Che il romanzo di Christine Von Borries sia originale e bello si capisce sin dal titolo: l’autrice ha usato una frase colloquiale ma fortemente evocativa, che dà al lettore l’impressione di entrare in un mondo di confidenze, dove le verità vanno sussurrate perché troppo scomode o dirompenti per essere dette ad alta voce… e fa venire subito voglia di accostarsi con l’orecchio e sentire “che si dice”.
Quel che si scopre accogliendo l’invito dell’autrice è un mondo dove gli intrighi e le lotte di potere vanno a braccetto con i sentimenti più puri, e si susseguono gli omicidi e colpi di scena degni di un giallo di alta qualità, ma intervallati da poppate, passeggiate in bicicletta e cene tra amiche di una vita.
Non lasciatevi ingannare dalle apparenze: questo non è il classico legal thriller né un romanzo di ambientazione giudiziaria. C’è anche questo, ovviamente. E come potrebbe non esserci, visto che l’autrice è un Pubblico Ministero e vive e respira l’aria dei Tribunali ogni giorno?
La Sostituto Procuratore Von Borries ci fa respirare l’aria del Palazzo di Giustizia con la sicurezza e l’affetto di chi mostra agli amici la sua abitazione e ne conosce e ne ama ogni angolo: l’adrenalina e l’umanità delle udienze penali, l’atmosfera dei corridoi e l’intimità unita alla professionalità degli uffici dove i Pubblici Ministeri vivono la gran parte delle loro giornate tra indagini in solitudine, riunioni operative con polizia giudiziaria e consulenti tecnici e la formalità (e a volte la drammaticità) degli interrogatori.
Ma a un buon P.M. è richiesta non solo la conoscenza delle norme e delle tecniche investigative ma anche la curiosità per la vita in tutti i suoi aspetti e – paradossalmente per chi di mestiere dovrebbe “accusare” (anzi: solo accusare, secondo la scellerata riduzione del ruolo a cui mira l’attuale riforma del Governo…. Ma questo è un altro discorso e magari ne riparleremo, anche su questa rivista) – una non comune empatia verso gli altri esseri umani.
E sono proprio queste caratteristiche, che Christine trasfonde in ogni pagina, a rendere il suo romanzo molto più ricco di un normale romanzo di ambientazione giudiziaria.
Perché anche nella descrizione delle fasi più tecniche di un’udienza o nel corso di interrogatori fondamentali per lo sviluppo della trama lo sguardo dell’autrice si sofferma sulla descrizione minuziosa dell’abbigliamento del Pubblico Ministero o su qualche tic o postura dell’interrogato, sicché la scena diventa improvvisamente coloratissima ed acquista una verosimiglianza che proietta il lettore direttamente sulla scena.
Non a caso, non vi è un protagonista che accentra su di sé l’attenzione, anche se quasi fisiologicamente la persona più presente è una P.M. della Procura di Firenze come l’autrice, ma un gruppo di quattro donne che da quattro punti di vista diversi restituiscono uno sguardo multifocale al mondo della giustizia in cui ciascuna di loro vive ed opera (una consulente tecnica, una grintosa appartenente alla polizia, una giornalista di giudiziaria e naturalmente la nostra P.M.).
Le seguiamo alternativamente prendersi la scena tra le pieghe di una storia avvincente e ricca di colpi di scena (senza svelarne gli sviluppi, basti dire che nelle prime cinquanta pagine assistiamo al tentato omicidio di un giudice in Tribunale ed a due omicidi consumati…) e le accompagniamo dal Tribunale alle loro abitazioni dove le aspettano bambini, piccoli e grandi drammi (il figlio di una di loro è in attesa di un delicato intervento chirurgico), amicizie ed amori.
Viviamo con loro amori irrisolti, mai nati o che stanno per sbocciare, sentimenti mal riposti e piccole solitudini: anche in questo Christine non si risparmia, coinvolgendo il lettore nella sua esplorazione a tutto tondo dell’universo femminile di cui è parte appassionata e consapevole.
E il punto di vista femminile pervade ogni riga della sua storia, che si può leggere anche come una personale e moderna riedizione della Commedia Umana diviso in due campi, uno – coniugato pressocché in via esclusiva al maschile - è pervaso da logiche di potere, visibilità e calcolo e l’altro – nel quale vivono ed operano le quattro moschettiere del libro - dove fioriscono idealismo e una visione alta della vita alternativa al primo mondo: più difficile, a volte più dolorosa, ma incomparabilmente più umana.
Non mancano ovviamente figure che sparigliano le carte (proprio a una donna votata al potere si deve il colpo di scena finale), ma è nell’universo femminile che Christine ha testa e cuore ed è questo che porta nel suo scritto, coerente con la sua scelta di mettersi in gioco senza infingimenti e con tutta la sua anima che regala al libro e ai suoi lettori.
Sullo sfondo, una Firenze ammaliante e magica, con le sue passeggiate lungo il fiume e le corse in bicicletta sfidando il freddo pungente, con le sue colline meravigliose punteggiate da ville da sogno. E il suo Palazzo di Giustizia dalle forme avveniristiche e i parcheggi impossibili.
Godetevi la storia, fatevi trasportare nel turbinio di intrighi finanziari e nelle dinamiche del potere invisibile che strozza l’economia di una città bellissima e indifferente ai drammi umani che vi si consumano. Ma non dimenticate di lasciarvi ammaliare dalla descrizione dei preparativi di una piccola cena intima o dal colore del gilet del magistrato che si alza durante un interrogatorio. È nella capacità di cogliere i particolari che si nasconde la bellezza della vita. E la bravura dei veri Pubblici Ministeri.
Christine Von Borries, A Firenze gira voce, Piemme, 2025.

