La giustizia penale di fronte all’emergenza da epidemia da COVID-19 (Brevi note sul d. l. n. 11 del 2020) di Giuseppe Santalucia
sommario: 1. Premessa. - 2. I principali strumenti di contenimento dei rischi. - 3. Il rinvio delle udienze nel primo periodo. - 4. Le deroghe all’obbligo di rinvio delle udienze.- 5. Le esigenze indifferibili di prova. - 6. La partecipazione al giudizio. 7. Le limitazioni dei colloqui per i detenuti. - 8. Le misure organizzative per il secondo periodo. - 9. Le conseguenze immediate del rinvio dell’udienza.- 10. Le restrizioni per l’accesso a permessi premio e semilibertà
1.Premessa. Il decreto legge, entrato in vigore oggi 8 marzo con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica in pari data, detta prescrizioni valevoli sin dal giorno appena successivo, ossia dal 9 marzo.
Fatto salvo l’apparato di regole contenuto nel decreto legge n. 9 del 2020, con cui si sono già dettate le prescrizioni, per sospensione dei termini processuali e il rinvio delle udienze negli uffici giudiziari ricadenti nei distretti di Corte di appello comprensivi dei Comuni facenti parte dell’allora zona rossa delineata per il contenimento dell’epidemia, questo secondo decreto legge prevede anzitutto due diversi tipi di accorgimenti.
Il fine è duplice e composito: si tratta di fronteggiare il rischio del contagio per svolgimento di attività giudiziaria, sia per il settore penale che per quello civile, e di contenere gli effetti negativi dell’epidemia sulla prestazione del servizio giustizia, in modo da assicurare che esso si svolga con continuità ed efficienza.
2. I principali strumenti di contenimento dei rischi. Con previsione comune ai due settori della giustizia ordinaria, e con prescrizioni estese, per quanto compatibili, alla giustizia tributaria e militare, il decreto legge prevede:
- A) il rinvio di ufficio di tutte le udienze già fissate nel periodo che intercorre tra l’entrata in vigore del decreto legge e il 22 marzo prossimo e la sospensione di ogni termine processuale, ossia di ogni termine fissato per il compimento di atti nell’ambito dei procedimenti interessati dal rinvio d’ufficio delle udienze, sempre per il periodo appena prima indicato. Con l’importante precisazione che, ove il termine processuale abbia inizio all’interno di quest’ambito temporale, il suo inizio è differito alla fine del periodo.
- B) L’adozione da parte dei dirigenti degli uffici giudiziari, per il periodo che va dal 23 marzo 2020 – ossia dal giorno dopo a quello di cessazione del rinvio d’ufficio di ogni udienza e della sospensione dei termini – e fino al 31 maggio 2020 – termine entro cui, si spera, cesserà, o si attenuerà, l’emergenza sanitaria – le misure organizzative necessarie per il rispetto delle prescrizioni igienico-sanitarie.
- Arresti in flagranza e fermi. Le udienze di convalida devono comunque essere tenute. La disposizione non pare foriera di particolari problemi interpretativi. In quest’ambito ricade la procedura di convalida di qualsiasi forma di arresto o fermo, anche dei cd. arresti a flagranza differita previsti dalla legislazione in materia di violenza sportiva e dei fermi di cui al codice antimafia.
- Procedimenti in cui l’imputato o gli imputati sono in stato di custodia cautelare e i relativi termini vanno a scadere proprio nel periodo dal 9 al 22 marzo 2020. Anche questa disposizione è di facile lettura e applicazione: occorre aver riguardo al termine di scadenza della custodia cautelare e procedere alla trattazione del processo se quel termine venga a cadere nel periodo interessato dalla sospensione.
- Procedimenti nei quali sono state richieste o applicate misure di sicurezza detentive. La previsione è forse troppo ampia. Il riferimento alternativo al fatto che la misura di sicurezza detentiva sia stata richiesta o applicata sembra non eccettuare dalla deroga al rinvio i casi in cui la richiesta non sia stata accolta o la misura, pure in precedenza applicata, sia stata successivamente revocata o sia comunque cessata. Interpretata in tal modo, la deroga all’obbligo di rinvio officioso non sembra per il vero sostenuta da adeguata giustificazione. Sarebbe possibile una soluzione interpretativa improntata a maggior rigore restrittivo, sì da consentire la deroga all’obbligo del rinvio per i soli casi in cui la misura di sicurezza, in qualunque modo applicata, sia a richiesta della parte pubblica che d’ufficio, sia ancora operante.
- Procedimenti di varie tipologie sempre che gli imputati, specie se detenuti, o i proposti nei procedimenti di prevenzione o, ancora, i loro difensori facciano espressa richiesta che si proceda e si tenga quindi l’udienza.
Tali misure organizzative devono essere adottate sentita l’Autorità sanitaria regionale, per il tramite del presidente della Giunta regionale, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati; e, per gli uffici diversi dalla Corte di cassazione e dalla Procura generale presso detta Corte, d’intesa con il presidente della Corte di appello e con il Procuratore generale presso la Corte di appello.
3.Il rinvio delle udienze nel primo periodo. Quanto alla misura del rinvio officioso delle udienze fissate per il periodo di maggiore emergenza, valgono alcune eccezioni.
Non sono rinviabili, nel settore penale, le udienze nelle seguenti materie.
Sul punto sembra importante evidenziare che la regola, anche in tale ambito procedimentale, è il rinvio officioso delle udienze, e che l’intervento delle parti o dei loro difensori agisce in deroga a questa regola di generale applicazione.
Non sarebbe allora conforme alle previsioni di legge che il giudice tenesse udienza per appurare se imputati, detenuti o proposti, o anche soltanto i loro difensori, facciano richiesta di trattazione del procedimento. Se, infatti, l’udienza va rinviata, non v’è spazio per soluzioni che ipotizzino l’obbligo di sedere in udienza per lì verificare quale sia la volontà delle parti.
Il provvedimento di rinvio è meramente esecutivo di una prescrizione di legge, in vigore dal 9 marzo e conosciuta e conoscibile da chiunque al pari di ogni altra disposizione di legge. I soggetti abilitati a chiedere il rinvio devono dunque farsi parte diligente quanto più tempestivamente possibile per chiedere la trattazione del processo, pena altrimenti l’impossibilità di evitare il rinvio.
Rinvio che, peraltro, va disposto d’ufficio e non necessariamente in udienza, quindi con provvedimento adottabile dal presidente e non esclusivamente dal giudice, anche collegiale.
Ciò significa che non occorre, per poter disporre il rinvio, che si attenda un termine, che la legge non ha posto, per valutare se trattare o meno il processo. Se questa fosse stata la volontà del legislatore dell’emergenza, la disposizione sarebbe stata costruita diversamente, in termini magari di un rinvio su richiesta di parte e non d’ufficio.
Certo, problemi applicativi si pongono per le udienze fissate per il giorno o i giorni appena successivi all’entrata in vigore del decreto legge, non essendoci uno spazio apprezzabile per determinazioni organizzative dei dirigenti degli uffici giudiziari compatibile con l’utile esercizio del potere delle parti di chiedere il rinvio.
Ma questo aspetto critico, che non si ignora, fa parte degli inconvenienti inevitabili di un provvedimento d’urgenza che comprime e contrae gli ambiti di intervento dei soggetti interessati dalle misure di restrizione, e che non può essere interpretativamente utilizzato per far dire alle norme quello che le norme non hanno inteso affermare.
4. Le deroghe all’obbligo di rinvio delle udienze. I procedimenti in cui le udienze devono essere tenute, sempre che sia espressamente richiesta la trattazione, sono:
- quelli in cui il soggetto, nei cui confronti il procedimento si svolge, si trovi in stato di detenzione. Il riferimento è ai procedimenti con imputati in stato di detenzione cautelare, ma anche a quelli con condannati, per pronuncia definitiva, in stato di detenzione per espiazione di pena. Tale affermazione è giustificata dalla previsione in deroga, per i casi in cui il condannato ammesso ad una delle misure alternative alla detenzione sia raggiunto da un provvedimento di sospensione del magistrato di sorveglianza in ragione dell’apprezzamento di comportamenti tali da giustificare la revoca della misura alternativa;
- i procedimenti in cui siano state applicate misure cautelari o di sicurezza.
- i procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione o nei quali siano state disposte misure di prevenzione. Anche per questa previsione vale quanto appena detto in riguardo ai procedimenti in cui è stata applicata misura cautelare, per la parte in cui non distingue tra misure personali e misure patrimoniali e non specifica se la deroga al rinvio debba valere pur quando la misura, inizialmente applicata, sia nel corso del procedimento venuta meno per qualsivoglia causa;
- i procedimenti a carico di imputati minorenni, quale che ne sia l’oggetto e quale che sia lo stato, di restrizione della libertà o meno, dell’imputato.
Il decreto legge non precisa meglio, e la disposizione appare assai poco restrittiva. Il riferimento è: ad ogni misura cautelare, sia personale che reale, e, nell’ambito della prima categoria, sia alle misure coercitive che a quelle interdittive; oltre che ad ogni misura di sicurezza, personale o patrimoniale, fermo restando che per le misure di sicurezza detentive vale la prescrizione appena prima richiamata, della trattazione del processo a prescindere dal meccanismo dell’espressa richiesta di parte. La previsione sembra eccessiva, perché, oltre a non distinguere tra le varie tipologie di misura cautelare, non chiarisce se l’eccezione al rinvio valga pur quando nel procedimento la misura sia stata applicata ma poi sia stata revocata o sia comunque cessata;
5.Le esigenze indifferibili di prova.
Non sono infine soggette al rinvio le udienze che si rendano necessarie in quei procedimenti ove sia indifferibile l’esigenza di assumere prove non rinviabili, secondo il modulo di cui all’art. 392 cod. proc. pen. in punto di incidente probatorio. La previsione, questa volta, pecca per difetto, per l’omesso richiamo alla disposizione di cui all’art. 467 cod. proc. pen., che autorizza l’assunzione di prove urgenti nella fase degli atti preliminari al giudizio nei casi in cui si abbiano a verificarsi i presupposti per l’incidente probatorio. In tutte queste ipotesi occorre che il giudice o, se questo è collegiale, il presidente dichiarino l’urgenza a provvedere, con provvedimento che dia conto dell’indifferibilità dell’assunzione della prova, comunque non impugnabile.
6.La partecipazione al giudizio. In ogni dibattimento il giudice può disporre che si proceda a porte chiuse, per evitare che nell’aula di udienza si abbia un affollamento tale da accrescere il pericolo di possibili contagi. L’invito a valutare l’opportunità di questo accorgimento è rivolto dal decreto legge a giudici dei singoli processi, rientrando il relativo provvedimento nei compiti propri del giudice che siede in udienza.
Con misura d’ordine generale si prevede poi che per tutto il periodo dell’emergenza, ossia dal 9 marzo al 31 maggio 2020, la partecipazione al giudizio delle persone detenute, anche in via cautelare, e internate sia assicurata, per quanto organizzativamente possibile, per mezzo del collegamento a distanza, facendo applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni che in via ordinaria regolano la partecipazione al dibattimento a distanza delle persone che si trovino in stato di detenzione – art. 146bis disp. att. cod. proc. pen. –.
7.Le limitazioni dei colloqui per i detenuti. Soltanto per il primo periodo di emergenza, i colloqui dei detenuti negli istituti penitenziali e negli istituti penali per i minorenni con i congiunti e con le altre persone con le quali ne hanno diritto devono avvenire a distanza, ove possibile avvalendosi di apparecchiature tecniche che consentano questa modalità di svolgimento dei colloqui. Se questa possibilità organizzativa non si abbia, i colloqui avvengono per mezzo del telefono, e senza le ordinarie limitazione numeriche dei colloqui telefonici.
8.Le misure organizzative per il secondo periodo. I dirigenti degli uffici sono abilitati, per il periodo successivo a quello di maggior restrizione – 23 marzo/31 maggio 2020 – all’adozione di misure organizzative speciali, anche incidenti direttamente sulla trattazione degli affari giudiziari e quindi con interferenza sugli ordinari poteri di organizzazione spettanti ai singoli giudici a cui quegli affari sono assegnati.
7.1. Alcune delle misure che possono essere prese dai dirigenti degli uffici attengono alle modalità di accesso del pubblico con prescrizioni volte a limitarne l’afflusso, a condizione comunque di rispettare l’esigenza del compimento di attività non rinviabili, anche per quanto attiene agli orari giornalieri di apertura, con possibilità addirittura di disporre la chiusura di alcuni servizi al pubblico, sempre che non interessati dalla prestazione di servizi a carattere di urgenza.
Siccome uno degli obiettivi principali è di evitare l’assembramento di persone, evenienza che agevola il rischio di contagi, i dirigenti degli uffici possono imporre prescrizioni per regolare la convocazione degli utenti del servizio giudiziario, anche mediante il modulo della prenotazione per l’accesso ad orari fissi; e soprattutto possono imporre ai singoli giudici direttive vincolanti in punto di fissazione e modalità di trattazione delle udienze.
Con previsione direttamente incidente sui poteri organizzativi dei giudici nei singoli processi, i dirigenti degli uffici possono disporre lo svolgimento dei dibattimenti a porte chiuse per esigenze di pubblico igiene, e quindi di salute pubblica, di tutti o di taluno dei processi incardinati in quegli uffici.
7.2. Spicca poi il potere di disporre, ancora una volta, il rinvio delle udienze a data successiva al 31 maggio 2020 nelle stesse materia e con le stesse eccezioni che, si è detto prima, operano già per il rinvio officioso e obbligatorio che caratterizza il primo periodo di emergenza.
A differenza di quanto già illustrato per il periodo dal 9 al 22 marzo, per tale seconda fase il rinvio non è obbligatorio ma è oggetto di un apprezzamento discrezionale che, quindi, implica per necessità che la misura organizzativa operi sul territorio nazionale a macchia di leopardo, interessando alcuni e non tutti gli uffici giudiziari.
9. Le conseguenze immediate del rinvio dell’udienza.
In tutti i casi in cui opera il rinvio, sia nel caso di rinvio obbligatorio del primo periodo che di rinvio cd. discrezionale del secondo periodo, restano sospesi i seguenti termini:
- i termini di prescrizione dei reati per i quali si procede;
- i termini massimi di custodia cautelare di cui all’art. 303 cod. proc. pen., e specificamente i termini di fase e i termini complessivi, fermi restando però, a quanto sembra di comprendere, i termini massimi di fase e il termine massimo finale, di cui all’art. 304, comma 6, cod. proc. pen., che non è fatto oggetto di richiamo;
- i termini di proposizione della richiesta di riesame, evidentemente per i casi in cui l’imputato in stato di restrizione cautelare non abbia fatto espressa richiesta di trattazione del procedimento;
- i termini (trenta giorni dalla ricezione degli atti) entro i quali la Corte di cassazione deve decidere sui ricorsi avverso i provvedimenti del Tribunale del riesame e del Tribunale dell’appello cautelare;
- i termini entro i quali il giudice del rinvio, in caso di annullamento dell’ordinanza applicativa della misura coercitiva oggetto di riesame, deve decidere (dieci giorni dalla ricezione degli atti) e deve depositare l’ordinanza (trenta giorni dalla decisione);
- i termini entro i quali, in caso di riesame del decreto di sequestro, deve essere proposta la richiesta, e l’impugnazione deve essere decisa, pur quando l’interessato ne abbia chiesto il differimento;
- per i procedimenti di prevenzione, i termini entro cui deve essere emesso il provvedimento di confisca, a far data dall’immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario, e la Corte di appello, in caso di impugnazione del decreto di confisca, deve pronunciarsi dal deposito del ricorso.
Ulteriore conseguenza del disposto rinvio è che il periodo di forzata stasi procedimentale non può essere computato ai fini della determinazione del tempo irragionevole del processo ai fini della domanda di equa riparazione, ai sensi dell’art. 2, l. n. 89 del 2001.
10.Le restrizioni per l’accesso a permessi premio e semilibertà.
La magistratura di sorveglianza è chiamata ad un non facile compito per l’intero periodo dell’emergenza, e quindi dal 9 marzo al 31 maggio 2020. Tenendo conto delle indicazioni delle autorità sanitarie il magistrato e il tribunale di sorveglianza, nell’ambito delle rispettive competenze, possono ricorrere a una misura limitativa particolarmente penalizzante: possono infatti sospendere, con decisione che sembra poter rivestire il carattere della generalità per l’intera popolazione carceraria soggetta alla loro giurisdizione, la concessione dei permessi premio e della semilibertà, in modo da evitare che il detenuto possa essere esposto al contagio in ambiente esterno e farsi conseguentemente veicolo di contagio nell’ambiente chiuso del carcere in cui deve fare rientro. Si tratta di una misura eccezionale dal contenuto spiccatamente afflittivo, che dovrà essere adeguatamente giustificata con l’illustrazione delle ragioni sottese, sì come articolate nell’interlocuzione con le autorità sanitarie.