenteista dalla funzione”).[74]
Alla luce delle considerazioni svolte, le Sezioni Unite affermano che il mero ritardo nel deposito dei provvedimenti non costituisce un elemento idoneo, di per sé solo considerato, a far sorgere una responsabilità amministrativa per danno da disservizio, rilevando, tale condotta, soltanto in termini di illecito disciplinare secondo la valutazione dell’organo disciplinare di governo autonomo. Di talché, la Corte precisa che “ritenendo configurabile la responsabilità amministrativa del magistrato convenuto, e quindi ammissibile la tutela risarcitoria, al di là dei confini della stessa derivanti dal sistema elaborato dal diritto vivente, la Sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti per la Regione Siciliana ha finito con il creare una nuova fattispecie di responsabilità erariale destinata a investire il medesimo interesse tutelato con l’azione disciplinare officiosa, così superando i limiti esterni della giurisdizione spettante alla Corte dei conti in materia di contabilità pubblica”. Per tali ragioni, nell’accogliere il primo motivo di ricorso e nel ritenere assorbiti i restanti, si dichiara il difetto di giurisdizione della Corte dei conti.
4. Considerazioni conclusive
Come anticipato nei precedenti paragrafi, con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione ha svolto importanti considerazioni, sia sul versante del diritto sostanziale, in tema di illecito erariale e danno da disservizio, sia su quello del diritto processuale, in relazione alla questione dell’eccesso di potere giurisdizionale[75], con particolare riferimento alla dibattuta ipotesi dello sconfinamento dell’attività interpretativa del giudice nella sfera riservata al legislatore[76].
Quanto al primo profilo, il Collegio si sofferma ampiamente sull’analisi delle conseguenze derivanti, in punto di qualificazione dogmatica, dal ritardo nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali da parte di un magistrato, nonché sui requisiti necessari ai fini della eventuale configurabilità di un danno “da disservizio”. A tal proposito, la Suprema Corte non esclude, in astratto, che il giudice contabile possa contestare il danno de quo, ma si limita a rilevare che, in concreto, non appare rinvenibile nel caso di specie alcuna fattispecie definibile come tale, giacché “(…) il mero ritardo, da parte di un magistrato amministrativo, nel deposito dei provvedimenti non integra, di per sé, responsabilità amministrativa per danno da disservizio, essendo rimessa la valutazione di tale condotta all’organo disciplinare di governo autonomo, con conseguente difetto di giurisdizione della Corte dei conti”.[77]
Si evidenzia, inoltre, che il danno da disservizio necessita di essere provato, non potendo promanare sic et simpliciter dal mero ritardo nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali da parte del magistrato, come sembrerebbe desumersi dalla sentenza sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite.[78]
Quanto al secondo profilo, sul versante processuale le Sezioni Unite hanno, per la prima volta, sia pure in riferimento alla fonte di delimitazione dei confini della giurisdizione e non in riferimento a una norma di diritto sostanziale, riscontrato il superamento, in danno del legislatore, dei limiti esterni della giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per avere il giudice contabile, nello specifico, “finito con il creare una nuova fattispecie di responsabilità erariale destinata a investire il medesimo interesse tutelato con l’azione disciplinare officiosa”.
Come noto, la questione dell’individuazione, in concreto, delle fattispecie rientranti nell’alveo dei “soli motivi inerenti alla giurisdizione”, di cui all’art. 111, comma 8, Cost., è stata (ed è) ampiamente dibattuta, specie per ciò che concerne l’ipotesi dello “sconfinamento” dell’attività giurisdizionale nella sfera riservata al legislatore[79]. La difficoltà di trovare una precisa linea di demarcazione tra ciò che configura una mera violazione di legge e ciò che, invece, è atto a configurare una questione di giurisdizione è testimoniata, in particolare, dalla nota pronuncia n. 6 del 2018 della Corte costituzionale[80], che ha mostrato di non aderire alla tesi secondo cui il ricorso in Cassazione per motivi di giurisdizione di cui all’ottavo comma, art. 111, Cost., ricomprenderebbe anche il sindacato sugli errores in procedendo o in iudicandonei casi di interpretazione “abnorme” delle disposizioni di legge (c.d. interpretazione dinamico-evolutiva). Si evidenziava l’incompatibilità di siffatta tesi rispetto alla “lettera” e allo “spirito della norma costituzionale” (art. 111, comma 8, Cost.). Invero, la Corte escludeva che anche la violazione dei principi in materia di giusto processo ed affettività della tutela, contemplati nell’art. 111, comma 1, Cost., potessero integrare una questione di giurisdizione rilevante ai sensi dell’ottavo comma.
Tale approdo interpretativo non subiva rivisitazioni nemmeno in occasione del rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione europea disposto dalle Sezioni Unite (ord. n. 19598 del 2020)[81] in relazione alla portata applicativa della nozione di eccesso di potere giurisdizionale con particolare riferimento all’ipotesi del rifiuto di giurisdizione[82], atteso che il giudice sovranazionale, al riguardo, precisava che “il diritto dell’Unione non osta a che l’organo giurisdizionale supremo di uno Stato membro non possa annullare una sentenza pronunciata in violazione di tale diritto dal supremo organo della giustizia amministrativa di detto Stato membro”.[83]
Alla luce di tali importanti arresti giurisprudenziali di cui, seppure brevemente, si è fatto cenno, occorre chiedersi se nell’ordinanza in commento le Sezioni Unite abbiano sostanzialmente aderito a una interpretazione dinamico-evolutiva dell’eccesso di potere giurisdizionale, secondo la quale anche un’interpretazione abnorme delle norme in materia di illecito erariale e danno da disservizio possa ritenersi idonea a configurare il vizio censurabile ai sensi dell’art. 111, comma 8, Cost.; oppure se, diversamente, la pronuncia debba inserirsi nel solco di una più tradizionale ipotesi di superamento dei limiti esterni della giurisdizione.
Sul punto, taluni autori hanno evidenziato come la tecnica argomentativa utilizzata dalla Corte regolatrice si fondi principalmente sulla delimitazione della giurisdizione della Corte dei conti secondo i principi generali cristallizzati nell’art. 103 Cost. per ciò che attiene alle materie di contabilità pubblica[84]. Pertanto, tale approccio ermeneutico sembrerebbe discostarsi dalla metodica fondata sul vaglio della sussistenza di un’ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale, di cui all’art. 111, comma 8, mediante il ricorso al concetto di “interpretazione abnorme” delle norme di riferimento.
Del resto, la tematica dell’eccesso di potere giurisdizionale, specie nella particolare ipotesi che qui viene in rilievo, si profila intimamente connessa con il problema della individuazione degli effetti dell’errore interpretativo[85] del giudice alla luce del delicato rapporto esistente tra legislazione e giurisdizione, tenuto conto della complessità e della difficoltà di distinguere il confine tra la fisiologica attività del giudice di interpretazione del diritto e quella, invece, consistente in una vera e propria “creazione” delle norme. Di talché, la portata innovativa della pronuncia in commento si rinviene principalmente nella circostanza che le Sezioni Unite siano giunte a riscontrare, in concreto, una fattispecie di eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera del legislatore, superandosi quella ritrosia che, storicamente, le attribuiva un rilievo meramente “teorico”.[86]
[1] Per approfondimenti, cfr. lezione inaugurale del corso di giustizia amministrativa della Prof.ssa M.A. Sandulli, tenutasi il 6 marzo 2023 presso l’Università degli Studi di Roma Tre, “Eccesso di potere giurisdizionale a margine dell’ordinanza SS.UU. n. 2370/2023”, la cui registrazione è consultabile su youtube e in questa Rivista; nonché, da ultimo, le considerazioni espresse da G. Greco nell’ambito del convegno “Giornate di studio sulla giustizia amministrativa”, Castello di Modanella (16/17 giugno 2023), sul tema “Sindacato sulla discrezionalità amministrativa e ambito del giudizio di cognizione”, il quale ha osservato come, nella specie, vi siano indizi sia per un possibile inquadramento del vizio in termini di sconfinamento della giurisdizione per invasione della sfera del legislatore sia nei termini di sconfinamento per invasione della sfera dell’amministrazione; M.A. Sandulli, Conclusioni delle “Giornate di studio sulla giustizia amministrativa” svoltesi al Castello di Modanella il 16/17 giugno 2023 sul tema “Sindacato sulla discrezionalità amministrativa e ambito del giudizio di cognizione”, in questa Rivista, 6 settembre 2023.
[2] La letteratura sul tema della giurisdizione è naturalmente vastissima. Si segnalano, ex multis, V.E. Orlando, La giustizia amministrativa, in Primo Trattato completo di diritto amministrativo italiano, a cura di V.E. Orlando, vol. III, Milano, 1901, 633 ss.; G. Azzariti, I limiti della giurisdizione nel nuovo codice di procedura, in Foro.it., 1941, 66, 33 ss.; Id., Il ricorso per Cassazione secondo la nuova Costituzione, in Scritti in onore di Francesco Carnelutti, Milano, 1950, 105 ss.; E. Cannada Bartoli, Giurisdizione (conflitti di), in Enc. dir. XIX, Milano, 1970, 295 ss.; F. Modugno, Eccesso di potere giurisdizionale, in Enc. Giur. Treccani, 1981, 1 e 8; V. Caianiello, Il limite esterno della giurisdizione amministrativa ed i poteri della Cassazione, in Scritti in onore di Giovanni Miele, Il processo amministrativo, Milano, 1979, 63 ss.; A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, in particolare 1511-1513; I.M. Marino, Corte di Cassazione e giudici “speciali”. Sull’interpretazione dell’ultimo comma dell’art. 111 Costituzione, in Studi in onore di Vittorio Ottaviano, vol. II, Milano, 1993, 1383 ss.;V. Caianiello, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 1994, 287 ss., nonché 298-301; A. Berlati, “Limiti esterni” della giurisdizione amministrativa e ricorso in cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato, in Arch. Civ., 1997, 241 ss.; C. Marzuoli, A. Orsi Battaglini, Unità e pluralità della giurisdizione: un altro secolo di giudice speciale per l’amministrazione? in Dir. pubbl., 1997, 895 ss.; M. Nigro, Giustizia amministrativa, V ed. a cura di E. Cardi e A. Nigro, Bologna, 2000, 161 ss., nonché 170-174; A. Proto Pisani, Verso il superamento della giurisdizione amministrativa, in Foro. It., 2001, 21 ss.; M. D’Orsogna, Il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, in AA. VV., Codice della giustizia amministrativa (a cura di Morbidelli), Milano, 2005, 920 ss.; M.V. Ferroni, Il ricorso in cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato, Padova, 2005; F. Gaverini, Il controllo della Corte di cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato ex art. 111cost. ed il principio di effettività della tutela, tra limite interno ed esterno della giurisdizione, in Foro amm. C.d.S., 1, 2007, 82 ss.; M. Mazzamuto, Il riparto di giurisdizione. Apologia del giudice amministrativo e del suo giudice, Napoli, 2008; Id., L’eccesso di potere giurisdizionale del giudice della giurisdizione, in Dir. proc. amm., 2012, 1677 ss.; A. Corpaci, Note per un dibattito in tema di sindacato della Cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato, in Dir. pubbl., 2013, 341 ss.; G. Verde, La corte di cassazione e i conflitti di giurisdizione (appunti per un dibattito), in Dir. proc. amm., 2013, 367;L. Ferrara, Attualità del giudice amministrativo e unificazione delle giurisdizioni: annotazioni brevi, in Diritto processuale amministrativo, 2014, 561 ss.; R. De Nictolis, L’eccesso di potere giurisdizionale (tra ricorso per “i soli motivi inerenti alla giurisdizione” e ricorso per “violazione di legge”), in www.sipotra.it, 2017; F. Francario, M.A. Sandulli (a cura di), Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa, Napoli, 2017, passim; A. Travi, Abuso del processo e questione di giurisdizione: una soluzione conclusiva?, in Foro it., 2017, 983; A. Cassatella, L’eccesso di potere giurisdizionale, in Riv. trim. dir. pubbl., 2018, 643 ss.; A. Lamorgese, Eccesso di potere giurisdizionale e sindacato della Cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, in Federalismi.it, n. 1, 2018; L. Ferrara, Le ragioni teoriche del mantenimento della distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo e quelle del suo superamento, in Dir. Pubbl., 2019, 7223 ss.; Id., La giustizia amministrativa paritaria e l’attualità del pensiero di Feliciano Benvenuti, inRiv. giur. mezz., 2, 2019, 517 ss.; AA.VV., Limiti esterni di giurisdizione e diritto europeo, a proposito di cass. sez. un. n. 19598/2020, (a cura di) A. Carratta, Roma, 2021; L. Ferrara, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2022; E.N. Fragale, Il controllo della Corte di Cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato: aggiornare o superare la teoria dello sconfinamento in danno di altri poteri?, in Dir. proc. amm., fasc. 2, 326, 2023.
[3] M.A. Sandulli, Guida alla lettura dell’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 19598 del 2020, in Giustizia insieme, 30 novembre 2020, in particolare nella parte in cui si precisa che: “(…) Le stesse Sezioni Unite, del resto, hanno in varie occasioni rilevato la marginalità dell’ipotesi generale dell’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore, osservando che tale ipotesi, presupponendo che il giudice applichi una norma da lui creata in luogo della norma esistente e che quindi eserciti un'attività di produzione normativa in luogo di un attività meramente euristica, non può che avere rilevanza meramente teorica (cfr., sostanzialmente in termini, inter alia, le sentenze 26 marzo 2012 n. 4769 e 28 febbraio 2019 n. 6059). È significativo che anche la sentenza 30 luglio 2018 n. 20169, che menziona una serie di precedenti a sostegno dell’ammissibilità di tali ricorsi (sì che, a prima lettura, sembrerebbe dar conto di varie decisioni cassatorie), indica in realtà sentenze che, nelle specifiche fattispecie, li avevano dichiarati inammissibili, qualificando il vizio denunciato come mero errore interpretativo. La tradizionale e consolidata “ritrosia” della Corte di cassazione a sindacare l’eccesso di potere giurisdizionale “puro” nei confronti del legislatore emerge con evidenza anche dalla sentenza 30 ottobre 2019 n. 27842, che, a fronte di un’ipotesi inconfutabile di “creazione” di un “principio di diritto” ignoto all’ordinamento (la normativa transitoria introdotta dall’Adunanza Plenaria n. 13 del 2017, a vantaggio dell’amministrazione, in materia di autorizzazioni paesaggistiche), ha brillantemente “evitato” di entrare nel merito della questione e di esprimere in qualche modo un’opinione sul punto, sia pure con un mero obiter dictum, trincerandosi dietro l’argomento che il potere conferitole dall’art. 111, comma 8, Cost. opera solo rispetto alle pronunce che, “definendo il giudizio di appello mediante accoglimento o rigetto dell’impugnazione e dettando la regola del caso concreto, siano per questo in concreto suscettibili di arrecare un vulnus all’integrità delle attribuzioni di altri” (e, dunque, non si estenderebbe alle – mere – regulae iuris create, in astratto, dall’Adunanza Plenaria!).”
[4] Cfr. par. 27 dell’ordinanza n. 2370.2023, Cass., Sez. un.
[5] Per approfondimenti, si v. A.M. Sandulli, Manuale, cit., in particolare 13 e 14 , ove si riconduce la Corte dei conti (limitatamente all’esercizio della funzione di controllo) nell’alveo dei poteri dello Stato, intendendosi, come tali, “ oltre agli organi costituzionali (coi rispettivi apparati, - che, per definizione, si trovano in posizione di superiorem non recognoscentes-, tutti i singoli organi e i vari complessi unitari dell’organizzazione statale, che godono (e nei limiti in cui godono), nel sistema, di una particolare posizione di autonomia qualificata. Tale posizione è caratterizzata dal fatto che i vari elementi dell’organo (ove ne esistono più) o del complesso non possono esser considerati sottoposti, nel loro operato, al sindacato giuridico (nel quale non rientra il controllo delle Camere, che è un controllo politico) di altri organi (sia pure costituzionali) estranei all’organo o al complesso, salvo il sindacato garantistico della Corte costituzionale (…)”.
[6] Per i profili storici, cfr. V.E. Orlando, Principii di diritto amministrativo, Firenze, 1891, 82 ss., ove l’Autore osserva, in relazione alla Corte dei conti, che “Uno dei lati più caratteristici di questo istituto consiste nella varietà grandissima della natura di esso, per cui ne dipendono funzioni ben disparate: diversità di funzioni la quale ha le sue conseguenze di ordine sistematico e fa sì che di quell’istituto si occupino discipline diverse. Con una espressione larghissima, si può tuttavia ricondurre a un concetto unico tutte queste funzioni diverse, e dire che la Corte dei conti esercita una sorveglianza suprema sull’amministrazione finanziaria dello Stato”; C. Ghisalberti, Corte dei conti (premessa storica), in E.d.D., XX, Milano, 1962, 853 ss.; AA.VV., Studi in onore di Ferdinando Carbone, Milano, 1970; G. Correale, Corte dei conti, in Dig. (disc. pubbl.), IV, Torino, 1989, 215 ss.; A. Bennati, Manuale di contabilità di Stato, XII, Napoli, 1990, 643 ss.; G. Carbone, La Corte dei conti, in L. Violante (a cura di), Storia d’Italia, Annali, XIV, Torino, 1998, 847 ss.; F. Tigano, Corte dei conti e attività amministrativa, Torino, 2008, 29 ss.;
[7] Cfr. G. Correale, Corte dei conti, cit., 215 ss.; A. Bennati, Manuale, cit., 646; G. Carbone, La Corte dei conti, cit., 847 ss.
[8] In particolare, si v. la l. n. 3853 del 15 agosto 1867; l. n. 290 del 25 giugno 1908.
[9] Cfr. G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, II, Milano, 1958, 347; O. Ranelletti, La Corte dei conti nella legge 3 aprile 1933 n. 25, in Riv. di dir. pubbl., I, 625 ss.
[10] Per approfondimenti sul tema, cfr. le considerazioni svolte nella pronuncia della Corte cost., 17 giugno 1970, n. 110.
[11] La disciplina costituzionale è stata recepita dall’art. 22, d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (T.U. impiegati civili), a mente del quale “l’impiegato che, nell’esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai regolamenti cagioni ad altri un danno ingiusto ai sensi dell’art. 23 è personalmente obbligato a risarcirlo.”
Per approfondimenti sulla formulazione e la portata applicativa dell’art. 28 Cost., anche in chiave critica, cfr. E. Casetta, L’illecito degli enti pubblici, Torino, 1953, 9.
[12] Sul tema, cfr. R. Alessi, La responsabilità della pubblica amministrazione, nell’evoluzione legislativa più recente, in Rass. dir. pubbl., 1949, I, 234 ss.; C. Esposito, La responsabilità dei funzionari e dipendenti pubblici secondo la Costituzione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1951, 324 ss.; G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, I, 1958, 343; C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, I, Padova, 1967, 515; F. Merusi, Dalla responsabilità verso i cittadini alla responsabilità dei dipendenti pubblici nei confronti della p.a., in Le responsabilità pubbliche. Civile, amministrativa, disciplinare, penale, dirigenziale, a cura di D. Sorace, Padova, 1988, 257; A.M. Sandulli, Manuale, cit., 1517-1527; A. Corpaci,L’esperienza dell’Italia, in La responsabilità pubblica nell’esperienza giuridica europea, a cura di D. Sorace, Bologna, 1994, 474 ss. Sul dibattito circa l’art. 97, co. 2, e sulla distinzione posta dalla dottrina riguardo all’art. 28, si veda C. Pinelli, Art. 97, 2 comma, in AA.VV., La pubblica amministrazione, Commentario della Costituzione, artt. 97-98, Bologna 1994, 294 ss.
[13] In dottrina, sui problemi teorici sorti in relazione al riconoscimento dell’esatto ruolo della Corte dei conti a livello istituzionale, cfr. P. Gasparri, Sui limiti del sindacato di legittimità della Corte dei conti, in Scritti giuridici in memoria di Vittorio Emanuele Orlando, Padova, 1957, 632; F.G. Scoca, Fondamento storico ed ordinamento generale della giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa, in Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile (ad un decennio dalle riforme), Atti del LI Convegno di Studi di Scienza dell’Amministrazione, Milano, 2006, 43 ss.
[14] Cfr. L. Carbone, V. Tenore, Il nuovo codice della contabilità pubblica, Roma, 2023.
[16] Cfr. M.S. Giannini, Svolgimento della dottrina delle responsabilità contabili, in Studi in onore di Emilio Betti, V, Milano, 1962, 185 ss.; F. Garri, La responsabilità per danno erariale, Milano, 1965; L. Schiavello, Rischio e responsabilità patrimoniale per deviazione delle attribuzioni di ufficio, Napoli, 1967; R. Alessi, Responsabilità amministrativa, in Nss. D.I., XV, 1968, 618 ss.; Id., Responsabilità amministrativa, ivi, 622 ss.; S. Buscema, La giurisdizione contabile, Milano, 1969; F. Garri, Danno: V) Danno erariale, in Enc. giur., X, 1988; G. Correale, Corte dei Conti, cit., 215 ss.; M. Dentamaro, Il danno ingiusto nel diritto pubblico. Contributo allo studio dell’illecito nella decisione amministrativa, Milano, 1996; A. Gigli e G. Lemmo, La nascita della responsabilità amministrativa, in La responsabilità amministrativa e il suo processo a cura di F.G. Scoca, Padova, 1997, 17 ss.; ivi anche A. Police, La disciplina attuale della responsabilità amministrativa, 61 ss. e, dello stesso Autore, La natura della responsabilità amministrativa, 145 ss.; F. Staderini, Responsabilità amministrativa e contabile, in D. Disc. pubbl., XIII, 1997, 200 ss.; A. Romano Tassone, La valenza sanzionatoria e quella risarcitoria della responsabilità amministrativa, in Le responsabilità pubbliche a cura di D. Sorace, Padova, 1998, 281 ss.; ivi anche F. Staderini, La responsabilità dei funzionari e dei dipendenti pubblici tra risarcimento e sanzione, 299 ss.; C. De Bellis, Danno pubblico e potere discrezionale, Bari, 1999; E.F. Schlitzer, Profili sostanziali della responsabilità amministrativo-contabile, in L’evoluzione della responsabilità amministrativa a cura di E.F. Schlitzer, Milano, 2002, 41 ss.; S. Cimini, La responsabilità amministrativa e contabile. Introduzione al tema ad un decennio dalla riforma, Milano, 2003; A. Brancasi, L’ordinamento contabile, Torino, 2005; M. Atelli, P. Briguori, P. Grasso e A. Laino, Le responsabilità per danno erariale, Milano, 2006; M. Atelli, Responsabilità amministrativa e contabile, in Dizionario di diritto amministrativo a cura di M. Clarich e G. Fonderico, Milano, 2007, 611 ss.; P. Della Venturae L. Venturini, Le responsabilità finanziarie, in I giudizi innanzi alla Corte dei Conti a cura di F. Garri, G. Dammicco, A. Lupi, P. Della Venturae L. Venturini, Milano, 2007, 153 ss.; F. Fracchia, Corte dei Conti e tutela della finanza pubblica: problemi e prospettive, in Dir. proc. amm., 2008, n. 3, 699 ss.; E.F. Schlitzer, La responsabilità amministrativo-contabile del responsabile del procedimento, in Codice dell’azione amministrativa a cura di M.A. Sandulli, Milano, 2011, 459 ss.; A. Altieri, La responsabilità amministrativa per danno erariale, Milano, 2012; C.E. Gallo, La responsabilità amministrativa e contabile e la giurisdizione, in Contabilità di Stato e degli enti pubblici (Autori vari), Torino, 2013, 171 ss.; Cattiva amministrazione e responsabilità amministrativa a cura di M. Andreis e R. Morzenti Pellegrini, Torino, 2016; G. Bottino, Responsabilità amministrativa per danno all’erario, in Enc. dir., Annali X, 2017, 756-794.
[17] Per una più ampia ricostruzione storica della disciplina sostanziale e dell’evoluzione del quadro normativo di riferimento sul tema della responsabilità amministrativa per danno all’erario, si v. G. Bottino, Responsabilità amministrativa per danno all’erario, in Enc. Dir., Annali X, 2017, 757 ss.
[18] “Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti”.
[19] Per approfondimenti, cfr. L. Giampaolino, Prime osservazioni sull’ultima riforma della giurisdizione della Corte dei conti: innovazioni in tema di responsabilità amministrativa, in Foro amm., 1997, 3328 ss.; S. Cimini, La responsabilità, cit., 13 ss.
[20] Cfr. nota 20.
[21] Cfr. P. Maddalena, La responsabilità amministrativa degli amministratori degli enti pubblici economici e delle s.p.a. a prevalente partecipazione pubblica, in Riv. amm., 1996, I, 445 ss.
[22] Cfr. G. Greco, L’ambito della giurisdizione contabile, in Riv. trim. dir. pubbl., 1967, 914 ss.
[23] In senso critico, cfr. F.G. Scoca, op. cit., 50-52, ove si afferma: “Nella ricerca di nuovi spazi per la sua giurisdizione la Corte ha intrapreso (…) anche strade diverse, forzando le disposizioni di legge che stabiliscono i presupposti necessari per la configurazione della responsabilità amministrativa. In particolare, fornendo una interpretazione estensiva dell’art. 52 t.u. C. conti (…). In altri termini, la relazione tra autore dell’illecito e amministrazione pubblica danneggiata si è andata allargando da rigoroso, e quindi esattamente individuabile, rapporto di impiego ad un più sfumato, e tuttora non definito, rapporto di servizio (…). Dalla sua indeterminatezza, il c.d. rapporto di servizio può dimostrarsi un punto di appoggio idoneo sul quale la giurisprudenza può far leva per estendere senza limiti precisi l’area della responsabilità amministrativa (…), in teoria fino ad assoggettarvi tutti coloro che, in un modo o nell’altro, giuridicamente o di fatto, vengono in contatto con una Amministrazione pubblica e stabiliscono con essa una relazione (anche soltanto funzionale)”.
[24] In argomento, ex plurimis, S. Pilato, La responsabilità amministrativa, Padova, 1999, 47 ss.; V. Tenore, op. cit., 103 ss.; C. Vitale, La Cassazione, il rapporto di servizio e la responsabilità amministrativa di soggetti privati, in Giorn. dir. amm., 2010, n. 2, 135 ss.; G. Bottino, Rischio e responsabilità amministrativa, Napoli, 2017, in particolare pt. II, cap. I, § 6; R. Garofoli, G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, XIII ed., 2019, Molfetta (BA), 1620-1623.
[25] A titolo meramente esemplificativo, la figura dell’agente pubblico rilevante ai fini della instaurazione di un rapporto di servizio può riguardare i medici di base; laboratori privati di analisi convenzionate con il sistema sanitario nazionale; associazioni di volontariato convenzionate con la pubblica amministrazione; cooperative affidatarie di progetti socialmente utili; istituti bancari concessionari dell’attività istruttoria finalizzata alla erogazione di contributi pubblici ai privati.
[26] In tal senso, cfr. Cass., Sez. un., 3 luglio 2009, n. 15599, ove si afferma che “(…) L’esistenza di un rapporto di servizio (…) è configurabile anche quando il soggetto, benché estraneo alla pubblica Amministrazione, venga investito, anche di fatto, dello svolgimento, in modo continuativo, di una determinata attività in favore della pubblica Amministrazione, con inserimento nell’organizzazione della medesima, e con particolari vincoli ed obblighi diretti ad assicurare la rispondenza dell’attività stessa alle esigenze generali cui è preordinata”.
In dottrina, per approfondimenti, cfr. G. Bottino, Responsabilità amministrativa per danno all’erario, in Enc. diritto, Annali X, 2017, in particolare 765 ss.
[27] D.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni nella l. 11 settembre 2020, n. 120, in particolare l’art. 21. Si veda anche la proroga (sino al 30 giugno 2023) del regime di limitazione della responsabilità erariale, ai sensi dell’art. 51, comma 1, lett. h), d.l. 77/2021, convertito nella l. 108/2021; nonché l’ulteriore proroga di un anno (sino al 30 giugno 2024) di suddetto regime transitorio, ai sensi della l. 21 giugno 2023, n. 74, di conversione con modifiche del d.l. 22 aprile 2023, n. 44, recante “disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche”.
[28] Si veda la precedente nota.
[29] P. Calandra, Il buon andamento dell’amministrazione pubblica, in Studi in memoria di Vittorio Bachelet, Milano, 1987; A. Police, Principi generali dell’azione amministrativa, in M.R. Spasiano, D. Corletto, M. Gola, D.U. Galetta, A. Police, C. Cacciavillani (a cura di), La pubblica amministrazione e il suo diritto, Milano, 2012, 73 ss.; C. Chiarello, Il buon andamento dell’amministrazione. D’Assemblea Costituente all’amministrazione digitale, Napoli, 2022; M.R. Spasiano, Il principio di buon andamento, in Principi e regole dell’azione amministrativa, M.A. Sandulli (a cura di), Quarta ed., Milano, 2023, 121 ss.
[30] Per approfondimenti sulle tesi relative alla natura della responsabilità amministrativo-contabile, cfr. P.L. Rebecchi, Recenti fattispecie tipizzate di responsabilità amministrativa: incremento delle tutele o trappola della tipicità?, in www.amcorteconti.it; F. Garri, voce Responsabilità amministrativa, in Enc. giur. Treccani, XXVI, Roma, 1991; F. Staderini, La responsabilità dei funzionari e dipendenti pubblici tra risarcimento e sanzione, in Riv. C. conti, 1996, f. 2, 293 ss.; A. Police, La natura della responsabilità, cit., 145 ss.; F. Pasqualucci, Introduzione, in AA.VV. (a cura di E.F. Schlitzer), L’evoluzione della responsabilità amministrativa, Milano, 2002, 3 ss.; S.M. Pisana, La responsabilità amministrativa, Torino, 2007, 23 ss.; A. Vetro, Il dolo contrattuale o civilistico: applicazione nei giudizi di responsabilità secondo la più recente giurisprudenza della Corte dei conti, in www.lexitalia.it, 2011, f. 12.
[31]Sui profili civilistico-risarcitori dell’azione di responsabilità amministrativa, cfr. C. conti, Sez. Trentino-Alto Adige, 16 novembre 2016, n. 43; id., Sez. III app., 22 giugno 2016, n. 243; id., Sez. III app., n. 68/2015; id. Sez. Veneto, n. 53/2016, n. 65/2016 e n. 117/2016; id., Sez. Campania, ordinanza 7 marzo 2016, n. 63.
[32] Cfr., sulla natura extracontrattuale dell’illecito amministrativo in esame, v. C. cost., 29 luglio 1992, n. 383; Cass. sez. un., 5 agosto 2008, n. 21130; id., 25 luglio 2007, n. 16416; id., 3 aprile 2007, n. 8359, tutte in Ced. Cassazione; id., 25 ottobre, 1999, n. 744, in Giur. it. 2000, 1053 e in Urban. e app., 2000, 159.
In dottrina, in senso critico sulla teoria contrattuale, cfr. F. Garri, G. Dammicco, A. Lupi, P. Della Ventura, L. Venturini (a cura di), I giudizi, cit., 831.
[33] Sulla tesi della natura contrattuale, in giurisprudenza, tra molte, cfr. C. cost., 15 dicembre 1949, n. 32, in www.cortecostituzionale.it; C. conti, sez. I, 7 gennaio 1960, n. 1 e n. 52; id., sez. riun., 28 maggio 1956, n. 51.
In dottrina, v. E. Vicario, La Corte dei conti in Italia, Milano, 1938, 510 ss.; V. Vitta, Contrattualità della responsabilità del funzionario verso l’amministrazione pubblica, in Riv. C. conti, 1950, I, 13 ss.; Greco, In tema di responsabilità patrimoniale degli impiegati dello Stato, in Riv. C. conti, 1958, I, 4; F. Bassi, voce Responsabilità contabile, in Enc. dir., vol. XXXVII, Milano, 1988, 1412A. Bennati, Manuale di contabilità di Stato, Napoli, 1990, 765; F. Bassi, Lezioni di diritto amministrativo, Padova, 1998, 297 ss.
[34] In tal senso, v. P. Maddalena, Per una nuova configurazione della responsabilità amministrativa, in Cons. St., 1976, II, 831; Id., Responsabilità civile e amministrativa: diversità e punti di convergenza dopo le l. 19 e 20 del 1994, in Cons. St., 1994, II, 1428 ss.; F. Staderini,Responsabilità amministrativa, cit., 206; F. Merusi, Pubblico e privato nell’istituto della responsabilità amministrativa, ovvero la riforma incompiuta, in F. Merusi, Sentieri interrotti della legalità, Bologna, 2007.
[35] Cfr. C. cost., 20 novembre 1998, n. 371, in Riv. amm. R. It., 1998, 945, con nota di P. Maddalena, in Foro amm., 1997, n. 11-12 e in Cons. Stato, 1998, II, 1609; Id., 30 dicembre 1998, n. 453, in Giust. civ., 1999, I, 647 e in Corr. giur., 1999, 367.
La specialità di tale forma di responsabilità, caratterizzata da una funzione compensativa-risarcitoria e da una concorrente finalità preventiva a tutela del buon andamento della p.a., è evidenziata da A. Police, La natura della responsabilità, in F.G. Scoca, La responsabilità amministrativa, cit., 154 ss. e da M. Sciascia, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, 2018.
[36] Per approfondimenti quanto alla disamina delle tesi dottrinali sul problema definitorio circa la nozione di “danno” e di “danno erariale”, si v. S.M. Pisana, La responsabilità, cit., 90 ss.; A. Police, La disciplina attuale, in F.G. Scoca, La responsabilità, cit., 90 ss.
[37] Così Cass., Sez. un., ord. n. 2370 del 2023.
In dottrina, per approfondimenti, cfr. A. Canale, D. Centrone, F. Freni, M. Smiroldo (a cura di), La Corte dei conti. Responsabilità, contabilità, controllo, Milano, 2022, in particolare 42 e 84 ss.
[38] Corte costituzionale, sentenza n. 371 del 1998.
In dottrina, cfr. G. Bottino, Rischio e responsabilità, cit.
[39] Tra le prime decisioni adottate in subiecta materia, cfr., tra molte, Corte conti, Sez. giur. Umbria, 5 ottobre 1995, n. 152; Corte conti, Sez. giur. Umbria, 4 dicembre 1997, n. 1; Corte conti, Sez. giur. Umbria, 23 gennaio n. 1998, in Riv. Corte conti, 2/1998, 99; Corte conti, Sez. giur. Piemonte, 19 febbraio 1998, n. 83, in Riv. Corte conti, 3/1998, 155.
[40] Cfr. le considerazioni effettuate dalla Corte dei conti, Sez. terza giur. d’appello, 26 settembre 2017, n. 479, ove si afferma che il danno da disservizio è una figura di sintesi di condotte colpevolmente disfunzionali che incidono sulla qualità del servizio, oltre che sulla sua materiale esecuzione.
[41] Cfr. M. Nunziata, Il danno da disservizio, in La Corte dei conti, cit., 251.
Per approfondimenti sul tema si veda, in particolare, C. Montanari, Il danno da disservizio, in comuni d’Italia, 2000, 1703, nonché in Finanza loc., 2000, 1633; S. Pilato, Il danno erariale ed il danno da disservizio, in Nuove autonomie, 2003, 483 ss.; E. Tomassini, Il danno da disservizio, in Riv. Corte conti, 3/2005, 334 ss.; S. Monzani, Servizi pubblici e tutela risarcitoria. Il multiforme rapporto tra utente e gestore, in La responsabilità dell’Amministrazione: quale giurisdizione?, M. Andreis (a cura di), Milano, 2009, 243 ss.; D. Buzzanca, Danno da dissesto, da disservizio, da mancata utilizzazione dei beni, in Trattato dei nuovi danni, P. Cendon (a cura di), Padova, 2011, vol. 6, 181 ss.; M. Interlandi, Danno da disservizio e tutela della persona, Napoli, 2013; S. Foa’, Nuove tipologie e classificazioni del danno erariale alla luce della giurisprudenza contabile, e G. Crepaldi, Qualità delle prestazioni, disservizio e tutela del cittadino-utente, in Cattiva amministrazione e responsabilità amministrativa, M. Andreis e R. Morzenti Pellegrini (a cura di), Torino, 2016, 25 ss. e 111 ss.; M. Nunziata, Azione amministrativa e danno da disservizio, Torino, 2018.
[42] Cfr. ord. n. 2370.2023, Cass., Sez. un.
[43] Si veda la nota precedente.
[44] Cfr. Corte conti, Sez. giur. Basilicata, 22 marzo 2006, n. 83, nonché Corte conti, Sez. giur. Lombardia, 14 giugno 2011, n. 374.
In dottrina, al riguardo si consulti G. Crepaldi, Qualità delle prestazioni, cit., 111-112.
[45] Cfr. M. Nunziata, Il danno, cit., 253.
[46] Cfr. Corte conti, Sez. giur. reg. Lazio, 2 febbraio 2015, n. 80.
[47] Corte conti, Sez. giur. prov. Trento, n. 130/2006.
[48] Corte conti, Sez. I app., 13 marzo 2014, n. 406. Cfr. anche Corte conti, Sez. giur. d’appello per la Regione Siciliana, dep. 31.12.2021, n. 228/A/2021.
[49] Cfr. Corte conti, Sez. giur. Trentino-Alto Adige, 19 maggio 2009, n. 317; nonché Corte conti, Sez. giur. Lombardia, 31 luglio 2015, n. 139.
[50] Quanto alla (prevalente) giurisprudenza che annovera il disservizio tra le forme di danno patrimoniale, si veda, tra molte, Corte conti, Sez. giur. Puglia, 6 luglio 2010, n. 444; Id. Sez. giur. Lombardia, 14 giugno 2011, n. 374; Id., Sez. giur. Veneto, 14 maggio 2014, n. 107; Id., Sez. giur. Campania, 10 giugno 2016, n. 331.
In dottrina, sulla natura patrimoniale del danno erariale si veda S. Cimini, Cattiva amministrazione da attività provvedimentale illegittima, in Cattiva amministrazione e responsabilità amministrativa, M. Andreis e R. Morzenti Pellegrini (a cura di), Torino, 2016, 73-74.
[51] Cfr. Corte conti, Sez. giur. Lombardia, 14 giugno 2011, n. 374; Id., Sez. giur. Campania, 10 giugno 2016, n. 331.
[52] Cfr. Corte conti, Sez. giur. Umbria, 22 marzo 2022, n. 12.
[53] Cfr. Corte conti, Sez. giur. Lombardia, 31 luglio 2015, n. 139.
[54] Per approfondimenti, cfr. G. Bottino, Responsabilità, cit., 790 ss.
[55] Cfr. l’art.1, comma 1-bis, l. n. 20 del 1994.
[56] Art. 83, comma 1, l. cont. St., art. 52, comma 1, t.u. C. conti, art. 19, comma 2, t.u. imp. Civ. St.
[57] Presupposto per l’esercizio, da parte del pubblico ministero, dell’azione di responsabilità.
[58] Cfr. Corte cost., 12 giugno 2007, n. 183.
[59] Sulla questione, prima di Corte cost. n. 183 del 2007, cfr. P. Maddalena, La nuova conformazione della responsabilità amministrativa alla luce della recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, in TAR, 1999, n. 7-8, 261 ss.; D. Gasparrini Pianesi, La responsabilità amministrativa per danno all’Erario. Profili strutturali e funzionali della responsabilità, Milano, 2004, 52 ss.;
[60] Corte costituzionale n. 385 del 1996.
[61] Cfr. Cass., Sez. un., 24 marzo 2006, n. 6582.
[62] Cass., Sez. un., 27 maggio 2007, n. 12248.
[63] Cfr. Cass., Sez. un., 2 novembre 2011, n. 22688.
[64] A sostegno delle considerazioni dianzi esposte, sul piano normativo si invocano le seguenti disposizioni: l’art. 172, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, approvato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui prevede che sia i magistrati sia i funzionari amministrativi sono tenuti al risarcimento del danno subìto dei danni subìti dall’erario nelle ipotesi normativamente previste, secondo quanto previsto dalla disciplina in tema di responsabilità amministrativa; l’art. 5, co. 4, legge 24 marzo 2001, n. 89, che, in tema di equa riparazione per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, prevede che il decreto di accoglimento della domanda venga(di equa riparazione) debba essere comunicato, in particolare tra gli altri, al procuratore contabile per l’eventuale avvio del procedimento di responsabilità; nonché l’art. 13, legge n. 117 del 1998, che, nei casi di responsabilità civile per fatti costituenti reato nell’ambito dell’azione di regresso, prevede l’applicazione delle norme sulla responsabilità dei pubblici dipendenti.
[65] Cfr. ordinanza in commento, ove si richiama, quale ulteriore argomento a sostegno della tesi sostenuta dal Collegio, la clausola di salvezza del giudizio di responsabilità contabile contenuta nell’art. 2, co. 3-bis, legge n. 117 del 1988.
[66] A titolo esemplificativo, nei casi di uso non istituzionale dei beni dell’ufficio.
[67] Sul tema del danno all’immagine della p.a., si veda, tra molte, la sentenza della Corte dei conti per la Campania, 12 gennaio 2023, n. 6, la quale ha stabilito che suddetta voce di danno, pur non comportando una diminuzione patrimoniale diretta, è comunque suscettibile di valutazione patrimoniale sotto il profilo delle spese necessarie per il ripristino del danno del bene giuridico leso.
[68] Relativamente alla vicenda in esame, cfr. anche Cass. pen., Sez. VI, 16 marzo 2022, n. 8870, la quale ha affermato che il ritardo del magistrato nel deposito delle sentenze non integra, di per sé solo, il reato di rifiuto di atti d’ufficio ex art. 328 c.p., se non sussista una indifferibilità dell’atto omesso.
[69] Cfr., tra molte, Cass., Sez. un., 7 ottobre 2019, n. 25020.
[70] Cfr. Cons. St., Sez. IV, 7 dicembre 2015, n. 5572.
[71] Nella specie, si determinava in via equitativa il risarcimento del danno nell’importo pari al 20% delle risorse finanziarie stanziate dall’Amministrazione per retribuire il magistrato nell’arco temporale considerato.
[72] Cfr. Cass., Sez. un., ord. n. 2370. 2023, par. 19.
[73] Ibidem, par. 22.
[74] Cfr. Corte dei conti, Sez. giur. Lombardia, 10 giugno 2016, n. 95; nonché Cass., Sez. un., 11 aprile 2018, n. 22083.
[75] Sul tema dell’eccesso di potere giurisdizionale, si v. la recentissima Cass., sez. un., 23 novembre 2023, n. 32559, sulla questione delle proroghe delle concessioni c.d. balneari. A tal proposito, cfr. la nota n. 82.
In dottrina, oltre ai riferimenti presenti nella nota n. 2, cfr. G. Cocozza, Il percorso conformativo dell’eccesso di potere giurisdizionale, Napoli, 2017; M.A. Sandulli, La “risorsa” del giudice amministrativo, in Questioni Giustizia, 1/2021; A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2023, 356 ss. Inoltre, cfr. lezione inaugurale del 6 marzo 2023 della Prof.ssa M.A. Sandulli, cit.; nonché, da ultimo, le considerazioni espresse da G. Greco nell’ambito del convegno di Modanella, cit.; M.A. Sandulli, Conclusioni delle Giornate di studio, cit.
[76] Sulla difficoltà di riscontrare, in concreto, siffatta forma di eccesso di potere giurisdizionale, più volte qualificato dalla giurisprudenza in termini di vera e propria “produzione normativa”, cfr., tra molte, Cass., Sez. un., 15 luglio 2013, n. 11091, secondo cui “la figura dell’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è di rilievo meramente teorico, in quanto postulando che il giudice applichi non la norma esistente, ma una norma da lui creata, può ipotizzarsi solo a condizione di potere distinguere un’attività di formale produzione normativa inammissibilmente esercitata dal giudice, da un’attività interpretativa, ché, come si riconosce dalle più recenti ed accreditate teorie post illuministiche, non ha una funzione meramente euristica, ma si sostanzia in opera creativa della volontà di legge nel caso concreto”. In argomento, si v. anche Cass., Sez. un., 30 ottobre 2019, n. 27842, ove, a fronte dell’imputazione alla Adunanza plenaria dello sconfinamento nelle attribuzioni riservate al legislatore per avere esercitato una potestas iudicandi consistente nella modulazione degli effetti della sentenza creando ex novo una norma transitoria con efficacia erga omnes, la Corte dichiara il ricorso inammissibile, stante l’assenza di qualsivoglia carattere decisorio della statuizione che si limitava ad enunciare principi di diritto e restituiva, per il resto, la decisione alla Sezione remittente.
In dottrina, per approfondimenti cfr. M. Nigro, Giustizia amministrativa, cit., nonché M.A. Sandulli, Guida alla lettura, cit., e i rilievi espressi in occasione del convegno tenutosi presso l’Università degli Studi di Roma Tre, 11 febbraio 2022, Il caso Randstad Italia s.p.a.: questione di giurisdizione o di giustizia?, in questa Rivista, 17 febbraio 2022.
[77] Cfr. par. 26 dell’ordinanza in commento.
[78] Per approfondimenti, cfr. la lezione inaugurale del 6 marzo 2023 della Prof.ssa M.A. Sandulli, cit.
[79] Si v. le note nn. 1, 2 e 76.
[80] Cfr. Corte cost., 18 gennaio 2018, n. 6, in Foro it., I, 2018, 373. In giurisprudenza, sull’interpretazione della figura dell’eccesso di potere giurisdizionale in seguito a tale pronuncia, cfr., tra molte, Cass. Sez. un., n. 18259/2021 e n. 7839/2020.
In dottrina, cfr. A. Travi, Eccesso di potere giurisdizionale e diniego di giurisdizione dei giudici speciali al vaglio delle Sezioni Unite della Cassazione, in Giustamm.it, n. 11/2017; Id., Il giudice amministrativo come risorsa?, in Questione Giustizia, n. 1/2021.
[81] Si v. M.A. Sandulli, Guida alla lettura, cit.
[82] Per approfondimenti, si v. la recentissima Cass., Sez. un., 23 novembre 2023, n. 32559, specie al par. 16, ove si afferma che: “Si è trattato di un diniego o rifiuto della tutela giurisdizionale sulla base di valutazioni che, negando in astratto la legittimazione degli enti ricorrenti a intervenire nel processo, conducono a negare anche la giustiziabilità degli interessi collettivi (legittimi) da essi rappresentati, relegandoli in sostanza al rango di interessi di fatto. La sentenza impugnata, di conseguenza, è affetta dal vizio di eccesso di potere denunciato sotto il profilo dell’arretramento della giurisdizione rispetto ad una materia devoluta alla cognizione giurisdizionale del giudice amministrativo”.
In dottrina, cfr. in particolare F. Francario, Il sindacato della Cassazione, cit.
[83] Per approfondimenti, cfr. F. Francario, Il pasticciaccio parte terza. Prime considerazioni su Corte di Giustizia UE, 21 dicembre 2021, C-497/20, Randstad Italia Spa, in Federalismi.it, n. 5, 9 febbraio 2022.
[84] Cfr. le considerazioni espresse da C. Contessa nell’ambito della lezione inaugurale del 6 marzo 2023, cit.
Inoltre, si v. quanto affermato da G. Greco nel convegno di Modanella, cit., in merito alla difficoltà di qualificare siffatta ipotesi in termini di invasione della sfera del legislatore ovvero della sfera dell’amministrazione. Sul tema, cfr. M.A. Sandulli, Conclusioni delle Giornate di studio, cit.
[85] Sul tema, si v. in particolare M. Luciani, L’errore di diritto e l’interpretazione della norma giuridica, in QG, 3/2019.
[86] In argomento, cfr. le considerazioni espresse da R. Vaccarella nella lezione inaugurale, cit., il quale sottolinea l’importanza della pronuncia de qua per avere la Corte di Cassazione utilizzato, per la prima volta, una locuzione “dirompente” specificando che “la Corte dei conti per la Regione Siciliana ha finito con il creare una nuova fattispecie di responsabilità erariale”.