di Mirzia Bianca
La decisione della Corte costituzionale n. 183 del 2023 in materia di adozione e il diritto alle proprie radici familiari. Si continua il cammino verso la costruzione di un diritto di famiglia in concreto [1].
Sommario: 1. Le ragioni della inammissibilità e della infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale - 2. La rilevanza dei rapporti socio-affettivi di fatto e la necessaria distinzione con i rapporti giuridico-formali - 3. Il cammino verso un diritto di famiglia in concreto - 4. Il diritto alla identità familiare quale diritto alle proprie radici.
1. Le ragioni della inammissibilità e della infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale
Con la decisione n. 183 del 28 settembre 2023 la Corte costituzionale si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, 3° co, della l. adozioni (sollevata con ordinanza n. 230 del 5 gennaio 2023 della Corte di Cassazione), nella parte in cui esclude la valutazione in concreto del preminente interesse del minore a mantenere rapporti, secondo le modalità stabilite in via giudiziale, con i componenti della famiglia di origine entro il quarto grado di parentela, per violazione degli artt. 2, 3, 30, 117, primo comma della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 della Cedu, agli artt. 3, 20, comma 3 e 21 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo nonché all'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La regola contenuta nel 3° co dell'art. 27 l. adoz. secondo la quale “con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia di origine, salvi i divieti matrimoniali”, che ha rappresentato per anni l'asse portante del modello dell'adozione piena e legittimante, è stata posta nel dubbio costituzionale dalla I sezione della Corte di Cassazione [2] per un caso fin troppo eccezionale per essere significativo. La decisione trae origine da un fatto di femminicidio, in cui l'uccisione della madre ad opera del padre ha portato alla dichiarazione dello stato di adottabilità degli orfani del femminicidio che hanno patito il duplice pregiudizio del trauma per la perdita della madre e del trauma di essersi trovati improvvisamente senza una famiglia, in una situazione di disagio psicologico e di solitudine. In questa situazione si è posto il problema concreto di assicurare ai bambini, successivamente adottati da altra famiglia, la possibilità di mantenere i rapporti con la nonna materna che, benché impossibilitata ad adottarli, era a loro da sempre affezionata e rappresentava un'àncora cui appigliarsi nel turbinìo emotivo causato dalla triste vicenda familiare. Soffermandosi al riferimento ai parametri costituzionali presuntivamente violati, la citata ordinanza n. 230 del 2023, ha ritenuto sussistente il contrasto: a) con l'art. 2 Cost. “perché non consente di mettere in campo tutte le energie affettive e relazionali che possono contribuire alla costruzione dell'identità e allo sviluppo equilibrato della personalità di minori che hanno subito deprivazioni affettive di particolare gravità ed impatto traumatico” [3]; b) con l'art. 3 Cost “perché determina un'ingiustificata disparità di trattamento con gli altri modelli di genitorialità adottiva previsti dall'art. 44 l. n. 184 del 1983 per i quali non è normativamente prevista la recisione con i nuclei familiari di origine” [4] (adozione in casi particolari); c) con l'art. 117 Cost in relazione alla violazione dell'art. 8 Cedu “per la costante ed univoca inclusione nell'ambito del diritto alla vita familiare del diritto del minore a non vedersi recisi i legami con il nucleo familiare di origine quando ciò sia coerente con il perseguimento del suo preminente interesse” [5].
La Corte costituzionale, con la decisione che qui si commenta
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, 3° co, l. adoz sollevata in riferimento all'art. 117, 1° co Cost, in relazione all'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, 3° co, sollevata in riferimento all'art. 3 della Cost.
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 27, 3° co, in riferimento agli artt. 2, 30, 117 Cost.
In questa sede vorrei soffermarmi sulle ragioni della non fondatezza del contrasto con l'art. 3 Cost perché esse, oltre ad essere preliminari alle altre, testimoniano la ragionevolezza e l'equilibrio di questa decisione della Corte costituzionale e l'utilità che essa riveste per l'interprete nella complessità dell'attuale assetto delle relazioni familiari. L'analisi di questo profilo rappresenta il presupposto per l'analisi della interpretazione adeguatrice della Corte e per cogliere i profili di grande innovatività di questa decisione (v. oltre nel testo). Come accennato, la questione del contrasto con l'art. 3 Cost era stata sollevata in quanto si era rilevata la discriminazione che si verrebbe a creare tra il modello dell'adozione piena e il modello dell'adozione in casi particolari. Sul punto la Corte costituzionale afferma che “l'ordinanza di remissione da un lato lamenta una disparità di trattamento dell'adozione piena rispetto all'adozione in casi particolari, relativamente alla possibilità di mantenere relazioni di tipo socio-affettivo. Da un altro lato conferma il differente impatto dei due modelli di adozione sulle relazioni giuridico-formali... In sostanza la censura del rimettente riconosce e non mette in discussione tramite le questioni di legittimità costituzionale la diversa incidenza sui legami giuridico-formali con la famiglia d'origine dell'adozione piena rispetto all'adozione in casi particolari. Ma allora è proprio tale profilo distintivo tra le due fattispecie a rendere evidente che l'adozione in casi particolari non possa rappresentare un tertium comparationis idoneo a giustificare l'asserita irragionevole disparità di trattamento tra il citato modello e quello dell'adozione piena, circa l'eventuale conservazione di relazioni socio-affettive con i componenti della famiglia d'origine” [6]. In sostanza merito della Corte costituzionale, nel ritenere non fondata la questione di legittimità dell'art. 27, 3° co, l. adoz., per contrasto con l'art. 3 Cost., è di aver posto la condivisibile distinzione tra rapporti giuridico-formali e rapporti di fatto socio-affettivi. La Corte costituzionale chiarisce quindi che la recisione contenuta nell'art. 27, 3° co, riguarda i soli rapporti giuridico-formali [7], recisione che trova la sua ratio nel presupposto del radicale ed endemico stato di abbandono morale e materiale che rende possibile quella che con termini suggestivi viene considerata una e vera e propria rinascita del minore [8], che inizia una nuova vita con la famiglia adottiva. Tale presupposto, che è l'elemento caratterizzante l'adozione piena o legittimante, non è presente nel modello dell'adozione in casi particolari, proprio perché questo modello prescinde dallo stato di abbandono, e proprio per questa ragione non vengono recisi i rapporti giuridico-formali con la famiglia di origine. La recisione dei rapporti con la famiglia di origine manca anche nell'ipotesi del semiabbandono, elemento che connota la figura dell'adozione mite che, infatti, è stata collocata dalla giurisprudenza nell'ambito dell'adozione in casi particolari. Come affermato chiaramente dalla dottrina l'adozione piena “crea un vincolo che si sostituisce integralmente a quello della filiazione di sangue e che inserisce l'adottato definitivamente ed esclusivamente nella nuova famiglia” [9]. Nell'adozione in casi particolari, viceversa, non si ha la recisione dei rapporti giuridico-formali in quanto questo diverso modello di adozione “conferisce al minore lo stato di figlio adottivo che non estingue ma si sovrappone al vincolo della filiazione di sangue” [10]. I rapporti socio-affettivi non sono indifferenti al diritto, ma determinano effetti diversi rispetto a quelli che si realizzano nei rapporti giuridico-formali. Come anticipato, laddove l'art. 27, 3° co, l. adoz., menziona la generica formula “recisione dei rapporti familiari”, nell'interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale, tale formula va riferita esclusivamente ai rapporti giuridico-formali ed è tale riferimento che scandisce la distinzione tra adozione piena e adozione in casi particolari. I rapporti socio-affettivi di fatto acquistano una diversa rilevanza e un diverso effetto, ma non coinvolgono la distinzione tra i diversi modelli adottivi.
2. La rilevanza dei rapporti socio-affettivi di fatto e la necessaria distinzione con i rapporti giuridico-formali
Aver posto la distinzione tra vincoli giuridico-formali e vincoli socio-affettivi di fatto, non solo ha rivestito una importante funzione al fine di ritenere non fondata la questione di legittimità costituzionale con riferimento all'art. 3 Cost., ma ha consentito alla Corte costituzionale di sviluppare il profilo centrale e più innovativo, che è quello della conservazione dei rapporti affettivi, che era il solo interesse che il caso in questione evocava. L'interesse dei bambini orfani del femminicidio era quello di continuare il rapporto affettivo con i nonni, interesse che non si poneva assolutamente in contrasto con il correlato e contestuale interesse ad essere cresciuti come figli da una nuova famiglia, ora che la famiglia di origine era stata annientata dalla tragica vicenda e i nonni e i parenti non avevano la possibilità di adottarli. L'utilità di questa distinzione, a mio parere, assume allora un valore sistematico più ampio per l'interprete sia in relazione a riflessioni sui vari modelli di adozione, ma soprattuto sulla rilevanza che i rapporti affettivi rivestono nell'attuale stagione del diritto di famiglia e che troppo spesso vengono sovrapposti ai rapporti giuridico-formali. Non c'è dubbio, infatti, che rispetto al passato, le relazioni affettive rivestono un ruolo importante e determinante nelle relazioni familiari [11], e che il nuovo diritto di famiglia e delle relazioni familiari si caratterizza oggi per una accentuata rilevanza dell'affetto quale co-elemento di fattispecie che attengono anche alla costituzione e alla perdita di status, ma occorre non correre il rischio di confondere situazioni diverse fondate su diverse rationes. Tale distinzione è molto importante in quanto solo i rapporti giuridico-formali importano come corollari giuridici i diritti successori, i diritti al mantenimento, i diritti alle prestazioni alimentari, oltre che la titolarità della responsabilità genitoriale. La commistione tra le due classi di rapporti porterebbe inevitabilmente ad una confusione ordinamentale, con una moltiplicazione degli status e dei diritti. Inoltre tale distinzione è particolarmente utile per delineare i confini di relazioni affettive di fatto, come nell'incerta formula della genitorialità sociale e della genitorialità di intenzione, che ancora oggi chiamano l'interprete ad una riflessione attenta e accurata. La legge sulla continuità affettiva ci ha segnalato quali siano i presupposti affinchè una relazione socio-affettiva possa convertirsi in una situazione giuridico-formale. Tuttavia, non tutte le relazioni socio-affettive si convertono in situazioni giuridico-formali e non per questo sono irrilevanti per il diritto, ma conducono ad effetti giuridici diversi. D'altra parte ci sono istanze che non necessariamente si collocano nel rigido schematismo dei rapporti giuridico-formali, anzi di regola ne prescindono. Il diritto del soggetto adottato a conoscere le proprie origini non è il diritto alla ricerca di un altro genitore, oltre a quello adottivo, ma è l'espressione del diritto alla identità familiare, quale diritto dell'individuo a conoscere le proprie radici, anche se queste non corrispondono alla titolarità formale della filiazione. Riflessioni diverse valgono per il nato da procreazione medicalmente assistita rispetto al soggetto donatore. Ma anche qui l'interesse che muove il soggetto non è certamente quello ad avere un altro genitore, ma a conoscere il sangue, interesse che può essere dettato spesso anche da ragioni mediche. Sarebbe tuttavia ingiusto, oltre che errato, assegnare a questi interessi una latitudine più ampia volta ad ampliare le situazioni di genitorialità formale. Anche nella fattispecie oggetto di attenzione in queste pagine l'interesse degli orfani del femminicidio era, come esattamente chiarito dalla Corte costituzionale, l'interesse a continuare a mantenere la relazione socio-affettiva con la nonna materna, relazione che, a seguito del brutale evento traumatico, era degradata dal piano del diritto a quello del fatto, ma non per questo era meno rilevante.
3. Il cammino verso un diritto di famiglia in concreto
Fatte queste necessarie riflessioni, posso passare ad analizzare l'interpretazione adeguatrice alla Costituzione operata dalla Corte costituzionale, che distingue tra una presunzione assoluta e una presunzione iuris tantum dell'art. 27, 3° co, l. adoz., laddove prevede “la cessazione dei rapporti con la famiglia biologica”. La presunzione assoluta “attiene di necessità e inderogabilmente al piano delle relazioni giuridico-formali” [12]. Quanto, invece, ai rapporti socio-affettivi, “la norma racchiude una presunzione solo iuris tantum che il distacco di fatto dalla famiglia di origine realizzi l'interesse del minore. Simile presunzione non esclude, pertanto che, sulla scorta degli indici normativi desumibili dalla stessa legge n. 184 del 1983, letti nella prospettiva costituzionale della tutela del minore e della sua identità, il giudice possa accertare che la prosecuzione di significative, positive e consolidate relazioni socio-affettive con componenti della famiglia d'origine realizzi il migliore interesse del minore e, per converso, la loro interruzione sia tale da poter cagionare allo stesso un pregiudizio” [13]. Tale interpretazione adeguatrice alla Costituzione rappresenta a mio parere il vero elemento di innovatività di questa decisione. Attraverso questa lettura la Corte costituzionale salva l'impianto e la ratio fondante della adozione piena quale adozione sostitutiva ma, al contempo, non dimentica l'interesse concreto del minore che viene ascoltato e reso operativo attraverso una lettura flessibile della norma. Un'alternativa rispetto alla soluzione tecnica della presunzione poteva essere l'applicazione della regola generale secondo cui chi vuole far valere un diritto deve provarne il fondamento. Così, dato che la “recisione” prevista dall'art. 27 l. adoz. riguarda i soli rapporti giuridico-formali, l'eccezionale conservazione di rapporti socio-affettivi richiede la prova della loro esistenza e dell'importanza che essi rivestono per realizzare il migliore interesse del minore. In ogni caso la decisione appare all'interprete molto equilibrata perché non smentisce l'elemento caratterizzante l'adozione piena che è la sostituzione della famiglia di origine con quella adottiva e non smentisce la presunzione che la recisione dei rapporti con la famiglia di origine (sia giuridico-formali che affettivi) sia conforme all'interesse del minore. Tuttavia, ammette che non possono escludersi situazioni come questa che, benchè eccezionali, prospettano un interesse del minore che si pone nella direzione opposta rispetto a quella ordinaria. Se infatti normalmente, è nel migliore interesse del minore avere come riferimento unico ed esclusivo la famiglia adottiva, non possono escludersi situazioni come questa, in cui, al contrario, la recisione dei rapporti (affettivi) con la famiglia di origine, sarebbe assolutamente contraria al benessere di bambini traumatizzati e soli. Il dato di grande innovatività di questa decisione è aver contruibuito alla costruzione di un diritto di famiglia che sempre di più si muove sul piano della concretezza delle singole vicende familiari e che per questo dà voce ed applicazione al principio di effettività [14] che in questa materia appare a chi scrive una scelta obbligata. Questa decisione appare, così, una tappa significativa verso la realizzazione e l'applicazione di una nuova cultura del diritto di famiglia in concreto, che guarda alle reali esigenze dei componenti della comunità familiare, senza cristallizzarsi in schemi precostituiti. Ho sempre pensato che se in materia contrattuale abbiamo superato il rigido schematismo che portava un tempo alla immedesimazione della causa nel tipo, riconoscendo l'esistenza della causa in concreto, quale ragione pratica del contratto, è inimmaginabile che questa metodologia non possa essere applicata in un settore del diritto in cui la realtà dei fatti si impone con forza e supera la staticità della norma giuridica. L'ultima giurisprudenza di legittimità in tema di assegno divorzile [15] ci ha mostrato l'applicazione di una solidarietà post-coniugale che dottrina illuminata [16] ha definito “in concreto”, proprio perché è una solidarietà che richiede un'accurata indagine sulla concretezza della storia della singola famiglia, e per questo non è applicabile indistintamente e allo stesso modo a tutte le famiglie che hanno divorziato. Con riflessioni analoghe ho sempre pensato inimmaginabile che il principio di buona fede debba essere limitato al settore delle obbligazioni e non comprenda il settore delle relazioni familiari [17]. Nelle decisioni della giurisprudenza che hanno fatto applicazione di tale principio anche nel settore delle relazioni familiari si è avuta la conferma di un approccio metodologico che guarda alla concretezza dei rapporti, più che al riconoscimento formale degli status. Il cammino è ancora lungo da percorrere. Penso alla ingiustizia di destinare sempre e comunque una quota di riserva ad un legittimario per la sola forza del suo titolo formale, indipendentemente da una indagine che porti a distinguere familiari amorevoli e non amorevoli. Forse una soluzione potrebbe essere quella di estendere le ipotesi di indegnità al di là delle ipotesi eccezionali che oggi caratterizzano questo istituto. Quello che è certo è che questa decisione rappresenta l'applicazione di una nuova cultura del diritto di famiglia in concreto, che realizza e dà voce al principio di effettività in questo importante settore del diritto civile.
4. Il diritto alla identità familiare quale diritto alle proprie radici
Un'ulteriore ragione della importanza di questa decisione della Corte costituzionale è l'aver completato un percorso di definizione e costruzione del diritto alla identità familiare. Tale diritto, che può essere definito quale diritto della persona alle proprie radici familiari, non è necessariamente connesso ai rapporti giuridico-formali, in quanto talvolta, come è il caso dell'adozione, tali rapporti sono stati recisi. Ma è proprio la distinzione ma al contempo l'integrazione tra rapporti giuridico-formali e rapporti socio-affettivi di fatto che costruisce l'identità familiare della persona, a prescindere dal riconosciuto status formale. Anzi, come evidenziato dal diritto alle proprie origini, che ha portato alla modifica dell'art. 28 l. adoz., il diritto alla identità familiare si manifesta con più forza quando le radici familiari non corrispondono ai rapporti giuridico-formali. Il diritto alla identità familiare è il diritto della persona a conoscere la propria storia familiare, le proprie radici, anche quando eventi traumatici hanno impedito la continuazione dei rapporti giuridico-formali. Il diritto alla identità familiare può anche coincidere con la titolarità di rapporti giuridico-formali. È il caso del cognome, che identifica la persona con riferimento ai propri rami familiari. La Corte costituzionale con questa importante decisione ha completato così un percorso di definizione e costruzione di questo diritto attraverso un percorso di legalità, i cui passaggi fondamentali sono stati le decisioni in materia di diritto a conoscere le proprie origini [18], la recente decisione sul cognome materno [19], la decisione in materia di adozione in casi particolari [20] e ora quest'ultima decisione in materia di adozione piena. Il diritto alla identità familiare si definisce allora quale diritto alle proprie radici, che è il diritto alla conservazione e al mantenimento di rapporti che sono l'espressione della propria origine familiare e che per questo contribuiscono a rappresentare e a costruire la personalità del soggetto. Tale diritto, dopo la morte dei familiari, si converte in diritto alla memoria familiare che, a differenza della memoria collettiva, risponde ad un interesse individuale della persona al mantenimento del sentimento di appartenenza alla propria comunità familiare e al complesso dei valori che essa rappresenta. La peculiarità del diritto all'identità familiare è di non essere necessariamente agganciato alla titolarità formale dello status familiare per radicarsi in rapporti familiari significativi che costruiscono la storia familiare della persona. Un esempio di tale sganciamento è proprio il diritto alle proprie origini del soggetto adottato. Un altro profilo di grande suggestione di questo diritto è che esso contribuisce alla costruzione di un diritto familiare che diventa necessariamente in concreto. Come affermato dalla Corte in questa decisione “la tutela della identità del minore (e con essa il suo interesse a preservare positive relazioni di natura affettiva) non è compatibile con modelli rigidamente astratti e con presunzioni assolute” [21]. La definizione e la costruzione di tale diritto contribuisce pertanto all'adozione di una metodologia sostanzialistica del diritto di famiglia e delle persone che muove dal fatto per riconoscere la presenza del diritto, secondo la nota formula ex facto oritur ius, che esaurisce e ricomprende l'applicazione del principio di effettività.
[1] Dedico anche questo mio scritto a mio Padre, perché Lui rappresenta la mia memoria familiare, che costruisce e vivifica ogni giorno la mia identità e completa la mia personalità.
[2] V. la già citata ordinanza n. 230 del 5 gennaio 2023.
[3] Così testualmente in motivazione la citata ordinanza n. 230 del 2023.
[4] Così testualmente in motivazione la citata ordinanza n. 230 del 2023.
[5] Così testualmente in motivazione la citata ordinanza n. 230 del 2023.
[6] Così testualmente in motivazione la decisione che qui si commenta.
[7] Così testualmente nella motivazione: “La cessazione dei rapporti con la famiglia biologica attiene di necessità e inderogabilmente al piano delle relazioni giuridico-formali”.
[8] Così testualmente nella motivazione: “L'adozione (piena) introdotta nel 1983 ha inteso, dunque, riprodurre, con la massima fedeltà possibile, gli effetti propri della filiazione che scaturisce dalla nascita nel matrimonio, così concependo l'istituto nei termini di una sorta di rinascita per il minore”.
[9] Così testualmente C.M. BIANCA, Diritto civile 2.1. La famiglia, 7° ed. a cura di M. Bianca e P. Sirena, Milano, 2023, 473.
[10] Così testualmente C.M. BIANCA, op. ult cit., 523.
[11] Sia consentito un rinvio a M. BIANCA, Una rilettura dei fatti di sentimento di Angelo Falzea alla luce dell'attuale stagione del diritto di famiglia, in via di pubblicazione in I Maestri del diritto civile italiano – Angelo Falzea, a cura di G. D'amico e A. Gorassini.
[12] Così testualmente in motivazione la decisione che qui si commenta.
[13] Così testualmente in motivazione la decisione che qui si commenta.
[14] Sul principio di effettività, il riferimento è a tutti gli scritti di Cesare Massimo Bianca.
[15] V. C. S.U. 11 luglio 2018, n. 18287.
[16] V. la nota di commento di C.M. BIANCA, in Fam e dir. 2018, 955.
[17] Sia consentito un richiamo a M. BIANCA, La buona fede nei rapporti familiari, in P. SIRENA-A. ZOPPINI (a cura di), I poteri privati e il diritto delle regolazione. A quarant'anni da 'Le autorità private' di C.M. Bianca, Roma, 2018, 159 e ss.
[18] V. C. Cost. n. 278 del 2013 e 286 del 2016.
[19] V. C. Cost. n. 131 del 2022. Sul cognome quale espressione del diritto alla identità familiare e sociale, v. C.M. BIANCA, Diritto civile 2.1. La famiglia, cit., 387.
[20] V. C. cost. n. 79 del 2022, con riferimento al rapporto di parentela.
[21] Così testualmente in motivazione la decisione che qui si commenta.
(Immagine: Ferdinand Georg Waldmüller, The Adoption, olio su tela, 1847. National Museum in Wroclaw)