Le concessioni balneari dopo le pronunce Ad. Plen. 17 e 18 2021. Definito il giudizio di rinvio innanzi al C.G.A.R.S. (nota a Cgars, 24 gennaio 2022 n. 116)
di Enrico Zampetti
1. La sentenza merita di essere segnalata in quanto applica i principi affermati dalle recenti sentenze dell’Adunanza Plenaria nn. 17 e 18 del 2021 in materia di concessioni demaniali marittime.
Proprio il giudizio adesso definito era stato uno dei due selezionati dal Presidente del Consiglio di Stato nel deferire d’ufficio all’Adunanza Plenaria la questione della compatibilità con il diritto europeo della vigente disciplina nazionale in materia di proroga delle concessioni demaniali marittime (art. 1, commi 682 e 683, legge n. 30 dicembre 2018 n. 145; art. 182, co.2, d.lgs. 19 maggio 2020 n. 34), sottoponendo, segnatamente, i seguenti quesiti di diritto: “1) se sia doverosa, o no, la disapplicazione, da parte della Repubblica Italiana, delle leggi statali o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative; in particolare, se, per l'apparato amministrativo e per i funzionari dello Stato membro sussista, o no, l'obbligo di disapplicare la norma nazionale confliggente col diritto dell'Unione europea e se detto obbligo, qualora sussistente, si estenda a tutte le articolazioni dello Stato membro, compresi gli enti territoriali, gli enti pubblici in genere e i soggetti ad essi equiparati, nonché se, nel caso di direttiva self-executing, l'attività interpretativa prodromica al rilievo del conflitto e all'accertamento dell'efficacia della fonte sia riservata unicamente agli organi della giurisdizione nazionale o spetti anche agli organi di amministrazione attiva; 2) nel caso di risposta affermativa al precedente quesito, se, in adempimento del predetto obbligo disapplicativo, l'amministrazione dello Stato membro sia tenuta all'annullamento d'ufficio del provvedimento emanato in contrasto con la normativa dell'Unione europea o, comunque, al suo riesame ai sensi e per gli effetti dell'art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 e s.m.i., nonché se, e in quali casi, la circostanza che sul provvedimento sia intervenuto un giudicato favorevole costituisca ostacolo all'annullamento d'ufficio; 3) se, con riferimento alla moratoria introdotta dall'art. 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, come modificato dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, qualora la predetta moratoria non risulti inapplicabile per contrasto col diritto dell'Unione europea, debbano intendersi quali «aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» anche le aree soggette a concessione scaduta al momento dell'entrata in vigore della moratoria, ma il cui termine rientri nel disposto dell'art. 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145”.
Le sentenze gemelle rese dall’Adunanza Plenaria hanno già alimentato un ricco e vivace dibattito dottrinale[1]. Con esse il Consiglio di Stato ha affermato l’incompatibilità delle attuali previsioni nazionali con l’articolo 49 del Trattato FUE e con l’articolo 12 della direttiva 2006/123 c.d. Bolkestein, precisando che “tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione”. Al contempo, per “evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere”, la stessa Plenaria ha, però, rinviato al 31 dicembre 2023 gli effetti delle proprie decisioni, sicchè, anziché cessare immediatamente, “le concessioni demaniali per finalità turistico- ricettive già in essere continueranno a essere efficaci sino al 31 dicembre 2023”, in attesa del riordino del settore e dell’espletamento delle necessarie gare pubbliche.
2. La specifica vicenda contenziosa adesso definita origina dal ricorso proposto da un concessionario per l’annullamento del diniego di proroga della concessione demaniale marittima adottato dalla competente Autorità portuale, nonché per l’accertamento del diritto al “riconoscimento dell’estensione della durata” della medesima concessione, ai sensi della citata legge n. 145/2018.
L’Autorità portuale aveva negato la proroga assumendo l’inapplicabilità dell’attuale normativa nazionale per contrasto con il diritto europeo, e in particolare con l’articolo 12 della Direttiva Bolkestein, sulla scia di quanto già rilevato nel 2016 dalla Corte di giustizia con la sentenza Promoimpresa e da una parte della giurisprudenza interna[2].
Con la sentenza 15 febbraio 2021 n. 504, la Sezione III del TAR Sicilia, Catania aveva confermato la legittimità del provvedimento di diniego, rimarcando il contrasto tra la normativa nazionale e le norme e i principi del diritto europeo e la decisione era stata così appellata dal concessionario innanzi al CGARS. Tra i vari motivi di appello, veniva in particolare denunciata l’erronea applicazione delle regole in tema di prevalenza del diritto UE, sul rilievo che nel caso di specie l’amministrazione non avrebbe dovuto disapplicare, ma applicare, la normativa interna, anche in ragione del ritenuto carattere non self executing della direttiva Bolkestein. Essendo nelle more sopravvenuti i principi di diritto enunciati dall’Adunanza Plenaria, che riconoscono l’efficacia delle concessioni in essere sino al 31 dicembre 2023, l’appellante, in sede di discussione orale della causa, chiedeva in subordine “un accoglimento parziale della domanda, con proroga della concessione fino al 31 dicembre 2023” (così, testualmente, la sentenza).
Nel decidere l’appello, il CGARS ha affermato che “in applicazione delle norme multilivello l’eventuale proroga, senza pubblica gara, delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative deve considerarsi illegittima, trattandosi di un provvedimento amministrativo adottato in conformità alla legge nazionale ma in violazione di direttiva autoesecutiva o di regolamento U.E.” e che “legittimo è, pertanto, il provvedimento adottato dall’Autorità di sistema portuale oggi impugnato e prive di fondamento le deduzioni che avverso lo stesso sono state formulate con il ricorso di primo grado e ribadite con l’atto di gravame”. Tuttavia, in ragione della precisazione della Plenaria per cui “le concessioni demaniali per finalità turistico- ricettive già in essere continueranno a essere efficaci sino al 31 dicembre 2023”, la sentenza ha accolto “parzialmente la domanda di accertamento del diritto formulata con il ricorso introduttivo” e, come richiesto in subordine da parte appellante, ha accertato “l’efficacia della concessione demaniale marittima (…) sino al 31 dicembre 2023”, evidenziando che “l’accoglimento parziale è dovuto al decisum dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato e non intacca, sotto alcun profilo, la legittimità del provvedimento impugnato, con conseguente esclusione di ogni profilo di colpa dell’Amministrazione”.
[1] Si veda il recente numero speciale della Rivista Diritto e Società n. 3/2021 dedicato a La proroga delle “concessioni balneari” alla luce delle sentenza 17 e 18 del 2021 dell’Adunanza Plenaria, con contributi di M.A. Sandulli, F. Ferraro, G. Morbidelli, M. Gola, R. Dipace, M. Calabrò, E. Lamarque, R.Rolli - D. Sammarro, E. Zampetti, G. Iacovone, M. Ragusa, P. Otranto, B. Caravita di toritto - G. Carlomagno. Per gli ulteriori contributi sul tema pubblicati su questa Rivista, si veda F. P. Bello, Primissime considerazioni sulla “nuova” disciplina delle concessioni balneari nella lettura dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in questa Rivista, 24 novembre 2021; E. Cannizzaro, Demanio marittimo. Effetti in malam partem di direttive europee? In margine alle sentenze 17 e 18/2021 dell’Ad. Plen, in questa Rivista, 30 dicembre 2021; R. Dipace, All’Adunanza plenaria le questioni relative alla proroga legislativa delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, in Giustizia insieme, 21 luglio 2021
[2] Si veda, in particolare, Cons. St., Sez. VI, 18 novembre 2019, n. 7874, in www.giustizia-amministrativa.it.