Sommario: 1. Premessa - 2. L’esperienza del 2022 - 3. La realizzazione di un protocollo di azione e il quadro normativo - 3.1. Il quadro normativo generale - 3.2. In particolare, le norme processuali (penali) - 4. Conclusioni.
1. Premessa
La giustizia si confronta – non può non confrontarsi - con tutti gli eventi che persone, società e natura producono: e deve quindi sapere incrociare le proprie competenze con quelle di tanti altri settori.
Uno degli scenari che spesso accumuna ingegneri e magistrati è quello della comprensione, e valutazione, di eventi disastrosi: che possono caratterizzarsi per la sovrapposizione di necessità e obiettivi anche assai diversi tra di loro. Un crollo – di singole strutture, per eventi circoscritti (esplosione di gas; collasso di un edificio) o per macrofenomeni che investano una pluralità di strutture su un territorio più o meno esteso (fenomeni sismici o geologici) – pone infatti da subito e progressivamente esigenze di soccorso ai possibili sopravvissuti, di recupero purtroppo delle salme, di recupero di effetti personali, di sanificazione delle aree, di ripristino della viabilità, di ricostruzione: esigenze che si incrociano e si sovrappongono tra loro, e alle quali può appunto aggiungersi – laddove si ipotizzi che il fatto possa avere anche rilievo giuridico (sussistenza di reati e/o di risvolti civilistici) – anche la necessità di preservare il più possibile la ‘scena del crimine’.
Il quesito che si pone è dunque quello di verificare se questi piani risultino veramente e inevitabilmente confliggenti tra di loro, ovvero se possano essere considerati complessivamente, senza che le – indubbiamente prevalenti e drammaticamente più urgenti – esigenze di tutela della vita e della salute debbano necessariamente pregiudicare quelle all’accertamento giudiziario. E’ infatti dato comune, non solo nei processi derivati dal sisma del 2016, quello della possibile parziale inattendibilità come elemento di prova del materiale residuato da dette operazioni, della facile attaccabilità di dati derivanti da scenari che potrebbero essere stati fortemente alterati, se non addirittura compromessi: non solo per le operazioni sopra descritte ma, nel caso di fattori sismici, per le scosse successive a quella dei cui effetti un processo specificamente si occupa, sciame sismico che spesso prosegue per molti mesi anche con rilevante entità.
Uno scenario come quello rappresentato nelle figure 1 e 2 (le immagini provengono da atti di processi conclusi in primo grado tra il 2020 e il 2023)
Figura 1
…benchè ci si possa sforzare di seguire procedure scientifiche e metodologie rigorose (come la geolocalizzazione dei reperti) sconta la assoluta difficoltà di leggere compiutamente la ‘storia’ delle strutture, la loro esatta collocazione nell’organismo del quale si studia la caduta, l’essere i reperti realmente significativi dei movimenti conseguenti all’evento che si studia e ricostruisce, ovvero così atteggiati in conseguenza di altri fattori.
Per questo, in tutti i processi derivati dagli eventi sismici del 2016 si è registrata la spasmodica ricerca di documentazione che appunto – dovendo valutare se un crollo avvenuto dopo la prima scossa era imputabile anche a fattori umani - ci aiutasse a comprendere quale era la situazione subito dopo l’evento, ‘isolandola’ da eventuali fattori sopravvenuti. Sono stati utilizzati (possiamo definirli dati ‘estrinseci’, perché aventi origine, finalità e quindi utilità, diverse da quelle proprie di un processo) sorvoli delle Forze di primo soccorso, in genere però con riprese ‘a distanza’ (Figura 3)
Figura 3 Sorvolo dei VVFF
ovvero immagini ottenute da privati cittadini o da organi di informazione (Figure 4 e 5)
Figura 4 Foto prodotta da privato
Figura 5 Fotografia de ‘Il Messaggero’
2. L’esperienza del 2022
A fronte dunque di fattori, umani o naturali, che tendono a modificare cose e luoghi che devono essere oggetto di indagine, lo scrupolo di ogni attore del processo dovrebbe sempre essere quello di fare entrare nel giudizio tutti gli elementi oggettivi che – letti dagli esperti di settore – possano contribuire a una più esatta ricostruzione degli eventi.
Questa è stata la ragione del conferimento di una perizia, nata dalla riflessione (svolta insieme al prof. Borri) sull’essere ancora utile – in un palazzo pressocché integralmente crollato - verificare le strutture rimaste in elevazione, e svolgere un’analisi dei resti dell’edificio. Abbiamo provato a riflettere insieme appunto sulla utilità di coniugare nuovi accertamenti alle reiterate istanze del Comune interessato (che chiedeva la cessazione di ogni vincolo sull’area, da sei anni sotto sequestro, dovendo procedere a ripristinare la viabilità e proseguire le operazioni di bonifica e ricostruzione, avendo anche ottenuto fondi dedicati).
È stato quindi conferito l’incarico che segue:
- “Valuti il perito se gli interventi del progetto presentato dalla XXX il XXXX sull’immobile sito in XXX ….. - e tenendo conto anche delle eventuali successive progettazioni e significativi interventi di tipo strutturale afferenti il medesimo immobile, intervenute sino al 2016 - abbiano condotto ad una distribuzione di pesi e masse, di rigidezze di azioni taglianti perpendicolari al piano delle murature esterne dell’edificio diverse da quelle dell’edificio originario; in caso affermativo, se questi interventi abbiano avuto conseguenze sulla capacità dell’edificio di sostenere i carichi verticali e le azioni sismiche, anche in singole parti delle murature, con riferimento a possibili cinematismi locali.
- Esaminato il progetto XXX presentato dalla società ZZZ , dica il perito se nello stesso erano previste misure di miglioramento o adeguamento sismico
- Consideri il perito i modelli di calcolo presentati in data YYY e in data ZZZ; ne valuti le differenze.
- Rispetto al modello presentato il YYY ne indichi la congruità al tipo di costruzione esistente e a quella progettata, in particolare specificando se erano state considerate interazioni con altre unità strutturali limitrofe (aggregato di edifici), ovvero peculiarità costruttive dell’edificio in esame, che imponevano l’adozione di diverso modello di calcolo e diverse verifiche di sicurezza, in particolare con riferimento ai possibili cinematismi e meccanismi di collasso locali, al grado di ammorzamento delle murature ortogonali e ad alcune parti qualificabili in ipotesi come corpi aggiunti; la corrispondenza strutturale tra i tipi di materiale utilizzati come dati immessi nel programma e i materiali effettivamente esistenti. Ciò anche tenuto conto del grado di conoscenza conseguito per l’edificio.
- In esito a tali operazioni, valuti se l’applicazione del programma di calcolo sia stata rispondente alle norme vigenti all’epoca e alla tipologia dell’edificio per materiali, forma e disposizione delle murature, anche di nuova realizzazione, sulla base delle conoscenze tecniche e scientifiche, indicando se gli esiti di ‘verifica o non verifica’ possano considerarsi corrispondenti alla realtà dei luoghi; specificando inoltre se in tale modello era stata considerata la struttura di copertura per come effettivamente realizzata, e se la stessa aveva effetto spingente. In esito a tale verifica, indichi il perito il presumibile meccanismo di collasso
- Valuti a tale scopo tutto il materiale foto e video in atti, nonché le risultanze dibattimentali, ivi inclusi gli apporti dei CCTTPP tramite relazioni e dichiarazioni rese nei rispettivi esami e svolga tutti gli accessi in loco, autorizzandolo sin da ora al prelievo di campioni, previa collaborazione della PG”
del quale si sottolinea l’ultimo passaggio, che evidenzia come abbiamo ritenuto di accompagnare - allo studio degli atti processuali già esistenti - operazioni di ‘rimozione controllata’, con una intensa ‘progettazione di cantiere’.
È stato dunque previsto
- di affidare la rimozione delle macerie a una squadra dei VVFF: perché le parti processuali convenivano sulla idoneità solo di tale Corpo, ritenuto evidentemente sufficientemente ‘neutrale’ e professionalmente attrezzato, e anche perché i costi erano stati preventivamente coperti con fondi destinati alla ricostruzione. Segnaliamo, incidentalmente, che ogni costo sostenuto nell’ambito di un processo penale è destinato a ricadere sugli imputati, nel caso di condanna, e sullo Stato in caso di assoluzioni: dunque, questa soluzione – che aveva riguardo non solo alle necessità del processo, ma anche alle diverse indicate finalità - è sembrata più corretta.
- la nomina di funzionari dei VVFF come ausiliari del perito che dirigessero sul campo la rimozione, verificandone le modalità e individuando i resti più significativi dell’edificio, indicati per tipologia previo confronto con i Consulenti Tecnici di parte: rendendosi tali funzionari anche disponibili a ricevere le eventuali segnalazioni dei medesimi CCTTPP (ai quali si accordava di accedere al sito e visionare le operazioni, con le modalità stabilite durante le operazioni peritali, anche in assenza del perito), e a trasmetterle al perito stesso per le sue determinazioni.
- previa effettuazione di una indagine di mercato, il conferimento a una ditta privata dell’incarico (quale ausiliario del perito) di installare tre videocamere fisse per riprendere continuativamente le operazioni di sgombero, riprese rese accessibili anche da remoto, attribuendosi ai magistrati, giudicante e requirente, CCTTPP e difensori delle password individuali (è intuibile l’utilità di consentire a parti e loro consulenti di visionare costantemente e in tempo reale le operazioni in progress, e indicare possibili specifiche necessità di indagine). Appare utile riportare alcuni dettagli tecnici di tale sistema, per far comprendere le esigenze cui si è cercato di fare fronte: le tre telecamere avevano risoluzione 2560 x 1440p; i dispositivi di registrazione delle immagini video sono stati installati all’interno di un rack da esterno, stagno e antivandalo (che rientrava nel campo di una delle telecamere); le registrazioni sono state immagazzinate in un Network Video Recorder (NVR), allestito con 8TB di archiviazione; le stesse sono state effettuata alla massima risoluzione, mentre lo streaming da remoto veniva effettuato ad una risoluzione di 1920 x 1080p. I sistemi di alimentazione (UPS con autonomia di circa 12h) e di segnalazione dei guasti hanno permesso di intervenire in maniera tempestiva nelle occasioni in cui si sono verificati dei fermi imprevisti
- sempre previa effettuazione di una indagine di mercato, il conferimento a una ditta privata dell’incarico (quale ausiliario del perito) di effettuare rilevazioni e riprese mirate con droni, riprese effettuate concordando tra le parti quali fossero i momenti più significativi da fissare.
Siamo dunque partiti dallo stato iniziale qui raffigurato, visione a livello strada (Figura 6)
Figura 6
o con vista dall’alto (figura 7)
Figura 7
procedendo all’individuazione e all’accantonamento di reperti, in un’area dedicata, adiacente a quella originariamente posta sotto sequestro, posta a a disposizione dal Comune, per arrivare gradualmente al sequestro di reperti e non di aree indisciminate, in larga misura ormai prive di significanza (Figg. 8 e 9)
Figure 8 e 9
sino a realizzare, in meno di un mese, un campo di indagine ‘pulito’ (Figura 10)
Figura 10
quindi sino alla completa scopertura delle parti ancora in elevazione, uno degli specifici oggetti di interesse, per studiarne composizione e qualità (Figura 11)
Figura 11
3. La realizzazione di un protocollo di azione e il quadro normativo
Alla luce di questa esperienza, il quesito che si pone allora è quello di verificare se questa opera di raccolta possa essere tipizzata e svolta anche in momenti precedenti, cioè contestualmente (o quasi contestualmente) alle operazioni di ricerca, salvataggio e graduale ripristino dei luoghi: dunque, se ciò che è stato fatto nel caso in esame sostanzialmente ‘ex post’ e a distanza di quasi sei anni dal fatto, possa invece essere fatto (quasi) sin dall’inizio.
Ribadito il dogma, per cui le esigenze di giustizia non devono risultare di ostacolo alle ben più impellenti operazioni di primo soccorso, sembra però a chi scrive di potere dare risposta affermativa, dunque che ci siano ampi spazi di sovrapponibilità e integrabilità di tali azioni. In prima approssimazione, si deve allora ritenere che la tempestiva acquisizione di un patrimonio di dati e immagini (l’installazione di telecamere fisse e l’effettuazione di voli di droni può essere un metodo idoneo, ma si potrebbe senz’altro pensare ad altro) – secondo modalità il più possibile standardizzate - possa da subito accompagnare le operazioni di soccorso, e anzi esserne di ausilio, consentendo ad esempio di ‘entrare’ con supporti tecnici e in maggiore sicurezza laddove magari i soccorritori stentino inizialmente ad accedere; ovvero di verificare preventivamente la consistenza che hanno assunto le macerie, prima di operarvi con mezzi meccanici o con personale.
Utilità collaterale è anche quella che un monitoraggio costante dei luoghi potrebbe scoraggiare le non infrequenti azioni di sciacallaggio, squallida coda talvolta di tali scenari.
3.1. Il quadro normativo generale
E’ indubbio che non sempre tali azioni di raccolta dati e immagini possono in concreto essere pienamente realizzate: costi, disponibilità di risorse umane, variabili contingenti certamente possono allontanare questa prospettiva ‘polifunzionale’, soprattutto quando si voglia avere riguardo non a situazioni ab origine circoscritte ma ad ambiti più vasti. Se cioè il crollo di un singolo edificio, di un ponte, può vedere attivati subito tutti i possibili presìdi tecnici e giuridici, indubbiamente la presenza di ‘crateri sismici’ che coinvolgano decine di centri abitati e migliaia di persone non consente pieno spazio a tali attività di verifica.
Considerando però che l’esperienza presenta eventi catastrofici di varia entità e dimensione, è legittimo chiedersi se non si possano in via preventiva tipizzare i possibili accertamenti, predisporre cioè piani di azione compiuti e onnicomprensivi che siano però graduabili in ragione dell’area interessata e delle concrete necessità e risorse disponibili: un protocollo che dunque – nel dare priorità assoluta alla tutela della vita e incolumità delle persone, non ci stancheremo di ripeterlo – preventivamente però preveda per ogni area geografica chi e come debba attivare questa opera di raccolta dati.
Va debitamente sottolineato come il legislatore abbia in realtà già tracciato un sistema.
Il D.Lgs. 1 del 2018, Codice della Protezione civile - nel disegnare obiettivi e funzioni degli Enti territoriali e nazionali; e nel prevedere che “Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco opera, altresì, quale struttura operativa del Servizio nazionale della protezione civile” - individua nell’interazione tra quel Servizio nazionale e tali Enti il sistema di risposta; nel Corpo dei VVFF (Ente che “assume la direzione e la responsabilità nell'immediatezza degli eventi, attraverso il coordinamento tecnico-operativo e il raccordo con le altre componenti e strutture coinvolte”: Art. 10 D.Lgs. 139/2006) il personale da attivare sul campo; sono previsti – strumenti che potrebbero essere il ‘contenitore’ di tali procedure - nei Piani comunali di protezione civile i documenti che dettagliano le azioni per fronteggiare tali eventi. Si ritiene allora che all’interno di questa stessa cornice normativa si potrebbe prevedere la formazione del personale anche nella direzione qui considerata, e predeterminare in funzione di questi obiettivi la catena di decisione; si potrebbero individuare preventivamente gli strumenti tecnici dei quali servirsi, tenendo conto delle risorse pubbliche e private azionabili in ogni territorio: in definitiva, fare sì che – a partire dal primo evento catastrofico – i suoi effetti immediati, le vicende successive di quelle strutture e ogni movimentazione di materiale siano affrontate e contestualmente documentati al meglio e ‘a futura memoria’.
3.2. In particolare, le norme processuali (penali)
A ben vedere, anche l’ordinamento processuale contempla strumenti flessibili, che possono coniugare le primarie e preponderanti esigenze di soccorso con quelle di tempestiva raccolta di dati: perché, si sottolinea, lo scopo di tali azioni non può che essere solo quello di raccogliere elementi utili a comprendere l’accaduto, per porre le basi di indagini che sono del tutto eventuali e in fieri, e che anzi con un più ampio compendio di dati oggettivi potranno anche essere più utilmente indirizzate.
Il primo riferimento può senz’altro essere all’art. 354 c.p.p. (1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell'intervento del pubblico ministero 2. Se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi indicati nel comma 1 si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente, ovvero non ha ancora assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose…..) istituto che appunto (Cassazione, Sez. 2, n. 34149 del 10/07/2009) “consiste nell'attività di raccolta di dati pertinenti al reato” mentre invece “l'accertamento tecnico si estende al loro studio e valutazione critica secondo canoni tecnico – scientifici”, richiamo quest’ultimo che nell’introdurre momenti di valutazione e ricostruzione riporta agli istituti previsti dagli artt. 359 e 360 c.p.p., o alla perizia, anche in forma di incidente probatorio: attività che invece sono demandate al momento in cui sia stata formalizzata un’indagine.
Va ricordato al riguardo che il nostro ordinamento conosce varie fattispecie in cui si svolgono attività di accertamento e acquisizione di dati – si pensi agli accertamenti etilometrici previsti dal Codice della strada; alle verifiche di tipo ambientale e fiscale – che hanno finalità di tipo preventivo, di sicurezza pubblica o natura meramente amministrativa, e solo eventualmente e successivamente possono assumere rilevanza penale.
E’ quindi sufficiente pensare di affidare tali attività direttamente ai Vigili del Fuoco, sottolineando che a norma dell’art. 57 co. 3 e del DPR 139/2006 ai suoi componenti possono essere riconosciute le qualità di ufficiale e agente di PG; potendosi affiancare anche altri ausiliari (art. 348 c.p.p., co. 4: La polizia giudiziaria, quando, di propria iniziativa o a seguito di delega del pubblico ministero, compie atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee le quali non possono rifiutare la propria opera), che potrebbero anche essere individuati in professionisti appositamente formati, inseriti in un albo ad hoc.
4. Conclusioni
Di fronte alla obiettiva difficoltà di un giudizio, in materie che non consentono ricostruzioni matematiche, vi sono svariati rischi: sciogliere il dilemma dato dalla contrapposizione delle tesi con un ‘atto di fede’, dunque l’affidarsi acriticamente all’una o l’altra delle prospettazioni tecniche di parte o anche (per il caso di perizia di ufficio) a un eventuale ulteriore parere, al quale per il solo fatto di provenire da soggetto nominato dal giudice si vogliano attribuire automaticamente maggiore autorevolezza e/o capacità dirimente; all’opposto, il rischio del facile ricorso al ‘non liquet’, per cui il giudice si limita a prendere atto della oggettiva complessità e non univoca ricostruibilità del fatto e – per i principi propri in particolare del processo penale – ne trae solo per questo carattere una valutazione di non responsabilità.
Si ritiene allora che in questa prospettiva sia piuttosto imposto al giudice il dovere di consentire che il processo sondi ogni piega del fatto storico, e necessario che nel giudizio entri ogni elemento oggettivo in grado di avvicinarlo al meglio alla realtà degli accadimenti: e solo dopo avere portato al massimo grado possibile questo percorso conoscitivo, anche attraverso tutti quegli strumenti che la tecnica offre, arrivi a trarne le conseguenze.
*Questo articolo riproduce, con minime variazioni, il testo presentato al Convegno organizzato il 15-17 giugno 2023 dall’Associazione Ingegneri Forensi, con il patrocinio tra gli altri dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna e del Comune di Bologna.
[1] Dipartimento di Ingegneria, Università degli Studi di Perugia
[2] Magistrato, Tribunale di Rieti