Le nuove disposizioni straordinarie per il processo amministrativo
Fabio Francario
Sommario: 1. – Le misure straordinarie per il processo amministrativo: dal d.l. 11/2020 al d.l. 18/2020; 2. - La sospensione dei termini processuali; 4. - Il rinvio ex lege o con disposizione presidenziale della trattazione dei ricorsi e delle domande cautelari conseguentemente all’introduzione del periodo di sospensione; 5. - Riti e modalità di decisione semplificati tanto per le domande cautelari quanto per quelle di merito: a) decisioni cautelari; b) decisioni di merito e altri camerali; c) Le ulteriori misure derogatorie introdotte dal comma 2 dell’art 84; 6.- Peculiari modalità di deposito di atti e documenti.
1.- Le misure straordinarie per il processo amministrativo dal d.l. 11/2020 al d.l. 18/2020.
Il decreto – legge 17 marzo 2020, n. 18, decreto cd “Cura Italia”, detta “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Nel Titolo V reca “Ulteriori misure per fronteggiare l’emergenza derivante dalla diffusione del Civ-19” e, tra queste, misure volte a contrastare l’emergenza e a contenerne gli effetti in materia di giustizia. Le misure in materia di giustizia vengono definite “nuove” in quanto destinate a sostituire quelle in precedenza emanate con il d.l. 8 marzo 2020 n. 11, che aveva appunto recato “misure straordinarie e urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”[1]. Il d.l. 11/2020 non è stato convertito in legge e le sue disposizioni vengono adesso sostituite da quelle recate dal nuovo d.l., che dispone l’abrogazione del primo conservandone tuttavia l’impianto sostanziale, con significativi aggiustamenti.
Preliminarmente è doveroso sottolineare che, come noto, l’abrogazione ha efficacia ex nunc e che il nuovo decreto - legge non prevede una disciplina transitoria per disciplinare i rapporti sorti per effetto dell’entrata in vigore del dl 11/2020, la mancata conversione del quale ne comporta comunque l’inefficacia ab origine. Detto in altre parole: se è vero che l’abrogazione ha efficacia ex nunc, è anche vero che, ai sensi dell’art 77 Cost., la mancata conversione in legge comporta la perdita di efficacia del decreto “sin dall’inizio”.
Il nuovo decreto non reca, almeno apparentemente, disposizioni volte a regolare “i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti” e i problemi interpretativi di diritto transitorio hanno trovato per quanto possibile risposta nelle disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente del Consiglio di Stato il 19 marzo 2020 (Primi chiarimenti del Presidente del Consiglio di Stato sulle disposizioni introdotte dall'art. 84, d.l. 17 marzo 2020, n. 18). La scelta fatta dal Governo è stata di riproporre, con significativi aggiustamenti, la disciplina sostanzialmente già introdotta dal primo decreto, facendo retroagire l’efficacia del nuovo decreto alla data di entrata in vigore del precedente. Il d.l. 18/2020, in buona sostanza, dispone (anche) retroattivamente sui rapporti processuali, a decorrere dall’8 marzo 2020.
Le disposizioni che interessano specificamente il processo amministrativo sono contenute nell’art. 84, rubricato Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza da COVID- 19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia amministrativa[2], il quale, nella sostanza, ripropone il disegno proprio già dell’art 3 del d.l. 11/2020. Anche il nuovo decreto prevede infatti misure che, in deroga alla disciplina generalmente dettata dal d. lgs. 104/2010, introducono:
- -la sospensione dei termini processuali durante il periodo dell’emergenza;
- -il rinvio ex lege o con disposizione presidenziale della trattazione dei ricorsi e delle domande cautelari conseguentemente all’introduzione del periodo di sospensione;
- -riti e modalità di decisione semplificati, tanto per le domande cautelari quanto per quelle di merito;
- -peculiari modalità di deposito di atti e documenti.
- -Le parti hanno facoltà di presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione.
- -Il giudice, su istanza proposta entro lo stesso termine dalla parte che non si sia avvalsa della facoltà di presentare le note, dispone la rimessione in termini in relazione a quelli che, per effetto del secondo periodo del comma 1, non sia stato possibile osservare e adotta ogni conseguente provvedimento per l’ulteriore e più sollecito svolgimento del processo.
- -In tal caso, i termini di cui all’articolo 73, comma 1, del codice del processo amministrativo sono abbreviati della metà, limitatamente al rito ordinario.
3.- La sospensione dei termini processuali.
Il nuovo decreto conferma innanzi tutto la misura consistente nella introduzione di un periodo eccezionale di vigenza del regime della sospensione dei termini processuali a decorrere dall’8 marzo 2020. Rispetto alla previsione recata dal previgente dl 11/2020, il nuovo decreto precisa espressamente che sono sospesi “tutti i termini relativi al processo amministrativo”, dissipando i dubbi interpretativi che aveva originato il parere reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato reso nell’Adunanza del 10 marzo 2020.
La prima misura introdotta consiste nella sospensione dei termini processuali nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020, data di pubblicazione in GU del decreto, e il 22 marzo 2020. La disposizione recata dal comma 1 dell’art. 3 non individua particolari categorie di atti o di adempimenti processuali che debbano ritenersi sospesi, ma, attraverso il rinvio ai commi 2 e 3 dell’art 54 del d. lgs 104/2010, ritiene chiaramente applicabile, eccezionalmente nel suddetto periodo, l’istituto generale della sospensione dei termini processuali: “… dal 8 marzo 2020 e fino al 15 aprile 20202 … Tutti i termini relativi al processo amministrativo sono sospesi, secondo quanto previsto dalle disposizioni di cui all’art. 54 commi 2 e 3 del codice del processo amministrativo”. In realtà, come univocamente chiarito dai primi contributi dottrinari immediatamente apparsi sul tema[3], la formulazione del precedente d.l. 11/2020, che si limitava a dichiarare applicabili ““Le disposizioni di cui all’articolo 54, commi 2 e 3, del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”, non dava adito a dubiti interpretativi di sorta. In piena aderenza ai principi generali che vogliono che la disciplina della sospensione dei termini nel periodo feriale si applichi indistintamente a tutti i termini processuali e che, in ragione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, la sospensione sia esclusa per i soli procedimenti cautelari (in quanto il principio sarebbe vulnerato ammettendo che possa aversi soluzione di continuità nella tutela cautelare), l’art 54 del d lgs 104/2010 al secondo comma dispone, senza alcuna limitazione, che “I termini processuali sono sospesi…” e al terzo comma che “La sospensione dei termini previsti dal comma 2 non si applica al procedimento cautelare”. In linea teorica, pertanto, la disposizione recata dal d.l. 11/20202 non aveva di per sé posto problemi interpretativi sull’applicabilità dell’istituto della sospensione dei termini processuali al periodo in questione, che erano stati però originati dal già citato parere della Commissione speciale, che aveva escluso la configurabilità di una vera e propria sospensione dei termini processuali ai sensi del pur richiamato art 54 d lgs 104/2010 e auspicato un intervento interpretativo da parte del legislatore [4].
Quel che realmente innova il nuovo d.l. è la durata del periodo di sospensione, originariamente prevista (dal 8 marzo) fino al 22 marzo 2020 e che viene adesso prolungata fino al 15 aprile 2020.
Dove il disposto dell’art 3 del d.l. 11/2020 aveva effettivamente posto un qualche problema interpretativo è stato con riferimento alle modalità di computo di quei termini, ad esempio per il deposito di memorie e documenti, che vengono calcolati a ritroso da un’udienza già fissata. Nel caso in cui il termine così calcolato venga in scadenza nel periodo di sospensione, è evidente che, differentemente dall’ipotesi generale della sospensione feriale, le parti non hanno previamente avuto contezza dell’esistenza del periodo di sospensione e si troverebbero nell’impossibilità di compiere quelle attività processuali i cui termini sarebbero già scaduti. Già in sede di commento al d.l. 11/2020 ho sostenuto che il problema deve trovare e trova soluzione nell’esercizio del potere presidenziale di riordino dei calendari e dei ruoli d’udienza e comunque nella facoltà di chiedere la rimessione in termini, previsti tanto nel vecchio quanto nel nuovo decreto. Nei casi in cui l’udienza non sia già stata rinviata d’ufficio o in cui il rinvio non risulti sufficiente a garantire il rispetto dei termini a difesa, la parte può chiedere di essere rimessa in termini e il giudice è vincolato al rinvio dell’udienza. Dal momento che la decadenza dal termine processuale è stata determinata da causa non imputabile alla parte perché dipendente da un evento assolutamente imprevedibile ed estraneo alla sua volontà, l’istanza di rimessione finisce con il vincolare il giudice al rinvio dell’udienza nei casi in cui non abbia già provveduto d’ufficio in tal senso al fine di assicurare il rispetto del contraddittorio, esponendo in caso contrario la sentenza resa in violazione del contraddittorio e del diritto di difesa all’annullamento con rinvio ai sensi dell’art 105 comma 1 del d. lgs. 104/2010. Se resa dal giudice di primo grado. E non è affatto da escludere che possano riaprirsi la porte della cassazione per rifiuto di giurisdizione delle sentenze, se rese dal Consiglio di Stato, in ragione del carattere aprioristico e generale della violazione del diritto di difesa.
4.- Il rinvio ex lege o con disposizione presidenziale della trattazione dei ricorsi e delle domande cautelari conseguentemente all’introduzione del periodo di sospensione
Dal momento che la sospensione dei termini processuali viene introdotta con riferimento ad un periodo in cui risultano già fissate udienze pubbliche e camerali (tanto cautelari, quanto dei riti speciali), il primo comma dell’art 84, al secondo cpv, come già la corrispondente norma recata dall’art 3 del d.l. 11/2020, ne dispone il rinvio “d’ufficio a data successiva” alla fine del suddetto periodo. Come chiarito dal Comunicato del 9 marzo dell’ “Ufficio stampa e comunicazione istituzionale della giustizia amministrativa” che aveva accompagnato l’uscita del precedente decreto, si tratta di una “misura drastica ma necessaria al fine di consentire su tutto il territorio nazionale comportamenti coerenti con gli obbiettivi di contenimento del virus in questa prima fase in cui ci si attende il picco epidemiologico” e volta ad ottenere che “nessuna udienza sarà celebrata”. Il rinvio viene disposto ex lege per le udienze già calendarizzate fino a tutto il 15 aprile (e non più soltanto fino al 22 marzo, come nel d.l. 11/2020), ivi comprese le camere di consiglio previste per la discussione delle domande cautelari, che, a prescindere da una richiesta della parte, durante il periodo di sospensione verranno decise soltanto con decreto monocratico (infra, par 5).
Il comma 4 dell’art 84 ripropone poi la previsione, anch’essa sostanzialmente già recata dall’art 3 del d.l. 11/2020, per cui i presidenti titolari delle sezioni del Consiglio di Stato, il presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e i presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle relative sezioni staccate possano adottare “direttive vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze coerenti con le eventuali disposizioni dettate dal Presidente del Consiglio di Stato” e possano altresì disporre il rinvio delle udienze procedendo ad una opportuna ricalendarizzazione delle stesse. Le differenze con la norma recata dal precedente d.l. 11/2020 non si limitano alla differenza lessicale del termine “direttive” impiegato in luogo di “linee guida” rispetto al precedente decreto e allo spostamento dal 31 maggio al 30 giugno 2020 della data successivamente alla quale possono essere spostate le udienze. Rispetto alla precedente versione scompaiono sia il limite massimo del rinvio entro il 31 dicembre 2020, sia la previsione che ciò dovrebbe avvenire “in aggiunta all’ordinario carico programmato delle udienze fissate e da fissare entro tale data”. I rinvii a mezzo dei suddetti decreti presidenziali a data successiva al 30 giugno 2020 vanno comunque disposti, com’era già nelle previsioni del d.l. 11/2020, dopo avere sentito sia l’autorità sanitaria regionale che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati della città ove ha sede l’Ufficio e, differentemente dal rinvio disposto ex lege per le udienze calendarizzate fino al 15 aprile, in tal caso non riguarda le udienze camerali per le domande cautelari e i ricorsi elettorali, che potranno svolgersi secondo le modalità indicate dal successivo comma 5. Analoga possibilità è prevista per le cause rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti, ma in tal caso è necessario che l’urgenza sia previamente dichiarata dai presidenti con decreto non impugnabile.
5. - Riti e modalità di decisione semplificati tanto per le domande cautelari quanto per quelle di merito;
Per contrastare e contenere gli effetti della situazione emergenziale nel settore della giustizia amministrativa vengono previste misure straordinarie che semplificano i processi decisionali, tanto cautelari, quanto di merito.
Per agevolare la comprensione delle misure straordinarie introdotte è opportuno distinguere la disciplina delle decisioni cautelari da quella delle decisioni di merito e delle altre camerali e trattare distintamente le ulteriori misure derogatorie introdotte dal comma 2 dell’art 84.
- A)Decisioni cautelari.
- B)Decisioni di merito e altri giudizi camerali
- C)Le ulteriori misure derogatorie introdotte dal comma 2 dell’art 84
Differentemente dal giudizio di merito e dagli altri giudizi che si svolgono in forma camerale, come si è già ricordato, il giudizio cautelare non è mai soggetto alla sospensione dei termini processuali. Conseguentemente la tutela cautelare deve continuare ad esser fruibile anche durante il suddetto periodo.
La soluzione disegnata già dal d.l. 11/2020, al fine di assicurare il rispetto tanto del principio che non ammette soluzioni di continuità nella possibilità di fruizione della tutela cautelare, quanto dell’esigenza di evitare di tenere qualunque tipo di udienza durante il periodo di emergenza, è stata di trattare le domande cautelari, nel periodo di sospensione, unicamente secondo il rito di cui all’art 56 del d. lgs 104/2010, con decisione monocratica, posponendo l’udienza cautelare camerale al termine del periodo della sospensione.
Nella versione del d.l. 11/2020, la trattazione della domanda cautelare, con decreto monocratico, durante il periodo di sospensione, rimaneva comunque un’eventualità rimessa all’iniziativa di parte, onerata di presentare apposita istanza in tal senso, a prescindere dalla sussistenza dei più restrittivi presupposti richiesti dal primo comma comma dell’art 56 del d.lgs. 104/2010 (“caso di estrema gravità e urgenza”, in luogo del “pregiudizio grave e irreparabile” richiesto dall’art 55 primo comma per le misure cautelari collegiali); e lasciava aperto il problema di garantire il rispetto del contraddittorio in quanto controinteressato e amministrazione resistente, pur se si dichiarassero disponibili ad essere “sentiti” dal magistrato prima dell’emanazione del decreto non potrebbero esserlo per via del divieto di tenere “udienza”, nè hanno certezza di alcun termine a difesa.
L’art. 84 ridisegna in maniera significativa la trattazione della domanda cautelare durante il periodo di sospensione sotto entrambi i profili. Per un verso, esclude che la trattazione (monocratica) possa dipendere da un’iniziativa di parte, imponendola come forma “ordinaria” di trattazione durante il periodo della sospensione: “I procedimenti cautelari, promossi o pendenti nel medesimo lasso di tempo, sono decisi con decreto monocratico dal presidente o dal magistrato da lui delegato, con il rito di cui all’articolo 56 del codice del processo amministrativo, e la relativa trattazione collegiale è fissata a una data immediatamente successiva al 15 aprile 2020” (art 84 comma 1, terzo cpv). Per l’altro, prevede opportunamente che la decisione monocratica venga assunta “nel rispetto dei termini di cui all’articolo 55, comma 5, del codice del processo amministrativo” (non prima quindi di venti giorni dalla notifica e di dieci dal deposito); facendo peraltro salva la possibilità della parte di chiedere, al ricorrere dei già ricordati più restrittivi presupposti richiesti dal primo comma dell’art. 56, la pronuncia monocratica non solo “secondo il rito” ma “ai sensi” dell’art. 56, senza attendere pertanto i termini di cui all’art 55[5]. Potrà apparire per certi versi singolare che si disponga di trattare la domanda “con il rito di cui all’art 56 del codice del processo amministrativo … nel rispetto dei termini di cui all’art 55, comma 5 … salvo che ricorra il caso di cui all’articolo 56 comma 1”, ma la formulazione sembra risolvere efficacemente il problema di assicurare e graduare la tutela cautelare, nel rispetto del contradditorio, nel periodo emergenziale. Le disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente del Consiglio di Stato il 19 marzo 2020 si preoccupano di precisare (par 4.5) che “la decisione monocratica è assunta dopo lo scadere dei termini di venti e dieci giorni liberi previsti dal comma 5 dell’art 55 c.p.a. a prescindere dall’eventuale precedente fissazione di una camera di consiglio”.
Rimarrebbe invero ancora da chiarire come debbano essere calcolati i due giorni liberi per il deposito di memorie e documenti dal momento che non c’è una camera di consiglio di riferimento. Sarebbe senz’altro auspicabile a tal fine che i presidenti titolari adottino apposite misure organizzative, anche nell’esercizio delle potestà espressamente contemplate dai commi 3 e 4, quale ad esempio la fissazione di una camera di consiglio perlomeno virtuale, atta a valere come termine per la emanazione dei decreti da parte dei magistrati delegati alle pronunce monocratiche e al tempo stesso termine di riferimento per le parti. Qualora ciò non avvenisse, allo stato i due giorni liberi (uno nei riti accelerati) andrebbero necessariamente calcolati con riferimento alla scadenza dei termini previsti dal comma 5 primo cpv dell’art 55 d. lgs 104/2010. Si ricorda che le disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente del Consiglio di Stato il 19 marzo 2020 hanno opportunamente sottolineato che in ogni caso “il decreto monocratico non potrà essere emesso prima della data che era stata fissata per l’udienza camerale (oggi divenuta meramente virtuale), rispetto alla quale gli avvocati delle parti avevano calibrato le proprie strategie difensive e in ispecie la tempistica di deposito dei documenti e delle memorie”.
Rimane in ogni caso ferma la necessità che i decreti cautelari concessi durante la sospensione, stante la natura intrinsecamente provvisoria, vengano portati quanto prima possibile in udienza camerale collegiale al termine del periodo di sospensione, ragion per cui il terzo cpv del comma 1 dell’art 84, in chiusura, prevede, come già ricordato, che “la relativa trattazione collegiale è fissata a una data immediatamente successiva al 15 aprile 2020”. L’uso dell’indeterminativo e la possibilità che si accumuli una mole quantitativa tale da non poter essere ragionevolmente smaltita in un'unica udienza camerale dovrebbero lasciar propendere l’interpretazione nel senso che, al termine della sospensione, l’udienza camerale venga fissata quanto prima possibile. Tanto più che i ruoli d’udienza dovranno farsi carico anche della trattazione in udienza camerale dei provvedimenti monocratici pronunciati prima della sospensione e per i quali, per via della sospensione, non si è potuta più tenere l’udienza camerale. Ipotesi contemplata dall’ultimo cpv del comma 1 dell’art 84, il quale dispone per l’appunto che “I decreti monocratici che, per effetto del presente comma, non sono stati trattati dal collegio nella camera di consiglio di cui all’articolo 55, comma 5, del codice del processo amministrativo restano efficaci, in deroga all’articolo 56, comma 4, dello stesso codice, fino alla trattazione collegiale, fermo restando quanto previsto dagli ultimi due periodi di detto articolo 56, comma 4”. Se la parte “su cui incide la misura cautelare” non si opponga ai sensi del secondo comma dell’art. 84, nei casi in cui vi sia stato accoglimento totale o parziale della domanda cautelare, la trattazione può essere fissata anche prima del 15 aprile (e successivamente al 6 aprile), durante quindi il periodo di sospensione (v. infra, par. 5, sub C).
In considerazione del fatto che il provvedimento monocratico, per quanto provvisoriamente, rischia comunque di stabilizzare per un considerevole arco temporale la decisione della lite cautelare, sarebbe stato opportuno prevedere forme di reclamo immediato al collegio ovvero l’appellabilità del decreto monocratico, ma l’ipotesi è stata scartata. Sarebbe opportuno che una delle due ipotesi (reclamo al collegio, prevedendo la possibilità di partecipazione al collegio anche del magistrato autore del provvedimento monocratico ove ciò sia reso necessario da esigenze di organico; ovvero l’appello, che beninteso non potrebbe essere mai limitato ai soli decreti di accoglimento escludendo quelli di rigetto pena la palese incostituzionalità per violazione dei principi di uguaglianza e del giusto processo) venisse seriamente presa in considerazione in sede conversione del decreto, non essendo allo stato escluso che possano anche aversi ulteriori proroghe del periodo di sospensione alla luce del più generale contesto emergenziale nel quale s’inquadrano le misure straordinarie in materia di giustizia e che la lite cautelare continui pertanto a rimanere definita per un consistente arco temporale in forma monocratica. Il che eviterebbe peraltro di stressare oltremodo la calendarizzazione in tempi ristretti delle camere di consiglio cautelari, imposta dalla necessità di non lasciare privo di controlli l’esercizio del potere cautelare monocratico oltre lo stretto necessario. Nelle more della decisione camerale, avverso il decreto monocratico allo stato rimane esperibile unicamente il rimedio della revoca o modifica “su istanza di parte notificata”, a norma dell’art 56 comma 4.
L’art 84 del d.l. 18/2020, al quinto comma, conferma anche la previsione, alla scadenza della sospensione, di un periodo, che si suppone di transizione verso il rispristino della normalità, nel quale le controversie, sia di merito che cautelari, vengono decise seguendo una procedura semplificata che, in deroga al disciplina ordinaria recata dal codice del processo amministrativo, a fini acceleratori, esclude la discussione in udienza pubblica o camerale: “Successivamente al 15 aprile 2020 e fino al 30 giugno 2020, in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell’articolo 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso”.
Rebus sic stantibus, la norma non pone problemi interpretativi di sorta per le udienze che risultino fissate nel mese di giugno o alla fine del mese di maggio. La scadenza del termine di sospensione al 15 aprile assicura il rispetto del più ampio termine possibile per garantire il contraddittorio in punto di produzione di documenti, memorie e repliche (ordinariamente fissato in 40, 30 e 20 giorni e dimezzato nei riti speciali).
Il problema si pone, come già accennato, nel caso in cui l’udienza risulti fissata ad una data che non consente di assicurare il rispetto dei suddetti termini in quanto questi sarebbero già venuti a scadere nel periodo della sospensione.
Si spiegano in quest’ottica le disposizioni recate dal secondo, dal terzo e dal quarto cpv del comma 5, a norma delle quali:
Ferma la limitazione del contraddittorio derivante dall’esclusione della possibilità di tenere la discussione orale, l’ipotesi è che la possibilità di limitare ulteriormente il contraddittorio elidendo anche la possibilità di difesa documentale e scritta possa avvenire unicamente con il consenso delle parti e dipenda pertanto, in sostanza, dalla loro rinuncia ad avvalersene. E’ evidente che le parti devono ritenere che le produzioni effettuate prima della sospensione siano comunque sufficienti per consentire il passaggio in decisione del ricorso e che non sia necessario avvalersi delle ulteriori facoltà concesse dal contradditorio ovvero che queste possano essere compensate e condensate in sintetiche note da depositare due giorni prima dell’udienza. L’ipotesi classica è che una o entrambe le parti non abbiano potuto depositare la memoria conclusionale o di replica e che ciò non sia necessario o possa essere compensato dalle note d’udienza. La disposizione nulla dice sui limiti dimensionali delle note d’udienza, se non che debbano essere “brevi”, concetto che rimane indeterminato ma sufficiente per escluderne l’equiparazione alla trattazione ampia e sistematica tipica di una memoria difensiva. Nel disegno normativo le “brevi note” si propongono come succedanee della discussione orale, atte a rappresentare una comparizione figurata delle parti davanti al collegio, attesa l’impossibilità di tenere la discussione in forma orale[6]. Sostituiscono quest’ultima, non le memorie difensive, ragion per cui, ove ve ne sia effettiva necessità, la parti devono chiedere la rimessione in termini. Conseguentemente, il quarto cpv vincola il magistrato a disporre “la rimessione in termini in relazione a quelli che, per effetto del secondo periodo del comma 1, non sia stato possibile osservare e adotta ogni conseguente provvedimento per l’ulteriore e più sollecito svolgimento del processo”[7]. L’ultimo cpv del comma 5 dispone conclusivamente, come già ricordato, che, in tal caso, i termini di cui all’articolo 73, comma 1, del codice del processo amministrativo sono abbreviati della metà, limitatamente al rito ordinario.
Sembrerebbe esser stato dunque raccolto l’invito, da più parti rivolto in sede d’interpretazione delle analoghe disposizioni recate dal d.l. 11/2020, ad impiegare l’istituto della rimessione in termini per non comprimere ulteriormente, avendo già infranto il principio dell’oralità, le garanzie del contraddittorio. Per quanto sopra chiarito, la rimessione dovrebbe a rigore esser chiesta anche nell’ipotesi in cui le parti, magari proprio nell’osservanza del citato parere espresso dalla Commissione speciale nell’adunanza dello scorso 10 marzo, abbiano ugualmente depositato memorie e repliche nel periodo della sospensione e, concordemente, intendano avvalersi delle note d’udienza per limitarsi a rinviare alle produzioni effettuate durante la sospensione. La soluzione più rigorosa, di chiedere la rimessione in termini e di escludere il rinvio per relationem attraverso le note d’udienza, potrebbe apparire eccessivamente formalista nel momento in cui evidenti ragioni d’economia processuale sembrerebbero suggerire il contrario, ma la fattispecie in linea di principio pone problemi di non poco conto. Ad esempio stabilire se e fino a che punto si possa ritenere che, in virtù del principio dispositivo, gli atti inefficaci e invalidamente compiuti durante la sospensione abbiano ugualmente raggiunto il loro scopo se vi sia espresso riconoscimento delle parti in tal senso; ovvero se la sospensione sia posta nell’interesse di tutte le parti, giudice compreso, differentemente dalle ipotesi di interruzione che si suppongono disposte a favore della parte che subisce l’evento e che ne ha pertanto una relativa disponibilità. Sarebbe pertanto opportuno che il punto venisse univocamente chiarito in sede di conversione del decreto, chiarendo se, sussistendo l’accordo delle parti, le note d’udienza possano rinviare per relationem alle produzioni effettuate durante il periodo di sospensione con conseguente dovere del giudice di prenderle in esame, e che non sia lasciato alla libera interpretazione dei singoli collegi giudicanti.
Rimane fermo che, se la sospensione non ha pregiudicato la proponibilità di documenti e memorie nei termini (sarebbe il caso in cui i termini erano già maturati tutti nel periodo anteriore alla sospensione che avrebbe interessato soltanto l’udienza o il caso delle udienze che verranno fissate nel mese di giugno o nella fine di maggio), non sussiste la possibilità della parte di chiedere la rimessione in termini (perlomeno ai sensi dell’art 84 del d.l. 18/2020), ma, per quanto si è chiarito, solo quella di presentare brevi note due giorni liberi prima dell’udienza.
Va infine sottolineato che la nuova disciplina non ha conservato la possibilità, contemplata dai commi 4 e 5 del d.l. 11/2020, che a richiesta di almeno una delle parti la causa venisse trattata in udienza camerale o in udienza pubblica, organizzandone lo svolgimento mediante collegamenti da remoto con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione dei difensori alla trattazione dell’udienza. La possibilità di collegamento da remoto rimane limitata alla partecipazione dei magistrati alla camera di consiglio che, sino al 30 giugno, si svolge senza discussione orale (art 84, comma 6: “Il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge”). Le disposizioni di coordinamento emanate il 19 marzo 2020 dal Presidente del Consiglio di Stato chiariscono che le camere di consiglio decisorie possono essere effettuate con collegamenti da remoto, con qualsiasi modalità (videoconferenza o audioconferenza), purché sia garantita la collegialità e che sono escluse le modalità di comunicazione asincrona quale, ad esempio, lo scambio di email. E’ auspicabile che la verbalizzazione si curi di identificare e circostanziare il luogo dal quale i singoli magistrati si colleghino da remoto, in modo da poter ritenere garantita la segretezza della camera di consiglio.
Il comma 2 dell’art 84 reca disposizioni particolari per il periodo dal 6 al 15 aprile 2020.
Difficile comprendere la necessità della previsione di un regime particolare per tale periodo, che cade peraltro nella settimana pasquale.
Nell’economia delle disposizioni straordinarie recate dall’art 84, quelle del comma 2 rivelano, anche sotto il profilo quantitativo, un impegno significativo del legislatore, che sembrerebbe essere sproporzionato rispetto all’utilità che si prefigge di conseguire e alla ulteriore distorsione che comporta per la comprensibilità del sistema.
Le disposizioni prevedono che, nel periodo dal 6 aprile al 15 aprile 2020, le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati. Tale modalità di trattazione, come si è visto, è già eccezionalmente contemplata dal comma 5 per il periodo che va dalla fine della sospensione, attualmente prevista per il 15 aprile, fino al 30 giugno 2020. Il comma 2 consente che ciò possa avvenire anche durante il periodo della sospensione, ma solo nel periodo dal 6 al 15 aprile, e a condizione che vi sia l’accordo delle parti (“se ne fanno congiuntamente richiesta tutte le parti costituite”).
Le disposizioni recate dal comma 2 prevedono inoltre che a partire dal 6 aprile possa essere definito il giudizio cautelare con le medesime modalità (passaggio in decisione senza discussione orale sulla base degli atti depositati) nei casi in cui vi sia stata concessione di un decreto monocratico, in accoglimento anche solo parziale della domanda cautelare. Anche in questo caso è però necessario il consenso delle parti (“delle parti su cui incide la misura cautelare”), che possono opporsi depositando un’istanza di rinvio, che comporterà lo spostamento della trattazione a data “immediatamente” successiva al 15 aprile.
In sostanza, il comma 2 reca disposizioni ulteriormente derogatorie al regime già di per sé straordinario generalmente introdotto dall’art 84 (“In deroga a quanto previsto dal comma 1”), che consentono che durante il periodo della sospensione, a date condizioni, possano comunque aversi trattazioni collegiali delle controversie, sia cautelari che di merito.
Rimane da capire quale sia l’effettiva utilità di anticipare, durante il periodo di sospensione e solo per le cause la cui udienza collegiale risulti fissata tra il 6 e il 15 aprile, la possibilità di trattazione senza discussione orale e sulla base degli atti depositati, già generalmente prevista, si ripete, come regime transitorio, dalla fine del periodo di sospensione fino al 30 giugno.
Si può ipotizzare che la previsione abbia un intento deflattivo, nel senso che potrebbe esser volta ad evitare un accumulo eccessivo delle cause da trattare al termine del periodo di sospensione, consentendo di smaltire quelle già fissate nel periodo tra il 6 e il 15 aprile. Se così fosse, se l’esigenza fosse cioè quella di cercare di evitare un sovraccarico al termine del periodo di sospensione smaltendo, ove vi sia l’assenso delle parti alla decisione senza discussione orale e allo stato degli atti, le cause fissate durante il periodo di sospensione, non si capisce perché la possibilità sia stata limitata al solo periodo dal 6 al 15 aprile, e non sia stata estesa a tutto il periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione originariamente fissato dal d.l. 11/2020 al 22 marzo. Ciò avrebbe una sua logica, una volta introdotto il principio per cui durante la sospensione possono essere trattate non solo le domande cautelari, ma anche quelle di merito, ove vi sia il consenso delle parti a che la causa passi in decisione allo stato degli atti. Diversamente, la norma rischia solo di arrecare maggior confusione e di complicare la ricalendarizzazione delle trattazioni. Soccorrono opportunamente nel senso sopra detto le disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente del Consiglio di Stato il 19 marzo, secondo le quali “ancorché non previsto dal decreto, nel periodo sottoposto alla sospensione dei termini, rientra nella facoltà dei capi degli uffici giudiziari fissare un’ulteriore udienza nel periodo dal 6 aprile al 15 aprile 2020, per la trattazione degli affari già assegnati a udienze di merito e camerali fissate dall’8 marzo al 5 aprile 2020 e che devono essere rinviate a data successiva al 15 aprile 2020, qualora le parti chiedano congiuntamente il passaggio in decisione delle medesime sulla base degli atti depositati”.
6. Peculiari modalità di deposito di atti e documenti.
Il decreto legge prevede infine che, durante il periodo della sospensione dei termini processuali e fino al 30 giugno 2020, i presidenti titolari delle sezioni del Consiglio di Stato, il presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e i presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle relative sezioni staccate, per quanto di rispettiva competenza, possano adottare le misure organizzative necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d’intesa con le Regioni, e le prescrizioni impartite con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri emanati ai sensi dell’art. 3 del del d.l. 23 febbraio 2020 n. 6, al fine di evitare assembramenti all’interno degli uffici giudiziari e contatti ravvicinati tra le persone. Oltre alle già ricordate direttive per la fissazione e la trattazione delle udienze e al rinvio delle udienze a data successiva al 3° giugno 2020, le misure organizzative possono prevedere la limitazione dell’accesso agli uffici giudiziari ai soli soggetti che debbono svolgervi attività urgenti; la limitazione dell’orario di apertura al pubblico degli uffici o, in ultima istanza e solo per i servizi che non erogano servizi urgenti, la sospensione dell’attività di apertura al pubblico; la predisposizione di servizi di prenotazione per l’accesso ai servizi, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, e adottando ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento.
La sospensione dell’obbligo del deposito di almeno una copia del ricorso in forma cartacea (cd copie d’obbligo o di cortesia) non è più rimessa alla previsione delle suddette direttive, com’era nel d.l. 11/2020, ma è operata direttamente dal comma 10 dell’art 84, che precisa al contempo che il deposito può essere effettuato anche a mezzo del servizio postale.
Tali misure devono armonizzarsi con le disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente del Consiglio di Stato o dal Segretariato generale della Giustizia Amministrativa e devono essere comunque adottate dopo aver sentito l’autorità sanitaria regionale e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati della città ove ha sede l’Ufficio.
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Segue testo dell’art 84 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18
Art. 84
(Nuove misure per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID – 19 e contenerne gli effetti nel processo amministrativo)
1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, dal 8 marzo 2020 e fino al 15 aprile 2020 inclusi si applicano le disposizioni del presente comma. Tutti i termini relativi al processo amministrativo sono sospesi, secondo quanto previsto dalle disposizioni di cui all’articolo 54, commi 2 e 3, del codice del processo amministrativo. Le udienze pubbliche e camerali dei procedimenti pendenti presso gli uffici della giustizia amministrativa, fissate in tale periodo temporale, sono rinviate d’ufficio a data successiva. I procedimenti cautelari, promossi o pendenti nel medesimo lasso di tempo, sono decisi con decreto monocratico dal presidente o dal magistrato da lui delegato, con il rito di cui all’articolo 56 del codice del processo amministrativo, e la relativa trattazione collegiale è fissata a una data immediatamente successiva al 15 aprile 2020. Il decreto è tuttavia emanato nel rispetto dei termini di cui all’articolo 55, comma 5, del codice del processo amministrativo, salvo che ricorra il caso di cui all’articolo 56, comma 1, primo periodo, dello stesso codice. I decreti monocratici che, per effetto del presente comma, non sono stati trattati dal collegio nella camera di consiglio di cui all’articolo 55, comma 5, del codice del processo amministrativo restano efficaci, in deroga all’articolo 56, comma 4, dello stesso codice, fino alla trattazione collegiale, fermo restando quanto previsto dagli ultimi due periodi di detto articolo 56, comma 4.
2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, dal 6 aprile al 15 aprile 2020 le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, se ne fanno congiuntamente richiesta tutte le parti costituite. La richiesta è depositata entro il termine perentorio di due giorni liberi prima dell’udienza e, in tal caso, entro lo stesso termine le parti hanno facoltà di depositare brevi note. Nei procedimenti cautelari in cui sia stato emanato decreto monocratico di accoglimento, totale o parziale, della domanda cautelare la trattazione collegiale in camera di consiglio è fissata, ove possibile, nelle forme e nei termini di cui all’articolo 56, comma 4, del codice del processo amministrativo, a partire dal 6 aprile 2020 e il collegio definisce la fase cautelare secondo quanto previsto dal presente comma, salvo che entro il termine di cui al precedente periodo una delle parti su cui incide la misura cautelare depositi un’istanza di rinvio. In tal caso la trattazione collegiale è rinviata a data immediatamente successiva al 15 aprile 2020.
3. Per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID- 19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giurisdizionale e consultiva, a decorrere dal 8 marzo 2020 e fino al 30 giugno 2020, i presidenti titolari delle sezioni del Consiglio di Stato, il presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e i presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle relative sezioni staccate, sentiti l’autorità sanitaria regionale e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati della città ove ha sede l’Ufficio, adottano, in coerenza con le eventuali disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente del Consiglio di Stato o dal Segretariato generale della giustizia amministrativa per quanto di rispettiva competenza, le misure organizzative, anche incidenti sulla trattazione degli affari giudiziari e consultivi, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d’intesa con le Regioni, e le prescrizioni impartite con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, al fine di evitare assembramenti all’interno degli uffici giudiziari e contatti ravvicinati tra le persone.
4. I provvedimenti di cui al comma 3 possono prevedere una o più delle seguenti misure:
a) la limitazione dell’accesso agli uffici giudiziari ai soli soggetti che debbono svolgervi attività urgenti;
b) la limitazione dell’orario di apertura al pubblico degli uffici o, in ultima istanza e solo per i servizi che non erogano servizi urgenti, la sospensione dell’attività di apertura al pubblico;
c) la predisposizione di servizi di prenotazione per l’accesso ai servizi, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, e adottando ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;
d) l’adozione di direttive vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, coerenti con le eventuali disposizioni dettate dal Presidente del Consiglio di Stato;
e) il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020, assicurandone comunque la trattazione con priorità, anche mediante una ricalendarizzazione delle udienze, fatta eccezione per le udienze e camere di consiglio cautelari, elettorali, e per le cause rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti; in tal caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dai presidenti di cui al comma 3 con decreto non impugnabile.
5. Successivamente al 15 aprile 2020 e fino al 30 giugno 2020, in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell’articolo 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso. Le parti hanno facoltà di presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione. Il giudice, su istanza proposta entro lo stesso termine dalla parte che non si sia avvalsa della facoltà di presentare le note, dispone la rimessione in termini in relazione a quelli che, per effetto del secondo periodo del comma 1, non sia stato possibile osservare e adotta ogni conseguente provvedimento per l’ulteriore e più sollecito svolgimento del processo. In tal caso, i termini di cui all’articolo 73, comma 1, del codice del processo amministrativo sono abbreviati della metà, limitatamente al rito ordinario.
6. Il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge.
[1] Per il commento del quale si rinvia a F. Francario, La giustizia di fronte all’emergenza coronavirus. Le misure straordinarie per il processo amministrativo, Id., Postilla a La giusitizia di fronte all’emergenza coronavirus. Le misure straordarie per il processo amministrativo, in questa rivista.
[2] Per commenti a prima lettura v. M.A.Sandulli, Vademecum sulle ulteriori misure anti Covid 19 in materia di giustizia amministrativa: l art 84 del decreto “cura Italia”, in Lamministrativista.it ; Id. I primi chiarimenti del Presidente del Consiglio di Stato sul decreto “cura Italia”, cit.; F. Volpe, Riflessioni dopo una prima lettura dell’art. 84, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 in materia di processo amministrativo, in Lexitalia.it.
[3]Oltre a F. Francario, L’emergenza coronavirus e le misure straordinarie per il processo amministrativo, in questa stessa rivista, Osservatorio emergenza Covid – 19; v anche M.A. Sandulli, Sospensione dei termini processuali dall’8 al 22 marzo: il Parere del CdS sulle misure urgenti anti-COVID-19 non risolve ma aumenta l’insicurezza, in Lamminstrativista.it; F. Volpe, Commento all’art 3 , D.L. 8 marzo 2020, n. 11, in LexItalia.it.
[4] Nel parere reso nell’adunanza del 10 marzo 2020 la Commissione Speciale si era espressa nel senso che “il periodo di sospensione riguardi esclusivamente il termine decadenziale previsto dalla legge per la notifica del ricorso (artt. 29, 41 c.p.a.)” e non anche gli altri termini endoprocessuali, conclusione raggiunta muovendo dalla duplice considerazione che “con precipuo riguardo al termine per il deposito del ricorso (art. 45 c.p.a.) e soprattutto a quelli endoprocessuali richiamati dal già citato art. 73, comma 1, c.p.a., non si ravvisano le medesime esigenze che hanno giustificato la sospensione delle udienze pubbliche e camerali perché trattasi di attività che il difensore può svolgere in via telematica e senza necessità di recarsi presso l’ufficio giudiziario. Non appare esservi, dunque, alcun pericolo per la salute dei difensori né si moltiplicano le occasioni di contatto sociale e dunque le possibilità di contagio” ; e che “se la rapida diffusione dell’epidemia giustifica pienamente il rinvio d’ufficio delle udienze pubbliche e camerali, disposto dal decreto nel periodo che va dall’8 al 22 marzo 2020, allo scopo di evitare, nei limiti del possibile, lo spostamento delle persone per la celebrazione delle predette udienze, nonché la trattazione monocratica delle domande cautelari (salva successiva trattazione collegiale), sempre allo scopo di evitare lo spostamento delle persone e la riunione delle stesse all’interno degli uffici giudiziari, non sembra reperirsi adeguata giustificazione, invece, per la dilatazione dei termini endoprocessuali”. Secondo il Consiglio di Stato, in buona sostanza, non si sarebbe affatto trattato di un’applicazione eccezionale dell’istituto della sospensione dei termini processuali contemplato dall’art 54 del d lgs 104/2010, ma di una sospensione del solo termine per la notifica del ricorso giustificata da una ratio normativa che si prefigge di evitare gli spostamenti delle persone e la loro riunione presso gli uffici giudiziari. Il parere aveva peraltro auspicato che s’intervenisse “a livello normativo, con provvedimento chiarificatore di carattere interpretativo e quindi di portata retroattiva, in modo da assicurare la certezza nella materia dei termini processuali a beneficio di tutte le parti dei giudizi”.
[5] Le disposizioni di coordinamento adottate dal Presidente del Consiglio di Stato il 19 marzo 2020 chiariscono efficacemente che “il comma 1 dell’art. 84 distingue tra la tutela monocratica “sostitutiva” di quella collegiale in ragione della situazione emergenziale da Covid-19 e la tutela monocratica in senso proprio; la prima è ancorata ai presupposti e termini della tutela cautelare collegiale (art. 55 c.p.a.) e mutua dalla tutela cautelare monocratica “ordinaria” solo il rito dell’art. 56 c.p.a.; la seconda è ancorata ai presupposti e termini della tutela cautelare monocratica “ordinaria”. Ne consegue che nel primo caso il decreto monocratico verrà adottato nel rispetto dei termini dilatori previsti dall’art. 55 c.p.a., per salvaguardare il diritto di difesa della parte destinataria del ricorso, e non prima della data in cui si sarebbe dovuta tenere l’udienza collegiale anteriore al 15 aprile 2020”.
[6] Norma analoga è dettata dal decreto anche per il processo civile. Con riferimento alle disposizioni come recate dal d.l. 11/2020 v. F. Caroleo, R. Ionta, Udienza civile ai tempi del coronavirus. Comparizione figurata e trattazione scritta (art. 2, comma 2, lettera h, decreto legge 8 marzo 2020, n. 11), in Giustiziainsieme.it.
[7] L’ipotesi deve pertanto necessariamente rientrare nelle “specifiche esigenze” indicate nel par 3.5 delle disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente del Consiglio di Stato il 19 marzo 2020 come possibili eccezioni alla regola della non rinviabilità delle udienze calendarizzate dal 16 aprile in poi.