Autorizzazione all’immissione in commercio condizionata e vaccinazione Covid-19 (nota a Cons. St., sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045) di Alice Cauduro
Sommario: 1. La vaccinazione Covid-19 tra obbligo e raccomandazione - 2. Le autorizzazioni all’immissione in commercio condizionate - 3. Sul rapporto rischio-beneficio individuale e collettivo.
1. La vaccinazione Covid-19 tra obbligo e raccomandazione
La pronuncia del Consiglio di Stato, sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045 affronta il tema dell’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari previsto dall’art. 4, d. l. n. 44 del 2021, conv. con mod. in l. n. 76 del 2021. Le argomentazioni del giudice d’appello si inseriscono nel solco tracciato dalla giurisprudenza costituzionale che, di recente, in occasione del giudizio di legittimità costituzionale del c.d. decreto Lorenzin[1], ha ripercorso l’evoluzione della disciplina in tema di vaccinazioni, evidenziando come nel tempo la scelta del legislatore di obbligare piuttosto che raccomandare una certa vaccinazione sia dipesa (ragionevolmente) dalla maggiore o minore adesione spontanea alla pratica vaccinale in quel dato momento storico[2]. La legge impositiva di un trattamento sanitario non contrasta con l’art. 32 Cost. [3] se il trattamento ha come obiettivo non solo la salute del soggetto obbligato, ma anche degli altri individui; se è prevedibile che il trattamento non sia negativo per la salute individuale oltre la normale tollerabilità; se è prevista la corresponsione dell’indennizzo[4]. Il giudizio di legittimità costituzionale della legge sull’indennizzo da vaccinazioni ha evidenziato che l’obiettivo di profilassi delle malattie infettive a cui tendono sia gli obblighi sia le raccomandazioni è quello di garantire «la tutela della salute (anche) collettiva, attraverso il raggiungimento della massima copertura vaccinale»[5]. Nella pronuncia qui commentata il Consiglio di Stato si riferisce al dovere solidaristico (art. 2 Cost.) affermando che la legge sulle vaccinazioni, quali strumenti di profilassi collettiva, è «tutela dei più vulnerabili» e realizza la tutela della salute intesa non solo come diritto fondamentale dell’individuo ma anche come interesse della collettività (art. 32 Cost.).
2. Le autorizzazioni all’immissione in commercio condizionate
Secondo i ricorrenti la rapidità con cui sarebbero stati resi disponibili i vaccini per il contrasto del Covid-19 non avrebbe consentito di raggiungere quelle condizioni di sicurezza e di efficacia che sono necessarie per prevedere come obbligatoria una vaccinazione (art. 32 c. 2 cost.); i vaccini in uso sarebbero ancora in fase di sperimentazione, quindi non sarebbero sicuri, e prova ne sarebbe il fatto che la loro autorizzazione è stata rilasciata in forma condizionata. Sulla questione si è già espresso un Tribunale amministrativo regionale affermando che l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata «si colloca a valle delle usuali fasi di sperimentazione clinica che precedono l’immissione in commercio di un qualsiasi farmaco, senza alcun impatto negativo sulla completezza e sulla qualità dell’iter di studio e ricerca»; si tratta di «uno strumento collaudato e utilizzato già diverse volte prima dell’emergenza pandemica»[6]. Il Consiglio di Stato, in linea con questo orientamento, dedica diversi passaggi argomentativi alla questione della procedura di autorizzazione per l’immissione in commercio condizionata dei vaccini Covid-19 affermando che non è una procedura utilizzata per la prima volta per l’attuale emergenza sanitaria; non condividendo perciò né l’idea che i vaccini autorizzati con questa procedura siano ancora in fase di sperimentazione, né che mancherebbero dati sulla loro efficacia e sicurezza. Infatti, «l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata non è una scorciatoia incerta e pericolosa escogitata ad hoc per fronteggiare irrazionalmente una emergenza sanitaria come quella attuale, ma una procedura di carattere generale, idonea ad essere applicata - e concretamente applicata negli anni passati, anche recenti, soprattutto in campo oncologico - anche al di fuori della situazione pandemica, a fronte di necessità contingenti (non a caso la lotta contro i tumori ne è il terreno elettivo)»; respinge perciò l’affermazione secondo cui i vaccini sarebbero “sperimentali”, come anche ogni dubbio sulla loro efficacia e/o sicurezza.
L’affermazione secondo cui la sicurezza non è incisa dal carattere condizionato dell’autorizzazione trova riscontro nella disciplina sulla circolazione dei farmaci e in specie in quella sulle autorizzazioni all’immissione in commercio[7]. Nella cornice normativa europea di regolazione della circolazione dei farmaci delineata dal codice comunitario relativo ai medicinali ad uso umano[8], la disciplina dell’autorizzazione all’immissione in commercio trova riferimento nel regolamento che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea dei medicinali,[9] nonché in quello relativo all’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dei medicinali per uso umano[10].
La disciplina delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali nell’Unione europea prevede una valutazione continua del rischio-beneficio dei medicinali e, a tal fine, l’Agenzia europea dei medicinali può richiedere al titolare dell’autorizzazione - in ogni momento - di presentare dati a dimostrazione della persistenza del favorevole rapporto[11]; nell’attività di sorveglianza sulla sicurezza dei farmaci possono sempre rilevarsi nuovi dati in grado di modificare le decisioni precedentemente assunte. La disciplina delle procedure autorizzatorie prevede, inoltre, che «in casi debitamente giustificati, per rispondere a esigenze mediche insoddisfatte dei pazienti, può essere rilasciata un’autorizzazione all’immissione in commercio, prima della presentazione di dati clinici dettagliati, per medicinali volti a trattare, prevenire o diagnosticare malattie gravemente invalidanti o potenzialmente letali, a condizione che i benefici derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari. In situazioni di emergenza l’autorizzazione all’immissione in commercio di tali dati può essere rilasciata anche in assenza di dati preclinici o farmaceutici completi» (art. 14 bis, Regolamento CE 726/2004). L’autorizzazione condizionata può essere rilasciata quando «malgrado non siano forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia del medicinale siano rispettate tutte le condizioni richieste» (art. 4 par. 1, Regolamento CE 507/2006). Il Consiglio di Stato, dopo aver osservato che «il vaccino, come tutti i farmaci, non può essere considerato esente da rischi», chiarisce che la mancanza di completezza dei dati relativi a sicurezza ed efficacia non deriva dall’assenza o incompleta sperimentazione, ma dal fatto che determinati dati possono essere acquisiti solo successivamente. Si tratta di valutare quindi che i possibili effetti negativi, eventi avversi, derivanti dall’assunzione del farmaco non siano negativi oltre la normale tollerabilità che, specie nel caso dei vaccini, non va considerata solo in termini individuali, ma anche collettivi.
3. Sul rapporto rischio-beneficio individuale e collettivo
L’Agenzia europea dei medicinali può rilasciare autorizzazioni condizionate se: a) il rapporto rischio-beneficio del medicinale è positivo; b) è probabile che il richiedente possa in seguito fornire dati clinici completi; c) il medicinale risponde ad esigenze mediche insoddisfatte; d) i benefici per la salute pubblica derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superano il rischio inerente al fatto che occorrono ancora dati supplementari (art. 4 par. 1, Regolamento CE 507/2006). Un’autorizzazione condizionata presuppone perciò che non esista già un trattamento soddisfacente e che i benefici, non solo individuali, ma anche per la salute pubblica, superino i rischi correlati alla necessità di acquisire dati supplementari. La questione dell’assunzione del rischio individuale e collettivo viene trattata dal Consiglio di Stato nel valutare l’idea che «in assenza di una certezza assoluta offerta dalla scienza circa la sicurezza dei vaccini anche nel lungo periodo, il legislatore dovrebbe lasciare sempre e comunque l’individuo libero di scegliere o meno il trattamento sanitario […]»; questo assunto porterebbe ad «attendere irragionevolmente un tempo lunghissimo», con la «conseguenza paradossale che, nel rivendicare la sicurezza ad ogni costo, e con ogni mezzo, della cura imposta dal legislatore a beneficio di tutti, ne negherebbe però in radice ogni possibilità, paralizzando l’intervento benefico»; ciò sarebbe in contraddizione con la necessità di un intervento pubblico in via precauzionale[12].
Le argomentazioni richiamate sono certamente di estremo interesse, anche al di là del caso di specie, e suggeriscono di considerare due ordini di questioni di portata generale: la prima relativa alla dimensione della valutazione del rapporto rischio-beneficio, la seconda con riguardo alla rilevanza della corretta informazione medico-scientifica ai fini di una diffusa adesione consapevole alla vaccinazione.
Riguardo alla dimensione della valutazione del rapporto rischio-beneficio va evidenziato che la prima condizione prescritta per il rilascio di un’autorizzazione condizionata (art. 4 par. 1, lett. a, Regolamento CE 507/2006) fa riferimento al rapporto rischio-beneficio che, per l’autorizzazione di ogni medicinale, attiene alla valutazione degli effetti terapeutici positivi del medicinale rispetto ai rischi - sia per la salute del paziente sia per la salute pubblica - connessi alla sua utilizzazione (art 1, par. 28 bis, Direttiva 83/2001/CE). Se il rapporto rischio-beneficio è sempre valutato in sede di autorizzazione all’immissione in commercio in una dimensione non solo individuale, ma anche collettiva, nelle autorizzazioni condizionate si aggiunge un’ulteriore specifica valutazione benefici-rischi per la salute pubblica (art. 4 par. 1, lett. d, Regolamento CE 507/2006). Nei casi in cui le autorizzazioni condizionate riguardano i vaccini, l’intreccio di questi piani di valutazione forse appare più intricato perché la decisione richiede uno sforzo maggiore nel mantenere in equilibrio la duplice dimensione, individuale e collettiva, della tutela della salute. In effetti, un conto è valutare il rapporto rischio-beneficio per autorizzare in via condizionata un medicinale per la cura di malattie incurabili (ad es. un medicinale oncologico), altro è autorizzare in via condizionata un vaccino (come quello per il contrasto del virus Covid-19) seppure anch’esso incurabile. La differenza sta non solo nella diversa valutazione, ma anche nella percezione del rapporto rischio-beneficio. Per l’assunzione di un farmaco, infatti, si tratta di valutare gli effetti avversi a fronte dell’effetto benefico su una patologia di cui la persona-paziente è affetta; la difficoltà nel valutare il rischio-beneficio delle vaccinazioni “innovative”, come in tutte le vaccinazioni, sta invece nel considerare il rischio per una persona sana di assumere un farmaco per la cura di una malattia di cui non è affetto in quel momento, ma che potenzialmente può contrarre o trasmettere.
Questa differenza tra assunzione di un farmaco e di un vaccino introduce la questione ulteriore, che il Consiglio di Stato non approfondisce, della rilevanza della corretta informazione medico-scientifica ai fini di una diffusa adesione consapevole alla vaccinazione. Se, infatti, ritornando all’esempio del farmaco innovativo oncologico, la corretta informazione è certo presupposto di un consenso informato prestato dal paziente, il quale tuttavia può trovarsi di fronte alla prospettiva di (non poter) scegliere di non curarsi o accettare gli eventi avversi del farmaco innovativo ignoti alla medicina, nelle vaccinazioni “innovative” la corretta informazione è non solo presupposto del consenso informato individuale, ma anche uno strumento di coinvolgimento nella tutela della salute come interesse della collettività. In questo caso, infatti, la corretta informazione non solo è in grado di superare la resistenza individuale alla vaccinazione, ma costituisce possibilità di comprensione della dimensione sovraindividuale in cui si colloca l’azione solidaristica dell’individuo che si sottopone alla vaccinazione.
[1] D. L. 7 giugno 2017, n. 73, conv. con mod. in legge 31 luglio 2017, n. 119.
[2] Cost., 18 gennaio 2018, n. 5.
[3] Per la letteratura sterminata sul diritto alla salute, qui per tutti, C. Mortati, La tutela della salute nella Costituzione italiana, in Riv. Infort. Mal. Prof., 1961, I, 1 ss.; P. Vincenti Amato, Art. 32, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna, 1975; L. Carlassare, L’art. 32 della Costituzione e il suo significato, in L’amministrazione sanitaria, a cura di R. Alessi, Milano, 1967; M. Luciani, voce Salute, in Enc. giur. trecc., XXXII, 1998, Torino, 1 ss.; R. Ferrara, L’ordinamento della sanità, in Sistema del diritto amministrativo italiano, diretto da F. G. Scoca, F. A. Roversi Monaco, G. Morbidelli, Torino, ed. II, 2020, 39 ss. Si è detto di recente che «la primaria rilevanza del bene giuridico protetto, cioè la salute collettiva, giustifichi la temporanea compressione del diritto al lavoro del singolo che non voglia sottostare all’obbligo vaccinale: ogni libertà individuale trova infatti un limite nell’adempimento dei doveri solidaristici imposti a ciascuno per il bene della comunità cui appartiene», Tar, Friuli Venezia-Giulia, sez. I, 10 settembre 2021, n. 261.
[4] Cfr. ex plurimis, Corte Cost., n. 258/1994; n. 307/1990.
[5] «[…] In questa prospettiva, incentrata sulla salute quale interesse (anche) obiettivo della collettività, non vi è differenza qualitativa tra obbligo e raccomandazione», Corte Cost., 23 giugno 2020, n. 118, nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, c.1, legge 25 febbraio 1992, n. 210 recante disposizioni in materia di indennizzo per danni da vaccinazioni.
[6] «I quattro prodotti ad oggi utilizzati nella campagna vaccinale sono stati invece regolarmente autorizzati dalla Commissione, previa raccomandazione dell’EMA, attraverso la procedura di autorizzazione condizionata […] strumento collaudato e utilizzato già diverse volte prima dell’emergenza pandemica […] La “sperimentazione” dei vaccini si è dunque conclusa con la loro autorizzazione all’immissione in commercio, all’esito di un rigoroso processo di valutazione scientifica e non è corretto affermare che la sperimentazione sia ancora in corso solo perché l’autorizzazione è stata concessa in forma condizionata. L’equiparazione dei vaccini a “farmaci sperimentali”, dunque, è frutto di un’interpretazione forzata e ideologicamente condizionata della normativa europea, che deve recisamente respingersi», Tar, Friuli Venezia-Giulia, sez. I, 10 settembre 2021, n. 261.
[7] Sulle autorizzazioni all’immissione in commercio dei farmaci, specie in tema di procedura di mutuo riconoscimento, si rinvia a M. P. Genesin, La disciplina dei farmaci, in Salute e sanità, a cura di R. Ferrara, in Trattato di biodiritto, diretto da S. Rodotà, P. Zatti, Milano, 635 ss.; per l’autorizzazione all’immissione in commercio nell’ambito del tema dell’accesso al farmaco sia consentito rinviare a A. Cauduro, L’accesso al farmaco, Milano, 2017, 125 ss.
[8] Direttiva 2001/83/CE recepita con D. Lgs. 24 aprile 2006, n. 219.
[9] Regolamento (CE) n. 726/2004.
[10] Regolamento (CE) n. 507/2006.
[11] Art. 16 par. 2, Regolamento (CE) n. 726/2004.
[12] Il Cons. St., sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045 parla della c.c. amministrazione precauzionale al punto 30.1. in diritto. Su rischio, incertezza e principio precauzionale in sanità si rinvia a R. Ferrara, L’ordinamento in sanità, cit., 13 ss.
su questa rivista nota a Consiglio di Stato 20 ottobre 2021 n. 7045 di Giuliano Scarselli