Silenzio assenso tra P.A. e autorizzazione paesaggistica. Le prospettive del Consiglio di Stato (nota a Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 4098 del 24 maggio 2022)
di Sveva Speranza
Sommario: 1. Premessa - 2. Silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni - 3. L’autorizzazione paesaggistica e l’inapplicabilità dell’art. 17-bis - 4. La decisione del Tar Campania, un ulteriore tassello per il dibattito giurisprudenziale - 5. La parola al Consiglio di Stato - 6. Conclusioni.
1. Premessa.
La decisione che si commenta riforma la sentenza del Tar Campania, sez. distaccata di Salerno, che aveva annullato il parere emanato dalla Soprintendenza il 13 ottobre 2020 ritenendo già formatosi per silenzio-assenso in forza del combinato disposto degli artt. 11, commi 7 e 9, del D.P.R. n. 31/2017, e 17-bis della l. n. 241/1990. Nel caso di specie, il ricorrente aveva avanzato un’istanza volta all’ottenimento del permesso di costruire e dell’autorizzazione paesaggistica per un immobile sito nel Comune di Cava dei Tirreni soggetto a vincolo paesaggistico ai sensi del D.M. 12 giugno 1967 e della L. n. 1497/39. La decisione del Tar Salerno aveva attribuito rilevanza alla circostanza che la Soprintendenza, avendo acquisito gli atti in data 20 luglio 2020, aveva comunicato i motivi ostativi all’accoglimento della istanza il 31 luglio 2020 e aveva emanato il diniego definitivo solo il successivo 13 ottobre 2020, oltre il termine procedimentale dei venti giorni. Il Consiglio di stato accoglie l’appello proposto dal Ministero della Cultura, escludendo che il silenzio assenso si fosse effettivamente formato nel concreto del caso di specie, non anche che la fattispecie possa astrattamente configurarsi nel procedimento di autorizzazione paesaggistica.
La decisione merita pertanto di essere segnalata in quanto indicativa della evoluzione in atto nella giurisprudenza amministrativa sull’applicabilità del silenzio-assenso ex art 17-bis l. 241/1990 e smi ai procedimenti per l’autorizzazione paesaggistica e sulla perentorietà del termine di cui all’art. 146, comma 8, del d.lgs. n. 42 del 2004.
2. Silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni.
Alimentando le aspettative degli operatori del diritto, il legislatore ha manifestato crescente fiducia nel ruolo ricoperto dall’istituto del silenzio assenso nella semplificazione amministrativa[i].
In riferimento all’attività amministrativa avente valore provvedimentale, il silenzio assenso non è altro che estrinsecazione del potere in forma semplificata secondo quanto previsto dall’art. 20 l. 241/90, come novellato dalla legge 80/2005.
Invero, salvo il regime della s.c.i.a. di cui all’art. 19, il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’art. 2 comma 2 o 3, il provvedimento di diniego, oppure non indice nel termine di trenta giorni una conferenza di servizi. Tale fenomeno si verifica nei rapporti cd. “verticali” ovvero tra la P.A. e i privati che sollecitano il soddisfacimento di una pretesa legittima, per ottenere la quale, in assenza di un provvedimento esplicito s’intende prodotto in forma tacita. In tale circostanza il silenzio assenso equivale all’atto conclusivo del procedimento, nonché l’atto che può essere impugnato innanzi al giudice amministrativo, rivestendo cioè un’efficacia esterna.
Con l’introduzione dell’art. 17-bis l. 241/90 è stata inaugurata l’applicabilità del silenzio assenso anche ai rapporti orizzontali tra amministrazioni pubbliche e soggetti ad esse equiparati, nonché gestori di beni e servizi pubblici.
Da una prospettiva oggettiva, la norma di cui all’art. 17-bis l. cit. prevede la formazione del silenzio assenso nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta, comunque denominati, se l’amministrazione interpellata non comunica l’adesione allo schema di provvedimento inviato dall’amministrazione procedente entro il termine di trenta giorni [ii].
Rispetto al silenzio assenso di cui all’art. 20, il silenzio endoprocedimentale tra P.A. non equivale all’emanazione del provvedimento conclusivo bensì si inserisce all’interno di un procedimento pluristrutturato, nel quale, al di là del nomen iuris, ha valenza co-decisoria essendo applicabile anche ai pareri vincolanti e non puramente consultivi[iii]. A tal proposito è utile porre attenzione al comma 3 dell’art. 17bis, in cui si esplicita che la regola de qua si applica anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, si prevede unicamente un termine più ampio per l’espressione dell’assenso, concerto o nulla osta, che è di 90 giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini, senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
Al contrario, nell’art. 20 viene esclusa espressamente l’applicabilità del silenzio assenso quando il provvedimento ha ad oggetto interessi sensibili, essendo caratterizzati da valutazioni di compatibilità con alto grado di discrezionalità tecnica che mal si prestano ad un comportamento concludente in luogo di un parere espresso.
L’applicabilità dell’art. 17-bis al solo silenzio orizzontale, inoltre, è stata recentemente ribadita anche dalla Corte costituzionale con la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 8, della legge della Regione Siciliana 6 maggio 2019, n.5[iv] che aveva introdotto il silenzio-assenso sulla domanda di autorizzazione paesaggistica con efficacia anche verticale.
3. L’autorizzazione paesaggistica e l’inapplicabilità dell’art 17bis
Il procedimento finalizzato al rilascio dell’ “autorizzazione paesaggistica” valuta la trasformazione di un territorio in ragione delle implicazioni sulla sua morfologia paesaggistica, intesa non in senso meramente estetico o panoramico bensì con risvolti sull’ambiente circostante[v].
Secondo un primo orientamento più restrittivo, la giurisprudenza amministrativa tende ad escludere l’applicabilità dell’art. 17-bis all’autorizzazione paesaggistica[vi].
Diverse critiche sono state rivolte a un tale orientamento.
In primo luogo, la circostanza che il parere della soprintendenza non può considerarsi un assenso, un concerto o un nulla osta. Quest’ultimo, infatti, rappresenta un atto di particolare complessità tecnica che presuppone una valutazione tecnico-discrezionale secondo i requisiti elencati nel comma 5, art. 146 l. 42/2004[vii]. Dall’analisi della norma emerge, infatti, che l’istanza per l’ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica, ancorché presentata dal privato, viene presentata alla regione che provvede a trasmettere una “proposta di provvedimento” alla soprintendenza, non l’istanza stessa. Con tale precisazione è evidente che la regione ricopre un ruolo istruttorio/decisorio, mentre la soprintendenza è chiamata ad esprimere un parere vincolante entro 45 giorni dalla ricezione dello schema di provvedimento.
In secondo luogo, il termine più breve, rispetto ai 90 giorni previsti dall’art. 17-bis per i provvedimenti aventi ad oggetto interessi sensibili, propenderebbe per l’inconciliabilità con il silenzio endoprocedimentale[viii].
Rileva, inoltre, ai sensi del comma 8 art. 146 l.cit. che nel caso in cui tale parere sia negativo, l’ente pubblico è tenuto ad emanare il preavviso di rigetto ex art. 10 l. 241/90 ed entro ulteriori 20 giorni l’amministrazione è chiamata a provvedere in conformità[ix].
Si può in effetti ritenere che la soprintendenza eserciti sull’atto autorizzativo non solo una valutazione di semplice legittimità, con correlativo potere di annullamento ad estrema difesa del vincolo, ma di merito amministrativo, espressione di poteri di cogestione del vincolo paesaggistico[x]. La conclusione sembra suggerita da una lettura congiunta degli artt. 16 e 17 l. 241/90, in relazione agli assensi, concerti o nulla osta di cui all’art. 17bis. I primi fanno riferimento ad atti di altre amministrazioni da acquisire necessariamente nella fase istruttoria del procedimento: il parere (facoltativo o obbligatorio) di cui all’art. 16 rientra nell’attività consultiva della P.A. ed è facoltà dell’amministrazione richiedente procedere, indipendentemente dall’acquisizione dello stesso; il parere ex art. 17, invece, si sostanzia in una valutazione tecnica da parte di altre amministrazioni senza la quale il provvedimento finale non può essere emanato.
Sebbene sia collocato nella norma seguente all’art. 17, i pareri ex art. 17-bis sono obbligatori e vincolanti, espressione del meccanismo della cogestione degli interessi in gioco.
Pertanto, sottolineando la peculiarità degli interessi paesaggistico-ambientali, non essendo bilanciabili con altrettanti interessi di natura differente, sono posti in una posizione di rilievo assoluto per l’ordinamento: la materia paesaggistica, come più in generale quella dei beni culturali, è tradizionalmente impermeabile al modello del silenzio-assenso per espressa previsione dell’art. 20 l. 241/90.
Il giudizio di compatibilità, infatti, deve essere tecnico e relativo al caso concreto, nonché espressione del novellato art. 9 Cost.[xi] il quale consente di fare eccezione anche a regole di semplificazione a effetti sostanziali altrimenti praticabili. A tal proposito si segnala che ancorché il legislatore abbia previsto una speciale concentrazione procedimentale, come quella che si attua con il sistema della conferenza di servizi, essa non comporta un’attenuazione in termini di tutela paesaggistica.[xii]
Ciò detto, l’istituto del silenzio-assenso mal si concilia con la logica dei giudizi di valore tecnico-discrezionali che si rivelano, inevitabilmente, opinabili, adattandosi, piuttosto, ai soli atti vincolati ed espressione di scienze esatte su valori misurabili. Non a caso, il rimedio processuale predisposto dal legislatore agli artt. 31 e 117 c.p.a., non è esperibile contro qualsiasi tipologia di omissione amministrativa, restando esclusi dalla sua sfera applicativa non solo i casi di silenzio significativo, rectius qualunque attività non provvedimentale.
In più pronunce la giurisprudenza rimarca l’estraneità alla funzione di tutela del paesaggio di “ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi”, atteso che il parere è “atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica”, in cui il giudizio di compatibilità paesaggistica “deve essere … tecnico e proprio del caso concreto”.
Da quanto detto si deduce che il parere reso tardivamente non è inefficace, ma è non vincolante per la P.A. procedente, alla quale spetta tenerne conto, valutando motivatamente ed in concreto anche gli aspetti paesaggistici[xiii].
Nella sentenza n. 2640/2021, inoltre, il Consiglio di Stato ha chiarito che il meccanismo del silenzio-assenso ex art. 17-bis non si applica alla fase istruttoria del procedimento amministrativo “che rimane regolata dalla pertinente disciplina positiva, influendo soltanto sulla fase decisoria, attraverso la formazione di un atto di assenso per silentium con la conseguenza che l’amministrazione procedente è, comunque, tenuta a condurre un’istruttoria completa e, all’esito, ad elaborare uno schema di provvedimento da sottoporre all’assenso dell’amministrazione co-decidente[xiv]”.
Da questo orientamento è possibile concludere che i procedimenti (sebbene) pluristrutturati ad istanza di parte non rientrano nel campo applicativo dell’art. 17bis.
4. La decisione del Tar Campania
Pur appartenendo al diverso e minoritario orientamento giurisprudenziale, la pronuncia del Tar Salerno, n. 1542 del 2021, coglie e difende un certo parallelismo tra l’art. 146 e l’art. 17-bis.
Nel merito era stato impugnato il diniego dell’autorizzazione paesaggistica n. 5051 del 19 gennaio 2021, da parte del Comune di Battipaglia, deciso con sentenza n.1542 del 23 giugno 2021. In particolare, il ricorrente impugnava anche il parere contrario della Soprintendenza ai beni paesaggistici di Salerno ed Avellino n. 16827 del 18 settembre 2020, in quanto comunicato oltre 45 giorni dalla ricezione degli atti.
Tale tesi si fonda sul presupposto che l’autorizzazione paesaggistica sia una decisione pluristrutturata a tutti gli effetti.
Invero, i giudici campani hanno ribadito la sussistenza di un rapporto intersoggettivo di tipo orizzontale, intercorrente tra le due pubbliche amministrazioni chiamate ad esprimersi, l’una proponente, l’altra deliberante. Tale rapporto non va confuso con il diverso rapporto di tipo verticale che si instaura tra il privato e la Regione finalizzato al provvedimento di rilascio o di diniego dell’autorizzazione paesaggistica, riguardo al quale il silenzio-assenso non può evidentemente operare. Inoltre, non deve essere confuso con la decisione monostrutturata rinvenibile nelle cause di gestione di pratiche SUAP (sportello unico attività produttive) dove l’amministrazione procedente assume un ruolo meramente formale, ovvero raccoglie e rimette l’istanza all’unica amministrazione decidente. In tal caso, non essendoci altri enti pubblici co-decisori, il vero beneficiario del silenzio-assenso sarebbe il privato avvalendosi di un’ipotesi elusiva di silenzio.
Il tribunale amministrativo, infatti, esclude che l’emanazione dell’autorizzazione paesaggistica possa assimilarsi a quella appena descritta, considerando che la regione, lungi dal ricoprire un ruolo meramente servente, è l’amministrazione chiamata ad interfacciarsi con il privato attraverso il provvedimento di accoglimento o rigetto: sia perché la legge dispone che “sull'istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la Regione”, sia perché è la titolare del potere di decidere in via esclusiva sugli aspetti urbanistico edilizi.
In sentenza si dà conto di un ulteriore elemento da considerare, in relazione agli interventi minori per i quali è disciplinata l’autorizzazione paesaggistica semplificata all’interno del d.p.r. 31/2017.
Ai sensi dell’art. 11 comma 9 di quest’ultimo regolamento è, infatti, esplicitamente prevista la formazione del silenzio-assenso ai sensi dell’art. 17-bis se la sovrintendenza non esprime il parere nei termini di legge.
Alla luce di quest’ultimo richiamo è difficile, se non impossibile, considerare che un regolamento amministrativo, quale fonte secondaria, possa porsi in contrasto con una fonte legislativa di rango primario, dal momento che in caso contrario sarebbe destinatario della sanzione della disapplicazione. Al contrario, i giudici campani sembrano ritenere che tale disposizione regolamentare sia una conferma dell’applicabilità del silenzio-assenso ex art. 17bis anche al procedimento ordinario posto alla loro attenzione.
Infine, si allegano, come argomenti a favore dell’applicabilità del silenzio endoprocedimentale, autorevole prassi amministrativa consistente nelle linee dettate dal capo dell'ufficio legislativo del Ministero per i beni e le attività culturali, con le direttive n. 27158 del 10 novembre 2015, n. 21892 del 20 luglio 2016 e n. 11688 dell'11 aprile 2017 (cfr. pag. 3, § b1), nonché con i pareri n. 1293 del 19 gennaio 2017 e n. 23231 del 27 settembre 2018.
All’esito di tale ragionamento giuridico, la decisione si conclude con l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento del diniego dell’autorizzazione paesaggistica emanato dal Comune di Battipaglia, dichiarando, inoltre, l’inefficacia dello stesso quale atto tardivo ai sensi dell’art. 2 comma 8bis l. 241/90.
5. La sentenza del Consiglio di Stato
Con la sentenza n. 4098 del 24 maggio 2022, la VI Sez. del Consiglio di Stato è tornata a pronunciarsi sulla questione de qua, facendo chiarezza sul rapporto tra il silenzio ex art. 17bis e l’autorizzazione paesaggistica.
Nella parte motiva della sentenza, il Collegio giudicante ricorda che aveva già avuto occasione di esprimersi in senso contrario alla compatibilità tra il silenzio assenso endoprocedimentale e i procedimenti disciplinati dall’art. 146 del D.L.vo 42/2004 “per la ragione che in questi procedimenti la Soprintendenza non è chiamata ad esprimersi su una proposta del provvedimento finale che sarà adottato dall’amministrazione procedente, bensì su una proposta di parere paesaggistico, che riguarda un progetto e che non viene formulata dall’autorità procedente – cioè quella che deve autorizzare il progetto o l’opera – bensì dalla Regione o dall’ente che questa abbia eventualmente delegato ad esercitare i poteri ad essa assegnati dall’art. 146[xv]”, concludendo per sostenere l’affermazione che il provvedimento conclusivo del procedimento abbia a tutti gli effetti una natura mono strutturata.
Ebbene, pur senza manifestamente smentire quanto in precedenza affermato, il Consiglio di Stato sembra rimeditare almeno in parte il precedente orientamento.
I giudici amministrativi sostengono, infatti, che l’unico elemento di apparente contrarietà all’applicabilità del silenzio ex art. 17-bis l. cit. all’emanazione dell’autorizzazione paesaggistica, sia rilevabile nella scansione procedimentale di cui al comma 9 dell’art. 146 cod. paesaggio, secondo cui la Regione (o l’organo da questa delegato) provveda comunque, senza specificare se l’emanazione del provvedimento debba avvenire in conformità della proposta inviata alla Soprintendenza. Invero, dalla norma emerge la circostanza che l’Amministrazione procedente è chiamata ad emettere a prescindere un provvedimento espresso.
I principi generali, tuttavia, impediscono di adottare un provvedimento non conforme all’originaria proposta, senza formularne una nuova. Dovendo concludere che sia lo stesso art. 146 D. L.vo cit. a prevedere una forma di silenzio assenso secondo lo schema dell’art. 17bis L.241/90, trattandosi di un provvedimento che presenta un tratto (necessariamente) co-decisorio.
Coerentemente con quanto sin qui affermato, «se presupposto all’art. 146, comma 9, vi fosse la formazione di un silenzio assenso ai sensi dell’art. 17-bis, la norma avrebbe dovuto prevedere, per coerenza, che anche il tal caso l’amministrazione procedente adottasse il provvedimento finale “in conformità”: in tal caso, “in conformità” alla proposta iniziale, sulla quale la Soprintendenza non ha espresso motivi ostativi». Tanto, induce a ritenere che «il legislatore non ha voluto che si producesse tale effetto, quale conseguenza del comportamento silente della Soprintendenza, come è reso evidente dal fatto che in tal caso l’amministrazione procedente è tenuta a provvedere “comunque” e non “in conformità”».
Osserva, nondimeno, la Sezione che «dal punto di vista pratico cambia poco rispetto alla fattispecie del silenzio assenso ex art. 17-bis, perché è evidente che il provvedimento finale, anche in tal caso, deve rispecchiare la proposta originaria trasmessa alla Soprintendenza: diversamente il provvedimento adottato risulterebbe illegittimo in quanto emesso su una proposta non precedentemente sottoposta al parere della Soprintendenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5799 dell’11 dicembre 2017); l’amministrazione procedente, tuttavia, non essendosi formato un silenzio assenso da parte della Soprintendenza, potrebbe avere un ripensamento e quindi potrebbe decidere di riformulare la proposta originaria, senza perciò incorrere in un provvedimento in autotutela, non essendosi ancora formato un provvedimento definitivo».
Pertanto, l’atto finale dell’amministrazione procedente, a meno di un “ripensamento” circa la propria posizione originaria, non potrà che essere favorevole al privato, pena l’illegittimità di un
diniego, che sarebbe emesso in assenza di una precedente proposta in tal senso sottoposta al parere della Soprintendenza[xvi].
6. Conclusioni
Le considerazioni conclusive non possono prescindere dalla preventiva sottolineatura della crescente tendenza dell’ordinamento ad attribuire carattere sempre più generale all’istituto del silenzio assenso, come evidenziato anche dalle più recenti riforme, in particolare i decreti legge semplificazioni 76/2020 e 77/2021. In tutti i procedimenti amministrativi in cui è necessario un dialogo a più voci, se una di questa si intende acquisita per non bloccare l’iter decisorio, bisogna accettare le conseguenze che derivano nei confronti dei destinatari dei provvedimenti. Si ritiene, infatti, che la generalizzazione dell’istituto del silenzio assenso e la sua applicazione a fattispecie connotate dall’esercizio di un potere discrezionale (più o meno ampio) appaiano compatibili con i principi generali dell’azione amministrativa (buon andamento, imparzialità, trasparenza) unicamente qualora si ritenga sussista anche in tale ambito il dovere della p.a. di esercitare la propria funzione di amministrazione attiva attraverso la ponderazione degli interessi coinvolti[xvii].
La modifica legislativa dell’art.17-bis (ora rubricato “Effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici” a seguito dell’intervento correttivo dell’art. 12, comma 1, lett. g), n. 1), da parte del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, che ha sostituito le parole “Silenzio assenso” con le parole: “Effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti”)[xviii] ha reso sicuramente più problematica la figura generale del silenzio-assenso.
Speculare all’applicabilità del silenzio-assenso è il concetto di inesauribilità del potere che viene messo a dura prova dal dovere di provvedere sancito all’art. 2 l. 241/90. Per cui, o si deve ritenere ancora esercitabile il potere della p.a. che entro i termini di legge non ha emanato il provvedimento oppure si intende acquisito un parere favorevole secondo la regola del silenzio-assenso. Quindi delle due, l’una.
Tuttavia, in non poche occasioni si è dimostrato che nella pratica giuridica tra due opzioni apparentemente contrapposte la soluzione corretta può passare per una terza via, e ciò è proprio quanto sembrerebbe avvenire nel caso dell’’autorizzazione paesaggistica, in quanto provvedimento pluristrutturato e allo stesso tempo su istanza di parte.
L’istanza ex art. 146 cod. beni culturali e paesaggistici instaura un doppio segmento: verticale tra il Comune (o al diverso ente territoriale delegato dalla regione) e il privato; orizzontale tra il Comune e la soprintendenza.
In effetti la giurisprudenza, già nel parere del Consiglio di Stato 1640/2016, non escludeva dal perimetro di operatività del silenzio-assenso l’indistinta categoria dei procedimenti ad istanza di parte, precisando, piuttosto, che il meccanismo semplificante ex art. 17-bis operava solo in presenza di un’effettiva condivisione della funzione decisoria delle due amministrazioni e non nel caso in cui ad una delle due sia demandata solo una funzione consultiva.
Da qui la differenza sostanziale tra silenzio devolutivo e silenzio-assenso. Nel primo caso l'autorizzazione paesaggistica è imputata esclusivamente all'ente territoriale che l'ha rilasciata, mentre nel secondo caso essa si intesta in co-decisione a entrambe le amministrazioni.
Pertanto, l’art. 17-bis si applica al procedimento disciplinato dall’art. 146 del codice di settore del 2004, limitatamente alla pronuncia del parere della soprintendenza. Invece, in caso di inerzia del Comune e l’inutile decorso del termine finale di conclusione del procedimento, e dunque del rapporto verticale verso il privato, si avrà a che fare con una normale ipotesi di silenzio-inadempimento, ricorribile ex art. 117 c.p.a.
Alla luce di quanto esposto, appaiono sicuramente degne di nota e condivisibili le ultime pronunce a sostegno della compatibilità tra il silenzio assenso endoprocedimentale e i procedimenti pluristrutturati che coinvolgono gli interessi sensibili[xix].
[i] Per riflessioni critiche sul crescente impiego dell’istituto del silenzio assenso v. M. A. Sandulli, Silenzio assenso e termine per provvedere. Esiste ancora l’inesauribilità del potere amministrativo?, in Il processo, 1/2022, 11 ss e ivi ulteriori riferimenti.
[ii] In dottrina ex multis F. De Leonardis, “Il silenzio assenso in materia ambientale: considerazioni critiche sull'art. 17bis introdotto dalla cd. riforma Madia” di, in Federalismi.it, 21.10.2015; F. Scalia, Considerazioni in ordine all'ambito soggettivo del nuovo istituto del silenzio-assenso tra amministrazioni, in Giust. Amm. M. 9, 2017; C. Vitale, Il Silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni: il parere del Consiglio di Stato - il Commento, in Giornale Dir. Amm., 2017, 1, 95 e ss.; G. Mari, Il silenzio assenso tra amministrazioni e tra amministrazioni e gestori di beni o servizi pubblici, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, Giufrè, 2017, 853 e ss.; E. Scotti, Silenzio assenso tra amministrazioni in A. Romano (a cura di), L'azione amministrativa, Torino, 2016, 566 e ss.; A. Contieri, Il silenzio assenso tra le amministrazioni secondo l’art. 17-bis della legge 241/90; la resistibile ascesa della semplificazione meramente temporale in Approfondimenti di diritto amministrativo (a cura) di A. Contieri, Editoriale scientifica 2021 p.109 ss.
[iii] Cons. Stato, Comm. Spec., 13 luglio 2016 n. 1640.
[iv] Nella sentenza citata, la Regione Siciliana, introducendo una regola contrastante con una norma fondamentale di riforma economico-sociale della legislazione statale, superava i limiti della propria competenza primaria in materia di tutela del paesaggio ai sensi dell’art. 14, lettera n), dello statuto speciale. Cfr. Corte cost. 22 luglio 2021 n. 160.
[v] Sulla nozione di paesaggio e di beni paesaggistici di cui, rispettivamente, agli artt.131 e 136 D.lgs. n. 42/2004, T.A.R. Lazio, sez. II, 1 aprile 2014, n. 3577.
[vi] Per una panoramica giurisprudenziale cfr. P. Marzaro, “Silenzio assenso tra amministrazioni, ovvero della (in)sostenibile leggerezza degli interessi sensibili” in Rivista giuridica di urbanistica, n.2 del 2021, p.432 ss.
[vii] “Sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge, ai sensi del comma 1, salvo quanto disposto all’articolo 143, commi 4 e 5. Il parere del soprintendente, all’esito dell’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1, lettere b), c) e d), nonché della positiva verifica da parte del Ministero, su richiesta della regione interessata, dell’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante ed è reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione”.
[viii] Prima della riforma del 2015 (legge n. 124 del 2015) il quadro era abbastanza chiaro. In base all'articolo 146 del codice di settore del 2004 - come modificato prima dal decreto correttivo e integrativo n. 156 del 2006, poi dall'articolo 4, comma 16, del decreto- legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, quindi dall'articolo 25, comma 3, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 - l'autorità competente alla gestione del vincolo - di regola il Comune, delegato dalla Regione - doveva provvedere sulla domanda del privato entro 60 giorni, acquisito il parere del soprintendente (obbligatorio e vincolante fino alla conformazione o adeguamento della strumentazione urbanistica alla nuova pianificazione paesaggistica), da rendere entro 45 giorni dalla ricezione degli atti. Si parlava di "silenzio devolutivo", nel senso che, decorso inutilmente il termine senza che la soprintendenza avesse comunicato il parere, il Comune aveva il dovere funzionale di decidere da solo e doveva provvedere sulla domanda ("Decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l'amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione": articolo 146, comma 9).
In caso di inerzia del Comune e di inutile decorso di questo termine, non essendo tale fattispecie tipizzata e resa significativa in alcun senso - né positivo, né negativo – dalla legge, e non potendosi, come si è visto, fare applicazione dell'articolo 20 della legge n. 241 del 1990, si aveva a che fare con una normale ipotesi di inerzia non significativa della p.a. di silenzio-inadempimento, ricorribile dinanzi al Tar ex articolo 117 c.p.a. cfr. Contributo di Piero Carpentieri, Consigliere di Stato, 11.04.2022.
[x]Cons. Stato sez. VI n. 2262/2017, Cons. Stato VI 4 giugno 2015 n. 2751.
[xi] A tal proposito si vedano G. Severini e P. Carpentieri, Sull’inutile, anzi dannosa modifica dell’articolo 9 della Costituzione,in GiustiziaInsieme, 22 settembre 2021.
[xii] Cons. Stato, sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2640 (che richiama Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1486; Id., sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039; 15 gennaio 2013, n. 220). La sentenza n. 2640 del 2021 ha poi ribadito l'applicabilità del diverso criterio del silenzio devolutivo. Il Consiglio di Stato (sentenza della sez. VI, 14 luglio 2020, n. 4559) ha poi escluso la configurabilità del silenzio-assenso tra amministrazioni nella procedura di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al piano paesistico.
[xiii] Cons. Stato, sez. IV, 27 luglio 2020, n. 4765; id., 29 marzo 2021, n. 2640; id., 7 aprile 2022, n. 2584.
[xiv] Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2020, n. 4559.
[xv] Cons. Stato, Sez. VI, 8 gennaio 2020, n. 129; Sez. VI, 18 settembre 2017, n. 4369; Sez. VI, 12 settembre 2017, n. 4315; Sez. VI, 18 luglio 2017, n. 352.
[xvi] Consiglio di Stato-Ufficio Studi, massimario e formazione della Giustizia Amministrativa, Relazione illustrativa sulle questioni deferite dal Presidente della Sezione VI del Consiglio di Stato, con nota del 17 maggio 2022.
[xvii] M. Calabrò, Silenzio assenso e dovere di provvedere: le perduranti incertezze di una (apparente) semplificazione, in Federalismi 10/2020.
[xviii] Ai sensi del comma 3 del testo vigente dell’art. 17-bis: “Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all’articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito”.
[xix] In tal senso cfr. Cons. Stato, sez. VI, 1 ottobre 2019, n. 6556; Tar Campania, Napoli, sez. VI, 7 giugno 2019, n. 3099; Tar Toscana, 16 dicembre 2020, n. 1656; Tar Sardegna, sez. II, 12 aprile 2021 n. 256.