“Il codice rosso” di Paola Di Nicola Travaglini e Francesco Menditto
Recensione di Costantino De Robbio
Essere “esperti di Codice Rosso” è ormai da tempo per tutti i giuristi – magistrati, avvocati, operatori del settore – non più una scelta di campo ma una necessità imprescindibile.
I numeri dei procedimenti penali e dei processi celebrati per questo tipo di reati sono impressionanti e il fenomeno ha ormai le caratteristiche di una vera e propria emergenza che chiama ognuno di noi ad una risposta giudiziaria consapevole e informata.
Non si tratta più di materia riservata agli specialisti, ma del lavoro quotidiano di pubblici ministeri, giudici, avvocati e polizia giudiziaria: qualunque sia il settore del diritto penale di cui ci si occupa, si faranno i conti quotidianamente con denunce, segnalazioni, arresti e processi per atti persecutori, maltrattamenti in famiglia, violenze sessuali, tanto che in molti uffici di Procura è stato stabilito in via permanente, accanto al “turno esterno” un “turno violenze”: oltre al Pubblico Ministero che, a rotazione e per 24 ore, è addetto alle emergenze conseguenti ad arresti e fermi, ve n’è uno che si occupa in via esclusiva, per lo stesso periodo, delle sole misure precautelari per i reati di violenza di genere, che in sostanza pareggiano ormai per numero quelle per tutti gli altri reati.
Una sorta di “pandemia” delittuosa che sembra avere colpito gli uffici giudiziari di tutto il Paese, o forse semplicemente la tardiva presa d’atto di un fenomeno da sempre esistente e tragicamente sottovalutato.
Questa nuova consapevolezza ha richiesto una nuova risposta giudiziaria, articolata in tre livelli: repressione delle condotte di reato (attraverso una maggiore attenzione e consapevolezza nell’affrontare denunce e procedimenti), modifiche legislative per adeguare l’impianto codicistico alla mutata realtà e un lavoro di formazione di tutti gli operatori del settore.
L’opera di Paola Di Nicola Travaglini e Francesco Menditto, giunta alla seconda edizione, risponde a tutte e tre le esigenze ed offre una risposta completa e per certi versi inedita al fenomeno, dedicando tra l’altro un’ampia sezione alla necessità della formazione tecnica, raramente presa in considerazione dalla manualistica giuridica e dimostrando così di saper coniugare, accanto ad una minuziosa ricostruzione della normativa e della giurisprudenza sul tema, la capacità di alzare la testa dalla quotidianità imposta dall’emergenza per sottolineare l’importanza di un investimento di medio e lungo periodo che parta dai corsi di preparazione delle forze dell’ordine e della magistratura.
Non stupisce che siano proprio i due autori di questa monografia a proporre un vero e proprio salto di qualità nel modo di affrontare il tema.
Si tratta infatti di colleghi che hanno fatto della violenza di genere, da lungo tempo, il centro della loro attività scientifica e lavorativa.
Paola rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia affrontare la materia, sia all’interno della magistratura che all’esterno ed ha maturato dapprima nella giurisdizione di merito e poi in quella di legittimità un’esperienza probabilmente senza pari, mettendo a frutto una passione che l’accompagna da tutta la vita.
Francesco, tra i magistrati più attenti delle fenomenologie delittuose del nostro Paese, ha da tempo affiancato la sua nota competenza in materia di aggressione ai patrimoni illeciti e di studioso delle misure di prevenzione ad un approfondimento del tema della violenza di genere, operando una sinergia virtuosa ed inedita tra i due settori che ha dato frutti sorprendenti sia a livello giurisprudenziale che legislativo.
La comunanza, umana e professionale, tra i due ha prodotto una monografia armonica e completa.
Il punto di partenza - e anche questo costituisce una sorta di inedito nella manualistica penale – è dato dall’analisi delle fonti sovranazionali, e non a caso.
Non è infatti possibile ignorare che molte delle leggi italiane e dei passi in avanti faticosamente compiuti dalla giurisprudenza in materia sono frutto delle “tirate d’orecchie” ricevute dagli organismi sovranazionali, che hanno dolorosamente evidenziato l’arretratezza culturale dell’impianto normativo nazionale e dell’approccio culturale di parte della magistratura, soprattutto giudicante.
Da questa analisi iniziale si passa dunque all’approfondimento degli stereotipi e dei bias cognitivi che troppo spesso affliggono gli scritti degli operatori del settore e ne condizionano gli esiti, e in questa parte non si può non vedere un’eco delle precedenti opere di Paola Di Nicola Travaglini, che a questo tema ha dedicato tempo e passione, di cui sono testimonianza i due precedenti scritti (uno dei quali recensito su questa rivista[1]).
Segue una parte più istituzionale, dedicata alle fattispecie del codice penale e del codice di rito e alle novità legislative che si sono susseguite, tumultuosamente, negli ultimi anni, dalle modifiche ai reati tradizionali (maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale) alle nuove fattispecie di reato di recente e recentissima creazione (atti persecutori, femminicidio, revenge porn, sfregio del volto); per quanto attiene alle modifiche del codice di procedura penale, sono dedicati approfondimenti alle misure cautelari previste dagli artt. 282 bis e ter del codice di procedura penale (ed alla nuova fattispecie di reato conseguente alla violazione delle medesime), al nuovissimo obbligo di applicazione del braccialetto elettronico ed al potenziamento delle indagini preliminari, con un interessante sguardo al fenomeno della vittimizzazione secondaria ed ai suoi riflessi processuali.
Dopo il prezioso approfondimento della formazione (il terzo livello di consapevolezza di cui si è detto), il testo si dedica all’analisi delle misure di prevenzione introdotte recentemente per questo tipo di reati, e qui non si può non scorgere la mano di Francesco, pioniere dell’idea poi fatta propria dal legislatore di mutuare per i reati di genere gli strumenti che tanta prova di sé hanno dato nella lotta alla criminalità organizzata.
Ciascuna delle parti di cui è composta l’opera contribuisce ad un tassello di questa consapevolezza multilivello che è richiesta per affrontare questo tipo di reati, proprio come la diversità culturale e per così dire ontologica di Paola e Francesco riesce a fondersi in uno sguardo armonico: da questa composizione di sguardi diversi che guardano verso la stessa direzione, nasce la ricchezza di questo scritto.
Nella prefazione i due autori sottolineano con orgoglio di essere una donna e un uomo e una donna, una giudice e un pubblico ministero.
La scelta di questa chiave di lettura, che loro stessi offrono al lettore, è un modo intelligente di superare le perplessità e la chiusura mostrata spesso in passato verso questo tipo di reati, che una visione miope voleva limitare all’approfondimento scientifico delle sole magistrate, avvocatesse e operatrici donne.
In realtà un approccio solo femminile alla materia, come la stessa Paola Di Nicola Travaglini ha in più occasioni sottolineato, non funziona, perché confina lo sguardo in un limite autoimposto.
È stato dunque naturale per Paola e Francesco comprendere tra i primi che il vero salto di qualità è possibile solo quando la lotta per uscire dagli stereotipi diventa lotta di tutti, anzi soprattutto del genere che dell’arretratezza culturale da sempre si avvantaggia, più o meno consapevolmente, cioè gli uomini.
In questo senso la composizione dei diversi punti di vista in una nuova prospettiva armoniosa e più matura è il punto finale del percorso, che i nostri Paola e Francesco ci consegnano con questo volume.
[1] “La giudice” di Paola Di Nicola Travaglini. Recensione di Costantino De Robbio.