Gli illeciti amministrativi, il nuovo reato di infrazione dell'obbligo di quarantena e il delitto di epidemia colposa.
Effetti del DL 19/20 su procedimenti e misure in corso.
di Ignazio Pardo
sommario: 1. Premessa - 2. Autorità competenti 3. Sanzioni amministrative ed ipotesi depenalizzate 4. Il nuovo reato di violazione dell'obbligo di quarantena. 5. Il delitto di epidemia colposa di cui all'art. 452 c.p.
1. Premessa
Significativamente intitolato “Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19” il D.L. 25 marzo 2020 n. 19 ha previsto una nuova normativa sanzionatoria la cui entrata in vigore è stabilita per la data del 26 marzo 2020, giorno successivo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, come espressamente previsto dall'art. 6.
E' del tutto evidente che lo scopo principale della normativa è riportare immediatamente ad unità la disciplina sanzionatoria applicabile in tutto il territorio nazionale, al fine di evitare il susseguirsi di disposizioni di contenuto precettivo, pure emanate da diverse regioni, con conseguente caos sia presso i cittadini destinatari dei precetti che delle stesse forze dell'ordine, chiamate in questi giorni ad applicare misure diverse da regione a regione ed anche sanzioni accessorie di contenuto ablativo di dubbia proporzionalità rispetto alle violazioni commesse ed alle ragioni degli spostamenti.
2. Autorità competenti
Senza volere indugiare sulle misure di contenimento, la cui analisi è rimessa ad altri approfondimenti pure pubblicati su questa rivista, va richiamato il contenuto degli artt. 2 e 3 che prevedono quali autorità dotate di potestà normativa sulle predette misure soltanto:
- il Presidente del Consiglio dei ministri, attraverso appositi decreti di propria iniziativa ovvero eventualmente adottati su sollecitazione dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni (art. 2 comma 1);
- il Ministro della salute in casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (art. 2 comma 2);
- le regioni, sempre nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso (art. 3 comma 1).
E' bene notare che è esclusa qualsiasi potestà normativa dei Sindaci in tali aspetti in contrasto con la normativa statale (art. 3 coma 2) a pena di inefficacia delle ordinanze.
3. Sanzioni amministrative ed ipotesi depenalizzate
La disciplina delle violazioni amministrative e delle disposizioni sanzionatorie è contenuta nel successivo art. 4 il quale, al primo comma, stabilisce espressamente che il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all'articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, ovvero dell'articolo 3, e' punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000.
Quindi, tutte le violazioni, siano esse di precetti stabiliti da decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero da provvedimenti di Presidenti delle Regioni, sono soggette soltanto alla sanzione amministrativa nella indicata misura. Tuttavia, se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l'utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo.
Con una specifica previsione, sempre contenuta nel primo comma dell'art. 4 citato, si stabilisce che non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall'articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanita', di cui all'articolo 3, comma 3.
Si afferma, pertanto, la specialità della sanzione amministrativa rispetto alla generica norma penale di cui all'articolo 650 c.p. così richiamandosi l'operatività dell'art.9 della legge 689/1981 secondo cui, quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale che nel caso è costituita appunto dall'art. 4 comma 1 del decreto legge in commento.
Essendosi esplicitamente esclusa la rilevanza penale della violazione agli obblighi di isolamento domiciliare, nonché la rilevanza penalistica di altre previsioni stabilite in questi giorni per ragioni di sanità, deve ritenersi che la violazione amministrativa abbia efficacia specializzante anche rispetto al precetto stabilito dall'articolo 260 TU leggi sanitarie di cui al Regio Decreto n.1265 del 1934. Anche detta norma penale, pertanto, non può trovare applicazione essendo esclusa la sua operatività in presenza della sola violazione amministrativa; il suddetto articolo come si vedrà troverà applicazione nei casi di violazione dell'obbligo di quarantena che vengono ricostruiti quali fattispecie penali contravvenzionali. Pur non essendo stato abrogato, pertanto, il citato art. 260 Regio Decreto del 1934 non è destinato a trovare applicazione nelle condotte relative alla violazione delle norme dirette a prevenire il coronavirus.
Quanto all'autorità competente ad emettere le sanzioni, rispetto ai precetti stabiliti dai decreti della presidenza del Consiglio dei ministri ovvero dal ministero della salute, è sempre il Prefetto; sono competenti gli stessi organi dell'amministrazione regionale ove invece si tratti di disposizioni dettate ai sensi dell'art 3 da tali organi territoriali.
Lo stesso articolo 4, al comma ottavo, prevede poi che “le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla meta'”. Viene pertanto stabilita l'efficacia retroattiva della normativa più favorevole che ha trasformato in semplice illecito amministrativo la condotta inizialmente ascritta al reato di cui all'articolo 650 del codice di diritto sostanziale; ugualmente deve ritenersi anche per le eventuali infrazioni contestate ai sensi del citato art. 260 TU leggi sanitarie che vengono trasformate esse stesse in violazioni amministrative.
Ne consegue, pertanto, che tutte le segnalazioni per notizie di reato effettuate in questi convulsi giorni per la constatata violazione delle norme sul contenimento del virus, devono trovare definizione con immediata archiviazione e trasmissione degli atti al prefetto competente. Peraltro, per tutte le sanzioni commesse nel periodo antecedente l'entrata in vigore del decreto legge n. 19/20, e quindi prima del 26 marzo, è prevista la sanzione amministrativa in misura ridotta della metà così che i limiti edittali sono compresi tra 200 e 1500 euro.
Espressa è anche la limitazione al potere di adottare misure ablative; difatti, prima della emissione del decreto legge, sulla base di alcune direttive emesse dalle procure della Repubblica al fine di arginare le violazioni agli obblighi di limitazione della circolazione, risultavano adottati provvedimenti di sequestro dei mezzi a bordo dei quali venivano sorpresi i soggetti ritenuti responsabili ex art. 650 c.p.. E ciò quali sequestri preventivi adottati sul mezzo utilizzato per la consumazione dell'illecito nonché per impedire la reiterazione delle condotte di reato. Orbene, deve ritenersi che a seguito dell'entrata in vigore del decreto legge n. 19/20 siffatti sequestri non siano più ammessi; difatti esclusa la rilevanza penale della condotta di infrazione all'obbligo di permanenza domiciliare, ora ricondotto all'illecito amministrativo in commento e di cui al citato articolo 4 del decreto, con la conseguente cessazione della possibilità di fare ricorso al sequestro preventivo penale, l'unica misura ablativa adottabile è la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni nei casi previsti all'articolo 1, comma 2, lettere i), m), p), u),v), z) e aa). Si tratta rispettivamente:
- della chiusura di chiusura di cinema, teatri, sale da concerto sale da ballo, discoteche, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, centri culturali, centri sociali e centri ricreativi o altri analoghi luoghi di aggregazione;
- della chiusura temporanea di palestre, centri termali, sportivi, piscine, centri natatori e impianti sportivi;
- della sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attivita' didattiche delle scuole di ogni ordine e grado, nonche' delle istituzioni di formazione superiore, comprese le universita', corsi professionali, master, corsi per le professioni sanitarie etc...
- della limitazione o sospensione delle attivita' commerciali di vendita al dettaglio, a eccezione di quelle necessarie per assicurare la reperibilita' dei generi agricoli, alimentari e di prima necessita' da espletare con modalita' idonee ad evitare assembramenti di persone,
- della limitazione o sospensione delle attivita' di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonche' di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti;
- limitazione o sospensione di altre attivita' d'impresa o professionali, anche ove comportanti l'esercizio di pubbliche funzioni, nonche' di lavoro autonomo, con possibilita' di esclusione dei servizi di pubblica necessita'
- della limitazione allo svolgimento di fiere e mercati, a eccezione di quelli necessari per assicurare la reperibilita' dei generi agricoli, alimentari e di prima necessita'.
Solo nei confronti dei gestori di tali attività che violino i divieti può essere adottato il provvedimento di chiusura dell'attività, oltre naturalmente la sanzione amministrativa pecuniaria; ed in caso di reiterazione delle violazioni si prevede l'irrogazione della sanzione pecuniaria nella misura doppia e cioè nella misura compresa tra 800 ed 8.000 euro e la chiusura dell'esercizio per la durata massima di giorni 30.
Venuta meno la possibilità di disporre il sequestro delle autovetture quali mezzi utilizzati per la consumazione dei reati, a seguito della depenalizzazione e non essendo previsto un sequestro amministrativo accessorio alla violazione dell'art. 4 citato, tutti i mezzi eventualmente sequestrati devono essere restituiti al legittimo proprietario al più presto o comunque contestualmente al provvedimento di archiviazione perch il fatto non è previsto dalla legge come reato.
4. Il nuovo reato di violazione dell'obbligo di quarantena
Ai sensi del combinato disposto dell'art. 4 comma sesto DL 25 marzo 2020 n. 19 e dell'art. 1 comma 2 lett. e) stesso decreto, le persone sottoposte alla misura della quarantena, perchè risultate positive al virus, che violino il divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora, consumano il nuovo reato di violazione all'obbligo di quarantena punito con l'arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l'ammenda da € 500 ad € 5.000.
Attraverso la combinazione della vecchia disciplina dettata dall'articolo 260 Regio Decreto n.1265 del 1934 con le nuove disposizioni dell'art. 4 DL 25 marzo 2020, viene costruita una nuova fattispecie contravvenzionale specificamente diretta a punire le condotte di violazione dell'obbligo di quarantena dettate in relazione all'accertamento del coronavirus. Trattasi di ipotesi contravvenzionale punita con pena congiunta, e per la quale, quindi, non è possibile procedere ad oblazione; il nuovo reato costituisce ipotesi differente dal previgente art. 260 citato essendo costruita attorno al presupposto fondamentale del precedente accertamento in capo all'agente dello specifico virus oggi diffuso sul territorio nazionale e per il quale sono dettate le misure di contenimento e di isolamento domiciliare. La punibilità è connessa alla sola violazione del divieto di allontanamento con anticipazione della soglia di punibilità tipica dei reati di pericolo astratto e delle contravvenzioni in tema di salute pubblica in particolare.
Si tratta, inoltre, di reato proprio perchè autore dello stesso è soltanto il portatore dell'agente patogeno che così viene definito con l'utilizzazione dei termini “persone risultate positive al virus”.
I predetti soggetti portatori di virus, cioè ancora positivi, sono soggetti ad un divieto assoluto di allontanamento dalla propria abitazione; viene così introdotta la differenza tra i divieti relativi, imposti a tutti i cittadini e derogabili nei casi previsti dallo stesso decreto legge 25 marzo 2020 ovvero dalla precedente decretazione di urgenza e divieti assoluti. I divieti relativi sono derogabili nei casi di assoluta necessità, motivi di salute, inderogabili esigenze lavorative che non valgono invece nel caso del soggetto positivo al coronavirus per il quale vige un'assoluta impossibilità ad allontanarsi dal proprio domicilio. Trattandosi di condizione sanitaria grave deve ritenersi condotta scriminata soltanto quella di allontanamento al fine di recarsi presso la più vicina struttura ospedaliera ove non si sia provveduto, come pure richiesto, ad allertare i mezzi di soccorso.
Certamente problematica appare l'identificazione dell'elemento soggettivo della nuova fattispecie; invero, trattandosi di fattispecie contravvenzionale già i primi commenti ne hanno ritenuto la punibilità indifferentemente a titolo di dolo o colpa. Sarebbe così punibile sia l'agente che consapevole della propria condizione di soggetto positivo al virus si allontani dal proprio domicilio sia colui che abbia ignorato per colpa la suddetta condizione; ad esempio, vengono in considerazione tra i possibili comportamenti colposi le condotte di colui il quale sia stato a contatto perchè convivente con altri soggetti positivi e che si sia allontanato dalla propria abitazione violando il divieto assoluto. Tale condotta, però, non rientra ad avviso dello scrivente nel fuoco normativo del nuovo reato di violazione all'obbligo di quarantena; difatti, attraverso l'espressa previsione contenuta nell'incipit della norma e secondo cui si risponde di detto reato “salvo che il fatto costituisca violazione dell'articolo 452...”, deve ritenersi che la nuova contravvenzione punisca soltanto condotte essenzialmente dolose mentre le fattispecie colpose sono riconducibili appunto al cennato articolo del codice penale che disciplina in termini generali i delitti colposi contro la salute pubblica.
Del resto, che la condotta punita dal nuovo reato di violazione dell'obbligo di quarantena di cui all'art. 4 comma sesto DL 19 /2020, presupponga la certezza della positività al virus in capo all'agente, si ricava anche dalla struttura della fattispecie costruita attorno alla condotta posta in essere da chi sia già “risultato positivo al virus” e cioè attorno ad un elemento che appare essenzialmente operare quale condizione obiettiva di punibilità e non quale elemento costitutivo della fattispecie destinato a cadere sotto il fuoco dell'elemento psicologico sia per dolo che per colpa. Ancora, soccorre in tal senso un'ulteriore considerazione basata sul raffronto tra le norme di recente introduzione; invero, la condotta di chi ignori per colpa di essere positivo al virus e si allontani dalla propria abitazione, è riconducibile alla violazione amministrativa già commentata di cui all'art. 4 primo comma del DL 19/2020 che è costituita proprio dalla infrazione alla normativa generale sull'obbligo di permanenza domiciliare. Ed il soggetto che ignori, pur per propria colpa, di essere affetto dalla patologia del coronavirus è altresì ignaro dell'obbligo di quarantena impostogli e pone in essere la condotta tipica prevista dalla violazione amministrativa così che non appare sussistere spazio per la configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 4 comma sesto DL citato a titolo di colpa. Si tratta certamente di considerazioni tutte opinabili e finanche forse superabili ma, solo così ricostruita, l'ipotesi contravvenzionale risulta consumabile solo a condizione del precedente accertamento della positività al virus e del successivo allontanamento dalla propria abitazione da parte di tale soggetto in violazione del divieto assoluto.
Trattandosi di reato proprio, vengono in applicazione le norme specifiche in tema di concorso di persone in dette particolari fattispecie; e quindi, il soggetto che concorra moralmente o materialmente nella condotta di allontanamento del portatore del virus, nella consapevolezza di tale condizione sarà punibile ex art. 110 c.p. mentre a colui che l'abbia ignorata va applicata la disciplina dettata dall'articolo 117 c.p. secondo cui risponde del reato proprio colui che abbia ignorato la condizione soggettiva del colpevole che determina l'aggravamento della fattispecie ma la pena può essere diminuita. Al proposito va ricordato come secondo il recente orientamento della corte di cassazione in tema di concorso di persone, l'estensione al concorrente "extraneus" della responsabilità a titolo di reato proprio, ai sensi dell'art. 117 cod. pen., presuppone la conoscibilità della qualifica soggettiva del concorrente "intraneus" (Sez.6, n.25390 del 31/01/2019, Rv. 276804 ). Così che nel caso specifico in esame la responsabilità concorsuale per il reato di violazione dell'obbligo di quarantena in capo al terzo può essere ritenuta solo se per la sussistenza di particolari condizioni di conoscibilità della patologia ovvero per la preesistenza dei rapporti con l'agente, l'extraneus era in condizioni di conoscere lo stato patologico dell'intraneus.
Trattandosi di fattispecie contravvenzionale penale, potranno applicarsi le misure cautelari reali del sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. e ciò al fine di impedire la prosecuzione della condotta delittuosa nell'ipotesi di sorpresa del soggetto positivo al virus che circoli liberamente a bordo di autovetture od altri mezzi di locomozione.
Ancora, dalla natura di contravvenzione, oltre che dalla entità della pena edittale, deriva che:
- non è ipotizzabile il tentativo;
- non può essere contestata la recidiva;
- non possono essere applicate misure cautelari personali;
- non è consentito l'arresto in flagranza.
5. Il delitto di epidemia colposa di cui all'art. 452 c.p.
Nell'ambito dei delitti contro l'incolumità pubblica del titolo sesto del codice penale, viene incluso un capo secondo intitolato “ dei delitti di comune pericolo mediante frode”; in tale ambito, l'epidemia si distingue in fattispecie dolosa, prevista e punita, dall'articolo 438 c.p. ed ipotesi semplicemente colposa disciplinata dall'articolo 452 intitolato “delitti colposi contro la salute pubblica”.
Scongiurando il concorso di reati, il legislatore del DL 19/2020 ha previsto, come visto in precedenza, che la condotta di violazione dell'obbligo di quarantena è punibile autonomamente a condizione che non ricorra la fattispecie di cui al citato articolo 452 c.p.. Dalla lettura congiunta degli artt.438 e 452 cp risulta che la fattispecie in esame è commessa da chiunque cagiona per colpa un'epidemia mediante la diffusione di germi patogeni al quale si applica la pena da uno a cinque anni di reclusione.
Si tratta di delitto colposo di evento poiché, attraverso la diffusione dei germi patogeni, deve essere realizzata un'epidemia e cioè la diffusione rapida in una zona più o meno vasta di una malattia contagiosa. A tal proposito, la corte di cassazione, ha recentemente ritenuto che in tema di epidemia, l'evento tipico del reato consiste in una malattia contagiosa che, per la sua spiccata diffusività, si presenta in grado di infettare, nel medesimo tempo e nello stesso luogo, una moltitudine di destinatari, recando con sé, in ragione della capacità di ulteriore espansione e di agevole propagazione, il pericolo di contaminare una porzione ancor più vasta di popolazione; ne consegue che le forme di contagio per contatto fisico tra agente e vittima, sebbene di per sé non estranee alla nozione di «diffusione di agenti patogeni» di cui all'art. 438 cod. pen., non costituiscono, di regola, antecedenti causali di detto fenomeno (Sez.1, n. 40814 del 30/10/2019, Rv.277791). Ne consegue affermare che anche in tema di diffusione del coronavirus il soggetto portatore dell'infezione che la trasmetta ad altro individuo singolo non commette il delitto essendo richiesta una condotta diretta a propagare l'infezione nei confronti di una molteplicità di soggetti passivi. E del resto tale interpretazione si rileva necessaria altrimenti essendo punito anche chi affetto da virus e mantenendo l'obbligo assoluto di permanenza domiciliare entri in contatto con familiari o conviventi.
Sempre in riferimento alla suddetta fattispecie, la Suprema Corte ha ritenuto che in tema di delitto di epidemia colposa, non è configurabile la responsabilità a titolo di omissione in quanto l'art. 438 cod. pen., con la locuzione "mediante la diffusione di germi patogeni", richiede una condotta commissiva a forma vincolata, incompatibile con il disposto dell'art. 40, comma secondo, cod. pen., riferibile esclusivamente alle fattispecie a forma libera (Sez.4,n.9133 del 12/12/2017, Rv.272261).
Di particolare interesse è la distinzione delle diverse sfere operative del reato di violazione all'obbligo di quarantena e del delitto di epidemia colposa di cui all'art. 452 c.p.; la distinzione deve certamente ravvisarsi nell'individuazione dell'evento, necessaria nella seconda ipotesi rispetto alla prima. Invero, come già riferito, il reato contravvenzionale di violazione all'obbligo di quarantena è fattispecie di pericolo presunto per la cui consumazione è sufficiente la violazione dell'obbligo indipendentemente dalla diffusione del virus a terzi. Viceversa, il delitto colposo di epidemia è fattispecie di evento che per la sua configurazione richiede la diffusione della malattia in una zona più o meno ampia.
Trattandosi di reato colposo non è configurabile il tentativo; avuto riguardo all'entità della pena massima (cinque anni) è possibile l'applicazione di misure cautelari anche coercitive nonché l'arresto facoltativo in flagranza.