Difetto di motivazione: questa la ragione della non convalida dei provvedimenti di trattenimento del Questore di Ragusa. (breve nota di sintesi ai provvedimenti del trattenimento di non convalida emessi dal giudice del Tribunale di Catania sezione immigrazione il 29.2.23 nell’ambito dei procedimenti R.G. 10460/ 2023 e RG 10459/2023)
In sede di convalida del provvedimento di trattenimento emesso, ai sensi dell’art. 6 bis del D. Lgs. 142/2015, dal Questore della Provincia di Ragusa nei confronti di MEKRIAYMEN, nato in TUNISIA, il 19/10/1985, richiedente protezione internazionale, entrato nel territorio dello Stato in data 20 settembre 2023 dalla frontiera di Lampedusa, privo di passaporto e senza la garanzia finanziaria, la giudice di Catania - con il provvedimento che trovate allegato in calce a questa breve nota di sintesi- ha respinto la richiesta per difetto di motivazione.
La giudice ha ritenuto non motivato il trattenimento con riferimento alla domanda di protezione internazionale, in particolare ha rilevato che non erano state valutate – o comunque di detta valutazione non vi era traccia nella motivazione del provvedimento- le esigenze di protezione manifestate dal richiedente né era stata valutata la necessità e proporzionalità della misura, avuto riguardo alla possibilità di applicare misure meno coercitive.
Analoga decisione ha assunto con riferimento alla convalida del provvedimento restrittivo emesso nei confronti nei confronti di MIAAD HAFED, nato in TUNISIA, il 30/06/1992, anch’esso in calce alla presente nota.
Nella motivazione dei provvedimenti di rigetto della richiesta di convalida la giudice precisa che , ai sensi dell’art. 6, co. 1 D. Lgs 142/2015 e dell’ art. 8 della direttiva 2013/33/UE il richiedente non può essere trattenuto al solo fine dell’esame della domanda e che il trattenimento è misura eccezionale in quanto limitativa della libertà personale, ciò in osservanza del principio di libera circolazione di cui all’ art. 13 della Costituzione, ai sensi del quale, come è scritto nella nostra Costituzione : “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.
La giudice, nei provvedimenti richiama altresì il principio affermato dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea -Grande Sezione- nella sentenza 8 novembre 2022(cause riunite C-704/20 e C-39/21), secondo il quale “l'articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, l'articolo 9, paragrafi 3 e 5, della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, e l'articolo 28, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, in combinato disposto con gli articoli 6 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, devono essere interpretati nel senso che il controllo, da parte di un'autorità giudiziaria, del rispetto dei presupposti di legittimità, derivanti dal diritto dell'Unione, del trattenimento di un cittadino di un paese terzo deve condurre tale autorità a rilevare d'ufficio, in base agli elementi del fascicolo portati a sua conoscenza, come integrati o chiariti durante il procedimento contraddittorio dinanzi a essa, l'eventuale mancato rispetto di un presupposto di legittimità non dedotto dall'interessato”.
A conferma della non convalidabilità dei provvedimenti, per la rilevata assenza di motivazione, richiama gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE che “devono essere interpretati nel senso che ostano, in primo luogo, a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità, in secondo luogo, a che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga il trattenimento e senza che siano state esaminate la necessità la proporzionalità di una siffatta misura” (CGUE (Grande Sezione), 14 maggio 2020, cause riunite C-924/19PPU e C-925/19PPU).
Tanto evidenzia altresì l’incompatibilità, con gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33, del D.M. 14 settembre 2023, che prevede la garanzia finanziaria di euro 4938,00, somma calcolata come per garantire, per il periodo massimo di trattenimento, pari a quattro settimane, l’ alloggio sul territorio nazionale, la sussistenza minimi necessari e le spese di rimpatrio da versare in un’unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa. Si precisa nel provvedimento che detta garanzia, ai sensi l’art. 6 –bis D. Lgs 142/2015, non è una misura alternativa al trattenimento ma un requisito amministrativo imposto al richiedente, prima dell’accertamento dei diritti riconosciuti dalla direttiva 2013/33/UE, per il solo fatto della richiesta di protezione internazionale.
Nei provvedimenti la giudice dà atto che i richiedenti hanno fatto ingresso nel territorio italiano in data 20.09.2023 dalla frontiera di Lampedusa e che sono stati poi condotti a Pozzallo, ove il 27 settembre 2023, hanno presentato domanda di protezione internazionale in seguito alla quale è stato disposto il loro trattenimento alla luce di ciò ha quindi evidenziato che secondo il considerando 38 della direttiva 32/2013UE “Molte domande di protezione internazionale sono presentate alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro prima che sia presa una decisione sull’ammissione del richiedente. Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di prevedere procedure per l’esame dell’ammissibilità e/o del merito, che consentano di decidere delle domande sul posto in circostanze ben definite.” Nel provvedimento è poi richiamato il testo dell’art. 43 della medesima direttiva, rubricato procedure di frontiera, secondo il quale gli Stati membri “possono prevedere procedure, conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, per decidere alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro:
a) sull’ammissibilità di una domanda, ai sensi dell’articolo 33, ivi presentata;
b) sul merito di una domanda nell’ambito di una procedura a norma dell’articolo 31, paragrafo 8. 2. Gli Stati membri provvedono affinché la decisione nell’ambito delle procedure di cui al paragrafo 1 sia presa entro un termine ragionevole. Se la decisione non è stata presa entro un termine di quattro settimane, il richiedente è ammesso nel territorio dello Stato membro, affinché la sua domanda sia esaminata conformemente alle altre disposizioni della presente direttiva. 3. Nel caso in cuigli arrivi in cui è coinvolto un gran numero di cittadini di paesi terzi o di apolidi che presentano domande di protezione internazionale alla frontiera o in una zona di transito, rendano all’atto pratico impossibile applicare ivi le disposizioni di cui al paragrafo 1, dette procedure si possono applicare anche nei luoghi e per il periodo in cui i cittadini di paesi terzi o gli apolidi in questione sono normalmente accolti nelle immediate vicinanze della frontiera o della zona di transito”.
La giudice ha dunque analiticamente illustrato le ragioni della non convalida.
Nell’esercizio delle sue funzioni, chiamata a effettuare il controllo, previsto dalla legge – conformemente al principio di cui all’art. 13, secondo comma, Cost.- ha, d’altro canto rilevato una serie di criticità tra le disposizioni introdotte nel settembre 2023 ed il quadro dei principi di matrice eurounitaria e costituzionale. Trattasi di criticità che riguardano: la garanzia finanziaria prevista in funzione alternativa al trattenimento già prima del riconoscimento dei diritti previsti dalla direttiva 2013/33/UE; la modalità di prestazione della garanzia finanziaria, introdotta come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/UE, per il solo fatto che chiede protezione internazionale e non consentita se versata da terzi; il trattenimento alla frontiera; la compatibilità del procedimento di trattenimento adottato con l’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera c), della Direttiva 33/2013/UE, non avendo il Presidente della Commissione territoriale assunto alcuna decisione sul procedimento da seguire; la compatibilità della misura disposta con l’art.10 c.3 Cost. con riguardo al richiedente protezione proveniente da paese sicuro.
Ognuna delle questioni evidenziate merita di essere approfondita.
Intanto ci preme evidenziare che trattasi di motivati provvedimenti giurisdizionali, suscettibili di ricorso. Provvedimenti simili a tanti altri, quotidianamente emessi da giudici all'esito di accertamento e valutazione dei presupposti fattuali e interpretazione della legge da effettuarsi, necessariamente, alla luce dei principi Costituzionali e Unionali, questo è il mestiere del giudice.