Un palazzo in crisi
di Marco Guida
È una splendida mattina di maggio, c’è il sole che gioca con qualche nuvola, si fa vedere e poi si nasconde, vuole giocare, vuole invogliarti ad andare a scoprire il mare.
Non si può. Il dovere chiama. Sei un magistrato della Repubblica, sei un onesto Servitore della Stato, ti attende il tuo tribunale dove passi da anni la maggior parte del tuo tempo.
Oramai lo conosci benissimo quello strano palazzo, grigio e rosso, posto di fronte al Cimitero per cui la sera ti fanno compagnia quella simpatiche luci votive.
Non è nato come Tribunale, ovviamente, ma era una soluzione provvisoria in attesa della costruzione del nuovo palazzo di Giustizia: nasce come clinica per anziani, o qualcosa di simile, ed è stato adattato in tutta fretta tanto doveva ospitare gli uffici giudiziari per un paio di anni, diciamo tre per i più pessimisti.
Siamo lì da 17 anni. Qualche anno addietro, in pieno agosto, dei sinistri scricchiolii, qualche cornicione caduto e, infine, dei pericolosi cedimenti di alcuni piloni hanno fatto scattare un primo allarme, sembrava che dovessimo abbandonare il tutto entro 24 h; frenetica ricerca di un altro sito in piena estate, a 41 gradi, un’impresa disperata.
Poi il miracolo. Anzi. Contrordine: il palazzo rischia di cadere ma non troppo. Qualche iniezione di cemento, una pittata qua e là, una bella relazione dei Vigili del Fuoco che dicono che tutto sommato non vi è un rischio “imminente” di crollo e la vita può ricominciare. L’ottimismo è tutto nella vita.
Settembre 2015. Colpo di scena. Le competenze in materia di edilizia giudiziaria vengono centralizzate, passano al Ministero della Giustizia che improvvisamente decide che il nostro Palazzo non è idoneo per uffici giudiziari e quindi, per risolvere brillantemente il problema, pensa bene di non pagare più il canone al proprietario, ovvero l’INAIL, cioè un altro pezzo dello Stato…
E si sa, se non paghi il canone, il palazzo giorno dopo giorno diventa fatiscente finchè un giorno di maggio, in una splendida giornata, improvvisamente la proprietà, ovvero un pezzo di Stato, deposita al conduttore, cioè ad un altro pezzo dello Stato, una perizia in cui un luminare del settore dice che quel palazzo sta crollando. Perizia che è stata svolta per diversi mesi in cui nessuno ha pensato di mettere al corrente il conduttore o chi per lui. Si sa, sono fuggevoli dimenticanze, può capitare, mica si può pensare a tutto.
In quella splendida mattinata di maggio i dirigenti degli uffici giudiziari e vari peones convenuti si sono trovati improvvisamente ad affrontare l’emergenza: occorre chiudere, ma come fai ad interrompere il servizio giustizia di una città? I problemi sono milioni, sono pazzeschi, si scala una montagna di ghiaccio a mani nude.
Finiamo sotto le tende a celebrare i processi, anzi solo a rinviarli per evitare di dover rinotificare tutto, si spostano i processi a carico di detenuti al Tribunale Civile, o presso la sede di Bitonto ancora aperta.
Il Ministro della Giustizia, appena nominato, arriva a Bari ma non capisce l’enormità della situazione, rifiuta di nominare un commissario straordinario, decide che il tutto può essere affrontato con le procedure ordinarie ed infine fa approvare un decreto legge che sospende tutti i processi penali pendenti innanzi al Tribunale di Bari sino al 30 settembre 2018, con la conseguenza che siamo stati costretti ad effettuare oltre 80.000 notifiche per riprendere l’attività ordinaria, senza che la task force di dipendenti promessa dal Ministro per fare fronte a ciò sia mai arrivata.
La Giustizia a Bari si è fermata per quasi sette mesi, molti piccoli studi di avvocati hanno chiuso, la percezione di insicurezza nella gente è stata fortissima, benchè la Procura abbia continuato a lavorare sempre, in condizioni impossibili, così come la sezione GIP GUP.
Abbiamo effettuato due traslochi nel giro di un anno, prima presso le varie sedi provvisorie (ben cinque) in cui vi è stata la diaspora dei vari uffici, e poi nella sede “ponte” ove finalmente ci siamo ricongiunti, quasi tutti.
Ebbene si, il Ministro ha affermato che si tratta di una sede “ponte” perché Bari ha diritto ad una sede nuova … peccato che da quasi un anno lo studio di pre fattibilità del nuovo polo della giustizia barese giaccia su qualche scrivania in via Arenula.
Lo dico con grande orgoglio: abbiamo fatto un miracolo, noi magistrati con tutto il personale amministrativo e con la grande collaborazione e pazienza degli avvocati.
Ne sono fiero, ci siamo comportati come veri Servitori dello Stato, rimboccandoci le mani e rimettendo in piedi un servizio essenziale per la comunità.