Sommario: 1. La vicenda processuale. - 2. I presupposti per disporre la verificazione e la consulenza tecnica: necessarietà e indispensabilità nella ricerca della prova. - 3. Natura e scopo della verificazione e della consulenza tecnica d’ufficio. - 4. Note conclusive.
1. La vicenda processuale.
I poteri istruttori del giudice amministrativo sono, ancora una volta, oggetto di attenzione da parte del Consiglio di Stato che, con sentenza 24 marzo 2023 n. 3025, nel risolvere la controversia concernente la demolizione di un manufatto abusivo, ha delineato alcuni principii in ordine alla funzione svolta dalla verificazione e dalla consulenza tecnica d’ufficio nel processo amministrativo.
La controversia che ha determinato la decisione del Consiglio di Stato è sorta a seguito della presentazione di una SCIA, ai sensi dell’art. 23 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, finalizzata alla ristrutturazione di un appartamento sito nel Comune di Ruvo di Puglia. Durante l’istruttoria del procedimento, il Comune ha disposto un sopralluogo accertando, dal confronto tra lo stato dei luoghi e le tavole progettuali allegate alla SCIA, che l’intero immobile era già stato oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia che avevano riguardato la diversa disposizione degli spazi interni, le variazioni prospettiche ed alcune opere in cemento armato, nonché l’esistenza di cinque locali in muratura del tutto privi di titolo abilitativo.
Sulla base del predetto accertamento, il Comune ha adottato una ordinanza di demolizione del manufatto rispetto al quale era stata presentata la SCIA, e degli altri cinque immobili ritenuti abusivi. In particolare, il Comune ha ritenuto che, per la realizzazione di tali cinque unità immobiliari che ricadono all’interno del centro abitato di cui alla legge n.1150/1942 (che definisce centro abitato la “situazione di fatto costituita dalla presenza di un aggregato di case continue e vicine, anche distante dal centro”), fosse necessario ottenere il preventivo rilascio del permesso di costruire (licenza edilizia al tempo della edificazione).
Avverso tale ordinanza i proprietari degli immobili hanno proposto ricorso innanzi al Tar Puglia che, stante la natura tecnico-discrezionale della decisione del Comune, ha disposto verificazione (con ordinanza istruttoria n. 836/2020) al fine di accertare se le opere oggetto dell’ordinanza di demolizione: 1) siano state realizzate antecedentemente all’anno 1967; 2) siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie vigenti al momento della loro realizzazione; 3) siano state costruite in area già ricompresa, all’atto della loro realizzazione, nel centro abitato. Il Collegio ha specificato che il verificatore potesse accertare l’epoca di realizzazione degli immobili con “qualsiasi mezzo ritenuto utile” e che potesse “valutare e accertare eventuali ulteriori elementi ritenuti utili ai fini della definizione della controversia”.
Accolto il ricorso in primo grado, la controversia è stata sottoposta all’attenzione del Consiglio di Stato, su appello dell’amministrazione che ha censurato l’operato del TAR con una serie di motivi concernenti l’attività compiuta dal verificatore e la decisione del collegio di fare proprie le conclusioni contenute nella verificazione.
In particolare, secondo gli appellanti, il verificatore non avrebbe accertato se le opere fossero state realizzate prima del 1967, esprimendo, piuttosto, la valutazione secondo cui sarebbe verosimile che la costruzione sia stata compiuta prima del 1967 e quindi prima dell’entrata in vigore della disciplina che impone la preventiva autorizzazione edilizia per l’edificazione nelle aree extraurbane. Tale valutazione discenderebbe da considerazioni svolte a seguito di esame di rilievi fotografici risalenti a 13 anni prima rispetto all’epoca della loro presumibile realizzazione.
Inoltre, il TAR avrebbe deciso facendo proprie le deduzioni del verificatore anche per ciò che riguarda la collocazione degli immobili in area esterna al centro abitato, senza tenere in considerazione la posizione del Comune che aveva considerato gli immobili all’interno del centro abitato, alla luce della definizione di “centro abitato” fornita dall’art. 31 della legge n. 1150/1942, inteso come “situazione di fatto costituita dalla presenza di un aggregato di case continue e vicine, anche distante dal centro”.
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, con una sentenza di particolare interesse, soprattutto per le statuizioni concernenti i poteri del verificatore e la relazione tra consulenza tecnica e verificazione.
2. I presupposti per disporre la verificazione e la consulenza tecnica: necessarietà e indispensabilità nella ricerca della prova.
La verificazione va annoverata fra i mezzi di prova ammessi nel giudizio di legittimità e si concreta in un’indagine tecnica finalizzata a far conoscere al giudice i fatti posti a base del ricorso[1]. Tale strumento di indagine è considerato un mezzo di prova a contenuto indeterminato, in quanto può tradursi in ispezioni, sopralluoghi, accertamenti tecnici, acquisizione di testimonianze o documenti, finalizzati a fornire tutta una serie di elementi probatori, assimilabili a quelli di cui dispone il giudice civile.
Anteriormente all’entrata in vigore della l. 205/2000, il solo strumento idoneo ad accertare i fatti era costituito, nel giudizio di legittimità, dalla verificazione. L’uso di tale strumento era regolamentato dall’art. 44 r.d. n. 1054 del 1924 e si traduceva nell’attività di verifica degli elementi tecnici che caratterizzano i fatti di causa, ma che il giudice non è, da solo, in grado di individuare e farne acquisizione in sede istruttoria ai fini dell’adottanda decisione[2].
Si tratta dello strumento istruttorio che più si avvicina alla consulenza tecnica d’ufficio[3], ma mentre la verificazione, è un mero accertamento a carattere ricognitivo[4], diretto a completare la conoscenza di dati di fatto rilevanti per la decisione della controversia, la consulenza è una valutazione tecnica di situazioni dedotte dalle parti che si traduce in un apprezzamento da effettuare con l’impiego di nozioni specialistiche, al fine di accertare la sussistenza di vizi di carattere tecnico, in cui sia, eventualmente, incorsa l’attività dell’Amministrazione[5].
Ne deriva che il Giudice possa disporre la verificazione o la consulenza tecnica a seconda delle esigenze istruttorie e processuali proprie di ciascuna controversia, tenendo conto delle specificità che connotano ciascuno dei due rimedi predetti.
A norma dell'art. 63, comma 4, c.p.a., il giudice amministrativo può disporre una verificazione nel caso in cui reputi “necessario” l’accertamento di fatti o l’acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche ovvero, “se indispensabile”, può disporre una consulenza tecnica.
L’esigenza di ricerca della prova legata a presupposti di necessarietà e indispensabilità non supera il tradizionale orientamento della giurisprudenza[6] secondo cui lo strumento di ricerca della prova può essere disposto solo nel caso in cui sia allegato dalle parti almeno un principio di prova[7]. Tuttavia, nel caso in cui il giudice amministrativo abbia ritenuto di dover disporre una verificazione, alla luce dei presupposti di necessarietà, la sentenza in esame ha statuito che il giudicante può fare propri i contenuti della relazione conclusiva prodotta dal verificatore per acquisire i profili tecnici necessari per definire la controversia. Rientra, infatti, nel potere discrezionale del giudice[8] valutare l’esito della verificazione e decidere di rinnovarla solo nel caso in cui la ritenga inidonea allo scopo per cui è stata disposta, perché viziata o errata[9]. Nel caso in esame, il Consiglio di Stato non ha ritenuto necessario alcun ulteriore approfondimento istruttorio, valutando sufficiente la documentazione prodotta nei due gradi di giudizio al fine di potere emettere la decisione[10]. Tale determinazione trova fondamento nei limiti del potere istruttorio in appello, che può essere esercitato solo nel caso di indispensabilità per la decisione e della impossibilità per le parti di dedurre elementi di prova nel giudizio di primo grado[11].
Nel caso in esame, la verificazione esperita durante il giudizio di primo grado ha consentito di accertare che i manufatti fossero stati realizzati al di fuori del centro abitato in quanto, in mancanza di un riscontro documentale e obiettivo, il Collegio ha ritenuto acclarato, in forza degli esiti della verificazione svolta nel corso del giudizio di primo grado, che i manufatti in questione, realizzati in epoca antecedente rispetto al 1967, si trovassero in un’area non ancora urbanizzata (al tempo della edificazione) e dunque non potevano considerarsi costruiti nel “centro abitato”.
3. Natura e scopo della verificazione e della consulenza tecnica d’ufficio.
La dottrina e la giurisprudenza[12] hanno assunto posizione concorde sulla diversa natura di consulenza tecnica e verificazione, specificando che, mentre la verificazione è un mezzo di prova volto ad accertare la sussistenza di una situazione di fatto, la consulenza tecnica, invece è uno strumento di valutazione della prova. Proprio la diversa natura tra i due mezzi determinava l’esigenza che il consulente tecnico d’ufficio fosse un terzo imparziale, mentre il verificatore, secondo la disciplina antecedente al codice del processo amministrativo, poteva essere un dipendente dell’amministrazione, parte in causa o di altra amministrazione. Di qui il paventato rischio di imparzialità del verificatore, sebbene questo non fosse però chiamato a valutare, ma solo ad accertare i fatti.
L’art. 19 cpa, dal titolo “consulente e verificatore”, ha introdotto il principio della imparzialità del verificatore, prevedendo che il predetto incarico debba essere affidato a un organismo pubblico, estraneo alle parti del giudizio, munito di specifiche competenze tecniche. Tale organismo, secondo il dettato normativo (art. 63 comma 4), può essere investito nell’ipotesi in cui il giudice ritenga necessario “l'accertamento di fatti o l'acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche”.
Il ruolo di terzietà del verificatore si evince altresì dall’obbligo, in capo allo stesso, di “prestare il proprio ufficio” (senza prestare giuramento, tenuto conto che la norma non ne specifica le modalità) nonché dalla possibilità, per le parti in causa, di ricusare il verificatore ex art. 20 cpa[13]. Tali elementi rendono il verificatore un soggetto terzo ed imparziale chiamato a prestare la sua opera al fine di “assistere” il giudice nell’iter decisorio, mediante l’azione compiuta non dall’amministrazione parte in causa, ma da un organismo diverso chiamato ad accertare la situazione fattuale per renderla disponibile alle necessità del giudicante.
Ne deriva che la differenza tra consulente e verificatore potrebbe essere venuta meno, tenuto conto che il verificatore deve essere terzo ed imparziale alla stregua del consulente tecnico, e che questi può anche essere un pubblico dipendente.
Altro aspetto che differenzia consulenza e verificazione è il tipo di indagine tecnica che può essere compiuta.
A differenza delle verificazioni, che sono dei meri accertamenti a carattere ricognitivo, diretti a completare la conoscenza di dati di fatto rilevanti per la decisione della controversia, la consulenza è una valutazione tecnica di situazioni dedotte dalle parti che si traduce in un apprezzamento da effettuare con l’impiego di nozioni specialistiche, al fine di accertare la sussistenza di vizi di carattere tecnico, incidenti sulla legittimità dell’operato dell’Amministrazione.
La dottrina più recente, nell’esaminare la disciplina contenuta nel codice del processo amministrativo, ritiene che la verificazione debba essere disposta nel caso in cui sia necessario accertare fatti che abbiano una connotazione tecnico-scientifica il cui accertamento comporti risultati certi e indubbi, mentre sia necessario disporre una CTU per accertare la plausibilità e non la veridicità dei fatti[14]. Secondo tale interpretazione verificazione e consulenza tecnica avrebbero mantenuto la stessa funzione prevista dalla disciplina previgente al codice in quanto, anche in base alla disciplina più recente, la verificazione ha lo scopo di accertare il fatto mentre la consulenza ha il fine di valutarlo. Non sono mancati casi in cui il giudice amministrativo ha utilizzato, nello stesso giudizio, la verificazione per ciò che riguarda la sussunzione del fatto nella norma e la consulenza tecnica d’ufficio ai fini della ponderazione di interessi[15].
La decisione in esame induce, tuttavia, a qualche riflessione in merito all’utilizzo, da parte del giudice amministrativo, della verificazione, in quanto alcuni quesiti posti al verificatore ne stimolano l’azione valutativa oltre a quella accertativa. Dall’esame della giurisprudenza emerge che se da una parte i giudici amministrativi danno corretta applicazione agli artt. 19 e 63 comma 4 cpa, preferendo la verificazione alla consulenza tecnica, alla quale il legislatore ha attribuito il presupposto della “indispensabilità”, per altro verso tendono a considerare la verificazione alla stregua della consulenza, sia per la tipologia di attività che richiedono all’esperto, il quale spesso esplica attività di tipo valutativo, sia perché applicano i principi propri della consulenza tecnica alla verificazione.
Con la sentenza in commento il giudice, nell’esaminare l’istituto della verificazione, ha affermato espressamente che i principi in tema di consulenza tecnica d’ufficio possono estendersi alla verificazione, riprendendo l’orientamento espresso dalla terza sezione con la sentenza del 9 luglio 2021 n. 5238. Tale statuizione trova conferma nei quesiti posti al verificatore il quale, oltre ad accertare l’epoca di realizzazione e la zona territoriale in cui è stato edificato il manufatto, è stato chiamato a “valutare e accertare eventuali ulteriori elementi ritenuti utili ai fini della definizione della controversia”.
4. Note conclusive
Il compimento di attività di tipo valutativo e la terzietà del verificatore, unitamente alla preferenza del legislatore verso l’utilizzo della verificazione rispetto alla consulenza, potrebbe determinare l’assimilazione o sovrapposizione dei due strumenti tecnici, per cui il verificatore potrebbe accertare i fatti ed esprimere valutazioni tecniche, al fine di supportare il giudice nell’esercizio del sindacato pieno del potere tecnico- discrezionale dell’amministrazione. Va però evidenziata la carenza, nel procedimento di verificazione, del contraddittorio con le parti in causa[16] che nel caso in cui sia disposta una consulenza tecnica possono partecipare all’iter valutativo compiuto dall’ausiliario del giudice, mediante la nomina di consulenti di parte, aventi funzione di stimolo ad approfondire l’indagine valutativa e a integrare l’attività del consulente d’ufficio durante le operazioni peritali (ex art. 67 cpa)[17]. Invece nell’ipotesi in cui sia nominato un verificatore, questo ha la possibilità di svolgere autonomamente l’incarico affidatogli dal Giudice, depositando l’elaborato conclusivo. Nel caso in esame la garanzia del contraddittorio avrebbe consentito alle parti di formulare osservazioni al tecnico durante l’attività valutativa senza dover poi ricorrere alla (rigettata) richiesta di nuovo accertamento del fatto in fase di appello.
La carenza di contraddittorio nell’attività di verificazione trova giustificazione proprio nella natura meramente accertativa e non valutativa di tale mezzo di prova.
Ma, allorché la verificazione venga utilizzata in sostituzione della consulenza tecnica, appare manifesta la non idoneità della prima a garantire l’effettività della tutela, mediante uno strumento tecnico idoneo a supportare il giudice nell’esercizio del sindacato giurisdizionale.
[1] A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2023, 272; L. Giani, La fase istruttoria, in F. G. Scoca, Giustizia amministrativa, Torino, 2023, 418 ss. N. Saitta, Sistema di giustizia amministrativa, Napoli, 2018, 321 ss.; C. E. Gallo, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2014, 211 ss.; C.E. Gallo, I mezzi di prova e l’istruttoria, in Codice del processo amministrativo, (D.lgs. 2 luglio 2010 n. 104) a cura di R. Garofoli e G. Ferrari, Roma 2010; G. Corso voce Istruttoria nel processo amministrativo, in Enc. Giur Treccani, XVIII, Roma, 2003.
[2] L. Giani, La fase istruttoria cit., 441; C. MARZUOLI, Discrezionalità amministrativa e sindacato giudiziario; profili generali, in Dir pubbl., 1998, 127 ss. che considera la verificazione assimilabile alla CTU o quanto meno utilizzabile dal giudice al fine di conoscere il fatto tecnico;
[3] M.A. Sandulli, La consulenza tecnica d’ufficio, in Foro amm. Tar 2008, 3533; L Giani, La fase istruttoria cit., 444. F. Cintioli, Consulenza tecnica d’ufficio e sindacato giurisdizionale della discrezionalità tecnica in F. Caringella e M. Protto (a cura di), Il nuovo processo amministrativo dopo la l. 21 luglio 2000 n. 205, Milano, 2000. F. Cintioli , Giudice amministrativo, tecnica e mercato, Milano, 2005.
[4] C.E Gallo, La prova nel processo amministrativo, Milano, 1994, 149 in giurisprudenza v. Cons Stato, VI, 27 maggio 1991 n. 321 in Cons. Stato 1991, I, 1015, secondo cui le verificazioni “consistono in meri accertamenti disposti dal giudice amministrativo al fine di una migliore conoscenza dei fatti e si distinguono, pertanto dalle consulenze tecniche, in quanto queste ultime implicano valutazioni tecniche di situazioni rilevanti allo scopo della decisione della controversia…”.
[5] Sia consentito rinviare a E. Caracciolo La Grotteria, La consulenza tecnica e il sindacato giurisdizionale, Napoli, 2008; E. Caracciolo La Grotteria, Osservazioni sull'applicazione della consulenza tecnica di ufficio nel processo amministrativo, in Foro amm. CdS, 2004; G. Perulli, La consulenza tecnica d’ufficio nel processo amministrativo, Padova, 2002.
[6] R. Villata, Scritti di giustizia amministrativa, Milano, 2015, 776-777 evidenzia che “ si rinvengono pronunce che ritengono sufficiente l’affermazione l’ affermazione dell’esistenza di un fatto o addirittura la specificità della censura proposta, identificando quindi l’onere in parola con un mero onere di allegazione di fatti verosimiglianti e storicamente attendibili , ovvero con un onere di corretta formulazione del motivi del ricorso, dall’altro si legge ripetutamente affermato il diverso principio secondo cui è altresì necessario che il ricorrente fornisca pure sei e concreti elementi in ordine all’esattezza di quanto affermato”
[7] Sull’onere della prova si veda F. Saitta, Onere della prova e poteri istruttori del giudice amministrativo dopo la codificazione, in www.giustam.it, n. 7/2012.
[8] Sul potere discrezionale del giudice amministrativo v. F. Saitta, Interprete senza spartito? Saggio critico sulla discrezionalità del giudice amministrativo, Napoli, Editoriale scientifica, 2023.
[9] Tale principio è tratto dalla giurisprudenza civile in relazione alla consulenza tecnica d’ufficio, di vedano Cas. Civ., Sez. I, 16 dicembre 2020 n. 28716; Cass. civ., sez. lav., 1 ottobre 2019 n. 24487 e Cass. civ, Sez. II, 20 agosto 2019 n. 21525
[10] R. Villata, op cit., 782-783
[11] A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2018, 331 secondo cui alla stregua dei limiti del potere istruttorio e dei nova in appello “l’appello al Consiglio di Stato si configura oggi più come un rimedio agli errori del giudice di prima grado, che come mezzo per ottenere un nuovo esame della controversia da parte die giudice di grado superiore.
[12] Cons. Stato, 25 febbraio 2016 n. 785
[13] Cons Stato, III, 9 luglio 2021 n. 5238
[14] G. Clemente di S. Luca, Verificazione e consulenza tecnica d’ufficio nel quadro dei mezzi di prova esperibili nel processo amministrativo, in Dir e proc. amm., 3/2018, 777.
[15] G. Tropea, Il vincolo etnoantropologico tra discrezionalità tecnica e principio di proporzionalità: “relazione pericolosa” o “attrazione fatale”? in Dir. proc. amm., fasc.2, 2012, 71ss.
[16] E. Follieri, Il contraddittorio in condizioni di parità nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2006, 499, ss F.P. Luiso, Il principio del contraddittorio e l’istruttoria nel processo amministrativo e tributario, in Dir. proc. amm., 2000; L. Migliorini, Il contraddittorio nel processo amministrativo, Napoli, 1996, 122; A. Caracciolo la Grotteria, Parti e contraddittorio nel processo amministrativo in Scritti in onore di Pietro Virga, Milano, 1994, 44 ss.; M. Sica, Verificazioni e contraddittorio nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1990, 216 ss..; F. Merusi, Il contraddittorio nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm. 1985.
[17] G. Clemente di S. Luca, op. cit., 782