Sull’obbligo di rinvio pregiudiziale (nota a CGUE, Grande Sezione, sentenza 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi SpA c. Rete Ferroviaria Italiana SpA in C-561/19)
di Giorgio Capra
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la recente sentenza Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi SpA c. Rete Ferroviaria Italiana SpA, ha confermato le ipotesi – già delineate nella sentenza Cilfit – al ricorrere delle quali il giudice nazionale di ultima istanza, pur in presenza di una questione concernente l’applicazione del diritto eurounitario, è esonerato dall’obbligo di investire la Corte tramite lo strumento del rinvio pregiudiziale.
Il Consiglio di Stato, che nell’ambito del giudizio aveva già sollevato alcune questioni pregiudiziali su cui la Corte si era pronunciata con sentenza, alla luce di una ulteriore richiesta di rinvio pregiudiziale proveniente dalle parti appellanti, ha preliminarmente sottoposto alla Corte di Giustizia la seguente questione: “[S]e, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, il giudice nazionale, le cui decisioni non sono impugnabili con un ricorso giurisdizionale, è tenuto, in linea di principio, a procedere al rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto dell’Unione europea, anche nei casi in cui tale questione gli venga proposta da una delle parti del processo dopo il suo primo atto di instaurazione del giudizio o di costituzione nel medesimo, ovvero dopo che la causa sia stata trattenuta per la prima volta in decisione, ovvero anche dopo che vi sia già stato un primo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea”.
La Corte di Giustizia, ricordato che il rinvio pregiudiziale “costituisce la chiave di volta del sistema giurisdizionale istituito dai trattati” e “mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo così di garantir[ne] la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia”, ha ribadito e sviluppato i criteri – già espressi nella sentenza Cilfit – al ricorrere dei quali l’obbligo dei giudici di ultima istanza di rivolgersi alla Corte in presenza di questioni di interpretazione del diritto eurounitario viene meno.
Si tratta dei casi di irrilevanza della questione, dell’acte éclairé, ovverosia quando la questione sia materialmente identica ad altra già decisa o vi sia una giurisprudenza consolidata della Corte sul punto, e dell’acte clair, quando l’interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con evidenza tale da non dare adito a ragionevoli dubbi. Con riguardo all’ultima ipotesi, la Corte di Giustizia ha, poi, richiamato la necessità di interpretare il diritto unionale secondo le caratteristiche ad esso proprie e tenendo in considerazione le particolari difficoltà interpretative che esso pone sotto il profilo delle divergenze linguistiche tra le varie versioni delle disposizioni e dell’autonomia delle sue nozioni, nonché il rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione.
In ogni caso, la CGUE ha ribadito che, qualora ritenga di essere esonerato dall’obbligo di sottoporre alla Corte un rinvio pregiudiziale, il giudice di ultima istanza debba motivare la propria decisione specificando quale ipotesi reputi sussistere.
La Corte ha poi precisato che l’iniziativa delle parti nel giudizio di ultima istanza non può privare il giudice della propria indipendenza nel vagliare se ricorra una delle ipotesi di cui alla sentenza Cilfit, obbligandolo così a presentare un rinvio pregiudiziale. Qualora, però, non ricorra alcuna delle succitate ipotesi, il giudice di ultima istanza è tenuto a sottoporre alla Corte di Giustizia ogni questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad esso. E questo obbligo non viene meno neanche nel caso in cui tale giudice abbia già sottoposto una questione pregiudiziale qualora, dopo la decisione della Corte, permangano questioni di interpretazione del diritto unionale la cui risoluzione è necessaria per dirimere la controversia.
La Corte di Giustizia ha, però, ricordato che il giudice di ultima istanza può astenersi dal rinvio pregiudiziale per ragioni di irricevibilità inerenti alla disciplina del procedimento dinanzi a tale giudice, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza ed effettività della tutela giurisdizionale.
È significativo notare che, nelle proprie conclusioni del 15 aprile 2021, l’avvocato generale Bobek aveva auspicato un superamento dei criteri Cilfit e, più in generale, un ripensamento dello strumento del rinvio pregiudiziale, non nell’ottica della mera corretta applicazione del diritto unionale al caso concreto, ma in funzione nomofilattica.