Incostituzionale il favor territoriale per p.m.i. negli appalti pubblici (nota a Corte cost. 98/2020)
di Simone Francario
Le norme regionali di protezione delle imprese locali nel settore degli appalti pubblici sono incostituzionali per violazione del principio di tutela della concorrenza.
Sommario: 1. La questione di legittimità; 2. Le fasi della procedura negoziata per l’affidamento di lavori “sotto soglia”; 3. La contestata disciplina regionale; 4. L’incostituzionalità della disposizione regionale per violazione del principio di tutela della concorrenza e del mercato.
1.- La questione di legittimità
Il Presidente del Consiglio dei ministri impugnava davanti la Corte Costituzionale l’art. 10, co. 4, della legge della regione Toscana n. 18/2019, il quale, nell’ambito delle procedure negoziate per l’affidamento di lavori sotto soglia, stabiliva che le stazioni appaltanti “possono prevedere di riservare la partecipazione alle micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale per una quota non superiore al 50 per cento […].”
Ad avviso del ricorrente, la norma de quo sarebbe in contrasto, in primo luogo, con l’art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, in secondo luogo, con l’art. 30, comma 1, del d. lgs. 50/2016 per violazione dei principi dei principi di libera concorrenza e non discriminazione, in quanto si creerebbe una indebita restrizione del mercato escludendo gli operatori economici non toscani dalla possibilità di essere affidatari di commesse pubbliche.
Nel vagliare la prospettata incostituzionalità della disposizione, i giudici della Consulta hanno dapprima esaminato brevemente l’ambito normativo in cui si inserisce, poi la sua esatta portata ed infine la sua conformità ai principi di tutela della concorrenza.
2.- Le fasi della procedura negoziata per l’affidamento di lavori “sotto soglia”
Nella sentenza 98/2020, La Corte ricorda preliminarmente che l’affidamento dei lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria è disciplinato dall’art. 36 del Codice Appalti, di cui al d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, il quale va letto anche alla luce delle Linee Guida ANAC adottate con la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097.
L’art. 36 del d. lgs. 50/2016 prevede che, salva la possibilità di ricorrere comunque alle procedure ordinarie, le stazioni appaltanti possano procedere all’affidamento di tali lavori tramite la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara (di cui all’art. 63 del d. lgs. 50/2016) in due ipotesi: quando il valore complessivo dell’appalto sia compreso tra 150.000 euro e 350.000 euro oppure tra 350.000 euro e 1.000.000 euro.
In entrambi i casi è necessaria, rispettivamente, la previa consultazione di almeno 10 o 15 operatori economici -ove esistenti-, da effettuarsi nel rispetto di “un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagine di mercato o tramite elenchi di operatori economici.”
Le già menzionate Linee Guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, poi, specificano che, una volta iniziata la procedura con la determina a contrarre ovvero con atto a essa equivalente, essa si articola in tre fasi che il giudice delle leggi schematizza nel seguente modo: a) svolgimento delle indagini di mercato o consultazione di elenchi per la selezione di operatori economici da invitare al confronto competitivo; b) confronto competitivo tra gli operatori economici selezionati e invitati e scelta dell’affidatario; c) stipulazione del contratto.
3.- La contestata disciplina regionale.
Prendendo in esame la disciplina regionale, la sentenza sottolinea preliminarmente che la disposizione censurata non fissa un requisito di accesso alle procedure negoziale in quanto non esclude a priori le imprese non toscane dalla partecipazione agli appalti.
Più nello specifico, l’art 10, co. 4, della legge della regione Toscana n. 18/2019, si inserisce nella seconda fase della procedura, cioè nella fase di invito a presentare un’offerta: tale norma consentirebbe alla stazione appaltante di prevedere che un certo numero di offerte (non più del 50%) debba provenire da micro, piccole e medie imprese toscane, di fatto disapplicando i criteri generali previsti per la selezione delle imprese da invitare.
Usando termini più incisivi, la Corte Costituzionale ha rilevato che la norma impugnata “può giustificare l’invito di imprese toscane che dovrebbero essere escluse a favore di imprese non toscane, in quanto -in ipotesi- maggiormente qualificate sulla base dei criteri stessi.”
4.- L’incostituzionalità della disposizione regionale norma per violazione del principio di tutela della concorrenza e del mercato.
Ciò posto, la Corte, sulla base di un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, richiama il principio per cui le disposizioni del codice dei contratti pubblici che regolano le procedure di gara sono riconducili direttamente alla materia di tutela della concorrenza per cui vige la riserva legislativa esclusiva dello Stato (sul punto, si richiamano, ex multis le sentenze della Corte Costituzionale n. 263/2016; 36/2013; 328/2011; 411 e 322 del 2008) e, di conseguenza, le Regioni, anche se a statuto speciale, non possono dettare una diversa disciplina, neanche nel caso di contratti sotto soglia (si vedano a riguardo le sentenze n. 263/2011; 184/2011; 283 e 160 del 2009; 401/2007).
La norma impugnata dal Presidente del consiglio dei ministri, quindi, risulta di ostacolo alla concorrenza in quanto incide su una materia riservata alla competenza legislativa esclusiva statale, quale la disciplina della procedura negoziata di affidamento di contratti di lavori pubblici sotto soglia, e la regola in maniera difforme.
Infatti, prosegue la Corte, la norma si pone in aperto contrasto con gli artt. 30, comma 1, e 36, comma 2, del d. lgs. 50/2016 in quanto, introducendo una possibile riserva di partecipazione a favore di imprese locali altera la par condicio fra gli operatori economici -regionali ed extraregionali- interessati a partecipare all’appalto, e di conseguenza viola i principi di libera concorrenza e non discriminazione sanciti in tali articoli (sul punto, inoltre, la sentenza ribadisce che tale orientamento è da tempo consolidato in seno alla Corte costituzionale, per cui più volte sono state dichiarate costituzionalmente illegittime norme regionali di protezione di imprese locali, sia nel settore degli appalti pubblici che in altri ambiti; si vedano a riguardo le sent. nn. 28/2013; 440/2006; 221 e 83 del 2018; 190/2014.)