SPUNTI DI RIFLESSIONE SULLA DECISIONE ROBOTICA NEGOZIALE (*) di Franco De Stefano
Gli sviluppi della tecnologia hanno consentito l’affidamento ad operazioni automatizzate sempre più sofisticate di intere fasi non solo della conclusione del contratto, ma pure della sua esecuzione ed ormai della risoluzione delle relative controversie; ed ha generato perfino mezzi alternativi al denaro, di grande diffusione e con enormi potenzialità, anche elusive di regole a tutela di interessi pubblicistici.
È, con ogni probabilità, l’esito di una convergenza tra le esigenze di certezza o affidabilità o prevedibilità e di celerità imposte da un mercato globalizzato e le potenzialità sempre più raffinate della Rete e comunque degli algoritmi su cui essa si struttura in modo sempre più complesso ed intricato.
Al diritto compete l’arduo compito di assecondare le potenzialità della tecnologia nel rispetto almeno di regole minime a tutela della maggiore possibile libertà di determinazione del singolo che viene a contatto con questo mondo in evoluzione tumultuosa, spesso privo di ogni scrupolo e nel quale il più abile spesso sfrutta impietosamente molti degli altri coutenti.
Sommario: 1. Premessa.- 2. Negoziare e sorvegliare con gli algoritmi.- 3. Reti informatiche, nuovi territori, scala dei tempi, smart contract.- 4. Decisione delle dispute negoziali.- 5. Spunti conclusivi.- 6. Cenni bibliografici minimi.
1. Premessa
L’ampiezza del tema di indagine - con la complessità tecnica dei meccanismi via via coinvolti e la loro interazione costante con i principi generali del diritto civile, oggetto a loro volta di trattazione ed approfondimenti tradizionali - e della sua elaborazione anche da parte della dottrina giuridica impone l’abbandono consapevole, in questa sede, di ogni pretesa di compiuta ricostruzione sistematica degli istituti giuridici fondamentali coinvolti, per di più alla luce delle ricadute della rivoluzione tecnologica in atto; e ci si limiterà allora ad alcuni spunti, necessariamente frammentari, quali basi di partenza per ulteriori riflessioni e con rinvio all’ampio materiale bibliografico presupposto, di cui pure può darsi conto sommario e necessariamente incompleto, quanto alle tematiche sia tecniche che giuridiche tradizionali coinvolte, a mano a mano che saranno evocate.
Se molte delle definizioni, soprattutto tecniche, dovranno darsi per acquisite aliunde, ad ogni ulteriore riflessione è opportuno premettere qualche precisazione, a cominciare dall’oggetto del presente intervento, che si intenderà riferito alle ipotesi in cui sono a vario titolo e con varie modalità tecniche e giuridiche devolute almeno in parte a meccanismi automatizzati, vale a dire normalmente svincolati da qualunque intervento diretto di operatori umani:
a) la formazione di un negozio e soprattutto di un contratto (e così l’espressione della volontà delle parti o l’individuazione dell’oggetto e dell’articolazione di quello),
nonché od ovvero
b) la sua esecuzione (anche e soprattutto quando fisiologicamente articolata in fasi successive che si protraggono nel tempo),
nonché od ovvero
c) la risoluzione di quelle controversie che eventualmente insorgessero al riguardo.
La riflessione terrà presente che questi inserimenti di risultati imputabili in via immediata a meccanismi automatizzati possono riguardare o l’intera sequenza negoziale (trattative, conclusione, esecuzione, risoluzione delle contestazioni), oppure singole fasi, oppure ancora, quando una o più di queste siano strutturate in segmenti o sottofasi tra loro di necessità concatenate, anche uno o più di tali segmenti o sottofasi; e, per di più, in varia combinazione.
E, a fini meramente descrittivi e chiedendo fin d’ora venia per l’approssimazione o forse anche la non correttezza terminologica che ne consegue, potrà indifferentemente farsi riferimento, con la locuzione di meccanismi automatizzati, sia alle parti fisiche di apparecchi in grado di elaborare istruzioni (apparecchi che consistono quindi in cose materiali[1]), sia a beni immateriali ovvero ai programmi od altre tipologie di istruzioni organizzate che consentono ai primi di operare o comunque di conseguire il risultato[2].
Per analoga mera finalità di esposizione, nonostante l’evidente assenza di rigoroso tecnicismo e l’alta - ma, si spera, non intollerabile - approssimazione, col rischio di una metalepsi impropria, sarà riferita ellitticamente ai meccanismi automatizzati la locuzione di algoritmo[3].
Beninteso, l’intervento umano è, almeno allo stato attuale della tecnologia, in pratica sempre necessario, ma è intuitivamente di necessità circoscritto sempre più alla fase di progettazione di questi meccanismi (o, a tutto concedere, a quella della loro manutenzione anche evolutiva): i quali sono poi talvolta capaci, in forza ed alla stregua di complesse operazioni cibernetiche, di applicare la complessa serie di istruzioni originariamente ricevute fino ad elaborare un autentico autoapprendimento e di formulare autentiche decisioni - in senso tecnico-giuridico, non soltanto matematico - in relazione a determinati contesti, perfino ove non originariamente previsti in modo espresso.
Restano necessariamente a margine del presente contributo, per la loro ampiezza, i temi delle responsabilità degli automi o robot (se non pure dell’acquisto, da parte di questi, di una certa quale personalità, intesa in senso non strettamente giuridico[4]) in relazione ad attività meramente materiali, quali la conduzione di veicoli, ovvero quelli della protezione del singolo dalla pervasività dell’intrusione nella sfera della personalità delle interazioni con la Rete, ormai divenute - per ragioni sociali e culturali - sostanzialmente immancabili quasi come espressione della propria identità in un nuovo spazio, stavolta virtuale, di socialità come disegnata dalla moderna tecnologia.
E non può qui approfondirsi la tematica dell’opportunità di una decisione robotica giudiziale, sub specie di procedimento automatizzato, eventualmente a struttura monitoria pura (con possibilità cioè di opposizione anche immotivata e trasformazione in procedimento ordinario) per categorie di contenzioso caratterizzate da marcata serialità: argomento al quale è dedicata un’intera altra sezione del Convegno. Può solo notarsi che pure per gli uffici afflitti dal peggiore arretrato, come la Corte suprema di cassazione, dove finora vi si è fatto fronte al meglio anche con le scarse risorse a disposizione, deve auspicarsi non più dell’introduzione di un segmento di automazione per il lavoro di preparazione, ma non anche per la fase della decisione vera e propria.
In anticipazione delle conclusioni, infatti, può fin d’ora dirsi che decidere, sia che abbia ad oggetto l’autoregolamentazione dei propri affari ed interessi, sia che si riferisca alle controversie al riguardo insorte, deve restare tendenzialmente un’attività umana ed alla volontà e coscienza umana comunque - seppure anche indirettamente - riconducibile, governata dalla ragione e dalla libertà di autodeterminazione, ma soprattutto dalla necessaria flessibilità e dalla capacità di mediazione tra istruzioni date e reali fattispecie.
O, almeno, non pare ancora - se non si vuol dire che si auspicherebbe non giungesse mai - il momento di devolvere ad automi anche questa condotta, che fin dalla notte dei tempi ha connotato e caratterizzato appunto l’essere umano.
2. Negoziare e sorvegliare con gli algoritmi.
L’automazione entra nella fase di progettazione dell’assetto di autoregolamentazione in cui il negozio e poi il contratto si esaurisce, ma anche nella sua esecuzione, come pure in quella delle contestazioni cui esso può dar luogo.
La fase di selezione della potenziale controparte sta assumendo un ruolo sempre più importante nelle opportunità offerte dalla robotica applicata alle potenzialità della Rete, come dimostra il fenomeno sempre crescente non solo degli intermediari automatizzati di servizi (in grado di soppiantare, talvolta con efficienza e successo, le tradizionali forme di organizzazione burocratica o corporativa di categoria od a maggior ragione pubblica: si veda il caso di Uber in relazione al settore delle regolamentazioni dell’offerta di servizi pubblici di taxi), ma anche quello dei cc.dd. robot recruiter, che selezionano - almeno in teoria e per ora, solo in una fase iniziale e lasciando la determinazione finale all’intervento umano - coloro con cui instaurare un rapporto di lavoro o di collaborazione, sulla base, generalmente, di procedure - appunto automatizzate - articolate su interazioni in grado di dimostrare la sussistenza di particolari requisiti logici o psicologici dei candidati[5].
Ci si chiede, prima di ogni altra cosa, se gli algoritmi di valutazione possano o debbano entrare nella struttura del contratto e se tanto possa comportare la necessità di innovazioni sensibili nella cultura giuridica.
Si consideri il caso del vasto e multiforme settore delle negoziazioni finanziarie, nel quale fin dagli anni Settanta dello scorso secolo è cambiato il modo di valutare i loro oggetti e quindi i relativi criteri di negoziazione, cosicché si è fatto in modo crescente ricorso, per definire il valore dei primi, a modelli di valutazione idonei, sulla base di assunti opportuni e predefiniti in base alle esperienze degli operatori, ad individuare un “valore equo” e riferito in modo per quanto più possibile obiettivo al mercato (il “marked-to-market value”). Non si negozia in via diretta il prezzo, ma il modello e le tecniche della sua determinazione (si parla in genere di “parametri caratteristici”); ed analoghi sistemi sono stati adottati per le valutazioni di impresa, come è reso evidente anche nel nostro panorama nazionale dai Principi italiani di valutazione[6].
E la negoziazione dei modelli, relativamente cioè alla struttura stessa degli algoritmi od alla valutazione delle probabilità ed alla calibrazione dei parametri, rileva ormai anche nei modelli per definire il cosiddetto “giusto prezzo delle chance” e per valutare e definire gli oggetti di sistemazioni stragiudiziali - o lato sensu transattive o conciliative - di controversie anche solo potenziali; ma da subito si segnalano disagi ed ambiguità interpretative, dai quali deriva l’esigenza degli operatori giuridici - giudici ed avvocati - di attingere le logiche ed i principi della valutazione, per sanare un possibile scollamento delle moderne teorie della contrattazione telematica, soprattutto in tema di finanza, con le definizioni legali ed i principi generali del sistema, primi fra tutti in materia di tutela dei diritti fondamentali della persona, come riconosciuti dalla maggior parte delle Costituzioni moderne e comunque delle Convenzioni sui diritti dell’Uomo.
Da un punto di vista di teoria generale del diritto civile, non dovrebbe esserci, se non altro in linea di massima, alcun ostacolo alla determinazione dell’oggetto del negozio mediante procedure estranee alle parti, ma da queste espressamente ed univocamente richiamate, in modo tale che anche il prodotto del funzionamento di tali procedure, anche se automatizzate, sia riconducibile in via mediata appunto alla scelta ed alle volontà delle parti: in altri termini, il prodotto degli algoritmi non cessa di essere voluto dalle parti, se e nella misura in cui gli algoritmi sono stati da loro voluti o quanto meno accettati con modalità tali da fare ritenere ad essi esteso il consapevole consenso dei contraenti.
Gli algoritmi, svolgano essi funzioni equiparate a quelle di autentici arbitratori per la determinazione del prezzo della prestazione di una delle parti oppure perfino - ed a certe ben precise condizioni - funzioni corrispondenti a quelle di arbitri nella soluzione di controversie (per lo più semplici e basate su interazioni elementari di cause ed effetti), sono voluti dalle parti e quindi, purché appunto queste ne siano consapevoli in modo tale da fare intendere a quelli esteso il loro consenso, sono voluti dalle parti anche i prodotti del funzionamento dei primi. Se voluto è il mezzo capace di produrre risultati, sono voluti pure questi ultimi.
Se così è, allora gli algoritmi devono costituire parte integrante dell’oggetto del consenso e quindi del contratto, se del caso anche con meccanismi analoghi all’approvazione specifica di clausole o alle condizioni generali, ma con verifiche più stringenti, volte ad assicurare la maggiore consapevolezza possibile in capo al contraente: tanto potendo bene ricondursi alla tutela della sua dignità appunto quale essere umano, non solo in quanto senziente, ma soprattutto in quanto senziente - e, per così dire, in grado di decidere di conseguenza - su di un piede di pari dignità con ogni altro.
In applicazione degli strumenti già a disposizione e fino ad un loro eventuale compiuto adeguamento normativo, il grado di consapevolezza e quindi di validità della formazione del consenso in capo ad ognuno dei contraenti dovrà essere ricostruito con maggiore attenzione che nelle forme di contrattazione precibernetiche o tradizionali: e, quanto maggiore è la complessità del meccanismo da verificarsi come voluto e cioè valido oggetto del consenso, tanto più approfondita dovrà essere l’indagine dell’operatore pratico (in primo luogo l’accademico, poi l’avvocato ed infine, certo da un punto di vista cronologico, il giudice) nella ricostruzione, benché anche solo sulla base di elementi presuntivi, della compiutezza della rappresentazione, da parte del contraente, del meccanismo di funzionamento e dei suoi possibili esiti, in relazione ai parametri adottati.
Non si vuole certamente dire che sia necessaria la previa spiegazione particolareggiata, al singolo cliente, del funzionamento dell’algoritmo, ma sarà comunque serio segnale di una piena comprensione un’attività di informazione completata semmai da dichiarazioni, diverse da quelle standardizzate di cieca affermazione dell’avvenuta comprensione del contenuto di quella, come ad esempio veri e propri test di comprensione, editati di volta in volta su di una base molto ampia e proposti al sottoscrittore, non tanto per verificare che non sia un robot a sua volta, quanto piuttosto che abbia ben compreso il meccanismo.
Diversamente, il consenso potrebbe dirsi invalidamente formato e potrebbe, sia pure con i limiti del caso, soccorrere la teoria generale dell’errore, a seconda delle condizioni personali del contraente, ma pure quella - altrettanto generale - della tutela del consumatore e della formazione del suo consenso, con l’apparato delle nullità di protezione poste a sua tutela.
Tale conclusione implica la necessità di esplicitazione degli algoritmi anche nei giudizi negoziali, con analoghe caratteristiche, perché in grado di determinare idoneamente il contenuto delle prestazioni attese e delle reazioni previste e quindi di denotare una presa di coscienza consapevole da parte del contraente.
In tutti i casi può dirsi sufficiente, peraltro, il rinvio a fonti di conoscenza accettate dalle parti e correntemente reperibili, ben potendo farsi ricorso all’integrazione del testo contrattuale anche per i meccanismi, più o meno automatizzati, di completamento di elementi essenziali del contratto: ma il tutto - o, almeno, la valutazione di adeguata reperibilità - secondo criteri di normalità elaborati dalla coscienza comune in rapporto ad un determinato stadio dell’evoluzione della tecnologia e della società.
E però particolare cautela, per garantire l’effettività della tutela, dovrà porsi non soltanto alla materiale conoscibilità della fonte dell’algoritmo o dell’altra analoga serie di istruzioni informatiche, ma anche alla concreta sua comprensibilità da parte dell’utente (o considerato in concreto, o almeno per grandi categorie di utenti e quindi ammettendosi il ricorso ad una serie di presunzioni più o meno ampia), secondo parametri il più possibile condivisi, ovvero corrispondenti ad una valutazione collettiva di accettabilità, a sua volta da elaborarsi all’esito di confronti nelle sedi specialistiche in base a dati assunti dalla corrente esperienza.
A questo fine e per rimanere in ambito di autoesecutività delle istruzioni convenute tra le parti, si dovrebbe - ad esempio - esplorare la possibilità che lo stesso algoritmo preveda - fin dalla fase della sua progettazione e quindi normalmente durante la sua esecuzione o implementazione - meccanismi di blocco o di salvaguardia per il caso che non risultasse automaticamente l’adeguata presa di conoscenza della fonte e delle modalità anche solo estrinseche del suo funzionamento da parte di uno o di entrambi i contraenti (si pensi a passaggi automatizzati di controllo con domande o riscontri particolari).
Ma è evidente l’ampiezza dello sforzo richiesto al tradizionale operatore del diritto.
3. Reti informatiche, nuovi territori, scala dei tempi, smart contract.
L’automazione ha innovato, rivoluzionandoli, gli strumenti della tradizione degli scambi interpersonali, intervenendo sulle singole componenti come intese ed elaborate da una tradizione di secoli: le quali ultime restano quindi la cornice ineliminabile entro cui gli schemi mentali continuano ad operare e l’infrastruttura sulla quale intervengono tutte le innovazioni tecnologiche.
Questo può forse contribuire a spiegare come, nonostante il radicale cambio di contesto, gli elementi dei miliardi di singole giornaliere negoziazioni siano rimasti, nella struttura basilare, sostanzialmente gli stessi del passato oppure comunque modellati in partenza su quelli, pur avendone l’evoluzione tecnologica mutato spesso radicalmente le dimensioni ed i ritmi: sono mutati il concetto di luogo, la velocità di azione e gli strumenti di formulazione e di incontro delle volontà dei soggetti protagonisti degli scambi, come pure la natura stessa di questi.
I meccanismi automatizzati, dopo gli algoritmi su cui essi sono fondati, sono entrati nel mercato, compreso (se non soprattutto, sull’onda della massa di ricchezza che è in grado di muovere e talvolta di produrre quasi ex nihilo) quello finanziario, avvalendosi di luoghi nuovi e privi degli elementi di certezza ed immediatezza dell’esperienza umana finora maturata (con le Reti, immateriali ed atopiche), di tempi incommensurabilmente più ristretti (col mercato ad alta frequenza, misurabile in microsecondi), di strumenti di incontro (i canali telematici) e perfino di mezzi di pagamento alternativi a quello che, dall’evoluzione dall’economia di mero baratto, aveva rappresentato il bene di scambio per eccellenza e cioè il denaro (con l’invenzione delle cc.dd. cripto valute, sottratte all’Autorità di qualsiasi Stato), ma pure di strumenti di risoluzione di controversie che prescindono da quelli del mondo reale (con autentici arbitrati tra le reti o tra diversi soggetti o gruppi di soggetti della rete, oppure con gli on-line dispute resolution[7]) e, per quanto già accennato, di strumenti di selezione della controparte anche nel campo del lavoro subordinato o parasubordinato.
Si prende coscienza dei vantaggi e, al contempo, dei pericoli delle strategie di negoziazione ad alta frequenza: gli algoritmi, obbedienti soltanto alla logica del mercato e quindi della massimizzazione incontrollata od assoluta del profitto, generano sempre nuovi strumenti di sfruttamento - o, se non piacesse la connotazione negativa della locuzione, di avvalimento - delle inevitabili vulnerabilità degli utenti.
E tanto avviene non solamente con l’esaltazione di quei comportamenti di massa già noti alla letteratura tradizionale (ad esempio il ruolo della folla, la volatilità del mercato per le reazioni di questa, i cosiddetti vortici dei prezzi), ma con ogni strumento derivante dalla progressiva esasperazione della velocità degli interventi e dall’ampiezza e sostanziale ingovernabilità della rete, che rende in pratica impossibile un adeguato intervento preventivo da parte di chicchessia, ammesso che ne abbia il potere una qualsiasi Autorità in uno spazio virtuale globale privo di referenti sicuri.
È così che la rete ha offerto, oltre ad una serie potenzialmente indefinita di vantaggi, una corrispondente opportunità di abusi o almeno di usi spregiudicati (in senso tecnico, privi di qualunque pregiudizio, anche a difesa di tutti i potenziali controinteressati), affannosamente e spesso inefficacemente rincorsi da una serie di normative che sono sempre parziali: sia oggettivamente, per la velocità anche di elaborazione di strumenti nuovi ed il carattere necessariamente repressivo degli interventi, quindi rivolti a fenomeni già realizzatisi; sia soggettivamente, per l’inesistenza di autorità centrali dotate di qualche reale od effettivo potere di intervento e di regolamentazione su mercati diffusi e non agevolmente localizzabili in un solo luogo assoggettabile alla potestà dei tradizionali poteri pubblici o comunque collettivi.
La cibernetica, nella sua corsa all’emulazione evolutiva del mondo reale, nel suo contatto con il mondo giuridico ha generato i contratti intelligenti[8], i blocchi di catene[9], la Internet of Things[10], l’automazione sempre più pervasiva di interi settori della vita sociale (come si prepara a fare, ad esempio, per il trasporto di persone e di cose e, ancora una volta, come si sta accingendo a fare per il settore del reclutamento dei lavoratori) e delle sue vicende principali, come la negoziazione di scambi e la gestione delle controversie che ne derivano. E tutto questo mentre si resta in attesa, non priva di inquietudine, degli sviluppi della personalità robotica e, sullo sfondo e successivamente, dell’Intelligenza Artificiale.
Ci si chiede allora come fronteggiare le nuove anomalie di mercato - o le nuove forme di predazione algoritmica che questo consente ed incoraggia - e quali siano i più evidenti problemi che pongono gli smart contract[11], mentre si riflette pure sulle modalità di pubblicazione e controllo degli algoritmi e degli eventuali errori nei programmi.
Il discorso è vastissimo ed in questa sede non può che tratteggiarsi in linea di massima un’ipotesi di traccia per successivi approfondimenti.
Può cominciarsi con la possibilità di ricondurre, per quanto forse in modo semplicistico, le problematiche di imputabilità e responsabilità a quelle della responsabilità da prodotto, fintantoché anche l’automa o il meccanismo automatizzato rimarrà appunto un “prodotto” (cioè un manufatto prodotto dall’uomo o da macchinari dall’uomo progettati ed impiegati a tal fine, secondo un disegno consapevole e volto al loro impiego per fini determinati, non raggiungibili in assoluto o non raggiungibili con eguale prontezza o sicurezza o precisione dall’opera materiale dell’essere umano con le sole risorse del suo corpo), per quanto “intelligente” o interattivo.
Si può, quindi, ipotizzare l’imputabilità al produttore ed al progettista - ed una corrispondente responsabilità - in tutti i casi in cui l’attività dell’automa o del meccanismo automatizzato si riconduce in modo diretto o indiretto (in quest’ultimo caso, quale sviluppo potenziale normale, cioè corrispondenza ad una sequenza causale ordinaria e statisticamente definibile nel novero delle probabilità prevedibili, delle istruzioni o dei programmi originari, ad esempio quando prevedessero una sorta di autoapprendimento) al progetto ed alla produzione del prodotto; e, al contrario, può pensarsi all’imputabilità - ed alla relativa responsabilità - all’utente in caso di attività causalmente ricondotte alla condotta - pure omissiva - determinante di quest’ultimo di utilizzo normale (corrispondente all’uso medio prevedibile all’atto della messa in commercio o in circolazione o comunque dell’abbandono della sfera di controllo del progettista e del produttore) dell’automa o meccanismo automatizzato.
Per fronteggiare le nuove anomalie sembra indispensabile un controllo, pubblico in quanto affidato ad un’autorità o almeno alla comunità scientifica o ad altro soggetto valutatore indipendente, del funzionamento e degli effetti degli algoritmi regolatori di blockchain e smart contract, almeno per pubblicizzare i potenziali rischi; utile potrebbe essere l’elaborazione di una definizione condivisa e interdisciplinare di stipulazione informata o consapevole; ed opportuna potrebbe rivelarsi la verifica della praticabilità di una piattaforma gestita da autorità o altri enti che offrano particolari garanzie di terzietà ed indipendenza.
Lo smart contract, che sta avendo sempre maggiore diffusione e che presenta innegabili vantaggi quanto a rigorosa certezza delle conseguenze di fatti futuri ed immediatezza dei tempi di reazione, deve potere essere sempre previamente apprezzato per gli sviluppi che consente e quindi occorre una cultura ed almeno un’informazione il più possibile completa, se del caso con prospettazione di scenari pratici (sotto forma di esempi applicativi, riconducibili a FAQ).
Ma non ci si nascondono le perplessità per l’incertezza sulla qualità dei dati e sulla loro fruibilità effettiva, sull’impossibilità di previsione di eventi improbabili, con conseguente rigidità e (in-)comprensibilità di larghe frazioni della serie causale successiva.
Ed anche gli abusi potrebbero essere almeno in buona parte evitati o prevenuti, se del caso anche in via interpretativa: qui potendo applicarsi una nozione estesa di buona fede contrattuale, a sua volta da ricollegarsi alla tutela dei diritti fondamentali della persona ed affidata all’elaborazione dell’interprete ed in ultima analisi del giudice, da rapportarsi all’evoluzione degli strumenti tecnologici, con un ruolo importante di interazione tra Accademia, Foro e Magistratura.
A questo riguardo, interessanti potenzialità può offrire lo strumento del ricorso del P.G. nell’interesse della legge ex art. 363 cod. proc. civ. (e, beninteso, in attesa di una norma anche solo di carattere generale), con la previsione di strumenti elaborati dai matematici finanziari applicati al diritto (ad es., divieto di ritiro, in tempi prefissati, di ordini idonei a perturbare il mercato, ovvero individuazione di condotte da reprimere in via interpretativa - con la previsione di inefficacia o di responsabilità contrattuale piena - perché contrarie al fair play nella gestione delle potenzialità delle nuove tecnologie e quindi alla tradizionale nozione di buona fede, adeguata alla mutata realtà.
Infine, la pubblicità degli algoritmi deve essere tale da consentire l’accesso a chiunque, su piattaforme certificate almeno da un’autorità od altro terzo qualificato e - per quanto possibile - indipendente: anche in questo caso tale definito in base a concetti quanto più possibile condivisi, essendo appunto la condivisione - o la presunzione di essa attraverso la carenza di significative reazioni - la chiave di volta del funzionamento della moderna società tecnologica basata sulle Reti acefale e diffuse.
4. Decisione delle dispute negoziali.
Le nuove tecnologie - automi ed algoritmi - offrono strumenti di ausilio anche agli operatori del diritto (accademici e poi avvocati e giudici), sia per la decisione anche stragiudiziale delle dispute in essere e di quelle future, sia per affrontare risolutivamente l’arretrato degli uffici giudiziari.
L’approccio può essere unico per entrambi i casi: occorre definire i criteri per la determinazione dei dati rilevanti della singola fattispecie da decidere, come pure quelli per la selezione dei precedenti pertinenti, in uno a quelli di approssimazione per evitare il carattere strettamente automatico o logico-deduttivo della decisione suggerita o perfino presa, benché le esigenze di smaltimento massivo spingano verso l’uniformazione della risposta di giustizia, ad evidenti fini di parità di trattamento; si può quindi adottare un’adeguata tecnica di sostegno all’elaborazione della decisione finale, in linea di massima - ma non in via esaustiva - limitata a particolari segmenti della decisione (anche se negoziale e quindi affidata alle parti stesse o ad un arbitro).
In particolare, il modello di lettura è da concordare già solo quanto ai prerequisiti della progettazione, a cominciare dagli obiettivi e poi - ma su basi necessariamente analoghe, semmai allargando le maglie della flessibilità per la seconda – quanto ad arretrato e negoziabilità futura, su concetti fondamentali quali i parametri dell’equità o legittimità delle scelte e degli scopi e le clausole generali (buona fede, abuso del diritto, dignità della persona, ambito del sindacato rimesso o consentito al giudice).
C’è bisogno di accordi altamente standardizzati e relativamente semplici, predisposti da professionisti, imprese e prestatori di servizi (oppure da organismi interistituzionali, che potrebbero fare utile riferimento all’Accademia), che possono sopperire ai costi della codificazione con un’applicazione su larga scala delle clausole “smart” codificate.
Occorre intendersi sul contenuto delle approssimazioni ragionevoli per il disbrigo dell’arretrato: a cominciare dalle questioni meramente o prevalentemente patrimoniali e comunque standardizzabili o definibili come seriali (quindi anche risarcitorie, purché non siano coinvolti diritti capitali personalissimi come la vita o, comunque, in questo caso, con limiti ben prefissati).
Per la negoziabilità futura gli esempi delle piattaforme automatizzate di risoluzione delle controversie adottate in alcuni Paesi europei ed il progetto europeo CREA (risoluzione di controversie attraverso algoritmi equitativi, in cui l’aggettivo finisce con il caratterizzare significativamente un algoritmo di proprietà tipiche del discernimento umano, lontane dall’automatismo dei sillogismi deduttivi) offrono spunti interessanti quali modalità cibernetiche di espletamento di attività riconducibile al tradizionale arbitrato.
In nessun caso, però, dovrebbe mancare la previsione di un intervento umano o la stessa obbligatorietà di un’integrazione umana al ricorrere di presupposti prefissati.
Ancora, l’innovazione va conseguita mediante un tavolo o studio comune della materia (da parte delle Università, del CNF, del CNN, della CoNSoB, della Formazione anche decentrata di Avvocati e Magistrati, altre istituzioni pubbliche), con convegni, pubblicazioni congiunte, giornate dimostrative, strumenti di divulgazione secondo le moderne tecnologie, altri attività di studio e semmai di sperimentazione.
5. Spunti conclusivi.
Si vive in tempi di generalizzata disintermediazione: è un fenomeno che formalmente esalta le potenzialità dell’individuo (l’uomo - se non l’utente - digitale), messo in teoria alla pari con chiunque altro, al contempo proiettandolo in un ambiente virtuale a cui egli è esposto con tutte le sue debolezze: ed allora il rischio è quello che il mezzo, paritario ed egualitario sulla carta, sia un’occasione di prevaricazioni ed abusi; insomma, il rischio è che si tratti della versione tecnologicamente aggiornata - anch’essa fondata sulla pretesa parità delle armi o delle risorse a disposizione - dello stesso egualitarismo, forse un po’ mistificatorio, tipico di ogni rivoluzione, in cui l’uguaglianza viene invocata a proprio favore in danno di chi la comprime, ma spesso dimenticando le prevaricazioni commesse sotto altri profili in danno di altre categorie[12].
Del resto, la rete, così com’è strutturata oggi, acefala e diffusa, è manipolabile in modo ampio ed anzi potenzialmente indefinito e quindi infinito; ciò che si accompagna alla tendenziale inaffidabilità di fondo del sistema prescelto in molti settori, siccome decentralizzato ed affidato al controllo ed alla gestione della maggioranza degli utenti attivi (con la presunzione, benché solo relativa, del consenso dei coutenti silenti), in cui tutto si affida ad una valutazione di improbabilità di un uso improprio, valutazione che però è per definizione di dubbio valore scientifico, quale esaltazione di un empirismo esasperato e, paradossalmente, a sua volta sempre meno probabile, sempre meno significativo risultando il silenzio a mano a mano che aumenta il numero dei fruitori e si sviluppa il carattere passivo o prevalentemente acritico della fruizione.
È, prima di ogni altra cosa, irrinunciabile la presa di coscienza della necessità di un approccio interdisciplinare al fenomeno della devoluzione ad automi di fasi decisionali dell’attività negoziale, visto sotto diverse e spesso non necessariamente collimanti luci dalle differenti professionalità, tutte coinvolte, dei progettisti di programmi e macchine e degli operatori giuridici (Accademia, Avvocatura, Magistratura, Notariato): a cominciare dall’elaborazione dei principi e degli obiettivi fondamentali, tra cui una definizione quanto più possibile condivisa e tecnicamente operativa delle clausole generali e degli scopi e dei limiti dell’intervento automatizzato nel delicato settore, potenzialmente relativo alla vita quotidiana dei singoli e comunque idoneo ad incidere pesantemente nella gestione delle economie loro e perfino dell’economia globale nel suo complesso.
Quale punto di partenza per un’indispensabile ben più ampia riflessione potrebbe quindi formularsi una valutazione complessiva di sostanziale adeguatezza della tecnologia robotica in decisioni negoziali semplici o “non segmentate”, oppure, all’inverso, in soli segmenti di queste ed ove poi intervenga, se non altro in via decisiva, un intervento non automatizzato, oppure ancora in decisioni negoziali seriali e a fondarsi su presupposti fattuali obiettivi od univoci o soggetti ad un margine assai ridotto di valutazione.
A questa valutazione cautamente positiva si deve congiungere altra, di segno opposto, di disfavore verso l’affidamento a sistemi interamente automatizzati o robotizzati della decisione di tutte le altre situazioni negoziali, per la sostanziale carenza di flessibilità nell’interpretazione delle volontà delle parti e delle sopravvenienze non espressamente previste, con conseguente indispensabilità di clausole o meccanismi di salvaguardia, che impongano l’intervento umano in via sostitutiva e definitiva.
In definitiva, la decisione negoziale robotizzata o automatizzata è un’utile portato dell’evoluzione tecnologica, purché appunto rimanga in ruolo sostanzialmente servente e sostitutivo di operazioni umane meccaniche o ripetitive o caratterizzate, per la loro intrinseca natura, dalla non necessità di valutazioni o di scelte in senso lato discrezionali: ciò che riconduce il robot che decide nel negozio al ruolo di un esecutore di istruzioni le più semplici possibili, tutte le volte appunto che determinate situazioni possono ridursi ad elementari schemi decisionali privi di discrezionalità (con lo schema if-then), in armonia con la sua funzione almeno originaria di sollievo dell’uomo da compiti noiosi perché sostanzialmente meccanici, oppure intrinsecamente pericolosi per le implicazioni - anche solo immateriali - delle azioni umane richieste.
Mano a mano che cresce o si complica la complessità delle decisioni da prendere diventa sempre più problematica, se non a prezzo di rimeditazioni complessive e profonde del diritto e dei presupposti anche etici di ogni ordinamento giuridico, la devoluzione a meccanismi totalmente automatizzati di condotte che dovrebbero rimanere riservate alla valutazione, per quanto imperfetta essa corra il rischio di essere, dell’essere umano.
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(*) Sviluppo ed aggiornamento degli appunti a sostegno della relazione tenuta al III Seminario “Leibniz” per la teoria e la logica del diritto, sotto il patrocinio dell’Accademia dei Lincei, tenutosi in Roma il 5 luglio 2018, sul tema “La decisione robotica”.
[1] Può definirsi hardware la parte fisica di un elaboratore od altro apparecchio simile, articolato su interazioni elettriche o fisiche o chimiche.
[2] Si sogliono definire software tutti i componenti modificabili di un sistema o di un apparecchio e, più specificamente in informatica, l’insieme dei programmi che possono essere impiegati su un sistema di elaborazione. La presente definizione, come la precedente di hardware, è tratta dalla Enciclopedia Treccani on-line, al sito http://www.treccani.it/enciclopedia/software/ (ultimo accesso 08/09/2018).
[3] La quale è così definita dall’Enciclopedia Treccani on-line:
Matematica: termine, derivato dall’appellativo al-Khuwārizmī («originario della Corasmia», questa essendo una regione dell’Asia centrale, a ovest di Samarcanda e di Bukhara, sulla via della seta tra la Cina e l’Occidente, sede dell’importante Khanato di Khīwa e identificata con un vero e proprio Impero, abbattuto solo nel XIII secolo da Gengis Khan) del matematico Muḥammad ibn Mūsa del 9° sec., che designa qualunque schema o procedimento sistematico di calcolo (per es. l’a. euclideo, delle divisioni successive, l’a. algebrico, insieme delle regole del calcolo algebrico ecc.). Con un a. si tende a esprimere in termini matematicamente precisi il concetto di procedura generale, di metodo sistematico valido per la soluzione di una certa classe di problemi.
Informatica: si definisce a. una sequenza finita di operazioni elementari, eseguibili facilmente da un elaboratore che, a partire da un insieme di dati I (input), produce un altro insieme di dati O (output) che soddisfano un preassegnato insieme di requisiti. Spesso i requisiti vengono distinti in due categorie: i vincoli, ossia requisiti che devono essere soddisfatti in ogni caso, e gli obiettivi, ossia requisiti che devono essere soddisfatti il meglio possibile secondo un qualche criterio specificato.
[4] V. la Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103(INL)), consultabili (ultimo accesso 08/09/2018) in
http://www.europarl.europa.eu/RegData/seance_pleniere/textes_adoptes/definitif/2017/02-16/0051/P8_TA(2017)0051_1_IT.pdf.
Significativo è il richiamo ivi contenuto alle “leggi della robotica” elaborate da Isaac Asimov:
(I) Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. (II) Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge. (III) Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge. (cfr. Isaac Asimov, Circolo vizioso, 1942) e (0) Un robot non può recare danno all’umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l’umanità riceva danno.
[5] Tra le ultime realizzazioni si veda il caso del robot “VERA”, su cui, tra gli altri ed a parte quanto si ricava dal sito dell’impresa che l’ha implementato, l’articolo del The Guardian, Will a robot recruiter be hiring you for your next job?, in https://www.theguardian.com/careers/2018/feb/02/will-a-robot-recruiter-be-hiring-you-for-your-next-job, ultimo accesso 24/09/2018.
[6] Dell’Organismo Italiano di Valutazione - OIV, che si prefigge appunto l’elaborazione di tali criteri generali.
[7] Su cui si veda, prima di ogni altra cosa, il Regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento e del Consiglio del 21 maggio 2013 per risolvere extragiudizialmente le controversie nascenti dai contratti di acquisto online di beni e servizi (Online Dispute Regulation).
Il decreto legislativo 6 agosto 2015, n. 130, che recepisce nel nostro ordinamento la direttiva 2013/11/UE sull'ADR europea per i consumatori (Alternative Dispute Resolution), ha modifica il Codice del Consumo, introducendo, in particolare, un titolo dedicato alla risoluzione extragiudiziale delle controversie per i consumatori - ADR. ARERA, designata autorità competente per l’ADR nei settori regolati con delibera 620/2015/E/com e relativa Disciplina di cui all’allegato A, ha istituito l’elenco e definito le modalità di iscrizione degli organismi che offrono ai consumatori procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie (ADR) per i settori di competenza dell’Autorità. L’elenco è pubblicato sul sito dell’Autorità e trasmesso al Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) quale punto di contatto unico con la Commissione Europea per le ADR di consumo, ai fini dell’iscrizione nella piattaforma ODR (Online Dispute Resolution).
[8] Smart contract. A prescindere dalle diverse definizioni, per le quali è indispensabile un rinvio alla bibliografia specialistica, può probabilmente - e sempre a fini meramente descrittivi ed a prezzo di approssimazioni anche fallaci - raffigurarsi lo smart contract come la “giuridicizzazione” di un diagramma di flusso relativo ad un accordo tra due o più parti ed alla sua esecuzione; con la precisazione che per diagramma di flusso o flowchart si intende poi un grafico mediante il quale in un processo elaborativo viene evidenziata la successione e concatenazione delle operazioni in rapporto di causa ed effetto o di evenienza possibile e conseguenza. Se in genere la flowchart consiste in una serie di caselle unite da frecce (con ritorni nel caso di processi iterativi, con biforcazioni nel caso di scelte, e così via), mediante la quale è possibile evidenziare il processo logico che è alla base della successione delle operazioni, può azzardarsi allora che lo schema dello smart contract ricorda appunto la pattuizione di tutti gli sviluppi potenziali tali ritenuti dalle parti. La più banale delle conseguenze è che con lo smart contract affidato ad un sistema automatizzato, in base al programma dello sviluppo delle interazioni future voluto dalle parti, ad ogni determinato evento da costoro previsto corrisponderà infallibilmente ed inesorabilmente una determinata conseguenza.
[9] Blockchain. Pure in questo caso rinviandosi alla bibliografia specialistica citata in calce alla presente, in via di estrema approssimazione può definirsi tale una tecnologia informatica che consente di registrare, su un database condiviso da una rete di computer, qualsiasi tipo di dato in modo sicuro e tracciabile ed il cui fulcro è quello del consenso tra i partecipanti, che collaborano al mantenimento e alla “messa in sicurezza” della piattaforma (ovvero, secondo altra definizione, una piattaforma senza intermediari - e, perciò, decentralizzata - per la conclusione, formalizzazione e gestione dei rapporti di scambio in un ecosistema digitale).
[10] Anche in quest’occasione in base a www.treccani.it (ultimo accesso 08/09/2018), per Internet of Things si intende una “rete di oggetti dotati di tecnologie di identificazione, collegati fra di loro, in grado di comunicare sia reciprocamente sia verso punti nodali del sistema, ma soprattutto in grado di costituire un enorme network di cose dove ognuna di esse è rintracciabile per nome e in riferimento alla posizione”. L’espressione «Internet delle cose» è stata coniata nel 1999 da Kevin Ashton. L’identificazione di ciascun oggetto avviene tramite minuscoli transponder a radiofrequenza in essi inseriti, oppure mediante codici a barre o codici grafici bidimensionali impressi sull’oggetto. Le applicazioni vanno dalla gestione di beni di consumo (durante la produzione, l’immagazzinamento, la distribuzione, la vendita o l’assistenza postvendita), al tracciamento di oggetti persi o rubati. Estensioni dell’Internet of things, anche se non parte del concetto originale, sono l’ambient intelligence e l’autonomous control: la prima indica un ambiente costituito da oggetti che rispondono alla presenza di esseri umani agendo in conformità a determinate aspettative di questi; la seconda amplia il campo d’azione applicando strumenti intelligenti a ciascun oggetto reale o virtuale e mettendoli in grado di comunicare tra loro.
È evidente la serie di problematiche indotta dalla possibilità della stipula di contratti sulla base di meccanismi automatizzati: ad esempio, gli ordini di merce formulati da gestori automatizzati di magazzini o di case od altri immobili in dipendenza del rilevamento delle necessità o dello stato del magazzino o delle scorte esistenti e così via.
[11] La letteratura sul punto è già molto ampia. Fra tutti, per una prima definizione, si può vedere P. Cuccuru, Blockchain ed automazione contrattuale. Riflessioni sugli smart contract, in Nuova giur. Civ., 2017, 1, 107, soprattutto paragrafi 6 ss.; in particolare, vi si sottolinea come questi possano definirsi protocolli per computer attraverso i quali si formalizzano gli elementi di un rapporto (solitamente di scambio), in grado di eseguire autonomamente i termini programmati una volta soddisfatte le condizioni predefinite; con l’ulteriore precisazione che, nonostante il nome, gli smart contract non sono necessariamente contratti giuridicamente intesi (sebbene possano esserlo ove ne integrino i requisiti), ma, più semplicemente, degli strumenti per la negoziazione, conclusione e/o automatica applicazione di rapporti contrattuali o relazioni para-contrattuali: un canale per la conclusione e gestione degli accordi, piuttosto che accordi in sé.
In concreto, gli smart contract sono agenti indipendenti ai quali viene affidato un certo patrimonio digitale che viene gestito in conformità alle istruzioni fornite dal programmatore. Una volta inclusi nella blockchain, gli smart contract operano seguendo le regole pre-impostate fino al raggiungimento dell’obiettivo stabilito o all’esaurimento delle risorse delle quali sono dotati. Il loro protocollo ricalca, semplificando, lo schema causale “se x, allora y”, che nella forma base ricorda una sorta di distributore automatico digitalizzato. Si consideri, ad esempio, l’acquisto di una licenza d’uso per un opera di proprietà intellettuale, o il trasferimento di un qualsiasi altro dato - come le preferenze di una certa categoria di persone, così come desunte dalle loro attività online, a fini pubblicitari. La parte A crea uno smart contract, al quale allega permanentemente l’informazione x (la licenza, le preferenze), programmando che essa venga trasferita al soddisfacimento di certe condizioni (ad esempio per una certa controprestazione in valuta virtuale y), e lancia il protocollo in una blockchain. Nel momento in cui la parte B intende ottenere x, essa interagisce col protocollo creato da A, trasferendo, in caso di accettazione dei termini dello scambio, la somma y. Essendo integrate le condizioni dello scambio, l’algoritmo dello smart contract rilascia x alla parte B e trasferisce y alla parte A, eliminando il divario temporale tra le prestazioni collegate, nonché ogni spazio per il volontario inadempimento delle parti: una volta che l’obbligazione è eseguita da un lato (y), il protocollo computerizzato esegue automaticamente e simultaneamente l’altra parte dell’accordo (x). Nella sostanza, il meccanismo imita un deposito presso terzi - e, perciò, le operazioni multi-sig previste nell’ecosistema Bitcoin - con lo smart contract quale autonomo deposito di informazioni e valori digitali (P. Cuccuru, op. loc. ult. cit.).
Gli smart contract possono, inoltre, essere programmati per tenere in considerazione degli input provenienti da fonti esterne ritenute affidabili. Un protocollo può essere, ad esempio, istruito al fine di vendere/acquistare un certo tipo di bene virtuale (ad esempio, dello spazio di archiviazione) o un certo numero di partecipazioni azionarie allorquando (e solo se) il prezzo raggiunga una certa soglia od ulteriori condizioni vengano soddisfatte. Ancora, l’algoritmo potrebbe autonomamente pagare il venditore una volta che un bene acquistato online è consegnato al compratore. Le informazioni necessarie allo svolgimento di tali operazioni (prezzo dei beni o delle azioni, conferma di avvenuta consegna) sono fornite dai c.d. oracoli (oracles), programmi indipendenti dalla blockchain che monitorano dati esterni al sistema decentralizzato - come gli indici delle quotazioni azionarie o il database del vettore - e comunicano agli smart contract collegati il soddisfacimento delle condizioni rilevanti. Il meccanismo degli oracles ha, tuttavia, l’inevitabile svantaggio di reintrodurre un grado di incertezza nel sistema. Il rapporto formalizzato è, difatti, esposto al rischio di disfunzioni o manomissione delle fonti di informazione esterne sulle quali fa affidamento (P. Cuccuru, op. loc. ult. cit.).
[12] L. Ferrajoli, Iura Paria, Napoli, 2015, soprattutto pp. 183 ss.